Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno VIII - n. 11 - 15 giugno 1902

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Dfretto:re: D.r NAPOLEONE COLAJANNI (Deputato al Parlamento) Esce 1n Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese ITALI A: anno lire 6; semestre lire 3,50 - EST ERO : anno lire 8; semestre lire 4,50. Un n.uID.ero separato Cent. 30 <»· Amministrazione : Via Campo Marzio N. 43. ROMA <-<> · AnnoVIII. - N. 11 Abbon.aID.en.to postale Roma, 15 Giugno1902 SO~l'\<l:ARI01 Noi: Gli avvenimenti e gli uomini: (A Caprera. Ciò che disse Edoardo Pantano. - La fine della g11erra scellerata. - Il ritiro di Waldeck-Ro11sseatt. Il nuovo gabinetto: Combes, (con ritratto) Pelletan, Valle e Rouvier). - On. Dott. N. Colajaoni :· La nebulosa radicale. - Prof. F. Pietropaolo: Musolino e la scienza. - Camillo Vaccaro: Scuola vecchia e bisogni nuovi. - J,o /:otico: Giuseppe Mazzini al cospetto dcli'Antropologia criminale. - Siculus: Le nostre colonie (Il 'Brasile). - Dott. A. Vacirca: Rassegna agricola economica. -- Sperimentalismosociale: (Luigi Neg:c•o: Il movimento del salario e del profitto nelle principali nazioni moderne). - Rivista delleRiviste: Le finanze inglesi e la guerra sud-africana (Revue de Paris). - Il congresso cooperativo di Brunschwig (Mouvement Socialiste). - Gli ano-lo-sassoni e la loro pretesa superiorità (Revue des Rev11es). - Un monarca (Les Temps Nottveattx). - Sul duello (R..~vue des Revues). - Le Cucine mobili e la cooperazione nel governo domestico (Lady's 'l{ealm). - Recensionil.llustra-zionnl el testo. GLI AVVENIMENTI E GLI UOMINI A Caprera - Ciò che disse Edoardo Pantano. - La commemorazione del ventesimo anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi riusci come avrebbero potuto desiderarla gli ottimisti più esagerali. Bisogna essere stati nell'isola sacra il giorno 2 giugno 1902 per potere comprendere l'imponenza, la solennità della manifestazione. La scena da per sé stessa grandiosa e p:ttoresca dava il suo contributo a renderla tale, e dopo aver visto l'estuario della Maddalena ed avere calcalo le zolle di quella terra selvaggia che ispira sentimenti fierissimi d'indipendenza, ,si riesce perfettamente ad intendere perché Giuseppe Garibaldi la pre- !lcelse a sua dimora favorita e volle che vi trovasse riposo la sua salma. Circa vP,nlimila persone di ogni età, di ogni sesso, di ogni condizione sociale accorsero a Caprera per onorare sé stessi compii>ndo un alto dovere. Alla tomba e alla casa di Garibaldi si accede per una via tortuosa fiancheggiala da pini silvestri e da altre piante selvatiche e profumate. Quella via il giorno 2 giugno brulicava di uomini tra i quaÌi spesseggiavano le camicie rosse indosso a vecchi cadenti sul cui petto luccicavano numerose medaglie. L'erta per molti riusciva faticosa, ma le forze non venivano meno al solo pensiero di visitare la casa e la tomba dell'Eroe. E quando si raggiur.geva la méta si rimaneva profondamente commossi e compresi d'altissima ammirazione dinanzi alla semplicità veramente meravigliosa della tomba granitica e dell'umile casetta divenute monumento nazionale, dell'umilissimo lettuccio ·su cui rese l'estremo sospiro Colui che aveva liberato popoli e contribuito nella maggior misura a fondare un grande Stato. Le innumerevoli bandiere e le <lecine di migliaia di nastri staccati in vent'anni dalle corone portale a Caprera dicono che giustizia fu resa a quel gigante della democrazia, anche in un periodo della vita nazionale che sembra deturpato dalla ingratitudine e dallo scetticismo. Non tenteremo menomamente di enumerare le notabilità politiche accorse in quel giorno a Caprera, né vogliamo fare la cronaca del pellegrinaggio, ma chiuderemo queste nostre disadorne parole che abbiamo consacrate al medesimo, riproducendo il discorso veramente magnifico pronunziato da Edoardo Pantano in nome del Comitato, ir.nanli a quella isc1·izione a éa"ralleri d'oro sul masso granitico di Caprera, che può leggersi da quanti penetrano nel superbo estuario della Maddalena e che rimarrà ammonimento pergl'Ita\iani. Il discorso é tutta un'apostrofe al generale Garibaldi. • * * No - non é· possibile, o generale, che tu dorma nel tuo tumolo mentre qui lutto - dal mare alla foresta - freme e palpita di te e per te. Al soffio pregno di memorie e di vaticinii che si sprigiona dai pini silvestri e dall'onda marina, saturi ancora dell'ullimo alito tuo, l'anima italiana venuta qui pellegrinando, parla un linguaggio che tu solo puoi intendere, o Generale. Muti, commossi - ultimi avan:1.i delle falangi sacrealla morte - i tuoi legionarii vengono qui per chiederli ancora una volta la parola d'ordine che insegna ai popoli non degeneri a vivere o a morire degnamente. Essi si aon cercali, si son chiamati ad alta voce, uno ad uno, per venire a passare la loro rassegna dinanzi al loro Generale - e ti portano le scuse degli assenti. Molti, i più non risposero all'appello, perché incalzati dagli stenti e dalla miseria si trascinano dolorando fra l'ospedale e l'ospizio di carità, mentre chi dormiva quand'essi pugnavano, falcia l'erba inaffiata dal loro sangue. E accanto a questi superstiti dell'epopea nazionale - che non hanno rinnegato la vecchia gloriosa han diera - tutta una legione di giovani anelanti di battaglie e di sacrificii - che l'invocano, li cercano, ti chiedono, o Generale, un raggio solo della lua anima imTPortale che li sottragga alla corrente scettica e beffarda che li cir-

282 RIVISTA POPOLARE IJI POL111CA., LETl'ERE E SCIENZE SOCIALI eonda; che li immerga in un bagno d'idealità di cui so- .no assetati. E gli uni e gli altri, da ogni angolo d'Italia ti portano i gemiti e i fremili di tutto un popolo che aspetta ed anela; dagli operai curvi sull'aratro o sull'incudine che chiedono un raggio di giustizia sociale, a tutti i sofferenti in giuba od in abito nero, giovani e vecchi, donne e fanciulli che protendono le mani verso la tua tomba, o Generale, e ti invocano redentore delle loro miserie, pacificatore dei foro dissidii, duce e segnacolo delle loro supreme rivendicazioni nazionali ed umane. Perché tu non fosti la guerra che uccide per amore della gloria né la pace che subisce la putredine per paura della guerra. Nelle tue mani la spada fu la giustizia: la rassegna- -zione altare di sacrificio e vigilia di titaniche riscosse. E perciò t'invocarono e t'invocano ancora tutli gli oppressi, al di qua e 11! di là dei confini nazionali: perché Ja patria non fu per te che un anello della grande cale11a delle patrie federate iu una comunione di diritti e di doveri, e passasti, Cavaliere dell'Umanità, attraverso i due mondi, suggellando col tuo sangue la solidarietà <lei genere umano. E mentre nelle lontane Americhe sui solchi b11gnati da quel sangue, abbeverati dal ,;udore dei proletarii italiani err-anti pel mondo, ,;buccia a fruttifica il germe della fraternità internazionale; dalla vicina terra di Francia - di1·adate le fosche nebbie di una triste ora di dubbio - i delegati di Digione e di Nizza, vengono qui - ospiti cari - a portarci la voce solidale del popolo fnrncese, al quale io ma!ldo da questo scoglio, o Generale, al tuo cospetto - in nome del popolo italiano - il caldo fraterno saluto dell'anima nazionale. No, tu non sei mor-to, o Generale, perché tu vivi ancora nel palpito delle anime nostre. Tu non puoi morire, perché il tuo programma non é ancora compiuto e non puoi las,:ia1·ci cosi. Parlino per noi le mistiche votive corone che vengono oggi sul tuo tumolo dagli estremi confini orientali d'Italia, deposte dalla mano invisibile di un biondo giovanetto grondante di sangue. Parlino i cuori e le anime dei rappresentanti i partiti popolari venuti qui ad attingE:re in te, fondatore della Lega della democrazia, l'esempio e il dovere della solidarietà; per ooter dire ai propri compagni che la loro discordia é un sacrilegio; che ogni stillA di sangue versato fra i legionarii dell'avvenire, é delitto imperdonabile contro la patria e l'umanità. E parli, al di sopra di ogni dissidio regionale, la voce concorde di uomini venuti da ogni regione d'Italia a rinnovare su questo scoglio il giuramento della loro indissolubile unità; affermazione solenne della coscienza nazionale, in cui - come un di sui campi di battaglia - cos·1 oggi, dinanzi al tuo tumolo. si confondono insieme la camicia rossa del volontario e la divisa del soldato italiano. Due navi filano, silenziose come il fato, laggiù nell'onda mediterranea, guidate dalla mano di piloti invisibili; e una immensa coorte di galee pavesate a festa - le vecchie gloriose galee dei Comuni italiani - procede intorno ad esse, formando la scorta di onore. Sono il Piemonte e il Lombardo, o Generale, che hanno a bordo le ombre gloriose dei Mille caduti pugnando - mentre, ritti sulla tolda delle loro galee, Francesco Morosini e, Andrea Doria, con gli stendardi di Venezia e di Genova spiegati al vento, le scortano verso l'immortalità; e li accompagna, vibrand.o per l'etere italico la nota ar:noniosa e purissima di due bardi immortali: Goffredo Mameli e Felice Cavallotti. E nel lontano orizzonte, un vegliardo, dagli occhi scintillanti e pensosi, si stacca dal fondo di un'alba radiosa e si avanza, o Generale, verso Caprera, circondato come te da una plejade di eroi, di pensatori, di martiri. Egli ti riporta la ban :liera dei Mille che tu volesti deposta sulla sua bara il di della sua morte. È il Maestro, o Generale, che ha spezzato il tumolo di Staglieno per venirti incontro in quesL'ora solenne. Ecco: le vostre mani si toccano, le vostre figure si confondono in un solo raggio di luce, e i tre colori della bandiera, fusi insieme, diventano un colore solo:- il colore del vessillo che sarà un giorno per tutte le genti - senza distinzione di razza e di fede - il simbolo comune della solidarietà umana. Su quel vessillo s'!intillano queste parole di vaticinio: Non piu tenebre nell'aria e nei cuori! Luce! luce/ amore I resurre::ionel . . . Applausi prolungati veramente frenetici accolsero ripetutamente le parole del deputato di Terni, e allorché parlò della Francia, e alluse a Trieste, gli applausi assunsero le proporzioni di una grande, eloquente ovazione. Ed ora a noi non resta che fare un augurio: Possano gl'Italiani- ritemprarsi nel ricordo di Caprera e prepararsi alie nuove e sante battaglie per la libertà e pel benessere collettivo che fu sempre lo scopo nobilililsimo che guidò Giuseppe Garibaldi : alle centinaia di nuove e sante battaglie che dovranno esser combattute ancora, per assicurare ai popoli la libertà e la indipendenza che ,;0110 i mezzi indispensabili per raggiu11gere tale tine supremo. ... I.a fine della guei:•1.•a scellerata. - Ciò che si prevedeva é accaduto: la forza ha avuto ragione del diritto; i Boeri, dopo circa tre anni di lotta eroica hanno sottoscritta la pace o meglio si sono arresi colla perdita della indipendenza delle due Repuubliche Sud-Africane. Benché note vogliamo riprodurre le condizioni di pa• ce. Sono le seguenti: 1) Liberazione dei prigionieri, 2) amnistia per gli alti di guerra i11 bunna fede compiuti dai bur9hers delle due repubbliche; 3) inchiesta condizionata sui ribelli e loro punizione; 4) permesso di portare fucili; 5) Governo civile (Crown Colony) da sostituirsi al più presto al militare, con assemblea elettiva consultiva; 6) il governo inglese mediante apposita commissione rimetterà i coltivatori nelle loro fattorie e li aiuterà a riparare le loro case; 7) come alto di grazia esso pagherà una indennità di 3 milioni di sterline a tale scopo; 8) il governo s'impegna a non imporre tasse speciali sui bur9/iers; 9) per far fronte al debito contratto dai governi repubblicani con il proprio popolo durante la guerra, il governo inglese s'impegna a fare prestiti al tasso del 5 per cento. Notiamo anzitutto che dopo un anuo di lotta, quando i Boeri erano creduti stremati di forza, essi hanno ottenuto di più di quello che era stato offerto da Lord Kitchener nel marzo 1891. Le condizioni non potrebbero essere più onorevoli sotto l'aspetto politico, economico e morale, pei vinti, i quali potranno forse in un lontano avvenire, valersene per ritentare la riscossa: e non mancano i sintomi precorritori di questo avvenimento. Si elevano inni alla magnanimità inglese che non ha voluto abusare della sua superiorità militare,continuando una guerra di sterminio nell'Africa del Sud; la si loda

RJVJSTA PUPULARE DI POLJ1'1CA, LE1Fl!.'H.E E SCJl!:NZE SOCJALl 283 ' ezjandio per ie condizioni concesse. Noi, che fummo ammiralori caldissi111i dell'Inghilterra prima dell'ultima guerra, sentiamo il dove1·e di 1·icordare che non è la prima volta che essa, dopo la ,·ittoria, si mosl1·a prudc11temente gene1·0,a verso le Colonie: l'ese,npio di ciò che avvenne nel Canadà non è troppo remoto per essere dimen1icato. Dai più si crede, però, che la magnanimità alluale sia calcolata: da un lato si tema di accarezzare i Boeri e di farne dei sudditi inglesi fedeli e valorosi cooperatori futu1·i alla grandezza dell'Impero; dall'altro essa vorrebbe riacquistare nel mondo ci vile quell'aulori~à morale che ha perduta. Che questo ultimo S"0po possa realmente essere balenato nella mente degli uomini di Stato ·inglese, si può ammetterlo guardando alla pubblicazione del Conan Doyle di cui ci siamo occupoti nel numero precedente. Lo Scia di; Persia e il Papa. -. ) '- ~ - ,:i ....... '•1 ', '•! :;p_,~, " '111 1 '" --- 111Jli1 I fill lt-_ - Io sono un mezzo barbaro ; ma però ho insegnato a tutti gli altri regnanti i! modo migliore di trattare il Papa. (Uomo di Pietra di Milano). Non ci sembra possibile che il Governo che si è lasciato rimorchiare da Chamberlain, il candidato di Caino, possa riuscire nell'intento. Né il mondo civile potrà perdonare ad esso la guérra scellerata né i Boeri potranno rassegnarsi alla sorte cui vennero condannati. Da un secolo circa durava la lotta, ora palese ora la:- tente, tra· 1e due repubbliche e l'Inghilterra, e non è la prima volta che i Boeri si lro~ano nella ,;oudizione di dipendenza politica in cui sono stati posti _coll'ultimo trattato di pace; il passalo quindi, autorizza alle accennate previsioni. (1) In un sol caso si potrebbe ritenere come definitivamente (1) John Morley, l'illustre storico ancora fedele ai prinéipii di Gladstone, parlando ad Edimburgo in una riunione liberale, ricordò che le due repubbliche si resero indipendenti dall' Inghil- . terra, perché quest&. non accordò loro il regime rappresentativo già promesso. Il Governo Britannico , non mantenendo le promesse mancò di fede e preparò l'ultima guerra disastrosa. Serva questo di r_isposta al Conan Doyle che cerca tra gli avversarii.dell'Inghilterra i suoi difensori. • assodato il doniinio iugle,;e nel1'Africa australe: nel caso in cui una g1·ande emig1•azione anglo-si,ssone vi andasse a sommergere od a mettere in condizione di grande inferiorità numerica i burghers di origjne olandese; ma questo evento non sembra probabile. Gl'Jnglesi furono i padr-oni i1\contrastali da tanti anni· nella Colonia del Capo, ciò 1100 ostante, l'e01igrazione anglo-sassone prese la via dell'Au-lralia o degli Stali Uniti e 110n 11uella della Colonia africana, dove gl'.lnglesi arrivano appena a 250,000. Forse potranno accorrervi gl']rlandesi; e allora. -laggiù, nell'Africa estrema, all'odio recente de' Boeri contro la perfida Albione si 111escole1·ebbe quello più antico della razza celtica. Che i burghers non possano essere sop1·affatti dall'elemento inglese, può anche ammettersi riflettendo alla più alta natalità dei primi. Tutto, adunque, induce a crede~e che l'lngl1illerra, non contenta di avere una Irlanda alle sue porte, voglia crearsene un'altra in A~rica. Fu questa la previsione fatta sin dal principio della guerra da molti competenti scr:tlo1·i e da autorevoli riviste che si pubblicano al di là della Mani<?a. . li governo inglese intanto ha pensalo a rimunerare subito Lord Kitrhener col titolo di Visconte e col dono di cinquantamila sterline. Questo !iistema è nella tradizione inglese che in ciò ;<idislingue dalla tradiz!one italiana. Tra noi chi ha ben me1·itato della patria è costretto spesso o a morire in miser·ia o a rico1:rere a mezzi turpi per vivere bene! Il popolo di Lo11dra ha ~ccolto con pazza gioia la notizia della pace la quale in tutta l'Europa e negli Stati-Uniti I soldati! inglesi. Gli ultimi campioni di soldati spediti dall'Inghilterra in Africa.· (Kladderadatsch di Berlino). ha prodotto un senso di, sollievo. Si compre_ndono. be-: nissimo i segni di gio.ia che possono a.vere varie inlerpretazion i; non esclusa quella di sentirsi liberati dalla minaccia di ulteriori e gravi sacrifici pecuniarii: gl'Ingtesi in questa occasione, nelle manifestazioni di gioia,. hanno sorpassato· ogni misura e fin.anco hanno· fatto dimenticare le sce·ne ve1;gogn·ose avvenute in Lori..: dra all'indomani della liberazione da Mafeking. Allora se ne- scandalizzarono gli uomini del Governo; adesso è · la Palt Mail Ga::ett, un giornale ultra impe.rialista, che depiora gli eccessi delle ultime dimostrazioni ché dichiara volgarissime ed indegne del momento solenne che l'Inghilterra attraversa. . Ma più che l'esultanza degringlesi noi vogliamo oggi rilevare lo straordinario mutamento di linguaggio della ~ ·, stampa anglo-sassone ,·erso i virili. Ieri essi eran? lir-iganti, per boera degli stessi 1,omini del gove1•no; ·oggi sono divenuti- erÒi. Siamo arrivati anche a questo: il jingoista òaily Mail propone la sottoscrizione per una_ spada di onore a Dewet ...! · · ·-"'

284 llIViSt"A POPOLARE DI POLITICA, LÉt'TERÉ B SCIENZE SOCIALJ In questo postumo riconoscimento delle· grandi virl~ dei Boeri sta la condanna della guern scellerata, e noi, forti della stessa teslimonianza dei vincilo1·i, sentiamo il preciso dovere di esprimere i sensi della pi~ .~Ila ammirazione verso i vinti - verso i protagonisl1 d1 una epopea gloriosa che nulla ha da invidiare a quelle della Grecia antica. •• • Ed ora come epilogo triste di un più triste avv.enimento, crediamo ·opportuno di riferil'e ad ammaestramento di lutti; alcuni d11ti stalistici: Una delle statistiche più l'Satle e precise dà una cifra di oentiduemila inglesi morti durante la guerra dell' Africa del Sud, tra i quali 1055 ufficiali. Il totale delle per_- dite poi, compresi i 70,\:14i! rinviati come invai di, salirebbe a 95,679 uo'.llini. Secondo i dati più attendibili il numero dei prigionieri' boeri fatti durante la guerra sarebbe di quarantaduemila e il numero dei b:ieri eliminati per va1·ie causE', emigrati, disertori; ecc. di clieciinila. I boeri ancora sotto le armi e che si arrenderanno agli inglesi saranno circa diecimila dei cinquantamila che pl'e~ero le armi all'iniz.io della guerra. I crediti chiesti a diverse riorese dal segretario della guerra al Parlamento ammontano complessivamente a· lire 3,596,675,000. ' A questi crediti occorre tuttavia aggiuugere le somme necessarie per il servizio dei mutui contratti, .~d alcune spese incidentali ed altre straordinarie iò dipendenza della' guerra. Al 31 marzo u. s. il totale genérale del' costo della guerra si. poteva calcolare in 4,300,550,000 di franchi. La spesa corrente mensile occorrente per l'esercito veniva calcolata in 150,000,000 di lire. Se dunque al 31 marzo le spese corr.plessive ammontavano approssimativamente a quattro miliardi e trecento miliopi, esse al 31 maggio avranno sorpassali quattro miliardi e seicento milioni. Alcuni poi dicono queste valutazioni troppo basse etl arrivano a somme superiori; ma prendendo un11media si può dire che la µ;uerra avrà costalo all'Inghilterra la bellezza di cinque miliardi I Le ultime notizie davano come necessari ancora 700 milioni per l'esercito nell'Africa del Sud, negli anni 1902-1903. Si aggiunge che il Giffen calcola come necessaria una spesa militare annua di 100.000 sterline in conseguenza della situazione che gii ultimi avvenimenti hanno crealo all'Inghilterra nel mondo! Ma i sacrifh:i per parte dell'Inghilterra non terminano qui; essa dovr* - come già giustamente osservò il cancelliere dello Sc11cchiere - incontrare 11uove ed ingenti spese per cancellare lè tracci'e della guerra in questi paesi che sono nuovi possedimenti suoi, ed immettervi cospicui capitali. La vedremo all'opera. ¼· Il ritiro di \.Valdeck-Uous!ilcau. - Il nuovo gabinetto, Combes, Pelletan, Vallé e H.ouvier. - Dopo che \.Valdeck-Rousseau ha compiuto il dovere di salvare la repubblic(francese dall11.coalizione clerico-monarchica-nazionalista, e dopo che egli ha visto assicurata alla nazione, frullo dell'indirizz<, del suo governo, una Camera in cui la F<Chiacciante maggioranza repubblicana é decisamente favorevole ad andare innanzi sulla via del Progresso, egli che pel gran merito di essere riuscito ad uscir fuori dalla questione Dreyfus e per quello di aver condotto in porto la legge delle Congregazioni, avrebbe potuto governare senza contrasto chi sa per qunnto ia Francia, lascia il ~uo posto ad al~ri, per tornare più che al suo banco d1 deputato, alla pittura e alla pesca come un eroe di Plul arco. È un'alta pruova di disinteresse che non avranno mai certamente i nostri uomini politici che pur di afferrare il potere, e soprattutto per 1,on staccarsene, sarebbero capaci di qualunque pord1eria. Nel nuovo gabinetto che succede a quello di WaldeckRosseau, spiccano le figure di Combes, di Pelletan, di Vallè e di Rouvier. Combes, presidente del consiglio, ministro dell'interno e dei culli é un senalor(. Piantalo il Seminario per le persecuzioni a cui era soggetto pel suo spirito indagatore e indipendente fin dalla sua prima giovinezza datosi agli studi classici, pel suo ingegno pronto e assimil11.lore, dovenlò dollo1·e in Medicina ed in Lettere. Dopo il '16 maggio caduto in disgrazia dei monarchici che allora governavano la repubblica, fu revocato dn maire di Pons. Non 1·iuscito def!ulato nelle successi ve elezioni politiche fu pe1 ò eletto senatore della Charente inferiore pel rinnovameuto biennale del 1885, e da allora fu sempre inamovibile pei suoi elettori. Presidente del gruppo della Sinistra democratica al Senato, fu promotore delle riforme nell'insegnamento secnndario, seguaee appassionalo dell'indirizzo moderno dell'insegnamento e ministro dell'Istruzione con Bourgeois nel 18\:15. Ha 67 anni. La sua testa energica, l'acchio vivo e penetrante, i suoi modi semplici lo rendono subito gradito a chi l'avvicina. Per dare un'idea della sua forza di volontà e dell'elasticità della sua intelligenza basta dire che sette anni or sono, e cioè a 60 anni, si è messo a studiare le lingue estere pe1• esperimentare su sé stesso l'influenza delle lingue viventi nella formazione intellettuale dell'uomo, e oggi conosce benissimo l'italiano, lo spsgnuolo, l'inglese e il tedesco. E' un uomo modesto, ma un energico che non s'arresta dinanzi a difficoltà per l'adempimento di quello che considera un dovere. Nella prima discussione parlamentare sull'indirizzo del suo governo, Combes ha dichiarato che continuerà, la politica di \.Valdeck-Rousseau « contro la reazione cesarea e le pretese leocr·a ti che :., e il suo discorso energico, senza debolezze come senza sottintesi, gli ha pro-

IUVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI 285 curato subito 329 voti favol'e\'Oli co1,t1·0 ·129 conti·ari un vero trionfo parlamentare. ' Pelletan il· nuovo ministro della Marina, è certo il più simpatico fra i componenti il gabinetto Combes. Ha 56 anni. Rappresentante sin dal ·1881 del collegio di Aix, si è distinto specialmente come o·r·atore e come brillante e formidal:J:lepolemista, per un'energica coraggiosa e persistente càrri'pagna- cl;i'egli ha condotto contro gli sperperi delltl arnministra'zioni dell'eser~ito e della marina, che in Francia non sono mi,,1oi-iclic da noi. Sino ad og~i fu il capo del gruppo radicale socialista dell'Estrema sinistra alla Cam !ra. Pel suo ·ca1•allere· en·ergico e il suo spirito critico acutissimo, ma soprattutto per la perfetta conoscenza ch'egli ha dei più riposti meandri delle amministrazioni militari, Pelletan, ministro borghese alla Marina, non seguirà certo l'e;;empio dei suoi predecessori che ha criticalo cosi severamente. Vallé, ministro della Ciustizia, è nato ad Avize (Marne) Le off'el'te llell 1 0 ,Czar per la Martinica . • •.)J~ ... - ··~ --~••',, .. ·.~.....·. É ~ •' :.~ . . I À Francia: To !... mi pare cli riconoscerli! (F'isehiefto cli Torino). nel 1845. Commissario generale e presidente del Consiglio generale della Marina, fu eletto deputato nel 1885. Deve la sua notorietà al rapporto che fece sull'affare del Panam11. Dopo d'allora non si senti parlare più di lui fse non quando fu sollo-segretario all"lnterno con Brisson, nel, 1899, e;per la sua Relazione al Senato sulla l_egge delle CongrPgazioni. Prima di salire· al potere era avvorato del principale dei creditori degli Humbert, e quei della banda temono molto da lui che conosce a fondo Lutto il grandissimo imbroglio in cui sono coinvolte moltissime alte personalità giudiziarie. Rouvier, ministro delle Finanze, parve che dopo il processo del Panama in cui ~fu coinvolto, fosse sparito per sempre dalla scena politica, ed egli stesso si era appartato limitandosi soltanto a far sentire la sua voce in qualche questione tecnica di finanza nella quale è riconosciuto uno specialista competentissimo, ma ora torna alla ribal~a come una delle prime parti. Nato ad Aix nel 181-2, deputato di Grasse, ministro del Commercio e delle Colonie sotto Gambetta, ministro del Commercio con Ferry, ministro delle Finanze e presidente del Consiglio nel 1885, e successivamente mL nistro delle Finanze nei gabinetti di Floquet, òi Freycinet e di 'Loubet, egli è certo, anche pel lungo uso del potere, una dompetenza fihanziaria di pri,n'ordine riconosciuta da tutti, e forse indispensabile in questo momento alla Francia per la sistemazione del suo bilancio. Una prova di ciò è che la sola notizia della sua chiamata alle Finanze ha fatto crescere la rendita francese di 25 centesimi. La difesa viva e abilissima ch'egli fece di sè stesso durante l'affare del Panama, lasciò in tutti forti dubbi sulla sua colpabilità, non certo sulla sua abilità, tanto da far dire ad uno dei suoi più accaniti avversari: (( Sarà forse una canaglia, ma certo è un uomo di grande valore ». No1. Un principe ereditario. Il principe ereditario : Vede, caro professore, questa o-oorificenza L. L" ho avuta ieri ... e papà mi ha detto ~he r avrà ànche lei se saprà meritarsela. ( Whare focob di Stutt.gart). ~;;»;;K·OOA< QCC<:AC:GCOCA'.:CYYXOCCXX:OZ;OQO?OCOC:OOOC<XA)()Q()Q()QQQQC; LANEBULORSAADICALE Il Gio1·nale d'Italia in un breve e succoso ar• ticolo in cui si occupa del discorso pronunziato da Ettore Sacchi.inaugurandosi l'Unione democratica romana, cosi denomina il Partito politico costituzionale ohe è in via di formazione e nella Camera e nel Paese. Quando si parla del Partito radicale, non. si può non ricordare che, a Montecitorio almeno, i gruppi ·radicali sono due, divisi più che da altro da antipatie personali qui stesso altravolta deplorate. Delle due frazioni è molto meno numerosa quella che fa capo all'on. ,Sacc)li; ma è innegabile che i pochi che si aggruppano. attorno al Deputato di Cremona, sono quelli che maggiormente fanno parlare di sè nella Camera e nel Paese, e sanno discutere la ragione di essere di un partito radi-

286 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA, LETTJ:.'RE E SCil!:NZE SOCIALI cale. Nell'altro gruppo, che più fedele si mantiene alla tradizione politicamente agnostica di Felice Cavallotti, non mancano uomini notevoli per patriottismo, µer elevatezza di mente e per cultura; ma se ne stanno inerti e non sanno vigorosamente affermar_,i nel campo politico. Essendo assai scarsi di numero i deputati che seguono l'on. Ettore Sacchi, non si compren1lerebbe perchè la stampa segua con vivo interesse le manifestazioni del microscopico gruppo radi-- cale, se n,m si accettasse per vero il bisogno constatato dalla Tribuna rii nuovi aggruppamenti e di uomini nuovi, tanto .nei quadri del!' amministrazione, che in quelli della politica parlamentare. Più volte mi. sono occupato del Partito radicale e ripetutamente, pur riconoséendo l'utile funzione che esso potrebbe esercitare, e che forse eserciterà nella vita pubblica italiana, non gli risparmiai critiche che talvolta parvero o ingiuste o tropppo vivaci a coloro cui furono dirette. Non nascosi mai che avrei sempre preferito che· i radicali si fossero mantenuti sul terreno dello agnosticismo politico che fu quello battuto dall'antica Estrema Sinistra ; e come deplorai che il Sacchi se M fosse distaccato, così del pari oggi constato con ptacere che !'on. Deputato per Gremona, nell'ultimo suo discorso, sia venuto a dichiarazioni ~equivalenti nella sostanza alle i.dee che da circa 20 anni ho sostenuto e che in fondo a quell'agnosticismo riescono sul terreno parlamentare. Dirò in appresso la ragione di questo mio giudi1.io che potrà sembrare errato allo stesso amico Sacchi; prima, però, voglio esporre le mie riserve e le mie critiche su talune sue affermazioni. E ciò non per vaghezza di biasimare altrui, md. per impedire, nella misura consentita dalle mie forze, che trovino _credito errori di fatto di non lieve importanza. Premetto che non divido tutto l'ottimismo dell'oratore nel prendere come oro di coppella tutte le affermazioni platoniche dei maggiori uomini politici. italiani ~di Destra è Sinistra sulla essenza rigidamente rappresentativa e sulla po- ' . tenza effettiva d,el nostro Parlamento. Molte di quelle 1;1,ffermazioni,infatti, venivano smentite dopo poco tempo colle opere da coloro che le avevano enunziate; e tali opere dimostravano a luce meridiana che c'era qualche forza preponderante che s'imponeva sempre alle Camere. Si prenda ad esempio ciò che disse l'on. Di Rudinì nel 1891, e che il Sacchi accetta, sulla prerogativa della Corona consacrata nell'art. V dello Statuto, sul diritto del re di dichiarare la guerra e di conchiudere la pace, e che secondo l'ex Presidente del Consiglio è piuttosto formale che sostanziale. L'on. Sacchi, prima di gabellare per vera l'affermazione dell' on. Di Rudinì, avrebbe dovuto rammentarsi della triste guerra d'Africa, terminata colla disfatta di Abb·a Carima. Che cosa ne seppe il Parlamento nella sua preparazione provocatrice e nelle sue rasi? Il grande lavorio ministeriale per impedire che si pubblicl1ino le carte di Crispi nulla gl'insegna? E sulla guerra del 186!5, non lo Ila illuminato abbastanza la luce venuta dalle pubblicazioni di Alberto Mario, del generale Lamarmora e del generale Ghiaia ? Come e quanto po sano prepotere sul Parlamento" forze estranee al medesimo si apprende agevolmente da (tuel malaugurato periodo di vita politir,a che si svolse principalmente nel 1894-95, dal decreto ù i proroga del Parlamento alle elezioni del maggio 1895. Chi impose Crispi alla Camera? Chi impunemente cooperò a sopprimere lo Statuto come lo stesso Sacchi riconosce ? Ed ora ad osservazioni a mio avviso di minore importanza, ma sempre rimarchevoli. Crede il Sacchi che in Italia la riforma elettorale del 1882 abbia proclamato il suffragio universale che ci viene anche invidiato dal Belgio? Nulla di 11iù•inesatto in fatto e in diritto. Se le restrizioni. contenute nella stessa legge del 1882, neutralizzate in parte del famoso art. 100, non bastassero a documentare tale inesattezza, ci sarebbe la epurazione delle liste, compiutasi nel 1895, per dimostrare come e quanto e 6 li s'inganni. E non si potrà mai parlare di suffragio universa1e in un paese in cui la media degli elettori isr,ritti di poco sorpassa il 7 °t0 del totale della popolazione, molto· al· disotto della media degli Italiani maggiorenni che sanno leggere e scl'ivere. Infine non posso consentire con lui nella sconfinata sua ammirazione verso l'attuale ministero cui attribuisce il merito di a vere adottata, prendendola dal partito radicale, la teoria della libertà senza limiti. Ammetto anch'io che su quel terreno della libertà, questo ministero abbia delle benemerenze, tanto che sinora sono rimasto ministeriale ; ma sono troppo numerose le eccezioni al rispetto della libertà senza limiti, perchè io possa condividere l'ammirazione dell'on. Sacchi pel gabinetto Zanardelli-Giolitti. Ed ora con piacere adempio al dovere di rilevare alcuni punti sui quali è completo l'accordo mio col capo del gruppo radicale numero uno. Sì, ò _vero che il fine economico non si può disgiungere dal fine politico ; ma questa elementare verità a-;Tebbe dovuto renderlo assai più severo verso i socialisti che l'uno dall'altro disgiungono, e che, pur furono da lui sempre più che lodati, adulati. .Dove il mio accordo è maggiore e incondizionato poi, è quando egli si occupa della costituzionalità dei partiti politici: e qui riproduco integralmente le sue parole perchè su di esse d~vo ulteriormente insistere : • A mio avvi~o, egli dice, sono tutti costituzio-. • nali i partiti, i quali nella lotta si avvalgono « dei mezzi forniti dalla costituzione: libertà di « propaganda e suffragio. È un errore, un lascito • di civiltà politiche ormai superate quello di « consider·~re la legalità nel fine anzichè nel mezzo. • Il fine appartiene allo illimitato libero pensiero,

o·,v,<.:.TA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA/,/ « mentre il mezzo appartiene alla azione politica. · • Non è partito rivoluzionario nel comune signi- • ficato della parola, quello che annunzi e si pro- " ponga di raggiungere nn avvenire anche per- « rettamente contrario allo stato presente; mentre « vi ha partito rivoluzionario, quando lungi ual • rispettare le leggi del proprio paese si adope- • rano mezzi violenti o si vuole insorgere contro « di esse. In Italia tutti i partiti si indirizr.ano al voto, • anche quelli che sono chiamati extralegali. Qua- • lun'}ue sia il fine imperscrutabile della coscienza ~ individuale dobbiamo esaminare l'azione pratica « dei partiti e come essi si svolgano, se rispet- « tanuo le leggi o se pre,rnrando l' insurrezione radicale pel contenuto non si differenzia dai monarchici costituzionali, e per l'azione si confonde invece coi repubblicani e coi socialisti, che sono suoi avversarii nel campo politico ed economico ». Ora al Partito radicale tale giornale nega il contenuto JJroprio e definito e perciò lo considera allo stadio di nebulosa, inorganico, indefinito non sistematico nelle teorie, nelle tendenze, nei meto.Ji, nella pratica; e perciò senza azione efficace nel Parlamento e nel paese. Ne segnalava anche la contraddizione pel fatto che esso differenziandosi dal Partito repubblicano sul terreno politico, Nel Belgio. RT. 47 FAITES SAUTER L'ART. 47 et les Réformes viendront Fate saltare l'art. 47 (quello clel voto pluri,no) e le riforme verranno. (Peuple ~i Bruxelles). • contro di esse. Da questo modo· di considerare « i partiti eravamo assai lontani pur pochi anni « sono; ma vi ci siamo avvicinctti a gran passi•. Questo .. pensiero, non è precisamente quello di Cavallotti, si ridure a quell' agnosticismo che può consentire ai partiti politici la cooperazione sul terreno parlamentare, pur conservando ciascuno la propria finalità ideale. Il pensiero racchiuso nel brano su riferito parmi poi che possa e debba servire ad uno scopo cui forse non mirava il suo autore. Mi spiego. Osservava bene il Gioi·nate d'Italia che « nessun partito può affermarsi durevolmente e sostanzialmente nel paese e nel Governo se oltre ad avere un contenuto proprio, non ha una propria azione autonoma e;distinta. E 'il .partito e dal Partito socialista sul terreno economico perché respinge il collettivismo e la lotta di classe, non vive e non agisce se non nell'alleanza dei repubblicani e dei socialisti. Le apparenze danno piena ragion<> all' organo dell'on. Sonnino; poichè in verità lo studio posto dall'on. Sacchi nel differenziare il partito radicale dalla Sinistra costituzionale, è fallito completamente. Egli dà come note caratteristiche del programma democratico-radicale le seguenti: Istruzione laica elementare; autonomia comunale e referendum; tendenza a trasportare ~sulle tasse dirette e sull'imposta progressiva il peso dei consumi; municipalizzazione dei pubblici servizi. Ora io mi sorprendo che l'on. Sacchi abbia creduto cli poter presentare come sufficienti a.distin-

-288 RIVISTA POPOI.,A~E DI POLITICA, LETTERE E SCIENZE SOCIALI guere il partilo radicale <;lalla Sinistra, ta,li punti del suo programma. Quasi tutti ~ono. stati accettati e propugnati dai più temperati uomini di sinistra, prima e dopo il lk76; .nel programma recente, in ·fine, e' è molto meno che nel programma delJa Riforma del 1867, nel 4uale era anche comprnsa la riforma del Senato. Una novità, forse, la si f>Otrebbe veder~ nel refe1·ér.1raum, 'ma non c'è sincero progressista che lo, respinga.. In quant9 alla municipalizzazione dei pubblici servizi è tanto poca caratteristica del p_artito radicale che l' on. Giolitti ha presentato un analogo disegno di legge f er realizzarla. E però sµ tale basi il Partito radicale non potrebbe considerarsi che come la Sinistra prima rii arrivare al potere; come una Sinistra non costretta ancora a rimangiarsi una parte del programma sotto la pressione delle così dette es,igenze di governo. Tra 11 partito radicale e gli altri pàrtiti monarchici non 'Vi può essere altra distinzione caratteristica se non quella che potrebbe derivarsi dalla teoria costituzionale fondata sul diritto plebiscitario che consente a repubblicani e socialisti di cooperare accanto ai monarchici più avanzati, senzà rinunziare alla loro idealità; ed è quella teoria che illustrò genialmente Alberto Mario che sperava nei placidi tramonti e nel famoso vagone di prima classe diretto a Chiasso. Tale teoria appresi dal Cavaliere della democrazia e seguitai a svolgere modestamente prima nell'Is'ola di]Palermo e dopo in questa Rtvista popolare. DOTT. NAPOLEONE CoL,\JANNr •. Deputato al Parlamento. ,~~~•i"f: S§~ ... ~liJ M-· +'il? @~a, MUSOLINEOLASCIENZA Quanti studì, quante discussioni intoruo ad un infelice segatore di S. Stefano! I prof. Morselli, D'e Santis, Patrizi; Cristiani, ognuno per conto proprio, stanno compilando quattro volumi sullo strano fenomeno criminale. [ psof. Lombroso e Bianchi hanno anclte emessa la loro opinione, e fra breve si occuperanno di Musolino tutti i psichiatri del mondo. Si tratterebbe di un fatto teratologico clf nuovo genere, e lo studio accurato di esso non potrà non arrecare un apprezzabile contributo di progresso alla scienza. · Aspettiamo dunque. Per ora diciamo qualche cosa sulla polemica Rastignac-Sighete, costituendo essa un ottimo argomento di attualità. Da quale lato sta la ragione 1 Ecco: In ciascuno dei due contendenti vi è parte della verità, e questa non può essere integrata, se non in seguito ad una nuoya veduta della questione, la quale dev'essere specializzata- e· considerata molto più da vicino. Sighele ha ragione da vendere quando afferma l'influenza dell'ambiente sul delitto. Oramai questo è un assioma scientifico, che non è più discutil;>ile. Negare l'influenza <;lel fattore ,fisico e_del fattore sociale St\lla delinquenza, è chiudere addirittura gli occhi alla luce, è ritornare al tramontato antropocentrismo, conseguenza inevitabile dell'errore geocentrico. L'uomo non è un'entità a sè, indipendente dalla natura, e quindi dal clima, dal la posizione e.leiluogo e dalle tendenze special i del gruppo umano in cui vive. Ma il poi una esagerazione il ritenere che l'am - biente sia tutto, negligendo addirittura. il fattore antropolqgico del delitto, ch:'è la base su cui si eleva tutto l'edifizio della delinquenza. Se è innegabile che noi Calabresi siamo impulsivi, perché nati in terre vulcaniche e in un clima, ove le brusche variazioni di temperatura sono davvero fenomenali; se è anche vero che ci troviamo molto indietro del settentrione nelle imprese industriali e commerciali per l'abbandono in cui furono lasciate queste regioni, e per le tristi conseguenzp. che sono clerivate dallo sgoverno spagnuolo e bor-- bonico, e dal funesto e antiscientifico· imperio del monal'hismo; se è fuori dubbio che la nostra statistica criminale si mantiene ancora elevata di fronte alle altre provincie settentrionali, comunque sensibilmente diminuita dal 1879 ad oggi, è anche incontrovertibilt:i che tu'tte queste cause di arresto di sviluppo etico-econ_omico non influiscono sempre ed inevitabilmente su qualsiasi specie cl i delinquenza. Ammettiamo che Musolino ha trovato un ambiente favorevole, che ha <lato la spinta allo svilup(>O delittuoso della sua epilessia traumatica; riconosciamo che in un'altra regione d'Italia non avrebbe potuto riempire il sacco di tanta neyuizia, ma non possiamo convenire che la leggenda, che si è costituita attorno a lui. e per la qua1e si è appassionata tanto la Calabria, e poi il resto della Italia, sia anch'essa il prodotto esclusivo dell'ambiente calabrese, come se l'apologia del delitto fosse privativa unica delle nostre contrade. Qual'è stata la causa che ha fatto acqui'stare a Musolino tanta popolal'ità e tante simpatie? Non possiamo rintracciarla certamente nel suo coraggio, nè nel numero degli omiciclì, nè nei suoi atti di gene1:osità e cli onestà, perchè altri briganti ha avuto la Calabria as~ai più coraggiosi, più delinquenti, più generosi e più onesti cli-Jui, e nessuno di essi ha potuto ma.i crearsi la· sua medesima leggenda, la sua medesima corrente di simpatia. Dal Ber-ardi a ~1isclea non troviamo un tipo cli grande delinquente, che abbia avuto la stessa popolarità di i'Vlusolino. Possiamo ·trovare il terrore, ma non la simpatia; il favoreggiamento per paura, non una corrente di ammirazione, che giunge quasi fino al delirio, da far ritenere come un eroe un malfattore volgare. Questo pervertimento morale e gittriclico, che non ha nulla di comune con l'ambiente generale calabrese (altrimenti non si potrebbero spiegare i fenomeni rappresentati dall'abate Gioacchino, cli spit•ito prof etico dotato, da l!,rancesco di Paola, da1Bernardino Telesio, da Tommaso CampaneUa)

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA. LEITERE E SCIENZE SOCIALI '289 ha la sua ragione di essere in un fat.to naturale, istintivo, passionale, che fa velo alla ragione eticogi:uridfoa, nel fatto, cioè, della ritenuta innocenrn di Musolino e della grave ed ingiusta condanna subita, mediante la falsità di alcuni testimoni. Spogliate la figura dell'epilettico di S. Stefano di questi presupposti, di queste considerazioni, e vi resterà il bandito comune con la sua ombra di terrore, e con la continua minaccia all'ordine sociale. La ripugnanza per l'innocenza perseguitata e punita non è una privativa della Calabria, ma è una merce di produzione comune, appartenente anche ai popoli più civili del vecchio e· del nuovo continente; e la vendetta per l'ingiusta onta patita, ancorchè con mezzi extralegali, se non giustifica il pervertimento etico-giuridico, Fatt~nua senza ,lubbio, tanto vero che la stessa giustizia socinle riconosce in quel sentimento una certa ragione giuriJica, che chiama provocazione, e giunge fino al punto di diminuire sensibilmente la pena, secondo i varì casi di ·maggiore o minore intensità. La vendetta d1lle offese, dice 1-Ienle, è nn bisoRomeo, l'epopea,omerica del 148 non sarebbe stata. neppure concepita. Non nel discorso inaugurale del Ruiz, ma nella critLa podèrosa di Vincenzo lulia, avrebbe dovuto Ce~are Lombroso studiare l'ambiente autentico calabrese. È vero che la contraddizione è la nota predominante del calabro ambiente, cioè: il soave tremolar delle ma1·ine e le spaventose eruzioni vulcaniche; il celeste pro fumo degli aranceti e il terremoto distruttore; il tepido e ricostitu~nte alito primaverile e la terribile esplosione dell'uragano, unita al più brusco mutamento di temperatura; la schifosa baldracca e Domenica di Tropea; il brigante della Sila e Francesco di Paola; l'abate Gi Jacchino e Bernardino Telesio; il fanatico e fedele borbonico e i fratelli Bandiera; ma dov'è, rliciamo noi, quel popolo così avventuroso con cui degnassimo cangiare la nostra infelice contraddizione 1 Concludendo, pare abbastanza dimostrato, che l'apologia di Musolino, in Calabria, non è l'apologia ciel brigantaggio, ma l'apologia dell'innocenza L' alleanza franco-russa. Il cittadino Loubet dimentica per un istante che il popolo russo geme sotto la più terribile delle tirannidi. ... e corre ad abbracciare l'autocrate .... e a ~lringere la mano che poco prima ha firmato decreti ,li m,,rte.... <li deporta,ione in Siberia.... di barbare repressioni ! Che importa ciò'/ I diritti dcll'ttorno stanno bene.... ma pr:ma di tutto ... ha diritto r interesse! (Fischietto di Toriuo). gno di tutta l'umanitù; e le :::tessereligioni hanno sanzionato in un'epoca la vendetta privata, in una altra l'appello al giudice, oppure !tanno invocato dal Cielo una pioggia di ruoco sul capo dell'ofensore. i Questo bi.sogno di tutta l'umanità, dato lo speciale ambiente fisico calabrese. può essere esagerato, come avvenne per Mnsolino, ma una tale esagerazione, a cui ha contribuito moltissimo lo stesso servizio di pubblica sicurezza, non deve essere classificata come caratteristica di una razza inferiore, giusta l'opinione di Lombroso, il quale, come ben dice Colajanni, pare che provi la voluttà della denigrazione della Calabria, ma invece come una tendenza di una razza impulsiva, ch'è diametralmente opposta alla tendenza inibiti va della razza tedesca. Questa impulsività. talvolta è un bene, talvolta è un male; ma è fuori dubbio che senza questa tendenza impulsi va della Calabria, forse, a quest'ora, l'Italia non avrebbe acquistato la sua unità e la sua indipendenza, e senza il sangue versato nel vallone di Rovito e l'impulsività di Stefano l)erseguitata e ingiustamente punita,eventualmente personificata nell'epilettico di S. Stefano. Se nòn fosse così, non si sarebbe estesa altrove, e fino al punto cli commuovere anche parecchie signore francesi cli passaggio per Lur,ca. L'apologia del brigantaggio non è più l'ambiente attuale calabrese, e la prova evidente dell'asserto può riscontrarsi nel sentimento di disgusto e di ripugnanza, che si è avuto semprA in Calabria pei compagni di Musol ino, Iati e Di Lorenzo, volgari malfattori anch'e<;si al pari ciel loro capo. Ecco i termini precisi in cui dev'essere posta la questione dell'epilettico di s. Stefano. Spogliate costui dell'aureola d'innocenza che è riuscito a guadagnarsi, e lo vedrete coperto del medesimo disprezzo dei suoi compagni. Prof. F. PIETROPAOLO. ~ Gli abbonati ·che invieranno all' Amministrazio!ie della Rivista ~opolare l'importo dell'abbonamento scaduto e ltre una e cinquanta, riceveranno, franco di porto, il volnme Per l'economia 11azionalee pel dazio sul grano, dell'on. Dott. Napoleone Colajanni.

• RIVISTA pnPOLARE DI FOLJTJCA, LETTERE E SCIENZE SOCIALJ SCUOLAVECCHIAE BISOGNINUOVI I. Cominciamo col ricordare a noi stessi un aneddoto che documenterà anche et pour cause la nostra grande modestia. Nel luo-lio del 1830 l'coppiò, come tutti sanno, o . a rivoluzione che dovea t'11r passare la corona d1 Fra.I).eia dalla _testa di Carlo X a queHa 4 poir.e di Luigi Filippo. Quasi contemporaneamente (10 di quel mese) avveniva nelÌ' Accademia delle scienze in Parigi · una solenne - la prima - discu ·sione tra l'audace Geffroy Saint-Hilaire, sostenitore della mutabilità, e l'a_utorevole Cuvier, difensore eloquente della fìssilà della specie. Il 2 agosto, mentre i due fatti - grandissimo in apparenza il primo, tenue il secondo - volavano per mezzo dei giornali dappertutto - tra il Sorel e l'illustre Goelhe avveniYa il dialogo che riass~miamo. Il gran poeta domandava: - Leggesti il grande avvenimento neì fogli parigini i - Oh si - la rivoluzione trionl'a, e Carlo X ... - E che importa a me di un accidente volitico localizzato e superficiale i Io parlo di un avvenimento ben più vasto ed importante: 'della discussione gigantesca, avvenuta nell'ortodossa Accademia delle scienze, sulla mutabi! ità della specie. La maggioranza fu per Cuvier - ma oramai la genealogia biblica è scossa. Altri pochi anni e il trionfo ineluttabile del trasformismo rivoluzionerà tutte le scienze, le cosr.ienze e le istituzio~i, se"'nando l'inizio della novella istoria. " ' l fatti posteriori cominciarono a dimostrare che Goethe non si apponeva a torto: l'avvenire completerà tale dimostt'azione. La simmetria del paragone che segmi, mette noi sacrilegamente al posto del Goethe. Ebbene, noi ci sentiamo diversi, ma non inferiori all'autore della Filosofia zoologica, dappoichè misura comune tra noi due non esiste. Se egli scrisse il Faust, noi vedemmo l'automobile e sentimmo il gramm'ofono... Fermato ciò, procediamo. Fece· alla chetichella e quasi vergognosamente il giro dei giornali una notizietta di origine russa, che, al paragone coi festeggiamenti fatti allo Czar in viaggio, parve meno che niente. Invece, quello stelloncino, agli occhi nostri eretici assume le proporzioni di un avvenimento di ben più grande portata che non la pr·omenade rumorosa di Nicola IL Ecco la notizia di che si tratta: « gue moderne, a scelta, l'inglese, il francese. o « l'italiano •. Al leggerla, ci rifiorì nella memoria l'aneddoto goethiano e poi ci ricordammo dello sfondo ùi realismo che origina e potenzia i paradossi brillanti del Ferrero, sulla missione civilizzatrice <!ella forte razza slava. « Maintenanl c'est du nord que nous vieni la lwnière! » È v ro. Noi latini - eredi sfiaccolati delle cento congregazioni religiose, morte fuori ma non dentro di noi - siam tropJJO ·vincolati da tradizioni e superstizioni, per osare alcun che di nuovo. La qual cosa ci mantiene in uno stato di coc'- ciuto imbambolamento, rispetto alla questione importantissima deìl'educazione. L'atteggiamento dello Stato educatore verso i giovani, naturalmente avidi di sapere reale, è equivoco e disonesto in Italia, dove la educazione che ufficialmente s'imparte ben merita ancora il battesimo rlel povero Leopardi: « formale tradimento ». O non è forse un vero e !H'Oprio tradimento il tenere a bada i giovani, negli otto migliori anni della vita, .col tormento di meccaniche esercitazioni linguistiche, destinate a vanire allegra men te dalla memoria dopo la licenza liceale 1 E tutto questo, mentre le lingue moderne, e spesso la µropria, non che tutta la fiumana fecondante delle scienze biologiche e sociali, rimangono loro estranee1 Esclusi ne pochi illustri docenti, non si trova, nei professori, il dieci per cento che sappia :;;inceramente e con decenti ragioni dimostrare l'influenza benefici essenziale, nei giovani, del greco e del latino. Gli stessi assottigliati sostenitori dell'ìnsegnamento classico non sono per altro, pacifici tra loro nello argomentare. E mentre l'uno tempra: le armi su ragioni filologiche ( l), l'altro s'abbarbica alla misteriosa influenza del-le lingue morte nella · formazione (Lombroso corresse: deformazione) del carattere; e mentre il terzo fa a sproposito, in una scuola di cultura generale, dell'archeologia preziosa, un quarto vorrebbe mantenuto l'insegnamento del greco e del latino in omaggio al pro- "'resso continuo delle scienze, reclamanti, come si " sa, sempre nuove denominazioni (2). Fermiamoci qui. Evviva dunque lo Czar ! Il quale ha avuto la cortesia di attuare ciò che noi, sfidando le scomuniche del pubblico, osammo chiedere dieci anni adùietro, per le scuole italiane. . . . Che anche in Italia la questione sia matura si scorge da mille sintomi. Osare ... ecco il verbo diJ.'ettivo specialmente per noi, quieti militi del dol- « I giornali ufficiosi di Pietroburgo annunziano (1) W. F. Webster, direttore tiella scuola superior~ di ~inn~apolis, nel The Forum, dicembre 1899: ~ Non ho ma, sentito d11:e che i greci leggessero il Zend-Aoesta per imparare la propria • che lo Czar ha definitivamente approvato la ri- « forma delle scuole medie. Esse avranno sette « corsi. La lingua greca viene del tutto abolita e 11. il latino verrà insegnato nei corsi superiori. In « sostituzione del greco, s'insegneranno due linlingua"· . . (2) A buon conto Lombroso e Wirchow,-:- due rompt~o~lt pro fani - protestano energicamente. E protes~a _11 fatto c_h~già m Russia, negli Stati Uniti e nella Svizzera si d1V1enemed1c1anche senza la cresima dello lingue morte.

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