) 218 RIVISTA POPOLARE DI POLITiCA. LETTERE g SCIENZE SòClALJ cente successo, e fatte quindi più audaci, e la unione dei partiti popolari seppe costringerle a ritirarsi, senza neppur tentare la lotta, e trionfò, contro i vincitori della vigilia, contro il danaro, contro la forza di sistemi, che avean salde rad:ci. Senza quella unione concorde e disdplinata il Ciccotti non sarebbe stato eletto. Il deputato Bissolati, parlando in uno dei co- ·mizi tenuti per quella elezione, osservò giustamente che a Napoli i socialisti, prima di preoccuparsi delle finalità proprie del loro partito, devond pensare a distruggere, uniti ai partiti affini, la forma patologica del governo borghese imperante. Nè i socialisti soltanto, ma anche gli altri partiti rappresentanti delle classi popolari, dovrebbero pensare a co-:tituirsi seriamente, a disdpl inarsi, e a combattsre uniti una lotta alta, costante, ril'ugg·ente dalle vane questioni personali, senza rancori, e sopra.tutto'- senza dissidi interni; cori forza e costanza di programmi, e con assenza e si.lcrifkio del le ambizioni personali. Ma ciò è difficile, perél1è anche le associazioni dei µartiti popolari sembrano, come quelle degli altri partiti, destinate solo a, servire da sgabello a quakhe ambizioso. Dopo la elezione del Ciccotti, i partiti popolari si sbandarono: i soGialisti parvero tendere soltanto a demolire sè sté.ssi; e gli altri si ritirarono sotto le tende, disparvero. Io temo,. pur troppo, che poco ci sia da sperare, e che le cose debbano continuare ad andare così come sono sempre andate. Napoli è paese apolitico. L:1 memoria del Borbone è vendicata da questa µarvenza di governo rappresentativo, che funziona come una discendenza bast!lrda del governo assoluto. Avremo di quando in qu·mdo le solite cri~i morali, dirette a sciupare le nostre energie. F,tccia, Iddio,. che io possa ingannarmi, che il nostr() organismo rap presenb.ti vo pl)S:-rn. rinnovarsi mercè l'opera dei partiti popolari, impedendo così che una di queste crisi non debba essere fatale I GlULIO SANFELICE. H~H~~~~~~~~~~~~*~~~~~~~~~ 11 Regime Socialista (l) Gli ultimi anni ci hanno dato in Francia un certo numero di libri che trattano tutti della costituzione della società colletti vista o comunista. Citiamo tra gli altri: 'L' applications du systeme collectiviste di Deslinieres, ·La Citéfuture di Tarbouriech, e Le Regime socialiste di Giorgio Renard, che è veramente il primo per data, ma cha avendo raggiunto la terza edizione ed essendo consacrato dal successo, merita la nostra attenzione. Dei censori s~veri ritengono che i socialisti non (l) Le Reginie Socialiste di Giorgio Renar<l, professore al Conservatorio di Arti e Mestieri (Paris, Alcau 1903). hanno bisogno òi pensare all'organizzazione dell'avvenire, e elle del resto essa rischia di sconcertare molto le premesse più fondate. E' sicuramente puerile sccnùere nei dettagli. e tale è stato il torto di tutti quelli che hanno scritto delle utopie, <la Ca':>et fino a Morris del quale si è tradotto recentemente in francese il delizioso idillio: Nouveltes rle nutte part. Al contrario, se ci si limita a tracciare le linee princiµali dello statuto del dom11ni, se si chiariscono i principì che presiederanno alla vita dei cittadini Jel mondo una volta abbattuto il Capitalismo, si compie un'opera singolarmente utile. Essa è feconda anzitutto per la vroµaganda del socialismo: essa è feconda poi pel pensiero socialista stesso clie affranca dal misticismo e dall'ambiguità in cui potrebbe compiacersi. Essa non ha poi niente d'illogico, perchè il socialismo s'appoggia sulla sdenza, e quindi deve da oggi percepire le nuove forme politiche ed economiche che· nasceranno dall'w:oluzione. Ma ripetiamolo ancora una volta: la parte più malagevole di questo compito è l'eliminazione di ogni sviluppo troppo minuzioso. Che importano a noi la forma del cappello o il modo di distribu - zione ·dei giornali nell'anno 19...1 Il libro tli Giorgio Renard risponde ammirabilmente alle diverse condizioni che noi abbiamo notn:te, e l'autore, difendendosi con tutta la modestia d'aver voluto creare dei dogmi, ha dichiarato s8mµlicemente: « Io ho cArcato di stabilire su « di- un terreno solido i fondamenti filosofici e giu- « ridici della società che si costruisce lentamente •. II lavoro può del resto µiacere e ai collettivisti ed ai comunisti, perchè non pretende di fissare definitivamente l'organizzazione sociale, e se ~i ammette che il collettivismo è il passaggio per il comunismo, ogni contestazione cadrà. Tentiamo di riassumere il libro assai hreve, ma completo però, !U Giorgio Renard. I1 problema è il seguente: sviluppare ad un tempo la società e ciascun individuo, cercando il massimo di giustizia e il massimo di utilità. L'autore ritiene che l'individualismo e il comunismo assoluti siano egualmente irrealizzabili, ed è du.nque tra i du,eche cerca la formula. Essa deve soddisfare ai desiderata che enumeriamo: portare al massimo la libertà, ridurre al minimo l'a.u_torità da una ·parte e la proprietà indivi(luale dall'altra; e così, scrive G. Renard: « se noi chiamiamo so- « cialismo il regime in cui predomina la proprie- « tà collettiva o sociale, è nel socialisµio liberta- « tario che finiscono le nostre deduzioni ». Ecco alcuni .Primi tratti fondamentali. Un grave problema posto dopo il 1840 è di saP'~re se ciascuno sarà pagato secondo il suo lavoro o secondo i suoi bisogni. Questa ultima soluzione, che è propriamente comunista e che si' trova in Cabet, è congiunta dal nostro autore alla prima che è più specialmente sansimoniana; in cui in altri termini la soddisfazione di un rrdni-mum di bisogni sarebbe in tutti i casi garantita a ciascun individuo. Passiamo all'esame della proprietà. Si distin-
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