Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno III - n. 17 - 15 marzo 1898

RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI la memoria di Cavallotti con la solennità solo ai grandi concessa e con cosl unanime spontaneità ed espansione, che, nemmeno in questa Italia immemore e flaccida, sara oggi lecito ai più arditi faccendieri bestemmiare in nome suo contro la giustizia e contro la moralità. Chi ha accompagnato, come me: la salma di Cavallotti, sa che in ogni stazione, da Roma a Milano. dalla folla commossa e indignata questi due gridi si ripetevano : Abbasso i ladri! Abbasso il duello I Il popolo valuta sempre equamente l'abnegazione degli eletti che :il suo bene consacrano il fiore delle loro energie e sar.no per esso votarsi al sacrificio di ogni tornaconto, come giusto giudizio fà dei prudenti che rinsaviscono invecchiando. Certo se Cavallotti non sr fosse lasciato trascinare dalla generosità di martire che gli fece dare tutto sè stesso alla lotta per la rettitudine e per la moralità, fuori delle quali non v' è salvezza pei destini di un popolo, a quest'ora non sarebbe morto, e il commendatore Carducci, che commemorandolo in Senato deplorava che egli a questa nobilissima battaglia si fosse consacrato, potrebbe ancora desiderare invano in cuor suo di vederselo un giorno compagno' su di una comoda poltrona di Palazzo Madama, a guardare con lui, tollerando in.fulgente, certe piccole miserie della vita. Ma no, egli pensava ancora,. come Enotrio, che ..... non per questo dal fatai di Quarto lido, il naviglio dei Mille salpò, e a lui come a tutti gl' indulgenti faceva sentire viva e continua quella rampogna che gli è valsa la solenne glorificazione popolare della sua memoria immortale, Mentre scrivo ignoro quale sarà il verdetto del Comitato dei cinque. Forse vi prevarranno i sentimenti di pietà verso un vecchio sull'orlo della tomba; forse si subiranno certe pressioni dall'alto; forse vinceranno i criteri e i meschini interessi dei gruppetti parlamentari; e potrà anche darsi, che i Cinque si preoccupino più del fondamento giuridico delle prove anzichè della convinzione morale che essi avranno potuto acquistare nel corso delle indagini e delle loro discussioni. Ma contro questo qualsiasi verdetto, prima ancora della sua pubblicazione, c e già stata una sentenza inappellabile: il popolo ha detto che Cavallotti era un eroe delle lotte civili e non un calunniatore. A questo proposito mi piace ricordare un tratto che si riferisce all'ultima sua lotta e che serve a mettere in evidenza - contro la opinione, che taluni vorr~bbero accreditare - tutta la sua generosità e la sua ingenuità Appena iniziata la campagna tlettorale del 1895, molti gli domandarono, schiarimenti sulle accuse vaghe e indeterminate, che aveva lanciato contro Crispi. Agli intimissimi egli non esitò a so~ministrare elementi più che solidi ed esaurienti, ma li pregò caldamente, di non farli palesi. Egli, che ricordava l'amicizia affettuosa che lo aveva legato a Crispi, s' ìlludeva che questi si sarebbe ritirato spontaneamente, o che sarebbe stato 'mandato via da chi aveva il potere di cacciarlo dal ministero. In questa soluzione, contro l'avviso dei suoi amici, confidò pienamente sino al giorno della riunione della Camt:ra dei Deputati e della riunione della maggioranza nelle sale della Cor.sulta. Fu allora çhe Fanfulla scrisse alcune parole al suo indiriz:r.o, che suonavano oltraggio per lui. L'on. Garavetti ed io avevamo appena terminato, al lume delle lampade elettriche di Piazza Monte· citorio, la lettura dell'antico giornale della Corte, quando ci venne incontro l'amico dilettissimo. Addolorati dello strazio che si faceva del nome suo, gli ponemmo il Fanjulla sotto gli occhi. Egli lesse e senza aggiungere parola, muto e concitato tornò a casa sua, si chiuse neIla stanza e non ne uscì per parecchi giorni di seguito, intento al lavoro, che per poco non l'uccise, di riordinamento e di esposizione della lettera agli onesti. Alcuni credettero quella lettera' premeditata e scritta da tempo; ma altra è la verità. Egli senti sino all'ultimo vivissima ripugnanza ad inferire un colpo terribile a Crispi e vi si decise soltanto quando vide mes,o in dubbio l'onor suo. Fu un atto di legittima difesa. Nient'altro. Una parola sul duello. La protesta contro questo avanzo scellerato della barbarie è stata universale, e la tragica fine di Cavallotti servirà a renderlo sempre più odioso. Cavallotti, che fo davvero modello di virtù pubbliche e private, ebbe questo solo torto : di aver fatto molti duelli, di averli, anzi, cercati. Dell'ultimo si è detto che lo volle lui. Nelle ap• parenze ciò è vero ; ma bisogna fare qualche distinzione. Cavallotti fatto segno ad ogni sorta di attacchi e di calunnie, Cavallotti che aveva una reputazione assodata di uomo coraggiosissimo sul terreno, e che in un paese ignorante e pieno di pregiudizì aveva tratto giovamento da una tale fama, comprese che se dinanzi ad uno spadaccino assai più giovane ed esperto di lui, avesse evitato il duello, anc.he per legittimi ed onorevoli - onorevoli in senso cavalleresco - motivi, sarebbe stato fatto segno ai vituperii di tutti gli Scarfoglio, di tutti i Macola e di tutti i putridi lanzichenecchi della banda crispina. Se la Gazzetta di Venezia, contro ogni regola e consuetudine di cavalleria, seguitava a punzecchiarlo mentre pendeva la vertenza, figuriamoci quello che avrebbe scritto a vertenza pacificamente terminata!

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