Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno IV - n. 11 - 15 dicembre 1898

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SClENZE SOCIALI 2osr « È necessario, ora, sottoporre a lunga disamina la base metafisica, che Spedalieri ha voluto dare al SùO liberalismo? Ha egli potuto logicamente o, per meglio dire, utilmente tare astrazione da' principi e da' dati della rivelazione cristiana per seguire, in q!Jesta tenebrosa questione dell'origine del potere, i soli lumi della ragione umana? Col solo soccorso della ragione e senza un sol presupposto divino poteva egli arrivare e arrhò infatti a una teoria chiara, completa, soffici, nte ? " In epoca più vicina a noi, Monsignor Peraldi sferza aspramente Spedalicri in una voluminosa opera intitolata: Della convivenza civile e del cittadino. Anche per lui la pietra dello scandalo si trovava nella dottrina spedalieriana intorno alla sovranità e scrive, amareggiato: « Non v'era stato finora un esempio eguale e 11 diritto di vino del sovrano potere venne::a subire una grande scossa per quest'attacco della penna dello Spedaheri ; e però il celebre filosofo, degno per immenso merito scientifico de' più alti ranghi sociali, e del culto dell'universale _ammiraziom•, si lasciò sfregiare da solenne errore; onde, come in urnil condizione era vissuto, così nell'oscurità fu lasciato e rese l'ultimo tributo alla umana caducita. ,, li Cardinale Alimonda colloca Spedalieri tra Dante è San Tommaso; ma, dopo avere lamentato che Spedalieri allontana tropp0 lddio dalla terra, soggiunge che « l'altro suo errore capitale è questo che il potere, comechè avente divina origine, non si devolve al popolo solamente nelle ore supreme, cioè all'epoca del nascimento o della socia! trasformazione deg1i stati; ma che il potere in esso popolo sta di continuo, sicché egli n'è sempre il concentratore, e il princip.: non torna altro che un suo delegato, sottoposto a diretta cemura e revocabile." E conchiude, nel libro: Il sovrn11nalt1raleuell'uom.o: « Ecco, o signori, che la teorica del siciliano altera per difetto l'insegnamento cattolico, perchè in mano de' re o de' governanti soverchiamente:: diminuisce il potere politico, trascinandolo al basso; onde necessario è che il potere si affastelli di sovranità e di licenza. » Fra molti altri, che potrei citare, scelgo per ultimo un cappuccino, il P. Gesualdo De Luca, il q::iale, in diversi hbri, ossia in quello intitolato: Il co11trattosociale diswsso a m.ente dei sacri canoni e nella Storia della Città di 'Bro11te, riproduce le::più feroci critiche contro Spedalieri scrivendo: « Un confronto superficialissimo del primo libro dei Diritti dell'uomo dello Spedalieri con le opere di Rousseau e simili deliranti ci convince che, iu questo, il grande sacerdote Nicola Spedalieri fu un miserabilissimo copista delle piu empie teorie che quei forsennali avevano scritto intorno all'origine e qualità de' ,lii itti e doveri naturali degli uomini, origine dell'umana societa, origine e qualita della suprema potestà civile. Chi per poco oggidì medesimo si piacesse a confrontare come e quanto sulle stesse materie scrisse. nella sua opera di Diritto naturale, il protestante Burlarmaqui non può uon restare sorpreso dello sventurato errore in cui cadde Spedalieri nel copiare grettamente quell'empie massime. Fatto è che le copiò .... e si avvolse in tante contraddizioni che produssero la sventura di vederlo bersaglio delle più amare derisioni e censure di scrittori cattolici Magni nomiuis e diventato ombra nefasta di chi, per forte spasimo di ciondoli e di oro, uega Dio e s' incurva alla natura, vocabolo vuoto di senso. » Continua il P. Gesualdo: « Il sommo Pontefice Leone XIII, con la sua dottissima enciclica del 29 Giugno 1881, riprovò di parte in parte tutte cotali empie teorie di Rousseau e compagni deliranti. La sua Enciclica fu accolta cou sommi applausi da quanti godono di umano senso, cattolici nou solo, si eziandio protestanti e scismatici e ben anco ragionanti Musulmani. E se Nicola Spedalieri san:bbe (sic) stato tra vivi, io ne sono certissimo avrebbe, con tutto sincero affetto, abbrnciato il primo libro della sua opera sui 'Diritti dell'Uomo e corretto gli altri inchinandosi sda prestantissimo cattolico ai piedi del grau pontefice Leone XIII. » La conclusione pazzesca di questo disgraziato frate è testualmente la seguente : « Dopo questo, mi gode l'animo di aggiungere che più volte sono stato eccitato da buoni amici a raddrizzare quo:sta grande opera del sacerdote Spedalieri. Ciò spero di farlo pubblicati altri lavori se Iddio mi accorderà la vita longeva di mio padre con le presenti forze intellettuali e fisiche. " Ma l'annunziato scempio non fu compiuto. Per fortuna, Iddio non concesse a chi si proponeva di perpetrarlo non solo « le presenti forze intellettuali e fisiche ,, ma neanche la sperata longevità. Lo scempio, però, non e meno caratteristico anche se rimasto allo stato di criminoso tentativo. Rt'centemente, un altro prete ancorn, il P. V. Rossignoli, ha scagliato i suoi strali contro Spedalieri per le sue idee rivoluzionarie. Così egli scrive nei suo' Principi di Filosofia: « Anche in Italia i sofismi del ginevrino fecero strage tanto che vi incappò fra gli altri quel valoroso apolo'. gista della religione che fu Nicola Spedalieri. Questi nell'opera sua I Diritti dell'Uomo, cooperò a diffonder~ anche in Italia quelle dottrine sovver,ive, che la Rivoluzione francese incarnò ne' fatti propugnando la teoria del contratto sociale cou argomenti vittoriosamente sfatati dal Taparelli, checche ne sembri all'entusiasta biografo dello Spedalieri, il Cimbali. » Questo P. Rossignoli rinnova i suoi attacchi contro Spedalieri in una ~ua operetta di propaganda cattolica intitolata Principi di Filosofia politica, uscna or ora ( Milano, 1897-98). L'idra del diritto divino, a cui, pur dopo un secolo di sovranita popolare, uon manca la voglia di riaffermarsi (e) - nutrirà un odio eterno contro il Filosofo nostro da cui ebbe tagliate le sue cento teste I IV. Ho detto sopra che Spedalieri mori di veleno ed è questa, veramente, la leggenda che si diffuse in Roma all'indomani della morte del filosofo e che dura sempre. Aggiungerò, anzi, che il Conte Alessandro Moroni, dottissimo quanto altri mai nelle cose romane del secolo X Vlll, ha trovato, in un Diaris,a dell'epoca, una nota cosi concepita : . « La morte di Spedalieri ha suscitato un vivo mormorio in Roma ed è corsa voce che sia stato avvelenato ». E ciò è verosimile se si tenga conto dell'inferno suscitato dalle sue dottrine politiche. Non voleva, come abbiamo visto, il Tambarini che, « per assicurare i sovrani ed i popoli ", un « simile scandalo » offerto da Spedalieri fosse riparato « con maggiore solennità ,, che non fossero le polemiche letterarie? La congiura contro la vita del filosofo si estese, lui trapassato, contro la sua fama. Come l'opera sua fu proibita fino il 1860 in tutti gli Stati, cosi in Roma era un delitto il fare il nome di Spedalieri. In una lettera in data del 22 settembre 1819 al prof. Sebastiano Ciampi (esistente nella Biblioteca Nazionale di Firenze, RaccoltaGonne/li) il celebre Abate Cancellieri ci dà questa edificante notizia : « Il nipote di Spedalieri, professore di Pavia, avea ordinato il busto di suo zio da collocarsi nel Pantheon. Quando è stato per farvelo situare, ha incontrato delle opposizioni, che non so se potrà. mperare, benchè vi siano quelli di Alfieri, di Goldoni, di Muratori ecc. ecc. » Le difficoltà, allora, non si superano; e il busto di (1) Confr. gli studi sull'origine del potere pubblicati nella Rivista clericale, La wltura sociale del 15 ottobre e 1° novembre u. s. (Roma).

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