898 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI riunendo a noi Trento, Trieste, la Dalmazia; assicurando la nostra influenza benefica sull'Albania. Ma né la Germania, che mira con occhio avido a Trieste, né la Russia colla sua egemonia sugli Slavi, lo consentirebbero: Lo sfasciamento del!' Impero riuscirebbe al trionfo del pangermanismo e del panslavismo, che metterebbero gl.i elementi italiani in uno strettoio, e che si contenderebbero, ai nostri danni, la supremazia del- !' Adriatico. La vit-a e la trasformazione dell'Impero Austridco, perciò, sarebbero nell'interesse della nazione nostra e delìa democrazia. L'Impero austro-ungarico qual' é attualmente già rappresenta un forte cont1·appt>so, un baluardo contro l' invadenza del pangermanismo dal Nord e del panslavismo dal Sud-est, che farebbero ~orrere i maggiori pericoli ali' Italia, se li trovasse potenti alle sue porte. L'Impero Austro-Ungarico trasformato in uno Stato federale e liberale, in cui gli elementi italici trovassero la loro autonomia e la tutela della.loro lingua, della loro civiltà e dei loro interessi economici - come il Canton Ticino l' ha trovata nello Stato federale elvetico - formerebbe un cuscinetto elasticissimo tra l'Italia e i due aggruppamenti etnici colossali che la incalzano al no1·d e al sud-est; diverrebbe una garanzia di pac,3 per l' Europa centrale, e favorirebbe il processo di decom·posizione e d1 ricomposizione dell'Impero ottomano col minimo di violenza e d'ingiustizia. 1G un tale Stato federale agli elementi tedeschi e italiani, sebbene in una diversa misura e in una diversa sfera di azione, verrebbe assicurata una egemonia incivilitrice sugli elementi meno progrediti del1' Impero - rumeni, magiari, slavi, turchi ecc Queste idee vennero svolte in questa rioista un anno fa (30 Agosto 1901) esaminandovisi uno scritto del Profe:;sor Carlo De Stefani della Scuola degli Studi superiori di Firenze ( Albanesi, Slaoi e Italiani nell'Adriatico), che merita di essere meglio conosciuto e più discusso. Si spiega -la sua scarsa fortuna, col fatto che in Italia il concetto di un'alleanza a base d'interessi nazionali coli' Austria desta viva ripugnanza abbastanza giustificata dai ricordi del passato e dall'attitudine presente dei circoli della Corte austriaca; tanto che pare cosa fantastica. Ma é innegabile che colla scomparsa del vecchio Francesco Giuseppe, che non può tardare, tutte le angolosità del presente verrebbero smussate; la visione degli interessi veri del paese e della democrazia - mai o raramente concordi con quelli della dinastia - dovrebbe poi modificare lo stato di animo degli italiani e produrre quello -che al vecchio patriottismo sarebbe sembrata una bestemmia: l'armonia, l'intesa dell'Italia coli' Austria. La. trasformazione in uno stato federale del!' Impero dovrebbe favorire l'evento. La trasformazione é già iniziata, e colla scomparsa di Fran1?-esco Giuseppe non potrà che essere accelerata, e in senso liberale. Lo Stato federale austro-ungarico, giova ripeterlo, riassumendo, sarebbe: u11a diga contro il pangermanismo e il panslavismo; un elemento di pace in Europa; una condizione di giusto equilibrio nell'Adriatico; un eccitante sano e ricostituente verso i frammenti del!' Impero turco che gli stanno a contatto. Ecco una prospettiva degna di•richiamare l'attenzione della democrazia italiana, e degli amici della evoluzione pacifica. DOTT. NAPOLEONE COLAJANNI. Deputati> al Parlamento. A propodseitnlo.uocvroadcel BANSCCOONeTSOETdEiTorklo (Come, perchè e a benefizio di chi fu proclamato il Corso forzoso del 1866). I giornali italiani si occupano del nuovo crak del Banco Sconto e Sete di Torino, i cui amministratori vengono severamente giudicati da quelli della stessa antica capitale del Piemonte, specialmente dalla Stampa e dalla Gazzetta del Popolo. Ogni dettaglio sulle proporzioni e sulle cause di questo nuovo disastro bancario, che non ha l'importama deì precedenti e che rimane di tanto indietro a quello recentissimo inglese in cui gli azionisti hanno perduto circa 600 milioni di lire nostre, sarebbe superfluo, perchè tardivo. Vogliamo, in vece, ricordare una storia, cbe non è troppo remota, ma che pure sembra del tutto dimenticata - tanto dimenticata che la Stampa si sorprende e si addolora che simili fatti possano avvenire in Piemonte! ... (n. 217, 7 Agosto 1902) - per trarne qualche illazione. I crak sono una malattia cronica del Banco Sconto e Sete, ch'è uno dei più antichi istituti d'Italia. Attraversò una grave crisi sotto il governo subalpino; fu di nuovo in crisi nel 1866, e fu salvato con grave danno di tutta la nazione; nuova e più grave crisi nel 1888. Ma la crisi che ebbe un interesse nazionale colossale fu quella del 1866, poichè essa contribuì a fare imporre il Corso forzoso. Questa responsabi.lità vogliamo farla assodare da un documento ufficiale di singolarissima importanza: dalla Relazione della commissione parlamentare d'inchiesta sul Corso forzoso dei biglietti di Banca, di cui fu relatore il Lampertico, composta dai deputati Seismit Doda, Cordova, Rossi Alessandro, Sella, Lampertico e Lualdi. Come si vede un solo meridionale, il Cordova, ne faceva parte; in quanto al colore politico dei suoi componenti è bene anche avvertire che in grande maggioranza era composta di nioderati eminenti, che non esitarono un istante a giudicare severissimamente i loro correligionari politici; infine notiamo, che mentre alcuni, anche di Estrema sinistra e socialisti, adesso hanno ritenuto insufficiente un anno e mezzo di tempo per la inchiesta ferroviaria proposta dagli on. Pantano e Colajanni,- allora la inchiesta sul Corso forzoso, votata nella tornata del 10 Marzo 1868 completò i suoi lavori, e presentò la sua relazione il 28 Novembre dello stesso anno. Et nunc erudimini ! II Corso forzoso dalla autorevole Commissione fu dichiarato esplicitamente non necessario nè economicamente, nè (ìnanziariamente, nè politicamente. Queste parole sono in corsivo nella Relazione. Si era affermato allora che il Corso forzoso era stato necessario per sai vare l'economia na- .. I J
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==