Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 17 - 15 settembre 1902

464 RIVISTA POPOLA.RE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI si parla neppure. Ed è, date le qualita dell'uomo, un peccato. Comunque, poiché questo é il fatto e non si muh, a nulla varrebbero le recriminazioni. Val la pena, piuttosto, di porsi questo quesito: nell'imminente congresso socialista Yerrà alla questione dell'atteggiamento del partito nei riguardi della orma politica dello Stato accordata una maggiore mportanza, e le sarà dato, di conseguenza, un più ampio svolgimento di quel che non sia avvenuto nel c:mgresso di Roma 1 Non è possibile sperarlo. Il gran duello avverrà cèrtamente fra le due tendenze FtJrri-Turati; l'una e l'altra, come credo di aver dimostrato.sostanzialmente anti-repubblicane. 1 pochi repubblicani dichiarati si uniranno, con tutta probabilità alla corrente ferriana per far impeto insieme contro la folta ed agguerrita schiera dei seguaci di Turati. E la tendenza sinceramente repubblicana del partito socialista italiano seguiterà, almeno per ora, ad avere uno sviluppo assai limitato (1). CARLO Russo. .A PorrsnAlVC « Vittorio Emanuele, si dice, é un sovrano molto prudente e molto timido, che si sente un semplice scolaro. Da lontano non può affermarsi se egli abbia und. influenza personale sulle cose d'Italia: probabilmente egli, fino ad ora. non ha fatto che seguire i consigli. di 7,anarde!li. L'Italia, che non può fare più completo assegnamento, come al tempo di Palmerston, sugli aiuti dell'Inghilterra. desirlera. anzi ha l>isogno di buoni rapporti con la Francia e la Russia. Perciò il Re prima che altrove andò a Peterltof. « L'Italia non aveva nessuna ragione per denunziare il trattato, quanclo si era liberata da quei pesi e da quelle inimicizie, che la 1'riplice le aveva addossati. Così l'alleanza, e non la convenzione militare, fu rinnovata, ed a Parigi fu espressamente dichia~ato elle giammai l'Italia avrebbe preso le armi contro la Francia, ammenoché non fosse provocata da un attacco diretto. Questa dichiarazione è stata del signor Delcassé, secondo il desiderio di Prinetti ripetuta nel Parlamento francese. Ma se l'Italia non è obbligata a considerare come casus foederis un attacco alla Germania da parte della Francia, che valore ha per noi, tedeschi, la alleanza ~ • Va bene, hanno risposto gli itali.ani, ma voi stessi avete in ogni occasione ripetuto che la pace è assicurata per molto tempo, cosi securamente da lasciarci tranquilli. • Benissimo - si é ri,:posto a Berlino, e lasciarno allora le cose come ernno. 1 grandi statisti romani non speravano tanto! (I) Com'è nolo la mia profezia, assai facile profe1ia del reslo, è stata interamente confermata dal fatto. « La diffidenza dei francesi,che tanto danno aveva arrecato all'italico commercio, è dunque finita, il patronato dello Czar per la liquidazione della 1'urchia è assicurato, e l'amicizia della Germania è confermata. « Ciò posto era logico che Vittorio Emanuele, spinto dalle ragioni dell'etichetta, nonchè dalla questione dei trattati di commercio. venisse a Berlino. « Dunque la Triplice c'è, e oi sarà., fino al momento in cui dovrà. passare all'azione. Il signor Zanardelli, infatti, pregò, certamente, il suo Re di accettare Io scopo pacifico dell'alleanza, ma non accennare assolutamente ad una possibile comunanza sul campo di battaglia. • Innanzi alla porta del Brandemburgo l'Obet•bilr• oermeister prese la parola, e non la lasciò finché non ebbe narrato che l'intero popolo tedesco nella visita reale vedern una buona prova della fedele stabilità dell'alleanza. « Po ;o piacevole la cosa, doYette pensare Vittorio Emanuele, per evitare di queste dichiarazioni appunto sono andato a Peterhof: se rispondo dovrò parlare della Triplice: é meglio tacere. Tanto l'uomo non sa se io conosca il tedesco . « Ed allora: « La incompleta conoscenza della vostra lingua, signor Oùerbùrgermeister, mi Ila dispiacevolmente impedito di seguire il vostro àiscorso, epperciò permettetemi di esprimervi solo. in francese, la mia rir.onoscienza per l'accoglienza ricevuta •. • Più tardi vennero i brindisi, naturalmente, in antecedenza concordati. • L'Imperatore parlò affettuosamente dell'amicizia tra i Savoja e gliHohen;,;oller, enfaticamente ciella Triplice sempre piena del suo antico vigore, d.Ugurando lunga durata d"alleanza. Il Re rispose molto gentilmente: nessun accenno all'antico vigore, nessun augurio di Iunga durata. « La 'l'ri-• plice viene oramai considerata come il simbolo della pace ». Questo fu tutto. • Ma di lì a poco ricomincia la musica: guardate voi altri, guardate: francesi, moscoviti, inglesi, ne abbiamo noi amici! « Ah no, la musica è stupida. L'impero tedesco non é ancora così debole, da dover poggiare come pensa _il signor Oberùùrge1·meister, le sue speranze sull'Italia. • Non sarebbe una buona cosa tacere per un pezzo sulla Triplice? Tanto le feste sono finite, il corteo è passalo». • •• Ho voluto tradurre questo importante brano di un articolo che M. Harden (Zukun(l 6 sett. 1902) dedica alle feste di. Berlino. Ed 110 voluto ripro-- durlo, non per sottoscrh·ere a tutte le afferrnazion i dell"egregio :;criLtore. ma per esporre ai lettori una corrente tedesca, prudentemente ignorata dai. pubblicisti italiani. Giacchè la visita a Potsdam, per noi, ha un solo punto considerevole e grave: la prova che la

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