228 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI Cone finirà questa faccenda che da tanti anni dima.nda una soluzione, che, in verità, non è facile trovare? E siamo ora presso al fine? Non bisogna dimenticare che nel 1826 l'egoismo dell'Europa sacrificò alle sue paure d'ingrandimento della Russia la flotta Turca bombardandola a Navarrinò,e non sarebbe, ora difficile, nè sorprendente che le navi Europee nelle acque di Salonicco facessero tacere le volontà indipendenti dei Bulgari :.1, furia di cannonate La situazione interna, è poco differente, ora, da quella che era allo scoppio della rivoluzione Ellenica. r tumulti, anche allora, scoppiavano con :una inau-. dita violenza e la Turchia allora, come ora, si rivelava incapace a domarli. Ci voll.:l tutta l'energia del popolo Greco, e le simpatie destate in Europa dal coraggio dei ribelli perchè l'Europa permettesse loro di assurg"ere alla dignità di nazione indipendente. Certamente l'attùale questione dei Balcani non può avere con facilità una simile soluzione perchè - ed avemmo occasione di parlarne altra volta (1) - troppi popoli e troppi interessi sono in conflitto fra loro, e troppo antagonismo di religione e di razza separa quei popoli. I retroscena della politica non si conoscono bene. L'accusa mossa tempo fa dalla stampa ·austriaca alla Russia, cioè che la .Russia era l'incitatore principale di tumulti è fondata? Parrebbe di no a giudicare dall'atteggiamento che assumono i rivoluzionari Bulgari verso la Russia e i suoi agenti ufficiali. Tuttavia è bene ricordare che fino dalla abdicazione al trono di Bul- ,. garia, di Alessandro II la Russia non ha mai cessato di soffiare nel fuoco della rivolta Balcanica. Significantissima · è la conferenza tenuta di questi giorni a Pietroburgo dal generale Komaroff innanzi al ministro della guerra russo, ad aiutanti di campo dello Czar e a molte notabilità del mondo diplomatico e politico, nella quale il conferenziere ha affermato che perchè i tumulti abbiano :fine è necessaria l'invasione della Turchia da parte degli eserciti riuniti del Montenegro, della Serbia e della Bulgaria. L'idea' è ardita e sarebbe anche praticabile a condizio1rn che le potenze Europee fossero decise a vedere il S-qltano Turco passare il Bosforo e andare a regnare in Asia donde vennero i suoi avi. Ma: e Costantinopoli ? Naturalmente questo è il punto difficilmente risolvibile della questione. Costantinopoli è la chiave del commercio orientale; ed è il più forte punto d'offesa e difesa del mare di Marmora, del mar Nero, e del Mediterraneo orientale. La potenza che ne fosse padrona sarebbe la più favorita di tutte le potenze Europee. Nessuna vuole quindi che un'altra possegga Costantinopoli. E ciò paralizza gli sforzi e l'azione di tutte le potenze e le obbliga alla situazione ridicola di protettrici d'una potenza che è la negazione incarnata del progresso e della civiltà. Certamente il movimento Macedone e Bulgaro sarà soffocato; le cose ripiglieranno il loro andazzo antico: il timore e anche un po' il buon senso_ impediscono alle. potenze di rischiare una guerra. C'è una soluzione (e ci piace osservare, in questo caso, che fu dato dal nostro più grande Italiano) c!è una. soluzione, ed è quella che col tempo sarà data forzatamente al problema, cioè la federazione dei popoli Balcanici, (gli Stati Uniti dei Balcani) ai quali spetterà Costantinopoli; la soluzione accennata già da Giuseppe Mazzini. (1) Uomini e avvenimenti, Anno IX N. 5. Intanto l'eg·oismo delle potenze Europee è responsabile dei tumulti, del sangue sparso, della miseria e delle stragi che infieriscono in Macedonia ed alle quali l'Europa assiste con una indifferenza della quale, più tardi, dovrà amaramente pentirsi. • I~a politica ant.icle1•icale di Combes. - Quello che accade in Francia ci fa pensare ai primi atti della riforma religiosa operata in Inghilterra da Errico VIII. Sennonchè il're Inglese ebbe la franchezza di staccarsi assolutamente dalla chiesa cattolica, ed ebbe anche la accortezza e l'opportunità di agire in modo da non apparire un offensore delle libertà morali del suo ,popolo, e quando l'organismo che doveva sostituire l'elemento cattolico era g'ià pronto a pigliarne il posto. Combes ha agito precipitosamente, giacobinescamente · - è la parola giusta - ed anche inopportunamente. Noi non siamo teneri dei preti e dei frati, anzi siamo persuasi che senza preti e senza frati ci sarebbe nel mondo molta più sincera fede, e moltissima meno ignoranza di quella ch0 c'è: tuttavia siamo tanto amanti della libertà, quanto siamo nemici della superstizione, e, come condanniamo le persecuzioni per opinioni politiche, egualmente condanniamo quelle per opinioni religiose. Al principio della sua _lotta contro le Congregazioni Combes, e prima di lui vValdeck-Rousseau, avevano tutte le ragioni e non solo, ma noi riconosciamo anche che in questa lotta contro la superstizione è logico l'atteggiamento assunto da J aurés nella questione Dreyfus che si riconnette a questa agitazione e che il Sorel, più avanti, illustra con una sorprendente chiarezza. È logico che contro il neil¼,ico- e soprattutto contro un nemico privo di scrupoli come il prete e il frate - la lotta per la difesa della Repubblica debba essere energica e scevra di ogni debolezza. I frati non• debbono, assolutamente, non debbono occuparsi di politica. Un frate politicante è una bestia ibrida che non riuscite mai ad afferrare per il suo vero verso, e, o in nome di Dio - il suo speciale Dio - o in nome della forza -· quando riesce ad averla dalla sua - vi domina sempre; ed il dominio del frate politicante riesce sempre all'abbrutimento del popolo e all'avvilimento della nazione. La Spagna n'è la riprova tangibile e palpitante. Per il frate, nei suoi voti, nelle costituzioni dei diversi ordini, il mondo muore alle soglie del monastero. Egli non ha patria e non deve averla; egli non ha opinione politica e non deve averla; non ha famiglia, e quindi nessuno dei legami e dei doveri che incombono agli altri uomini lo obbliga o lo costringe. Egli si è liberato dal mondo - questo è l'articolo primo delle costituzioni di tutti gli ordini monastici - per darsi alla preghiera ed alla carità; e se il mondo è repubblicano, o monarchico, o socialisttL, o anarchico a lui non deve nè può interessare. · ' Logico è dunque che quando il monaco, trasgredendo ~ quelle regole che fanno la sua ragione di essere come tale, si occupa di politica, l'autorità politica non gli riconosca più il diritto di separarsi dal mondo e di liberarsi di tutti i doveri che spettano agli altri cittadini. I Congregazionisti Francesi hanno appunto dimenticato il loro dovere di monaci. Essi erano diventati fomite di ripetuti attentati alla repubblica: la loro a~ione era di uomini politici, di uomini di battaglia, e non di preghiera; logico era, doveroso anzi, che fossero puniti, e vValdeck Rousseau e Combes agendo in difesa della repubblica, richiamando que' monaci all'osservanza e all'adempimento della loro funzione,. impedendo
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==