162 RIVISTA POPOL..A'R..E DI POLITICA LETTERE E SCIE'N.,ZE SOCIALI tecitorio la sbirraglia jgnorante ed audacissima - perchè sempre impaurita - non era riuscita sinora a sopprimere ogni accenno di fiera e libera protesta contro la sua nefasta onrupotenza? Nè faccia sorpresa alcuna il fatto che noi abbiamo detto che l'accettazione del nuovo Regolamento arrecherebbe un grave colpo all'avvenire politico ed economico del nostro paese. Noi crediamo, infatti, che i nuovi metodi spicciativi - troppo spicciativi - adottati dalla Camera più che la fine clel Parlamento temuta dall'on Turati, indichino il proponimento di impedire nel futuro qualunque seria resistenza all'adc-zione di ca,rrozzoni economici, che segneranno la rovina della Nazione. Quando il capitalismo e l'affarismo vorranno continuate le convenzioni ferroviarie, ad esempio, come potrà combattere l' Est1·ema cui sara stato messo il bavaglio? Noi crediamo, quindi, che si debba insistere energicamente sulle conseguenze economiche del nuovo Regolamento; il nostro popolo, che non s'interessa molto alle questioni politiche e che non attacca - per sua vergogna - molta importanza alle violazioni del diritto, apprezzera più al giusto l'atto consumato dalla servile maggioranza, che ubbidisce ai cenni delle triade Pelloux - Sonnino - Colombo, quando avrà acquistata la convinzione che gliene verrà grave danno materiale. Epperò alla Est?·ema (quale che possa essere l'atteggiamento della Sinisl?'a costituzjonale che, a giudicare dai moniti della Stampa di Torino, pare pentita del dovere compiuto) (1) s'impone assolutamente jn nome della propria coerenza, in nome degli interéssi supremi della Nazione, di non riconoscere il nuovo Regolamento. Certamente quello che essa intende di fare lo dimostrerà sin dalla prima seduta, anzi sin dal presentarsi alla Camera del Presidente che l'ha tra-dita e data in mano alla reazione. Ohe ne succederà? In Italia le previsioni non sono possibili: regna l'imprevisto; e non può che regnare l'imprevisto dove i governanti mancano di un programma e vivono miseramente giorno per :~iorno. Nessuno può escludere a priori che l'on. Pelloux all'ultima ora metta giudizio e v nga ad onesti propositi, se saprà sottrarsi all'impero che su di lui esercita l' on. Sonnino. Non ritirò forse i prov1.:eclimentipolitici, che aveva dichiarato indispensab li per la salvezza del paese e delle istituzioni? E non si è contraddetto tante altre volte come dimostrammo nel T1·ionfo cldla follia (N. 6 del 31 Marzo 1900)? _ Alla resiviscenza egli potrebbe venire confortato dal precedente significante ricorda•o dall'on. Maggiorino Ferrari:; (Nuova 'Antologia. J 6 Aprile: P,rogramma politico e programma economico). Guglielmo Gladstone non si riputò disonorato ritornando sopra una deliberazione, che era stata presa contro le norme del regolamento. Ma Pelloux avrà il coraggio e il tatto politico d'imitarlo? Se l'avesse, ad un periodo di agitazioni ne seguireb- _beuno di lavoro fecondo e si avrebbe la vera pacificazione degli animi. Probabilmente non avrà il coraggio di ribellarsi all'interessato suo protettore e mancherà dell'intuito necessario ad un vero uomo politico. Se si verificasse questo caso malaugurato possiamo essere certi, che il tumulto rinascerà nella Camera, e che le elezioni saranno indette a breve scadenza. La democrazia si deve preparare. LA RIVISTA (l) Siamo lieti che cosi non la pensi l'on. Zanardelli che in interviste pubblicate nei iriornali di Palermo, dove, al momento che • Fcriviamo, si trova, confermò recisamente che alla Camera si sarebbe opposto fino al! \1ltimo alle applicazioni che si volessero fare ùe_llerif?rme del _regolamento appr_ovato dalla sola m_ag~ioranza mm,slerwle « Noi saremmo - egli ha detto - uo,n1,ni nulli, « sen_:;railcuna sel'ietà se non facessimo di tutto per dimostrare « che siamo coerenti a noi stessi, che non accetteremo mai un « regolamento che abbiamo sconfessato ». N. d. R. Perlapresensiteuazipoonleitica ,Tra il pessimismoe l'ottìm;smo) Alla vigilia dell'apertura della Camera tornano di nuovo a galla gli oroscopi, le ipotesi, le divinazioni. Che cosa si farà? Che cosa non si farà? Vi è intanto piu voglia che non possibilità di profezie. L'Italia è il regno del contingente: le energie nc,rmali, organiche, persistenti, che determinano un sicuro indirizzo della vita sociale, sono ancora lontane dall'avere acquistata tutta la loro forza di coesione e la loro direzione certa; e, in questo stato di disgregazione, i ghiribizzi e le debolezze personali, i fattori che altrove rimarrebbero secondari, sono capaci di variare l'aspetto almeno e le fasi, se non la sostanza della situazione. Sicchè, se dovunque l'ufficio di profeta non è sempre accreditato, da noi1 spesso, spesso, diventa quasi impossibile. Una sola cosa mi sembra si possa dire con ragione, ed è che, se non bisogna abbandonarsi in braccio al più confidente ottimismo, non bisogna neppure lasciarsi vincere dal più sconfortante pessimismo. Nè Eraclito che piange, nè Democrito che ride: nè le lenti azzurre di Candido, nè gli occhiali neri del pessimista per proposito. Guardiamo con occhi scevri di preoccupazione pertur:: batrice alla realtà delle cose, e senza perdere di vista la mèta e gli scopi finali1 tutto l'insieme, risolviamo le difficoltà caso per caso, lontaru dall'opportunismo, ma tenendo conto dell'opportunità. L'ottimismo e il pesgimismo, o che si presentino come espressione di un temperamento individuale o che sieno unilaterale e manchevole corruzione della vita, non rispondano nè in teoria, nè in pratica alla realtà delle cose. Tutto quel nesso di contrasti e di resistenze, che smentisce senza replica l'ottimismo sistematico non batte meno in breccia il sistematico pessimismo e si converte in un ingranaggio, che, se rallenta il moto della vita e il cammino di certe tendenze, attesta anche che non riesce a impedire il movimento. Io non vorrei nè saprei consigliare ad alcuno di adagiarsi in una noncuranza lazzarona; anzi dico che dobbiamo spiegare tutte le nostre energie; ma trovo estremamente esagerato cedere a un pessimismo, che va a confondersi ne' suoi effetti con una impressione di terrore, credendo che la ragione abbia finalmente trovata il suo Colombo - sia detto senza allusione al Presidente ononimo che ha scoperto solo la mamera di perdere il secondo collegio di Milano -- nel funereo Shylock toscano che nella nazione vede un capitale da collocare ad usura. Non mi accordo con quelli che si sentirebbero disposti ad accogliere col sorriso del benvenuto la reazione che sovrasta, traendone auspizio di un più rapido cammino; amo meglio i progressi. misurati ma continui, anzichè questo procedere a singhiozzi, per colpj di sentiment:,. Ma l'esperienza di tutti. i tempi mi dice che in via definitiva, la reazione non ha mai raggiunto l'c,bbiettivo, e tanto meno può raggiungerlo questa reazione italiana fatta di piccoli calcoli affaristici, di piccole ambizioru, digare municipale deluse, tutti elementi che non tarderanno a venire in lotta fra loro e a menomare il presente comune accordo reazionario. La Critica sociale rilevava molto perspicacemente il caratterè della nuova reazione lenta, occhiuta, insidiosa; senonchè la reazione, come un processo essenzialmente antititico dello sviluppo naturale della società, per potersi reggere ha da essere per eccellenza rapida e violenta, come tutto ciò che è artificioso. Una reazione lenta trova anche meno modo di resistere al naturale processo evolutivo della società che opera continuamente. Una reazione lenta ed-oculata implicherebbe anche una continuità di governo e d'indirizzo affatto ignoto in Italia, e che - quando vi attecchisse - por-
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