Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 15 - 15 agosto 1902

394 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIAU Il veI•detto di Bologna. - Dopo uadici mesi é terminato dinanzi alle Assise di Bologna il processo Palizzolo per la uccisione di Miceli e Notarbartolo e nel quale profusero i tesori della propria eloquenza e del proprio vigoroso ingegno G. Marchesar::!o e Carlo Altobelli, creatore logico e inesorabile del processo il pri.mo - espositore drammatico del med~simo il secondo. Tutta la stampa italiana e i principali giornali esteri se ne sono occupati, perché nel processo Palizzolo hanno visto il processo contro la Mafia. I giudizi svariati abbiamo letto con diligenza e spesso li abbiamo trovati erronei o volgari. Qualche altro lo abbiamo trovato insidioso otendonzioso, anche contro la intenzione di chi lo annunziava. Un giornale del settentrione, ad esempio, in forma eletta ha esprP-sso un profondo rammarico sul verdetto a su talune circostanze esteriori, che lo seguirono, ritenendo che fu dato, non in base alla convinzione che i giurali si siano falla sulla colpabililà dei condannati; ma sulla necessità da essi riconosciuta nell' interesse sociale, di colpire la ma/i.a colpendo Palizzolo e C. Noi, pur ammettendo la squisitezza morale che si rivela in quel dubbio tormentoso, crediamo che esso s' inganni: tutto induce a credere che i giurati di Bologna giudicarono in base alla convinzione formatasi sulla colpabilità degli accusati. Le diversità nelle pene, l'assoluzione di alcuni accusati, la differenza nei voti sui singoli quesiti ci confem1ano che i giurati ponderarono seriamente il verdetto; del resto, essi dopo avere seguito con allenzion8, che nessun altro poté prestarvi, erano in condizione di giudicaJe con co~cienza: coscienza che non poteva formarsi il pubblico non bolognese che dei più importanti episodi, delle testimonianze più decisive, dei contrasti più drammatici ebbe scarsa o inesatta o addirittura falsata nozione d11i resoconti parzialissimi in favore del Palizzolo di gran parte dei giornali, che - secondo una formale denunzia mandata alla Presidenza dell'Associazione della stampa italiana in Roma - partivano da un solo corrispondente. L'opinione pubblica siamo sicuri che verrà illuminata dal resoconto stenografko delle arringhe degli avvocati Mardiesano e Altobelii, che sappiamo essere in corso di stampa. Non si errP, però, affermando che a generare la convi11zione dei giurati avrà contribuito mollo la partigianeria in favore di Palizzolo del Presidentedelle Assise e di alcune autori là politiche, il mistero di cui fu sempre circondata la istruzione del processo per l'assassinio del Nolarbarlolo, la reticenza evidente di gran numero di testimoni, gli errori della difesa, e voci coi-se con insistenza di tentativi di corruzione, il contegno stesso e i precedenti di qualche accusato. Quel Fontana processato più volte per omicidio e più volte assolto per insufficienza d' indid tentava cittadini onesti e fieri a condannare anche quando le prove della sua reità non erano lampanti. E la natura e le circostanze del delitto di cui fu vittima il comm. Notarbartolo non consentivano che pr::>ve lampanti ci fossero; il processo di Bologna nacque e rimase perciò come il tipo classico dei processi indiziari con tutti i dubbi, con tutte le incertezze, con tutte le contraddizioni che lo caratterizzano. Noi ci siamo astenuti rigorosamente di aggravare la mano contro il Palizzolo e O.i durante il processo; commetteremmo una viltà se incrudelissimo ora che forse per sempre essi stanno per enlrarenel sepolcl'O dei vivi. Una parola, però, vogliamo dire sul valore sociale della sentenza che condanna Palizzolo, Fontana e Vitale a 30 anni di reclusione. Molti si sono affrettati a vedere nel verdetto il principio della fine della Mafia; e noi pur troppo temiamo che essi siano in errore. Di sicuro se Palizzolo e C.i fossero stati assolti, noi, in Palermo e dintorni - ci sanguina il cuore sc1·ivendolo - avremmo assistito allo spettacolo vergognoso e triste della glorifi<'ai.ione della Mafia e ad una sua spaventevole fioritura di potenza criminosa; ma la Mafia, non essendo una associazione, una vera organizzazione, sibbene un modo di sentire e di giudicare delle popolazioni di buona parte della Sicilia, è evidente <'he non la si può sopprimere sopprimendone i pretesi capi. Per riuscire in questo intento occorre la lunga e concorde azione del governo e dei cittadini migliori dell'Isola. li governo dovrà cessare di essere il grande mafioso, quale è stato sinora - e come abbiamo dimostrato in molti articoli-; i cittadini tutti cui sta a cuore il buon nome e la sicurezza dell'Isola, dovranno assumere altitudine di combattimento ad oltranza contro tutto ciò che ha l'impronta mafiosa, anche quando essa sembra innocua o simpatica. Perciò noi abbiamo appreso con vivo doloro e vorremmo dire con indignazione ciò ch'è avvenuto in Palermo all'indom11ni del verdetto di Bologna. Coloro che hanno visto nel medesimo un affronto alla Sicilia addirittura ci sembrano impazziti, non volendo ritenerli in malafede; e ci siamo meravigliati della serotina esplosione di sentimento regionale in alcuni che accusavano sino a ieri come nemici della patria i federalisti, che ebbero sempre a cuore la difesa degli interessi economici, politici, morali delle singole regioni d'Italia; non piccola e sgradita sorpresa, poi, ci arrecò l'attitudine dell'on. Giuseppe De Stefano, che sostituì il Parzzolo nella rappresentanza del Collegio di Palazzo Reale. Che dire, poi, del Prefetto De Seta, che riceve una Commissione la cui evidentissima funzione era quella di esercitare una mostruosa pressione sulla Corte di Cassazione, che deve decidere sul ricorso avanzato dai condannali? In tutto ciò si può sc•orgere un pervertimento avanzato, quasi insanabile, di una parte delle classi dirigenti di Palermo, contro le quali potranno servire di salutare prole~ta le interpellanze mandale al Parlamento dagli on. Colajanni e di Trabia; e la distanza politica e sociale che c'è enorme tra i due inte1·pellanli costituisce la migliore prova per escludere nella loro azione quaunquo intento o fine politico. In tutta questa artificiosa agitazione, che si é promossa in Palermo noi ve.diamo, pur troppo, un aiuto poderoso per quanlo involontario ed incosciente in pro dello spirito della mà:.fia. La sola cosa corretta invece la scorgiamo nella decisione dei fratelli del Palizzolo, che, convinti della innocenza del loro congiunto si dicono risoluti alla ricerca dei veri colpevoli. Abbiamo ammirato Leopoldo Notabartolo, che consacrò tutto sé stesso alla ricerca degli assassini del padre; ammiriamo i Palizzolo, che si sono voi.ali alla riabilitazione del fratello, che credono ingiustamente condannato. Questi, stando alle gravi e imprudenti dichiarazioni fatte dinanzi ai giurati di Bologna, potrà metterli sulla via. Noi gli auguriamo di gran cuore che questa opera di salvazione riesca completamente e nel più breve tempo possibile. • Giacobini francesi e fox•caioli italiani. - In Francia assistiamo ad uno dei tanti episodi della lotta che vi si combatte dal 1789 in poi tra la libertà e la reazione. La legge ultima, votata a grande maggioranza sollo il ministro vValdeck-Rousseau, che sottopone le Congregazioni religiose alla supremazia dello Stato, specialmente per quanto riguarda le loro scuole ha dato

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