RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCI.ALI Direttore : Dr. NAPOLEONE COLAJANNI DEPUTATO AI. PARI.AMENTO ITAUA: anno lire 6; semestre lire 3 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. On numero separato : Cent. 20. Anno lii. - N. 14 Abl>onamentpo stale Roma30 Gennaio i898 SOMMARIO: Dr. NAPOLEONECoLAJANK-I Il grand~ equivoco. (Sequestrato) LA RIVISTA- lllusioni ............ (Sequestrato) FRANCESCOMoRMINA- Le origini del Socialismo di Sta·o - I precursori francesi. EDOARDOPANTANO- c,.onara Azz,m·a. (Sequestrato) Lu1G1NATOLI- Le nostre Scuole Elementari e la relazione Torrac •. G. RAGUSAMoun - Il Folk !ore delle origini. - L'idea èel1' anima nelle razze inferiori. GIUSEPPE RENSI- Il fenomeno D'Annunzio. Sperimmlalismo politico. Tladetà. · 'R._ivistadelle 'R..iviste. 'R..ece,isioni. IL NOSTRO IL PREMIO DELLA :f(IVIS~fi Jl libro sui SOCIALISMO (seconda edizione rivista e corretta) del nostro direllore Dr. Napoleone Colajanni, e/te sarà dalo in premio agli abbonali in regola coi pagamenti a lutto il 1.898, verrà spedito ai medesimi entro iL mese di ap1·ileprossimo. Per abbonlll'si,alla Rit>ista, inviare Vaglia o Cartolina-v:igliaall'on. Napoleone Colajanrii - llorrn,. . ---======= SEQUESTRO Il Regio Fisco anche questa volta ha allungato gli artigli e c1 ha ghermiti tre articoli : Dr. Napoleone Colajanni: Il grande equivoco; La Rivista : Illust'oni' ..... (il resto non si può stampare perche sequestrato anche quello I) ; Dr. Edoardo Pantano: Cronaca Azzurra. Tradizioni feudali. Ci asteniamo oggi da qualunque commento, per non far nuovamente sequestrare la Rivista. L'attuale sequestro che per l'enormità supera tutti gli altri dai quali e stata colpita sinora la nostra pubblicazione, ci obbliga a rinviare al prossimo numero, lo svolgimento completo del nostro pensiero. LA RIVISTA.
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Il grande equivoco ILLUSIO I o 8 < ~ 8 (Il ~ p o ~ rJJ SEQ UESTRA'fO (Quest'articolo è stato ,equestrato pei commenti che facevamo ad un importante scritto che il nostro ormai ordinario collaboratore, l'ex-ministro Saracco, invece che a noi aveva mandata, forse per isbaglio, alla Nuova A11!ologia; ma i seguenti brani all'articolo Saracco - ai quali noi abbiamo ng;;iunto soltanto i titoli - sono cosi eloquenti .:hc per questa volta il lettore i commenti li fara senza nessuna fatica <l:t sè). Le prcvi~i,,ni improvvisamente ottimiste pei futuri bilanci. « Chi le.,;geed è chiamato a mcJitare sopra il linguagg·o, ed i prognostici conseguiti nelle due esposizioni fioa11zi:1riedtllo stesso ministro del tesoro avanti alla Camera dti deputati nelle sedute del 7 dicembre 1896 e r0 dic. 1897 si sente compreso da un senso di alta meraviglia e di dolce soddisfazione ad un tempo, scorgendo, che in soli dodici mesi la finanza del Regno di Italia è salita da basso loco a tale altezza, che giustamente si può chiamare prodigio,a. Mentre a creare un avanzo ipotetico di due milioni nel 1897-98, veniva in quella prima volta annunziata la necessità d'imporre nuove gravezze sotto la forma di tassa militare, la piu aborrita di ogni altra, che gittasse tre milioni almeno nelle casse dello Stato ; ed la mantenere nel tempo di poi il pareggio tra le entrate e le spese che tuttavia si sarebbe rotto nel 1902-903, con un disavanzo di undici milioni e mezzo, occorrevano, a giudizio dell'oratore-ministro, altri cinque milioni quattrocentomila lire che si dovevano trovare in un operazione di credito pei debiti redimibili; udimmo adesso con legittimo orgoglio, che l'Italia nostra può nntarsi di possedere un bilancio solido e robusto, che vince al paragone i bilanci degli Stati maggiori i cui titoli sono stimati al disopra degli italiani. Lungi pertanto che faccia mestieri creare nuovi balzelli o far capo ad operazioni disastrose per conservare l'integrità del bilancio, è piuttosto vero che siamo entrati nel periodo degli sgra•,i, ed in attesa di cose maggiori che dieno pace al contribuente italiano ed aiutino fortemente a svolgere la pubblica ricchezza e la fortuna d'Italia, il Parlamento potrà infrattanto destinare un fondo annuo di più che 43 milioni di lire a sollievo • delle numerose famiglie dei piccoli contribuenti ». Illusioni ministeriali. « Sarebbe facile dimostrare, che l'esposizione finanziaria non si rende esatto conto degli impegni che sovrastano alla finanza in un tempo alquanto prossimo. Diremo di un solo, il più cospicuo che si è taciuto. Sono nientemeno 8 milioni 232,400 lire che mancheranno in entrata di bilancio, a partire dal 1899-900, perchè a quel tempo si troverà esaurito il capitale ricavato dall'alienazione di rendita. Lo aveva riconosciuto il ministro del Tesoro nella sua esposizione del 1890 (pag. 36) e sgraziatamente non può formare oggetto di dubbio. Cosi gli effetti pel bilancio dell'applicazione dell'8.8o p. cento dei nuovi estimi combinati colla restituzione delle anticipazioni delle Provincie e le perdite pei crediti del tesoro verso i Comuni e le Provincie, sono calcolate con moltissima parsimonia. E converrà specialmente avvertire che le spese d'Africa si trovano ridotte a 5 milioni... ». « Sta scritto nella esposizione finanziaria, che sui lavori pubblici si otterrà un'economia di I 1 milioni, ed una seconda di 5 sugli esercii.,ifer.ro1.1inri, os5ia un beneficio netto di 16 milioni sui 43 milioni e duecentomila del fondo di sgravio. Altri 12 milioni e 200 mila lire si debbono trovare mcrcè l'opera concorde del Governo e del Parlamento; gli altri 10 corrispondo110nd nltreltnnil avanzi del bilancio ... » « Posto pertanto, che la spesa cffcttiva si possa tenere nei limiti segnati dall'ultima legge, ne risulta che soltanto a partire dal 1899 900 si avrebbe un milione e mezzo di disponibile, poi tre e mezzo, ed otto nei due successivi, a condizione di lasciarne un.1 larga parte per il compimeulo delle bonifiche classificate in prima categoria. Dee SJmente, l' aurorn del givrno l1111ga111eu!e a/leso è ancora un po' lontana, e conve, ra rivolgersi a!trave per trovare i 210 o 300 milioni almeno che potr3nno occorrere p~r bonificare le terre italiane .... "· I I 1
llIVISTA POPOJ,AHE Dl POUTICA l,ETTERE E SCIENZE SOCIALI 2tì3 Le prev1s1oni non si veriflca1·ono pel Jlassato; non potranno verificarsi pel futuro. « 1--fa di grazia, sarebbe egli vero, che una volta esauriti gli stanziamenti della legge 1897, nulla si debba piu spendere in nuove costruzioni, e nul:a rimanga a pagare sugl' imp.:gni presi negli anni precedenti? Anche la legge tanto decantata del 10 aprile 1891, che porta la firma degli on. Branca e Luzzatto scgna\'a per le costruzioni un limite di spesa di 70 111ilio11i nt:I corso dd biennio 1893-95, ma non andò guarì che dovè inter\'enire una seconda legge, che ele\'Ò lo stanziamento a 1-10 milioni, strettamente necessari a soddisfare gl' impegni mal concsciuti nel tempo andato, ali' infuori di nuove costruzioni ... » « GI' impegni che si deYono assolvere dipendono da cause diverse. Gli uni non si potranno a lungo tv1tare; gli altri saliranno a proporzioni piu o meno elevate, a se~onda delle deliberazioni che \'erranno adottate dal governo e dal Parla:nento. Dei prirui già si è dct:o e si potrebbe dir di piu, se ne fa,esse mestieri. Quando si sa che le contro\'Crsie coi cos!ruttor', e coi proprietari dli terreni e~propriati si conuno a centinaia, ed in attesa di provvedimenti riù efficaci, moltissimi capitoli del bilancio vengono semplicemente ri.:ordati p,r 1111·111oria, può facilmente Fem~ brare ardita l'affermazione che neanco 1111 cm/esi1110 (sic) rimarrà da pagare in fine del quinquennio stabilito dalla legge 1897, per costruzioni ferroviarie. Sappiamo di piu, che non sono ancora definite a !cune prnJenze dipendenti dalle costruzioni anteriori al 1879, e possiamo anche affermare, che vi hanno passività di riguardo tuttor.i insoddisfatte, in rdazione a costruzioni del tempJ in rni vw11e aperto il Cwisio. Nè si può e si de,·e tacere che crescono ad ogni anno gl' impegni della finrnza, m:rno mano che si costruiscono uuo,·e strade, col concorso chilometrico dello Stato ». « Come ognuno vede il signor ministro del tt>soro si è mostrato assai piu modesto del suo collega, e,l ora ex collega dei lavori pubblici. In luogo di venti, riduce a cinque so'i milioni (almeno) il beneficio della miuore spesa che iu un periodo1101l1uuio sentirà l'erario per effetto di econom·e nell'tsercizio; e questi 5 milioni andranno cogli 11 risparmiati ndle costruzioni, ad ingrossare il fondo di sgravio .... « ·~·-· Nessun dubbio pertanto, che finchè durano le Convenzio!)i, lo Stato non può da . questo lato sentire vantaggio di sorta trannechè riesca a rinnovare i contratti prima che vengano a scadenza, e le Società si mostrino disro5te a sperimentare i metodi econom1c1 suggeriti dal Go,·erno ... sapendo di correre i rischi e di abbandc-nare i profitti all'eruio ....... » Gli avanzi possibill clel bilancio devono anelare a benefizio clel Tesoro.« Appare gi.i Jal progetto di assestl• mento dtl bilancio 1898-98, che piu di tre milioni furono tratti dai residui passivi del conto consuntivo 1896-97, per soddisfare impegni venuti a scadenza posteriormente, ma questa risorsa di cui il Midstero si è valso, seco:1do la facoltà chiesta ed ottenuta dal r~rJa.,1ento, che in realta si risolve a danno dd tesoro, verrà meno anch'css1 in tempo molto prossimo, se pure non fu già usata a scapito del fondo delle costruzioni.... » « Senza animo di entrare in maggiori spiegazioni sul merito di qu~ste affermazioni, notiamo semplicemente: 1° che gli avanzi del bilancio risultano soltanto dai conti consuntivi; 2° che non possono essere adoperati a riti-• rare altrettanti biglietti di Stato, ed al tempo stesso come fondo di sgravio; 3° che gli avanii appartengono al Tesoro, allora specialmente che gli arretrati salgono, come avviene presso di noi, a somme tanto considere .. voli. .. » Il debito formidabile del Tesoro ... E non è bitta l:i verità ! « Questo \'ezzo m.tbugurato di coprire le spese di un esercizio cc i residui passivi dei conti consuntivi, risah: al 1887, ed h.t fatto scuola. Si anJò tanto oltre che i q o 15 milioni destinati alla costruzione degli edifici car• • cerari, indispensabili per la retta applicazione del Codice penale, furo?JO prelevati dal conto, e trasferiti nel bilancio della spesa per il mantenimento dei detenuti. E quest:t fu chiamata econo:nia ! Ora la regola vera è questa, che quando una spesa delib~rata nel tempo addietro cessa di esser necessaria, si deve radiar..: dal conto dei residui, con una corri~pon 1ente diminuzione del debito verso il Tesoro, c\te sale appresso cli noi alla cifra formf.. dabile aummziat.~ uffici,i,Jmente,cli 4:20milioni, rb.• 11011 è ancora !tt vera. Il Parlamento, che tutto può, è certamente libero di fare altrimenti, ma non può ugual-, mente nasconde re a sè stesso che c,rn ciò si aggrava l.t condizione del T~soro, mentre non ci facciamo scrupolo di radiare senza rimborso, le attività che diventano ine•• sigibili. ... » Come tlovrebbe costituirsi il fondo di sgravio. " Vi ha tllltavia un punto, che per molti e degni riguardi domanda di essere particolarmente avvertito e discusso, in quanto può conferire ad una giusta valuta. zione delle risorse, destinate nel concc.:tto del ministrn ad alimentare in più larg:1 misurn il fondo di sgr:tvio che si tratta d'istituire a benefizio dei piccoli contribuenti. Parliamo delle eco:iomie rni lavori pubblici, o meglio delle economie sopra le costruzioni, e gli esercizi delle ferrovie che entrano plT oltre metà a comporre il J,md,, di sgravio! Il fondo sgravio non potrebbe costituirsi anche platonicamente, che abolendo ogni nuova costrnzion;i fer1•oviaria. « No.1 fu detto, ma tacerlo non giova; non fu detto, ma è cosa egualmente certa, che d'ora innanzi, e, più precisamente, quando fosse deliberato con legge la co-. stituzione, anche platonica, di un fondo di sgravio a prt'I dei piccoli contribuenti, di nuove costituzioni non si do. vrebbe parlar più, nè poco, nè assai. Prima il fendo di sgravio; poi le strade ferrate.... quando se n'abbia di avanzo .... » Niente nuove ferrovie; ma si devono completaro le antiche e mantenere gli impegni assunti. « Siamo seri, una volta. È chiaro, o almeno dev'essere così, che non si può e non si deve metter mano a nuove costruzioni di ferrovie, quando la spesa è super ore all,J forze della nazione. Su questo punto si dol'rcbbe esser concordi tulli, ed i nostri ragionamenti sono fatti a bas~ di una situazione di finanza che r~nda possibile la spesa. Ma posta sempre questa premessa, potremmo noi dimenticare che si sono lasciate a mezzo talune ferrovie eh<! interessano in grado emi uente la difesa del paese ? E non è forse vero, che ve ne hanno, e non poche, che aspettano di essere ultimate con la costruzio:ie degli ultimi tronchi non ancorn appaltati? Sono questi gli im••
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI pegni inevitabili, adombrati più sopra, che tali parranno ad ogni uomo di sano criterio, perocchè non è opera di buon governo, ed è piuttosto economia sbagliata quella di lasciare lungamente in sospeso l'esecuzione di quelle opere, senza delle quali il danaro già speso dovesse rimanere senza frutto condegno.... " • « Restano le ferrovie non ancora iniziate che, a giudizio dèl precedente ministro dei lavori pubblici, richiederanno una spesa che oscilla fra i 350 e i 500 milioni. A questo riguardo ci terremo contenti di notare, che gli ~tessi ministri dell'oggi non si sono mai ricusati chè anzi non si sono fatti uno scrupolo di promettere l'adempimento a giorno fisso delle promesse consecrate ripetutamente con leggi di Stato. » Le leggi si fanno per ingannare il prossimo ? « Se le leggi dello Stato non sono · fatte per ingannare it prossimo, come si può coonestare questo precetto di legge coi propositi manifestati poi? È dunque vero che spesso non giunge a novembre quel che ottobre fila! » Il fallimento. « Che dire adesso della serietà di queste promesse, innanzi ad un programma che le mette tutte bravamente a dormire? Non sarà ancorn il protesto, ma sarà per lo meno la mornloria che precede il f alli111eulo. Ora i popoli sono pazienti, ma non sopportano a lungo di essere ingannati. » (I) Sequestrato Leori~iàneilSocialismo àiStato I PRECURSORI FRANCESI. Le idee non piovono dal cielo. Una dottrina, per quanto originale si voglia, non balza fuori dal cervello fecondo d'un pensatore bella e completa, come Minerva, sotto il colpo del martello di Vulcano, balzò fuori tutta armata dal cervello .di Giove Olimpico, ma al contrario essa è il prodotto lento di una lunga elaborazione storica. Il pro/es sine malre creala, che Montesquieu poneva candidamente ad epigrafe al suo Esprit des Lois, è una impossibilità storica e non si adatta al certo come epigrafe a qualsiasi dottrina, vuoi filosofica, vuoi religiosa, vuoi politica, vuoi econom'ca. La dottrina del Socialismo di Stato ha anch'essa i suoi precursori, la sua patri8tica econom· ca e filosofica. se mi è lecito dire, nonchè i suoi antecedenti logici e storici. Il pubblicista francese Charles Andler in una sua opera recentissima (2), di cui si è brevemente occupata questa (1) Il corsivo in questo brano ce l'h1 messo !'on. Saracco, che avrebbe fatto bene ad adoperarlo invece per le ultime parole. N. D. R. (J) Hisloire des doclri11rs<'co110111iq11rs. p~g. 26-1-65. Rivista, ha studiato con molta dottrina e diffusamente le teorie filosofiche ed economiche che hanno dato origine in Germania al cosidetto Socialismo di Stato. Ad esse può attingere largamente chi vuole rendersi un'idea esatta di questo vasto movimento sociale, che guadagnò progressivamente le menti degli uomini di stato e la coscienza delle masse, tanto da far credere, troppo precipitatamente a me pare, ali' Andler che la Germania sarà tutta wcialista alla pro,sima generazione(?). Dal punto di vi,ta teorico e storico la si5tcmaz:one del Socia! smo di Stato data approssimativamente dalla fondazione del nuovo impero germanico, mentre la sua origine rimonta, come cercheremo di dimostrare brevemente, alla filosofia sociale del secolo xvm e precisamente alla teorica del cosi detto despotismo illuminalo propugnato in Francia da D'Holbach, dai fisiocratici ; in Inghilterra da Hume ; ii, Germania da W olf e da Leibnitz. Difatti come i teorici del despotismoilluminalo, del governo paterno, concepiscono la natura dello Stato, le sue funzioni, i suoi rapporti coli' individuo? D'Holbach nel suo Sistema Sociale ha tracciato il vero codice del despotismoilluminalo. Il modello, l'archetipo degli Stati, è la Cina. I popoli europei dovrebbero copiarne le istituzioni politiche, la costituzione sociale se volessero veramente realizzare il benessere e la felicità. Lo scopo supremo del « patto sociale, della legislazione e del governo » consiste nel far praticare la virtù, la quale nel concetto della mente dell'autore si confonde col vero benessere sociale. D'Holbach si mo,tra indifferente nella questione della forma dello Stato. Ciò che maggiormente gl' importa è che lo Stato renda felici la maggioranza dei cittadini che ad esso son sottoposti. I Fisiocratici sono libertari in economia, autoritari in politica. Sebbene abbiano lanciato contro il vecchio corporalivismo come grido di battaglia la formula famosa: laisser-faire, laissei·-passer ( 1), pure il despotismolegale, la monarchia palerna costituisce il punto culminante, l' ideale della loro dottrina. D'Holbach avev:1. preso a tipo del miglior governo la Cina. Baudeau, Quesnay, Dupont de Nemours fanno a gara per loJare la Cina come il paese meglio governato, aggiungendovi l'antico Egitto e la Russia di Caterina Il ! I Fisiocratici combattono, da un lato, la teorica di Montesquieu sulla separazione e la triplice divisione dei poteri legislativo, esecutivo, giudiziario, chiamandola « guerra sorda e continua »; dall'altro la teorica del contratto di Rousseau, opponendovi « l'ordine naturale sociale ». Quesnay e Baudeau vogliono che « la voloutà del sovra110sia unica e che ad essa appartenga il pot,re di fare la legge ». Ecco il despotismo, si dirà. Ma nulla di nulla. I Fisiocratici si difendono dall'accusa distinguendo il d.:spotis111le0gale, il solo vero e naturale, dal despolis1110arbitrario; precisamente come Bossuet aveva distinto il potere assoluto dal potere arbitrario ! Hume è un fautore del despotismoillumi11alo alla francese. Manifesta apertamente le sue simpatie per il governo assoluto. Espinas (2) ha o;servato mila filosofia (1) Les Origi11es du Socialisme d'Etal m Allemagne. Paris - Felix Alcan, (2) La formnla è dd Goumay.
IUVISSTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 165 politica di Hume una forte tendenza a fare largamente intervenire lo -Stato nelle relazioni economiche. Nelle idee e nelle teorie politiche di Leibnitz circolano quasi i(princip°i generali del cosideetto Socialismo di Stato. Nel 1705 scriveva a Palaiseau " La mia definizione dello Stato o di ciò .che i Latini chiamavano Repubblica è la seguente : una grande società che ha per iscopo la comune sicurezza "· Lo Stato ha, se~ondo Leibnitz, una funzione economica, deve favorire il commercio e l' industria, proibire l'uscita delle materie prime, mettere tasse sui prodotti dell'estero. Vuole che si costringono tutti i mendicanti e i vagabondi a lavorare per guadagnare almeno di che vivere ; consiglia di impiantare opifici nazionali per gli operai che si troveranno senza lavoro. « In tal modo i ricchi negoz..i11111ti011sfruttera11no piri i poveri lavoratori "· Vuole una cassa di assicurazione contro i disastri e gli accidenti sul lavoro amministrata dallo Stato "· li Pfleiderer osserva acutamente che l'ideale politico del Leibnitz è quel despotismoilluminato di cui Federico II fu il sovrano modtllo. Wolf dà allo Stato lo scopo di mantenersi, di durare e di prosperare. Da questo scopo derivano i diritti che esso possieJe sugli individui. Nel Cap. VIII del suo 'DirittoNaturale Wolf trattando della maniera di regolare uno Sfato, traccia tutto un programma di socialismo autoritario. li capo dello Stato deve provvedere all'abbo11danzadelle cose necessariealla vita e all'aumento di lutto cielche puo migliorare la sorte dei cittadini; deve vegliare affinchè non ci sieno oziosi e deve provvedere di lavoro tutti coloro che vogliono lavorare (diritto al lavoro) onde ciascuno possa col mo lavoro procurarsi il necessario a:la vi/a. Per far ciò lo Stato deve determinare in giuste proporzioni il prezzo dei lavoratori (salario mini1110) delle derrate; deve regolare il numero degli individui che eserciteranno le diverse professioni; deve curare la salute dei sudditi; impedire la vendita di alimenti e di bevande nocive alla salute; sorvegliare la confezione dei medicinali nelle farmacie, infine deve « curare che i sudditi non sieno aggravati dai lavori eccessiviche minano la salute "· Sebbene la natura e lo scopo dello Stato, le sue funzioni, i suoi rapporti con l' indiviJuo non si presentino alla mente dei pensatori e dei teorici del despotismo 11luminato, della monarchia o del governo paterno in tutta la loro precisione, pure dalle loro teorie principali il lettore pu6 desumere facilmente le loro tendenze au.toritarie. E qui cred,o opportuno d ·osservare che si confonde quasi sempre l'individualismo del secolo XVlll dalle vedute largamente sociali e umanitarie, coll'individualismo secco, angu&to, esagerato di questo secolo. Henry Miche!, seguace del neo-criticismo di quel pensatore geniale che è Charles Renouvier, in una sua opera magistrale (1) ha cercato di dissipare l'equivoco, dimostrando tutta la differenza che passa fra il pensie1-oindividualistico degli epigoni di questo secolo, i quali, spogliando la concezio11eiudividualistica dal suo carattere largamente umanitario, intervenzionista e sociale, l'hanno intristita riducendola ad una specie di nichilismogovernameutivo arido e semplicista. (1) L' fdée dr l'Etnt, un voi. in 8. La pretesa opposizione fra l'individuo e lo Stato, che forma l'idea centrale dell'ortodossia individualistica nel secolo nostro, non forma parte integrante delle teorie individualistiche del secolo passato. Di fatti Montesquieu afferma il postulato sociale che « lo Stato deve a Ittiti i cittadini la sussistenza,il nutrimento, un vestimentoconvenevole e un genere di vita che non sia contrario alla salute " ( 1) precorrendo ed oltrepassando la rivendirazione di quel dirilto al lavoro, che formerà il caposaldo del programma della scuola democratica nel 1848; Rousseau non vuole che lo Stato rimanga indifferente e dal punto di vista morale, e dal punto di vista politico, e dal punto di vista economico di fronte al problema della formazione e ddlo sviluppo dell'individualità, assegnandogli la funzione di provveJere i mezzi di sussistenza a tutti i cittadini; Condorcet reclama l'intervento dei poteri pubblici dello Stato per eliminare, o per lo meno per attenuare le tre grandi e principali cause della disugualità fra gli uomini, e cioè : l'inegua lit:I della possessione delle ricchezze ; l'inegualità delle successioni fra chi può trasmettere alla sua famiglia i mezzi di sussistenza e chi non può; l'inegualità del sapere, (2) Condorcet crede si possano com battere le inegualità economiche che mediante un largo sistema di assirnrazioni pei vecchi inabili al lavaro, per le vedove, e pei fanciulli; e l'inegualità del sapere fra chi sa e chi non sa mediante l'organizzazione d'un sistema di insegnamento elementare. Kant, sebbene assegnò allo Stato la sola funzione di montar la sentinella attorno ai diritti individuali, si appalesa francamente inlervenzionista quando ammette che lo Stato debba assistere i cittadini poveri, mediante ùri:l imposta sulle riccheize, destinandone il ricavato « a ma~- lene1-ei membri della società che non. possonovivere da sé medesimi. » ( 3) Ma il socialismo di stato si può riallacciare nelle sue origini alla teoria giacobina dello Stato. Il Taine, studiando gli uomini e le idee del governo rivoluzionario, uscito dalla conquétejacobi11e, così definisce la concezione giacobin1 dello Stato: « Costruzione logica d'un tipo umano ridotto ; sforzo per adattarvi l'individuo vivente ; ingerenza dell'autorità pubb'.ica in tutte le fasi della vita privata; coercizione esercitata sul lavoro, gli scambi e la proprietà, sulla famiglia e l'educazione, sulla religione, i costumi e i sentimenti ; sacrificio dei siagoli alla comunità; onnipotenza dello Stato. Non vi è concezione più retrograda, perchè vuole ricondurre l'uomo moderno entro una forma socia le, traversata e oltrepassata da 18 secoli. » (4) Su questa larga base della concezione giacobina dello Stato, un brigante di genio, Napoleone l, confiscando a suo profitto la libertà e la sovranità, impiantò il despotismo cesareo, inaugurando una politica sociale che desse soddisfazione alle legittime rivendicazioni delle classi operaie e consolidasse l'autorità imperiale. Un altro brigaute senza ingegno, il terzo Napoleone, il piccolo, come argutamente lo chiamò Victor Hugo, allor- (1) Esprit des Lois I. XXlll, chap. 29. (2) Tt1blet11d1es progrès de l'esprit l111111t1i11 IX Epoca. (3) 'Dollrùw del Diritlo, II Parte. (4) Les Origities de la Frnnce co11/empomi1le, chap. II pag. 120-2 1 del voi. lll.
'!66 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI che si atteggiò a pretendente, per cattivarsi l'amore degli operai e servirsene di base nelle sue operazioni brigantesche, formulò in alcuni libri pomposamente intitolati « Idées Napoléo11ien11es " ( 1839) « De l'Exlintion du Paupdrisme » ( 1844), un intero programma di socialismo di Eglino protestano contro la concorrenza elevata dagli economisti ortodossi a propulsore unico ed onnipotente della fmomeno'rgia eco110111-ica, in nome della morale, in nome della compassione per le classi lavoratrici flagellate dalle miserie, strito'ate sotto il carro trionfale di stato, reclamando enfaticamente un monarca responsa- essa concorrenza. bile personalmente, il quale, circondato da intelligenze Sismondi domanda che lo Stato non se ne stia rinspeciali e non da capi-partito, governasse nell'interesse chiuso nell'indifferenza, ma intervenga nell'industria, nel delle masse proletarie, adottando ciò che vi fosse di commercio, nell'organizzazione del lavoro, nel regime buono nei programmi socialisti, per sottrarlo alla dvo- della proprietà territoriale. Esso deve sorvegliare senza luzione ed adattarlo all'ordinamento della società francese. tregua i rafporti delicati e fragili che intercorrono fra il 'Nel campo della letteratura economica il socialismo di reddito e la popolazione,fra la pr~dm._ione la consumastato incomincia, un pò vagamente dapprima, come ria- zione, onde far partecipare alla felicità la maggior parte zione contro il liberismo economico della scuolamausce- degli uomini riattaccando il godimento 111 lavoro, perchè ste1·ia11a. l'industria s;,int:t oltre i suoi limiti ba separato sempre Comunemente si considera Adamo Smith come l'ispira- più il la.-c:o dal suo godimento, ( 1) ciò che tradotto in tore, se non come il fondatore del nrnnscesterianis1110. una formub moderna e corrente significa: assicurare al li Rae osserva che gli scrittori tedeschi s'ingannano lavoratore il prodotto intero del proprio lavoro. considerando lo Smith come l'espositore di ciò che chia- Villeneuve-BJrgemo'.!t opina, che il problema cconomano la teoria del Rechtstaat, la teoria, cioè, che lo mico consista anzi tutto « in una più equa distribuzione Stato e principalmente il protettore del diritto, ma in delta ricchez-za. » I governi sono < i rninistl'Ìvisibili della realtà la dottrina dello Smith corrisponde strettamente provviden-zaperché banno lo scopodi assicurare a tutti i alla loro teorica della Kultur 1md Woblfabrtstaat, che membri detla societàgi11slizia,protqione, libertà. » (2) cioe lo Stato e un promotore della cultura e del be- Nell'economia cri.t.'ana del Villen~uve-Bargemont ciraessere. (r) • colano queste idee fondamentaii: appel!o ardente alIl De Laveleye, che si dimostra tanto apertamente l'intervento dello Stato, protesta continua in favore dei intervenzionista da indurre il Malon a porlo fra gli eco- diseredati della fortuna, attacco vivo, insistente contro le nomisti collettivisti ( 2), loda Adamo Smith per essersi classi favorite dalla fortuna. tenuto nel mezzo fra le dottrine estreme dell'individualismo Secondo Burèt il vero flagello dell'industria è la sepae del socialismo, non che per aver definito nel modo più razione crescente del capitale e del lavoro, la divisione chiaro e positivo le vere funzioni dello Stato moderno (3). del m?ndo industriale in classi ostili. Donde la necessità Difatti per il grande pensatore scozzese lo Stato ha che il la·,•oroco11quistai lmeno una parie nuche mi11ima -tre principalissime funzioni: difendere la società contro della proprietà degli strumenti che impiega. Ed è que~ta la violenza e l'invasione, proteggere ogni membro della l'opera dello Stato societa delle ingiustizie degli altri, fare ciò che i parti- « Che la leggefaccia, esclama il Buret, in favore del colari sono nel!' impossibilita di fare da sè medesimi, lavoro almeno la mela sola di civ che ha fatto contro di come per esempio i grandi lavori pubblici « percbè il esso, e la causadella miseria sarà. soppressa. » (3) profittonon 11erimborserebbele spese. » Lo Stato deve Fra i veri e immediati precursori del Socialismo di prender cura d'impedire la degenera-zione la corruzione Stato ricorderemo, trascurando i molti altri per amore totale del corpo della na-zionemediante l'istruzione. (4) di brevità, Augusto Comte e Dupont-Whi:e. Il pensiero sociale dello Smith non rassomiglia a quel li primo nel suo Cours de Sociologie, il secondo, nei 11icbilismoamministrativo, di cui i suoi discepoli e seguaci suoi libri, L'fodividu et /'Etat, 'De la Centralisation, si di questo secolo si son fatti paladini, e tanto rimprove- mostrano favorevolissimi ali' intervento largo, continuo rato dall'Huxley ad Erberto Spencer. dcli,> Stato nella politica sociale, considerandolo come Alcuni discepoli dello Smith però, come per esempio l'organo principale della civilrà e del progresso. il Ricardo, il Mac Culloch, non si dimostrano avversi Comte è fautor.: della concentrazione del potere in ad un certo interven-zionismo moderato. Il Mac Culloch, politica e dell'intervento largo, efficace dello Stato nelanzi, nella seconda edizione della sua opera: I principi l'ordine economico. di Economia Politica (1830) vi aggiunge un capitolo Stuart Mili, a proposito del sistema sociologico del speciale sui limiti dell'rngerenza governativa, in cui ri- Comte, diceva che " esso è il sistema più completodi depudia apertamente la dottrina nihilista del lasciarfare. spotislllospirituale e temporale che sia mai uscito da un L'opposizione contro l'ultra-ù1dividualismo economico cervello d'uomo, eccettualoforse da quello d' Igna-ziodi e politico si accentuò in Francia coi dissidentidell'economia: Loyola. » Sismondi, Buret, Villeneuve-Bargemont, il precursore del Ed a ragione Comte aveva ammirato Ja Santa ..Alcosi detto socialismo cristiano, chiamati da Blanqui gli leanza, proclamandola « uno dei bisogni reali e capitali " économistesociaux. » (5) dell'epoca. » Il suo temperamento autoritario lo trasci- ( 1) Il Socialismo Co11/emporaneo, trad. it. 2" ed. Le Monnier. Cap. XI, pag. 494. (2) Ma1111edl'Èco110111sioeciale. (3) Le Couvememw/ da11sla 'Démocratie, L. I. (4) 'l{_icchez.zdaelle 'Kazio11i, I. \' cap. 1. (5) Histoire de l'Eco110111Pieolitig11e, nava ad approvare la forza, sia ch'essa si manifesti nella (1) .Vouvea11x'Pri11cipcds'J;'co11ompieolitiq11e, voi. 11, p.257 e seg. (2) Eco110111'PieJ/ttiq11eC/1rétien11e. (3) De la Misèrc des classes /aborie11sese11A11gleterre et e,i Fra11cc.
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI Convenzione, nella dittatura rivoluzionaria del 93 o nel colpo di Stato del 1851. Lo Tsar e il Gran Vizir, secondo lui, sono solamente capaci di apprezzare i benefici della sua politica positiva. Nella sua concezione psicologica autoritaria Comte reclama l'energica preponderanza del potere centrale, e rifiuta di considerare lo Stato come un nemico accampato in meno at sistema sociale. Egli vuole che l'autorità intervenga nelle relazioni fra gli operai e i padroni, nelle relazioni delle diverse industrie fra di loro. Nelle formule del Dupont-White circolano tutte le idee principali del Socialismo di Stato. Egli dimostrò ampiamente la tesi a11ti-i11divid11alistica che lo Stato allarga e accresce le sue funzioni in ragione diretta dello sviluppo delh civiltà. Scopo della società è il progresso. Lo Stato è l'organo del progresso, unemacbi11deu progrés, come diceva Renan nel suo primo libro scritto nel 1843 : L' Avenir de la Science. ( 1) Moralmente lo Stato vale più dell'individuo; esso è la creazione di ciò cbe in noi bavvi di più puro, di più elevato, è un essere intermediario fra gli individui e la Pro11videm,a. (2) Nella sua sta/ofilia idolatrica Dupont-White si appalesa più entusiasta dei più entusiasti socialisti cattedratici: Wagner, Lorenz von Stein. C na società progressi va e progredita deve avere un governo più forte e più complesso d'una. società primitiva. Lo Stato adunque per la sua superiorità morale e materiale avrà la missione del progresso politico e :.ociale, del progresso morale ed economico. Le idee del Dupont-White si possono condensare brevemente così : confiJenza nell'azione della legge, considerata come sola capace di tra5formare le anime e i costumi. tutte le relazioni fra gli uomini ; preoccupazione di risollevare lo Stato dal discredito in cui l'avevan fatto cadere gli economisti ultra-individualisti. In fondo queste sono anche le idee principali del Socialismo di Stato in Germania. FRANCESCO MORMINA. CRONACA AZZURRA Sequestrato LenostrSecuoElelementari e la relazione Torraca Un documento, che non dovrebbe, come tanti altri, finire nella poi vere delle biblioteche e degli archivi ; e che la stampa dovrebbe far suo, meglio che le infeconde logomachie di partito; e deputati e ministri, quando si discutono i bilanci della pubblica istruzione, dovrebbero tenere sott'occhio, è la relazione del Comm. Torraca sulle condizioni dcli' istruzione elementare. Non già perchè essa scopra mali ignorati, e riveli fatti che nessuno avrebbe supposto; che anzi, se si raccogliessero gli articoli dei giornali didattici e politici e i .libri che si sono occupati, 11ocesclamautes in dererlo, dell'argomento, si tro\'erebbe materia più vasta e più grave di quella contenuta nella relazione : ma perchè questa ha un valore ufficiale, e credo sia il più sconfortante e più doloroso fra quanti documenti, usciti dal Palazzo dtlla Minerva, riferiscono sulla cultura e sulla educazione nazionale. La relazione Torraca é il riassunto fedele delle varie relazioni degli ispettori circondariali, sfrondate del superficiale e della ostentazione di sapere : i dati delle quali sono poi tradotti in cifre in alcuni quadri statistici. Tuttavia, per quanto non attinga che a una sola fonte, e non tenga conto del contributo che la voce pubblica gli avrebbe potuto dare, essa è, più che un' inchiesta, una requisitoria. La quale sarebbe ancor più grave se il Comm. Torraca avesse pensato, che non sempre gli ispettori scolastici riferiscono scrupolosamente, e, sia per riguardi personali, sia perché riconoscono ormai per prova la inutilità di ogni loro sforzo, spesso sorvolano sui mali che travagliano le scuole di loro giurisdizione, e si rifugiano ndla comoda scappatoia dei moduli stampati de' verbali di visita, fatti per sostituire alla verità formule generiche inutili. Chi ha visto dappresso in che stato si trovino le scuole elementari anche di città ragguardevoli ; chi ha visto come si fanno ordinariamente le ispezioni, e ha presieduto esami di proscioglimento e di licenza, cd ha, per suo conto, osservato, studiato, confrontato e giudicato, senza Yerbali di visita, pur troppo trova che le relazioni degli ispettori sono, in generale, incomplete; e che, se fossero come dovrebbero essere, spittate, il quadro delineato dal Comm. Torraca sarebbe ancor più umiliante per una nazione, che pretende un alto posto nel mondo. * * * lo non so quali siano gli interessi più grandi di una nazione civile : so bene, però, che la soluzione dei grandi 'problemi che la travagliano, e il funzionamento regolare del suo congegno politico e sociale dipendono dalla sua educazione : so che é vano preteudere nel popolo la coscienza dei suoi doveri e dei suoi diritti e la virtù di .sapersi governare, quando non gli si dà il modo di formarsi questa coscienza e questa virtù; so ancora che non vi ha terreno fecondatore di appetiti e disordini più atto dcli' ignoranza, che impedisce di discernere nelle te:1denze dtllo spirito le alte idealità, e di separarle e purificarle dalle p~ssioni e dagli odi civili. Abbiamo fino alla sazieta insegnato che unico fonda-
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI mer.to dello stato moderno è l'esercizio della sovranità popolare, e ne abbiamo pasciuto la vanità del popolo: ma col fatto abbiamo reso questa sovranità simile a quella della monarchia costituzionale; una lustra. Essa infatti supporrebbe nel popolo la scienza precisa della sua missione politica, quella educazione cioe indispensabile all'esercizio dei suoi roteri; ma, non so se per . paura o per accidia, non abbiamo avuta nessuna premura di dargli questa scienza; e dopo trentasette anni l'educazione nazionale non ha fatto un gran passo. Si sono aumentate le scuole; ma la coscienza non si è formata. Di ciò non possiamo incolpare soltanto il governo, che, specie da qualche tempo, fa quanto, nei limiti impostigli dagli ordinamcnti attuali, gli è concesso: ma dobbiamo incolpar principalmente e massimamente noi stessi, le classi, cic è, cosiddette dirigenti, per l'opera spesso deleteria, quasi sempre nociva o per avversione o per disamore, per la qua'e quei medesirr.i provvedimenti (ahi troppo ideali!) del governo, Yolti a rialzare le condizioni della scuola, riescono infecondi e vani. Noi ci sentiamo estranei alla scuola piimarfa, colne se ella non riguardasse la vita della nazione; ed è 2 ppena se ci scaldfamo ogni anno, all'epoca dli bilanci, per l'istruzione secondaria. Ci pare di aver dato sufficiente mostra di interessamento per la educazione pubblica, discutendo gravemente se il greco debba o no essere facoltativo ; quasichè dalla soluzione di un problema di lusso borghese potesse dipendere il vasto e complesso problema della educazione di tutto il popolo che paga. Basta leggere la relazione del Comm. Torraca per vedue come e quanto noi partecipiamo all'incremento della fcuola primaria. Forse per l'umiltà delle materie d' insegnamento; forse, ancora, per quella fumosa v2nità che all'utile vero ci ha fatto sempre preferire l'ornamentale, ci sembra d'aver fatto un gran che, quando nei bilanci comunali abbiamo stanziato la somma rninima strettamente necessaria per pagare un maestro che ci viene imposto dalla legge; r, dove la somma sorpassa anche il massimo legale, ci pare grandissima cosa da esimerci da ogni altro obbligo: come se bastasse il solo denaro per rendere la scuola educativa, e l'educazione non fosse opera di amore operoso e vigilante. ~ ,. ,. La relazione Torraca comincia col notare il numero insufficiente delle scuole obbligatorie: gli edifizi dove esse son poste, tranne alcune eccezioni, sono pessimi o indecorosi. La statistica dell'anno scolastico 1895-96 reca 19.684 scuole poste in edifizi che gli ispettori, seguendo la sciocca classificazione dei moduli stampati, giudicano o/limi; 19.056 in mediocri; 11.289 in men che mediocri. I buoni son dunque presso a poco i tre ottavi del totale; ma pure bisogna intendersi su questa bontà. Che in Italia ci siano edifici scolastici costruiti davvero se condo i suggerimenti della pedagogia, ne dubito. L'architettura scolastica è ancora da venire ; e gli architetti si preoc• cupano più delle linee e degli stili architettonici, che dell'uso dell'edifizio e dei bisogni dtlla scuola. In molte città si sono co~truite nuove scuole, che hanno incontrastabili pregi architettonici, ma che 110n sono quello che ci v11oleper ima ver(I sc110l(eIlernçnl(lrt, La bontà dunque di questi 318 è da intendere in un modo molto relativo: sono scuole poste in aule asciutte, ariose, pulite. li che, se è quanto si trorn di meglio, è lontano dal merita re il giudizio di oltimilà. largito dagli ispt ttori. Non par:iamo delle scuole mediocri che sono raffazzonamenti di vccc.hi conventi, o case inadatte tolte a pigione con grave dispendio: né di quelle men che mediocri; stanze talvolta p:-ive di soffitto e di pavimento, umide, buie; non usabili nemmeno per stalle; vere tane omicide, vere prigioni, dalle quali i ragazzi non veggon l'ora di fuggire per respirare l'aria e la luce! . . ~ Peggio ancora l'arredamento, che, tranne qualche sparuta eccezione, quando non è orribile, è insufficiente ; peggio ancora e piu il materiale didattico, che, quando non manca addirittura, è vecchio e inservibile: la pulizia e l'igiene, scarse e superficiali nelle migliori, sono una offesa alla decenza e alla salute nelle scuole di provincia. Delle biblioteche scolastiche è vano parlare, e vano è ancora· parlare di quelle commissioni di vigilanza che non funzionano, o recano piu male che bene, e fanno rimpiangere i delegati scolastici. Mal pagati i maestri, o, per accordi tra comune ed esattore, non pagati mai ; la scelta dei maestri, malgrado i concorsi, fatta in base alle amicizie e alle relazioni elettorali ; la questione della conferma, dei licenziamenti, dei certificati di lodevole servizio lasciata piu all'arbitrio e alla violenza dei comuni, Ne ciò è tutto. Gli insegnanti non son tutti idonei nè valenti, nè tutti animati dallo stesso zelo. Per esser sinceri, anzi, di veramente ztlanti, che considerino, cioè, la loro missione come un vero apostolato, e che siano veramente educatori, ce ne sono assai pochi. La relazione Torraca classifica 7.280 maestri come cattivi; 23,995 mediocri, 18773 valenti: ma queste cifre non rappresentano la realtà, perché il valore d'un insegnante non si può ridurre a quantità numerica, e perchè manca quella unità di crite1 ì che può dare al giudizio un valore assolut0. Nè dico che la valentia è, l'ho potuto constatare io, piu apparente che reale, e che spesso è fondata sulla meccanica e pappagallesca applicazione di alcuni metodi didattici; onde il numero dei valenti potrebbe diminuirr, ed aumentare invece quello dei mediocri e dei cattivi. Ciò che dice l'ispettore di Porto Maurizio, che, cioè, « l'insegnamento riesce tutt'ora monco e astratto » e" che ,, la vecchia scuola col suo formalismo, col suo impara- " ti:cio permane tuttora, non ostante il soffio di moder- " nità cbe ha aleggiato potente sulrarte educativa », si può, più o meno, applicare a tutte le scuole d'Italia. La relazione infatti. nota che l'insegnamento della lingua nazionale è scarso ; che la storia, la geografia, i diritti e doveri POn si studiano; che l'aritmetica e le nozioni varie si insegnano senza metodo, e senza obbiettivo determinato ; che la calligrafia e il disegno non si studiano dovunque, o si studiano male; che il canto, la ginnastica, i lavod donneschi, l'agraria sono insegnamenti più nominali che effettivi; che il lavoro manuale non è ptr niente diffuso, e spesso anzi ostacolato (perfino dagli ispettori governativi!) ; che i programmi didattici o sono copiati dai modelli, o sono redatti male, o - quasi sempre - non rispondono alle necessità dell';qnpiente, ai bisogni locali!
RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTEREE SCIENZESOCIALI 260 È ciò sarebbe anche meno male, se la scuola riuscisse in qualche modo a essere educativa. Lo svolgimento delle materie d'insegnamento non è in fondo che mezzo di educazione; il fine, lo sappiamo e lo insegniamo nelle scuole normali, è la preparazione dell'uomo-cittadino; è lo svolgimento armonico di tutte le energie umane, la formazione di quegli abiti che del fanciullo faranno l'uomo on.:sto e il cittadino operoso. Ma di quest'opera educativa non è alcuna traccia ; la classificazione stessa dell'ispettore sulla valentia dei maestri è fondata sui risultati didattici, non già sulla efficacia educativa della scuola ; la qual efficacia, al modo come stanno le cose, in grazia di quel formalismo e formulismo burocratico che è la peste della cultura pubblica, sfugge al controllo dell'ispettore. Sperare che questo controllo eserciti la società, e, da noi, una follia, almeno per ora ; credere che possano farlo i comuni, è una illusione non meno folle: la relazione e una requisitoria appunto pei comuni, contro i quali si aggravano le deposizioni e le testimonianze degli ispettori. Non solo essi non curano che la scuola sia anzitutto educativa, e le negano ogni soccorso, e si sottraggono a ogni obbligo ; ma non pensano neppure a ubbidire, anche pro forma, alle prescrizioni della legge. li Torraca ha potuto constatare che la legge sull'istruzione obbligatoria e solamente scritta nella collezione delle leggi; perchè geueralmente i comuni non si danno neppur la briga di compilare gli elenchi degli obbligati, quando non se ne sottraggano di proposito per non esser costretti ad aprir nuove scuole. . .. . .. Se questo è lo stato delle scuole elementari obbligatorie, che dire di tutte quelle altre istituzioni che, idealmente dovrebbero servire a educare il popolo? Pochi, in grandi città, e male organizzati sono gli asili d'infanzia; rare le case di custodia pei bambini; sparute le scuole serali; piu sparute le festive; rarissimi i ricreatori festivi, le scuole complementari o tecniche per operai; cd ove esistono, vivono vita stentata e grama. Prosciolto dall'obbligo dell'istruzione il fanciullo del popolo, che appena sa leggere e non ha alcuna cognizione utile alla vita, non ha il modo nè trova alcun aiuto per compiere la sua educazione. Così questa educazione che dovrebbe essere la prima funzione della società verso i suoi membri, diventa sempre piu un mito ; e la (scuola elementare resta una preparazione a studi piu alti per le classi borghesi, senza formare il popolo. Il governo raccomanda in platoniche istruzioni l'educazione pubblica ; i ministri creano anche grandi frasi ; ma con tutto ciò la scuola primaria è ancora assai lontana dal produrre uomini atti ad affrontare le battaglie della vita, e a saperle vincere o a saper cadere gloriosamente. Ora è certo che, se dopo tanti ritocchi nella legge, tante istruzioni, tanti regolamenti, tanti programmi, la scuola non è ordinata secondo quelle norme pedagogiche che il ministero vuole si studino; e non è per nulla educativa, come si vuole ; se con tante scuole e con tanti maestri non si è fatto un passo avanti, e il popolo è ancora schiavo di pregiudizi e superstizioni, estraneo alla vita moderna, ignorante, produttore di delinquenti ; se la buona volontà degli ispettori si spunta contro il mal volere dei comuni, la tolleranza inqualificabile dei Prefetti, la rassegnazione dei Provveditori e l'acquiescenza del Ministero ; se insomma fra la scuola ideale e la miseranda realtà dei fatti v' è fra noi così profondo distacco, anzi aperto dissidio ; ragioni potenti v'hanno a essere, le quali dovrebbero essere ricercate, perchè si possano ricercare e suggerire i rimedì piu efficaci. L'egregio Comm. Torraca non ha indagato le cause e non ha additato i rimedi: forse non questo compito egli si è assegnato : forse egli ha voluto anzitutto esporre lo· stato delle nostre scuole, quasi per togliere quelle illusioni che potrebbero sorridere ai legislatori; ha voluto denudare la piaga, perchè si riconosca quanto urga che si apprestino rimedi radicali; ha voluto, fra le tante quistioni scolastiche, mostrarne una, che, pel legislatore è forse la piu urgente e la piu grave di tutti. La soluzione della quale non è certamente facile : il problema non è soltanto pedagogico, è ancora sociale ed economico, nè potrebbe essere risoluto in modo definitivo, se· non risolvendo altri e piu generali problemi. Tuttavia parmi che, anche oggi, stando ai dati della Relazione, qualche provvedimento radicale si possa e si debba prendere, lasciando stare i pannicelli caldi delle mezze misure, che non approdano a nulla. Allo stato delle cose parmi che si debba anzitutto sottrarre l'istruzione elementare a quell'individualismo che l'ha ammiserita: che bisogna toglierla alla libertà dei comuni per farne una vera e propria funzione dello stato, non potendo per ora essere una vera e propria funzione sociale. Io non so qual viso avrebbe fatto a questa relazione il caduto ministro della Pubblica Istruzione, che in Sicilia non favorì certo le scuole primarie; ma credo che debba essere una grande seduzione per un uomo che, come !'on. Gallo, oltre alla competenza e alla modernità, ha per se la giovinezza e l'ambizione di legare il suo nome a un'opera duratura. li tempo è maturo per finirla con le melodrammatiche difese della libertà dei municipi, che nel fatto è stata la libertà del malfare ; contro le vacuità parolaie, che sotto l'orpello di magiche parole nascoudono complicità invereconde e liberticide, sta, requisitoria inflessibile, la relazione del commendator Torraca. LUIGI NATOLI. Il Follkorn ~BIIB Ori~i~i II. L'Idea dell'Anima nelle razze inferiori. (Continuazione e fine vedi N. 10). Abbiamo visto che cosa sia il famoso consentimento universale e l'autorità dei filosofi analfabeti a proposito dell'anima immortale. Ebbene, si precipita nel peggio, passando a discorrere della cosiddetta sua semplicità. · ella mente dei selvaggi l'anima è qualcosa di materiale: ha fame, sete, concupiscenze e tutti i bisogni della carne, dai meno ignobili ai piu impuri. Secondo i Cafri, l'uomo che muore lascia presso di sè una specie di fumo, simile all'ombra proiettata dai corpi (I). Gli stregoni kariani della Birmania ( 2) corrono a destra e a sinistra, per af- (1) Burchell, Travels. Voi. 2; p. 550. (2) Lefèvre. La Religion, p. 170.
270 RIVISTAPOPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZESOCIALI ferrar l'anima fuggitiva, che essi immaginano in forma di farfalla. Il signor R. Salvado nelle sue Memorie storiche sul 'Australia (1) dice che gli abitanti di quel paese credono che l'anima sia immortale, e che, alla morte di uno di loro, passa nel corpo di un altro, o che rimane lamentevolmente cantando a svolazzar su per gli alberi. « Ho molte volte osservato, aggiunge quel viaggiatore, levarsi, nelle ore notturne, qualche donna australian:l, alla quale da qualche poco era morto alcun suo figliuolo, e mettersi a correre sola nei boschi per avere inteso il melanconico canto cli qualche uccello notturno, che essa credeva infallibilmente l'anima di suo figlio. Lo chiamava a nome, con parole carezzevoli, l'invitava ad andare a casa. Perdendosi in queste pazzie di madre per ore ed ore ~i dilungava di parecchie miglia dalla capanna ». li padre G. B. Clicteur, missionario del Michigam e segretario del vescovo di Cincinnati, scriveva dall'AlberoBistorto a Monsignor E. Fenwick che i selvaggi Ottawas da lui studiati credono che, se non si dèsse da mangiare ai morti, le loro anime diverrebbero magre così da potere essere ridotte in polvere alla menoma scalfittura (2). La credt:nza che l'anima, dopo morte, rimanga in terra è comune in molti popoli selvaggi. li missionario padre Ignazio Chomè scriveva(3) da Tarija, ai 3 ottobre r8 3 s, la notizia seguente, a proposito delle credenze dei Chiriguani del Paraguay: « I Chiriguani credono « ali' immortalità, dell'anima, ma senza sapere ciò che « avviene d'essa dopo morte, immaginandosi che nel- « l'uscire dal corpo, vada errante in fra i rovi dei bo- « schi che sono dintorno alle loro borgate, e vanno ogni « giorno cercandola, finchè si stancano e l'abbandonano». Presso i popoli dell'Asia settentrionale, regna la credenza che le anime di coloro i quali non han ricevuto sepoltura stanno sempre librate nell'aria attorno al loro cadavere abbandonato. Gli Irochesi poi credono che l'anima rimanga per qualche tempo presso al wrpo dal quale è uscita, e pensano che, sino a quando le cerimonie funebri non sieno terminate, dovrà errare miseramente per la terrà (4). Quantunque convinti della immortalità dell'anima, gli Araucani poi, a quel che ne dice il missionario padre Poggi (5), hanno della vita futura le più rozze idee che si possano immaginare. Quei selvaggi non sanno concepire tal vita senza il godimento di quei medesimi piaceri da cui furono allettati qua in terra. Per i Natcher della Luigiana, infatti, il re continua nella sua ultima carica, anche nell'altro mondo, e quanti eran suoi parenti vanno a raggiungerlo, dopo morte, nel sole (6). L'anima, separata dal corpo, possiede, secondo l'opinione di alcuni selvaggi, gli stessi dt:sideri, gli stessi vizi, le stesse passioni avute mentre al corpo era unita. Questa idea è confermata dal missionario, padre Gagniere (7), il quale, parlando dei selvaggi della Nuova Caledonia, dice che, quantunque credano ad una vita futura, « il soggiorno che essi attribuiscono alle anime « dei defunti e la nuova vita che essi fanno condurre a « quelle anime han molta attinenza ai gusti affatto « materiali delle razze primitive u. Data questa grossolana concezione della vita avvenire, è conseguenza legittima per i selvaggi che tutto quel che appartiene a un uomo sia deposto nel suo sepolcro, appena egli muore, perchè possa servirsene nell'altro mondo. Gli abitanti d'Abbeokuta (8) svenano sul sepolcro dei (1) Pag. 228. Napoli 1852. (2) Annali op. cit. 1832. p. 432, (3) Scelta di Lettere Edificanti. Voi. XIV. pag. 250. Milano 1828. (4) L. H. Morgan. Leatue of the Iroquois. p. 174. cit. da Marillier; p. 29. (5) Ree: des voy: au Nord. Voi. V. p. 23. (6) Armali op. cit. Anno 1852; p. 7. (7) Annali op. cit. Anno 1860; p. 438. (8) G. B. Scala- Memorie intorno ad un viaggio in Abbeokuta; Sampierdarena, 1862; p. 175. loro capi quanti più schiavi possono, perchè vadano a servirli nell'altra vita; e gli sacrificano anche molte donne. E naturale: una castità eterna non potrebbe esser gradita i? un paradiso di gente poco platonica quale è la selvaggia. Nè basta : quei poveri africani gettano nella fossa aperta, oltre agli oggetti che i loro capi prediligevano, molti cibi e molte stoffe. L'uso di dare ai morti l'anima delle cose è proprio generale. Gli abitanti ddl' isola di Katia in Oceania, non solamente bruciano, a sacrifizio all'estinto, tutto quello che egh possedeva; ma distruggono le piantagioni da lui fatte, specie le palme di cocco, senza darsi pensiero alcuno dei figli dell'estinto, che, per tale follia, rimangono spesso nella più squallida miseria ( r ). I selvaggi ctell~ nve ~el_fiume. Albani, nel golfo di Udson (2) seppelhscono ms1eme a1 loro morti l'arco, le frecce e la pipa. 1 Sosomj della parte meridionale dell'Oregon, soprannominati anche Serpenti, gettano dentr.:>la piramide t:merana m cui bruciano i cadaveri dei capi, i migliori destieri, nella fede che, di tra le fiamme del rogo, elevandosi le an_imedegli estinti trovino, per esser portati al paese degli spiriti le ombre dei cavalli bruciati. E perche tali ombre prendano subito il craloppo, i guerrieri delle tnbù prtsenti al funerale, alzano spaventevoli urli. Gli stessi Sosomj non bruciano talora il cadavere; ma lo legano, armato come in giorno di battaglia su di un bel cavallo che essi spingono a frecciate a un fiume dove lo sommergono (3). I selvaggi Pottowatomy di America (4) offrono ai loro morti, oltre agli arnesi da caccia, tabacco, zucchero, carne secca e grano. Le anime insomma nell'altro mondo fumano, mangiano, vanno •a cavallo, tirano colpi di freccia e colpi di archibugio, si permettono d'alzar il piede alla danza e di fornicare smanco. E la semplicità dell'anima? Oh, le sonore risate che fece un negro d'Australia quando un amico del Lang (S) voleva spiegargli l'idea dell'anima ! Quelle risate provano che a certe astrattezze la mente umana non perviene che molto tardi. Seguitiamo. Nella storia della prima evoluzione del conct:tto dell'anima non ne abbiamo nemmeno in germe' unito al sogno dell' immortalità, l'idea d'un eterno compenso o d'un eterno castigo conseguentemente d'una vita di prova. Per le razze davvero seivagge il regno dei morti non è ancora diviso in luogo di pena e in luogo di godimento. Tutte le anime buone o cattive, lasciando la terra, si avviano alla stessa isola, alla stessa prateria, alla medesima plaga di cielo. Labe di peccato o vanto di azioni meritorie non possono deviarle dal loro comune destino. Bisocrna che un popolo sia molto innanzi nelle idee di moralità, perchè della delinquenza e della virtù immagini castighi o premi ultramondani. Alla prima concezione d'un paese degli spiriti gli uomini furono guidati dal desiderio di sopravvivere, spaventati dall'idea del nulla eterno, piuttosto che da religioso sentimento di moralità. Nell'inferno dei Taitiani (6), che si chiama Tiahoboo, non ci vanno i maligni, ma i poveri. Quei popoli sono convinti che le azioni della vita non possono avere influenza buona o cattiva sul loro stato futuro; sicchè nel loro paradiso, il Tavirna l'erai, ci mandano i capi e le persone cospicue. Ma non anticipiamo. Delle diverse credenze sul paradiso e sull'inferno parleremo in un altro articolo. Per ora parliamo del paese delle anime. Il J(alunua è il luogo dove gli africani del Kimbumba, a sud-ovest" del continente nero, pensano che si rechino le anime dopo morte. Vi si trova grande abbondanza di (1) An11ali op. cit. Anno 1873; p. 135. (2) A11nali op. cit. Anno 1851; p. 207" (3) Annali op. cit. Anno 1842; p. 46. ,4) .Auuuli op. cit. A uno 1839; p. 486. (5) Op. cit. p. 31. (6) Cook - Round t/,r world, in Voy: di Hawkesworth; voi. 2. p. 2 39· 1 I
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