) RIVISTA POPOLARE DI POLI11CA., LBTTE'RE E SCIENZE SOClALl 233 esatta delle cose francesi, essa sapnbbe ciò elle la condotta dei cattolici ha già costato alla Chiesa, e comprenderebhe che bisogna, ad ogni costo, fermare Jaurès, e darebbe delle istruzioni ai suoi rappresentanti in Francia perché diventassero partigiani di una pr0nta revisione. Ma è chiaro, che il Cardinal Rampolla non è più Corte di Ribot. E' dunque inteso che il destino si compirà; non vi sarà, come venti anni or sono, tempesta senza grandi conseguenze; Jaurès non permetterà al governo di transigére, e l'affare Dreyfus sarà una grande arma di combattimento. Si può rispondere che l'agitazione non è ancora grave; ma Meline non dubitava che l'affare Dreyfus potesse prender l'importanza che ha preso; ciò che bisogna vedere è l'uomo che conduce oggi l'affare, e bisogna ricordarsi ch'esso lo conduce da solo, da maestro non impacciato da alleati compromettenti; non bisogna dimenticare che Jaurès ha dato prova della sua straordinaria_ perspicacia, della sua profonda conoscenza dei sentimenti popolari; infine egli ha fiducia nella sua stella,. e questa fidu,cia è un gran fattore nella guerra. Poche persone si rendono conto delle risorse di abilità tattica che sono in Jaurès; egli sa qual' è il tempo in cui ·bisogna parlare e quello in cui bisogna tacere, quando conviene parere un emer gumeno e quando cnnviene di essere prudente. Egli non si lancerà fn una campagna di furori che il giorno in cui la necessità di ciò gli parrà evidente; egli sa dosare i suoi effetti; ora, in questo momento, prepara coi suoi articoli una campagna che può sorpassare in violenza tutte quelle che ha fatte sin quì. V'è da temere che tutto ciò sia funesto alla causa di Dreyfus; molti •dreifusisti il1uminati avrebbero voluto attendere che si avesse un dossier migliore; ma Jaurès non poteva attendere (l); le necessità della sua politica sono passate sopra l'interesse della vittima. G. SOREL. ,(I) Egli ha insistito che la convalidazione di Syveton avesse ,avutG h1ogo avanti di Pasqua, pèr poter riaprire l'affare prima ,:pJmenodei cappu~cini. !GIOVANBNOIVIO POETA Parliam di Bovio poeta non per seguire la moda letteraria, più <.!Onvergente l'acume dell'indagine ove meno brilla il genio dello scrittore; è che, in tempi di facili evoluzioni e d'innominabili apostasie, è bello veder come il Bovio, fin dai suoi scritti giovanili, dai primi componimenti poetici, si riveli quale si affermò, visse, morì, carattere adamantino, pensatore libero, ardente repubblicano. Nè farà meraviglia ch'abbia cercato, anelante, il bacio della Musa; non fu anche un .artista 1 Artista fu e sommo; e, come i pensatori della Rìnascenza, amò filosofare poetando, Egli che del nostro Grande Poeta doveva essere non ultimo interprete e che solo, con frase incisiva, potè rievocare la geniale figura dello Shelley. Pochi sono i suoi versi; due canti Alla Musa (1871), due frammenti d'un poemetto Il Leonzio (1869), una scena drammatica il Bruno ( 1869), un sonetto sul Foscolo (1871), ed un dialogo, Cesalpino al letto di Tasso, dedicato ai forti di PaleJ stro, di Marsala e di Mentana. Sparsi, dapprima, per le riviste, avevan già, come più tardi il Cristo, turbato i sonni dei pacifici e de' gaudenti; « l'ipocrisìa dell'ateismo cattolico » tornò a destarli, e nel 1875, con un ragionamento sul moto del pensiero artistico, vennero, per desiderio degli amici, ripubblicati e fù degna risposta a quanti lo additavano fiero aggressore del trono e dell'altare. . Questi suoi versi, in verità, semplici nella forma e ad un tempo caratteristici, se poco potevan piacere ai letterati, non dovevan certo riuscir graditi agli amanti dell'ordine, che, ad , uno ad uno, senza reticenze come senza veli, vedevan sfer· zati i convenzionalismi del1a società contemporanea. E tutti Ei li fustiga: l'arte servile strumento di adulazione, il culto reso bottega, là giu• stizia più severa ove meno esiste di responsabilità, le plebi macerate dai liberi digiuni. L'ende; casillabo del Bovio qui assume un'intonazione lenta, grave, solenne, con quella vivacità d'immagini e con quella forma sc'ultoria che tanto lo distinguono come prosatore; e la sua poesia non carezza l'orecchio, fa pensare. Ecco, ad esempio, come· il poeta, attratto, per necessità di tempi, da ben altre ricerche: si congeda dalla Musa: ...... Oh di che sguardo M'ardevi, e di che amore e di che speme ! Ora il verno m'inbianca e la marea Sotto mi rugge.... Addio ! Però va lieta : Vergin giungesti e vergine tu parti. Non io per le adulate aule regali Ti trassi a nozze oscene e g·li uccisori Lieti non feci mai d'inni codardi; Nè su' caduti a sciorre io ti recai Estri villani o ad esultar sull'ossa ·Dei generosi. Ai templi non ti addussi Ad intrecciar le mistiche tregende Che ci ruban la terra e le promesse . Stelle non danno; nè dei nereggianti Ostelli baronali ove s'irride All'indomato Onor ti resi mai Ospite abbietta. E' questo l'umil plettro Ohe tu mi desti: intatto io te lo rendo: D'oro non ebbe corde, ne curai Renderle d'oro. Suon di ferro uscia Da ferree corde. E allo studio profondo dei filosofi dell~ Rina~ scenza, son dovuti forse i due comvonimenti migliori del Bovio; l'uno il dialogo Oésalpino al letto di Tasso, superiore, come concezione artistica, al canto del Prati, che al lato del Tasso morente non pose che un monaco; l'altro · il soliloquio ed il dialogo cli Bruno con Henneq uin nel ,, ..
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