Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno II - n. 17 - 10 marzo 1897

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr NAPOLEONE COLAJANNI DBPUTATO AL PARLAMBNTO ITALIA: auno lire 6; semestre lire 8 - ESTERO: anno lire 7; semestre lire 4. Un numero separato Cent. 20. Anno Il. - N. 17. A66onamentopostalrJ RomaIO Marzo1897 NEVLENTICINQUESIMO DELLMAORDTIMEAZZINI. La Rivista commemora con questo numero il venticinquesimo anniversario della morte di Mazzini. Nè ha trovato miglior modo che riprodurre, con "le stRsse parole di Mazzini o con quelle di fedeli immutati interpreti, qualche frammento del pensiero di lui. Ma se questo facciamo per seguire una buona antica civile consuetudine, a cui ci sarebbe parso vergogna veni,· meno, tutti vedono che cotesta nostra non è una delle solite rinfrescature che si usano pei morti; il pensiero di quel morto non ne ha davvero bisogno. Esso, confessato o no da chi pur se ne vale o lo subisce, è presente e opera e .mosfra tutta la forza di c11iera ca pace, come un vino tenuto chiuso a maturare. Le nuove generazioni se ne inebbrieranno un'altra volta. Nello scorso numero rico!'davamo la soluzione da lui proposta mezzo secolo fa alla questione d'Ori6nte; orn è tornata in onore presso tutti e par cosa nuovissima, e ognun rnde che le é serbato l'avvenire. Ma per mille altre vie le correnti intellettuali dell'ora p1·esente ccmvergono in lui. Tornano a lui le anime dubbiose di cui è sì gran copia nel mondo d'oggidì e nel nostro paese, a lui che non dubitò mai o strozzò il dubbio sul nascere, come una tentazione dell'egoismo, affermando che la vita è missione. Tornano a lui le anime erranti in cerca d'una direzione morale, d'un nuovo principio di autorità; e nelle sue parole così solennemente religiose, e più nella integrità e altezza ideale della sua vita che a quelle si è dirittamente informata, trovano conforto. Tornano a' suoi libri, o dovranno tornarvi, i giovani Italiani come a una fonte pura di lingua e di pensiero italiani, e come a una palestra per i muscoli dell,J stile, e come a un fresco lavacro dello spirito. Ne usciranno purificati e ringagliarditi. Noi torniamo a lui nel pensiero politico e sociale, e mentre lasciamo ad Alberto Mario di racchiudere in mirabile sintesi il pensiero filosofico del Maestro apportandovi quella correzione di metodo ch!3, non che scalzarla, rinsalda la dottrina , ristampiamo per conto nost,· o

322 RIVISTA. POPOLAREDI POLITICA.LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI - oltre alcune interessanti note dell' imparziale storico Carlo Tivaroni sul governo di Mazzini a Roma - l'opusco l'Agonia di un'Istituzione. Integrino i lettori il pensiero nostro, e leggano piu che noi non diciamo, in questo momento in cui l' fatituzione provvede a prolungarsi la vita con un attentato al suffragio popolare. LA RIVISTA. L'AGONIA DI UN'ISTITUZIONE. I. La Vita è immortale, come Dio da cui esce. Le manifestazioni della Vita sono limitate, come il Finito, nella sfera del quale si svolgono. Se gli uomini intendessero bene addentro questa semplice innegabile proposizione o non la dimenticassero nella pratica non travierebbero così sovente a cieche assurde negazioni assolute o a pertinaci intolleranti affermazioni tiranniche, le une e le altre egualmente funeste. I dogmi sono manifestazioni della Vita collettiva:; giovano per un tempo e periscono. Ogni dogma rivela, annebbiato di erro1•i, un frammento dell'eterno Vero; ma non tutto il Vero ; e quando quel frammento di Vero, mtditato, applicato, immedesimato nell'anime, può dirsi conquistato irrevocabilmente dall'intelletto nell'Umanità, il dogma che lo 1·acchiudeva ha compito la propria missione e si dilegua per dar luogo ad un altro, contenente maggior parte di Vero e rav• volto di somma minore d'errori. Gli uomini, che a cagione degli errori avvolti, come nebbia intorno ad una stella, intorno a quel frammento del Vero, dichiarano il dogma impostura, e maledicono, anche nel passato, alla sua esistenza, dichiarano, con singolare insolenza, stolta l'Umanità per tutta una lunga Epoca di vita : somigliano fanciulli che negano per vapJri che lo avvelenano, l' esistenza dell'astro. Gli uomini che, a cagione di quel frammento del Vero, affermano che quel dogma è destinato a vivere eterno, negano il Progresso, eh' è la Legge nella Vita, e dichiarano diseredata l'Umanità d'ogni potenza d'intelletto nell'avvenire. Gli uni e gli altri negano la continuità della Tradizione, tolta la quale manca la base ad ogni lavoro, e la mente erra, d'impulso in impulso, d'arbitrio in arbitrio, Hel vuoto. Le grandi Istituzioni politiche, che sono sempre, o quasi, conseguenze pratiche dei dogmi, soggiacciono, inevitabilmente alla stessa le.gge : contengono una parte di vero, senza la quale non avrebbero lunga durata, ma, come ogni parte, imperfetta e frammista ad errori destinati, alcuni almeno, a dileguarsi davanti alla luce d' un nuovo frammento del Vero, che l'Epoca successi va aggiungerà senz'altro ali' anteriore, giovano per un tempo e, compita la loro missione, periscono. Gli uomini che non vedono se non male, ferocia, oppressione nel feudalismo e nella monarchia non sanno di Storia nè intendono che sia Progresso ; dimenticano che il feudalismo cristiano abolì, non foss' altro teoricamente, il dogma pagano delle due natw·e e mutò in se1·vi e vassalli gli schiavi; dimenticano la parte cbe la monarchia ebbe, consapevole o no, per utile proprio o del popolo poco monta, nella rovina dell' aristocrazia feudale e nel volgersi degli Stati a unità. Gli uomini che, in nome di quella parte di vero e d'utile decretavano un tempo eterno il sistema feudale e decretano oggi eterna la monarchia, rinnegavano e rinnegano a un tempo Storia, Progresso, Intelletto, e dimenticano che, come gli schiavi si tramutarono in servi e i servi in lavoratori a salario, questi ultimi devono tramutarsi in produttori associati : dimenticano che l'unità materiale non .è .che simbolo d'una unità morale, fondata sulla coscieoza d'un fine comune e sopra una eguaglianza ·non violata da privilegi di nascita o da monopolio di censo, impossibile in certe condizioni politiche. I primi sottraggono ogni stabile base alla vita· dei popoli : i secondi convertirebbero, se potessero, quella base in tirannide. Chiunque tenta distruggere una Istituzione prima del tempo, e quando il paese de1•iva tuttora moto e vita da essa, non può riuscire: assalita subitamente da forza preponderante straniera, l' Istituzione può momentaneamente soccombere ; ma, come corpo che mosso da una forza impellente non esaurita, ripigli il suo co1•&0,appena rimosso l'ostacolo che s'era frapposto, risorgerà senza fallo. Chiunque tenta perpetua1•e una Ist:tuzione colpita di morte, tenta cosa impossibile : la sua è azione galvanica che può simulare per brevi istanti la vita, non darla ; soltanto ei prepara, ostinandosi, al paese riazioni violenti e f~neste, che lo accuseranno colpevole, e per le quali ei non potrà dolersi che di sè stesso. II. Come accanto alle religioni sorgono le eresie, le Istituzioni incontrano, anche nei loro periodi di vita fiorente, oppo,izioni e minaccie. Sono, le une e le altre, protesta d'individui che affermano l'eterno diritto dell'intelletto e giovano a mantenere schiusa la vita alla continuità della Tradizione e al Progresso;. ma si sperdono inefficaci nella sfera dei fatti e condannate come ribellioni nemiche al bene dei più. Perchè lo opposizioni conquistino valore reale e importanza di veridica profezia, è necessario che l'Istituzione esaurita sia entrata in un periodo d'innegabile decad·mento. E quel periodo è indicato da un sintomo, che può facilmente verificarsi. Com' è additato dal nome, una Istituzione è un elemento essenziale educatore ; vive d' un principio introdotto nella nazione e d'una forzu capace di desumere a una a una tutte le conseguenze contenute in esso e applicarle praticamente ai diversi rami dell'attività individuale e sociale: inizia, promove, dil'ige: vive a patto di comunicare la vita. Quando una Isti•

Rl'.VISTA POPOLAREDI POLITICALETTERE E SCIENZE SOCIALI 32:3 tuzione cessa dall'adempiere a quelle condizioni e il principio educatore della Società esce d' altrove o accenna altrove - quando non è più in essa virtù iniziatrice, ma soltanto una facoltà di conservazione - quand'essa non accresce più nè dirige la vita della nazione, ma la lascia ai calcoli e agli impulsi degli individui o a ispirazioni che hanno diversa sorgente (1) il periodo di decadimento s'apre per l' Istituzione, la condanna è segnata per essa. L'indugio entro il quale si compierà può essere più o meno breve a seconda degli individui chiamati a rappresentare l'Istituzione, degli errori commessi, della maggiore o minore capacità degli avversari; ma non è che indugio, e ogni anno, ogni mese lo accorcia. L'Epopea è con chiusa: il Dramma comincia. Comincia, e dominato, come il Dramma Greco, da una inesorabile Fatalità. Dapprima, l'istinto progressivo latente nel paese e il presentimento d'una nuova Istituzione s' incarnano in pochi individui, ai quali una immensa potenza d' amore e una forte virtù di logica additano il lontano avvenire. Taluni fra questi pochi, paghi per indole o diffidenza d'altrui, d'· affermare ciò che credono vero nella sfera del pensiero puro, sc1·ivono, ignari o noncu1·anti del come vivano i loro cont~mporanei: l'Istituzione guarda ad essi con sospetto e inceppa con censure e restrizioni d' ogni maniera la diffusione dei loro scritti: i più li battezzano sognatori utopisti. Altri, più fervidi, più facilmente illusi o più devoti, e convinti che l'azione è più potente d'ogni teorica, cercano vie più rapide di apostolato, si stringono in fratellanze segrete, architettano congiure impossibili: traditi, scoperti, periscono. L' Istituzione, irritata, impaurita dalla subita audacia, inferocisce contr' essi, e determina di sommergere nel sangue dei ribelli il germe di ribellioni fu. ture. Ma quel sangue è sangue di redentori. L'ultima parola dei Martiri d' un'idea è per l' Istituzione il primo tocco dell'agonia. L'eco di quell'ullima parola, Patria Indipendenza, Goscienza libera, R 1pubblica o altra, prof.erita da 11omini che per essa mo1•ivano, suona potente, irrequieta, profetica nel cuore dei giovani: il ricordo di quei volti pallidi e nondimeno irraggiati d'un sorriso in faccia alla morte, visita frequente le loro notti. Come ogni grande altezza, il martirio ha un fascino sulle immaginazioni tormentate d'ideale e di sete del. l'avvenire. Perché morivano serenamente quegli uomini? Pel'chè tanta ira, come di chi teme, nell' Istituzione che s' affrettò a spegnerli? E comincia a diffondersi, tacito ma vasto e insistente, il dubbio della sua for..1a; comincia per molti un periodo di esame, d'analisi fatale alla vita: lampa di Psiche che allontana l' Amore. {l) Odo dire: la monarchia in lnyhilie,.ra non io,i:;ia nè dirige, ma segue, e nond11neno è secura i:J /ior.u'tle. QuPi che così parlano non guardano che a11a supcrfìciP, alfe apparenze clcllc cose. La cvntesa cl)c costituisce la vita inglese non s'agita fra la nazione e la monarchia, ma fra il popolo e l'aristocrazia, solo elemento del passato che ab~ia tutto,a vitalità e la comunichi. La mona1·chia. non ha yita p,·opria. né potenza d'iniziati\·a: e per ']Ucsto appunto, il gio1·no rn cui, abolitd !"Alta Carne1·a, l'Aristocl'azia non avrà più rapp1·esentanza legale, la monarch1a, arnese inutile e senza sostegno ca<l"à più ,·apidnmente che altri non pensa. L'osa.me è per l'Istituzione ciò che il protestantismo è pe1• la Religione; indizio che la fede è scossa e che l'io è chiamato a eser(litare le sue f.1coltà di osservazione e di studio. Or, la fede può vivere, non ravvivarsi; e l'io chiamato in azione varca sempre i termini di ciò che gli è soggetto d'esame. Tornansi a leggere i libri negletti degli utopisti; non furono essi ispirato1·i dei fatti audaci? Di dubbio in dubbio, di lavoro in lavoro, l'intelletto è trascinato, alla Storia dell'Istituzione, alla Storia eh' è l'epitaffio d'una Epoca, e che s'apprende difficilmente finché esce dall'Istituzione una corrente di vita reale. E quello studio di Storia rivela in quali circostaoze, diverse dalle recenti, s'impiantasse l'Istituzione, come corrispondesse allora ai bisogni che, soddisfatti, hanno cessato d'esistere; e, segnatamente, il contrasto fra l'utile attività del passato e l'inezia sterile del presente. E nulla è più fatale a una Istituzione che la crescente coscienza della sua inutilità; gli uomini seguono volonterosi l'Autorità. ma non un cadavere d'Autorità. A questo punto, la fazione la setta diventa Scuola, Dottrina, da discutersi, non de sprezzarsi o abborrirsi. E intanto, mentre l'intelletto scava lentamente continuo le fondamenta dell'Istituzione, i fervidi affrettano nuove congiure, nuovi tentativi, come quei primi, ·pericolosi essi pure, perchè avvei.- zano gli uomini all'idea che ogni pensiero deve tradursi in azione; e, come quei primi, sono vinti, spenti nel sangue, ma cominciano ad essere considerati dai più come lampi forieri di più gravi tempeste, scosse che additano un vuoto, getti vulcanici, che rivelano un elemento latente di distruzione. Continuano inesorabili i tocchi dell'agonia. III. Talora, cieca, illusa, insana di orgoglio, l'Istituzione persiste immobile sull'antica via e non cerca difesa se non nel terrore: perisce allora esecrata, dopo gue1ra più o meno prolungata, nella quale ogni vittoria è per essa disfatta morale: il Terrore uccide gli uomini, non le idee. Più sovente essa intende, comunque imperfettamente, il pericolo, e cerca, assumendo apparenze di vita, sviarlo. Sorgono, rappresentanti e duci di questo periodo intermedio, uomini dotati non di Genio, ma di singolare avvedutezza, non di virtù .ma di temperanza e mitezza di animo, non di vera energia, ma di facoltà e pertinacia di calcolo, conoscitori non delle qualità buone che sono negli individui ma delle loro debolezze, non dei miracoli che possono trarsi dal popolo col!' entusiasmo e col vero, ma dei modi coi quali possono generarsi in esso illusioni ed errori, i quali presentendo l'impossibilità di cozzare a lunga coll'avvenire formano il concetto di sottrarlo ai credenti nelle nuove cose, di sostituir sè ad essi, d'impadronirsi delle loro forze e dirigerle a posta loro tanto che raffo1•zino, senza violarla, l' Istituzione e la ribattezzino e vita; tentare insomma di far divergere la piena sino allora affrontata, d'attirare il nemico fuor della . via che la logica insegna, a posizioni non sue e nelle quali sia facile attorniarlo e ridurlo inerte. Questi

324 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI uomm1 strappano un lembo della nuova bandiera, e lo collocano, facile a rimuoversi, su quella dell' Istituzione; usurpano una parola - quella che meno abbraccia ed esprime piuttosto il mezzo che fine - al programma del Futuro, e in nome di quello offrendo, perchè trionfi, la somma delle forze ordinate ch'essi posseggono, s'atteggiano a iniziatori. E allora s'apre un periodo di confusione indicibile, di fantasmi e d'equivoci, nel quale il vero assume faccia di menzogna, e la menzogna di vero; l'entusiasmo si svia dalle cose per correr dietro all'ombra ch'esse protendono, le più sante fiducie diventano sh'omento di inganni e i travolti s'affannano a congiungere in armonia d'unità gli elementi più inconciliabili, le idee che l'una coll'altra si negano. Se non che, come dissi, le Istituzioni, consunte una volta, non si ravvivano mai: la sentenza deve compirsi ; e i pochi che tengono attento l'orecchio, odono velato, non interrotto, da quel trambusto babelico, il rintocco insistente dell'agonia. Nei primi bollori del subito rivolgimento, i più acclamano agli uomini dell'lstituzione : gli uni illusi in buona fede sulle intenzioni e lieti di vedere che si possa, mercè potenti forze ordinate e con minor.e sacrificio d'oro e di sangue, raggiungere il difficile fine: altri per vecchia tattica di macc.hiavellismo a giovarsi di quelle forze, salvo a combatterle nuovamente dappoi: gli uui e gli altri poco avvezzi a sentire l'importanza dei principii, e dimentichi del grande, del solo problema vitale, l'educazione morale del popolo. E le moltitudini acclamano, accarezzate dal moto e dalla irriflessiva speranza che il moto non possa interrompersi se non raggiunto l' intento ; e i giovani acclamano perchè, buoni e intatti ancora da calcoli d'interesse o dominazioni, non sospettano in altri i vizi eh' essi non hanno. Il paese getta tutto sè stesso appiè dell'Istituzione, perchè si trasformi e s'immedesimi colle aspirazioni che additano l'avvenire. L'Istituzione nol può senza suicidio. Quelle aspirazioni sono di popolo, dell'elemento onnipotente, se acquista mai coscienza delle forze che ha in sè. L' Istituzione fondata sul privilegio dell'uno o dei-pochi non può farsi popolo, non può giovarsi d'esso, non chiamarlo in azione, senza dargli appunto quella coscienza di forza che solo gli manca ; e il giorno in cui il popolo l'avrà, sommergerà ogni potere non suo per origine, metodo, fine e responsabilità. Gli uomini del1' Istituzione lo sanno ; e quindi non possono, senza abdioazione, andar d' un passo oltre i seguenti termini: escludere il popolo dall'azione: apprestarsi alleati contr'esso: impadronirsi dei risultati inevitabili dell'attività degli avversi: aiutare fin dove non è impossibile l'impedire: dar quegli aiuti come arra di meglio e argomento cli meritata fiducia: sostare, promettendo, a ogni passo,finchèil popolo, smembrato dalle diserzioni, fatto scettico dagli inganni prolungati e stanco di prove inutilmente durate, ricada nell'antica apatia. E così fanno. Ma dimenticano gli uomini di principii, che tacquero senza abdicare e sono pronti a ricominciare l'opera loro, dimenticano che un raggio di luce è caduto fra il popolo e ha rivelato ad esso - nell'ostinazione non foss' altro spiegata in allontanarlo dall'arena - quella forza fa.tale che importava tenergli ignota. Illusa dal favore degli uomini che adorano 1'01·dine per interessi e paura, l'Istituzione crede intanto d'avere il paese con sà, e, al primo risorgere d' una opposizione s'irrita, obblia la necessità di prolungare l' inganno e inalbera apertamente una bandiera di resistenza. Quel giorno è solenne conferma della condanna, e tocchi dall'agonia escono più frequenti e vibrati. Un governo che assume a formola la resistenza, non è più governo, ma un campo ostile nel cuore della nazione, che lo ricinge e a poco la soffocherà. Il dualismo non può durare eterno: la vita è unità. Bisogna o spegnerla o lasciarla al suo libero cordo. Rotta la comunione d'origine tra il popolo e il governo i programmi intermedii spariscono. Il dito del Destino scrive DISPOTISMO o RIVOLUZIONE. Il Dispotismo è impossibile; la Rivoluzione è dunqne inevitabile, e i tentativi di resistenza, l'affrettano. I mezzi di resistenza s'incatenano fatalmente in una serie d'atti, ciascuno dei quali aggrava la situazione e ministra al malcontento del popolo. É necessario un Esercito numeroso, esercito pretoriano, separato dal popolo, presto a spegnere nel sangue le aspirazioni, sviato quindi dalla sua missione naturale: d,fesa dell'indipendenza e dell'onore nazionale contro ogni insulto straniero. Quell'esercito esige larghissima spesa, senza prò del paese, esosa quindi più ohe ogni altra ad esso. E <lacchè ogni somma, comunque vasta, è pur limitata e non basta a che tutti i componenti l'esercito abbiano compenso ragionevole alle fatiche e ai pericoli, è. ripartita in grossi stipendi ai Capi, che importa serbarsi a ogni patto devoti, e in misere insufficenti paghe ai soldati. Ma l'esercito non può che reprimere le aperte ribellioni; e a impedire le tacite, che sono fomento all'altra, a esercitare influenza sulle elezioni municipali, a mant.ggiar gli animi nelle provincie, è necessario un'altro esercito un esercito civile, un vasto numero di famiglie strette, per senso d'utile materiale, ali' Istituzione. E quésto esagerato esercito d'impiegati costa essc, pure carissimo; e dacchè non di meno anche le somme rapite, per quel ramo d' amministrazione, al paese non bastano ad appagar tutti, si versano, come pel primo esercito, in larghe retribuzioni ai Capi di ufficio e in povere agli inferio1•i ; per essi, credono, varrà la speranza. E un terzo esercito, esercito di gendarmi, di birri, di delatori e di spie, gente corrotta e che genera corruzione s'aggiunge a quei due: grave anch'esso all' erario, e tanto più quanto dovendosi quel denaro maneggiar nel segreto, è dato all'arbitrio di pochi individui, che possono a ogni tanto dichia1•arlo insufficiente all'intento. Per queste e molte altre ragioni, inseparabili dall'Istituzione e dalle condizioni di guerra nelle quali s'è posta, lo squilibrio entra nelle Finanze: squilibrio da non rimediarsi d' anno in anno, fuorchè con un continuo accrescimento di tasse che uccide il presente o con imprestiti che uccidono l'avvenire. E gli impre-

RIVISTA. POPOLA.RE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZESOCIALI 825 stiti, fatti ad urgenza, soggiacciono a patti più e più sempre onerosi, imposti generalmente - dacchè la fiducia scema all'interno -· da capitalisti stranieri: le tasse dovendosi attribuire a quasi ogni atto o sorgente di vita, esigono un quarto d'esercito d'esattori che prelevano gran parte del denaro raccolto, e un metodo d'esa1.ione frequente, litigiosa, noiosa: rovina sopra rovina, malcontento sopra malcontento. L'opposizione intanto aumenta e si fa minacciosa. E tra l'agitazione crescente e il guasto che appare irrimediabile nelle Finanze, un senso d'incertezza e di generale sfiducia invade le menti. Gli adoratori dell'ordine qualunque siasi, cominciano a dubitare della forza, a mantenerlo, dell'Istituzione. Il credito infiac chisce; la libera oicura circolazione dei capitali si restringe, le imprese s'arrestano nel dubbio del di dopo; il consumo e la produzione vanno scemando: crescono soltanto, indizio tristissimo, gli arretrati delle tasse. E un'altra piago, pessima fra tutte, cresce gigante : l'immoralità. Il presentimento di inevitabili mutamen· t;, l'opinione diffusa che ogni cosa è provvisoria, il senso d'un avvenire imminente e mal noto, suscitano l'egoismo e il desiderio di provvedere a se stesso fino alla colpa, prima che giunga il naufragio. Atti nefandi trapelano da alte sfere, dove l'instabilità del potere genera l'avidità; e il veleno filtra dalle alte alle inferiori; l'esempio dei capi è raccolto dalla turba dei subalterni che hanno famiglia da nudrire e magro stipendio. Le colpe avverate fanno gli animi proclivi a credere in ogni accusa. La diffidenza di tutti e di tutto diventa condizione normale al paese. Tra le colpe e le calunnie, il senso morale si sperde: il vincolo dell'Associazione, l'affetto fidento fra cittadini si allenta e minaccia rompersi. E tutto questo - lembo e nulla più di una larga tela, che vorrebbe, ad essere descritta, un volume - ò conseguenza logica, inevitabile del!' esistenza. violenta. dell'Istituzione: esce da quella. parola resistenza., che scinde in due campi ostili la Nazione, e il Governo: il Governo che dovrebb' essere la mente interpretata dalla. Nazione, e la Nazione che dovreb. b'essere il braccio del Governo scelto da essa. Mfl. una Istituzione non può vivere di resistenza e d'immoralità. E l'Istituzione' condannata si travolge d'illusione in illusione, d'errore in errore, di colpa in colpa, giù giù in un abbisso, dove ogni sua difesa si converte per essa in pericolo, dove ogni atto presta un'arma al nemico, dove ogni difesa è battezzata persecuzione tirannica, ogni concessione ò tE>nuta in conto di fiacchezza e paura. Tutto le nuoce. Accusata dagli uni per ciò che fa dagli altri per ciò che non fa, essa. perde ogni giorno un seguace. 11 malcontento si diffonde in tutte le classi: nel contadino per le ingenti tasse che gli aggravano la miseria: nell'opera.io, per la diminuzione del lavoro, pel rincaro d' ogni cosa, pel diniego del voto, per bisogno d'emancipazione, per amore istintivo e profondo al paese : nella gioventù educata alle lettere, per gli inceppa.monti e le persecuzioni alla stampa, per aspirazione all'ideale dell'avvenire, per culto della passata grandezza e vergogna dell'abbietta inerzia presente: nell'uomo di commercio, per lunga stanchezza d'una situazione incerta e mal secura, che gli rapisce ogni possibilità di calcoli d'operazioni. E l'Esercito, ultima speranza dell' Istituzione, l'Esercito, che esce dal popolo e ne serba gli affetti e i nobili istinti, s'agita nel senso d' un disonore immeritato, di una missione tradita., d'una libertà che gli è tolta, d'una dignità che sente a ogni ora violata dal suo essere servo, non d'un Popolo, ma d'un uomo, e stromento d'una Istituzione fatta cadavere. IV. Quando le cose sono a quel punto, suonano per l'Istituzione gli ultimi tocchi dell'agonia. L'ultimo affannoso alito della consunta sua vita dipende da un subito momento di saggia audacia negli uomini delI 'Istituzione futura, da un lieve errore eh 'essa sarà. trascinata a commettere. I prudenti dovrebbero, per riguardo a sè stessi, allontanarsi da quel letto di morte. I buoni dovrebbero, per amor del paese, dichiarargli apertamente che l'Istituzione è morente. I credenti nell'avvenire dovrebbero, per onore e dovere, affrettarsi e chiudere ogni varco all'anarchia, sollevando tra la morente e la Nazione la bandiera della nuova Vita. X MARZO Nell'ora g1·ave che attraversa l'Europa in genere e l'Italia in parlicolare, la Commemorazione del 1 O marzo, assume in quest'anno, pit1 del consueto, un significato alto e solenne. Dalla tomba di Staglieno escono voci e moniti che l'anima nazionale deve sapere intendere ed accogliere. Il problema che agita in que to momento l'Europa é duplice: da un lato il principio di nazionalità che ha oggi il suo indice misuratore nei fremiti e nei prorompimenti delle razze g1·ecoslave: dall'altro l'emancipazione delle classi lavoratrici, impazienti di assorgere a Yera dignità civile, e la loro marcia progressiva verso la conquista dei poteri' pubblici per prendere il posto che ad esse spetta nel consorzio umano. Queste due tendenze si alternano o s'intrecciano, a seconda dello stadio raggiunto da questo o da quel paese sulla via della civiltà, ma con marcata tendenza ad integrarsi entrambe in una soluzione armonica e definitiva, come anelli di una sola catena, segnando il punto di partenza cliuna nuova evoluzione sociale. * L'8D ha descritto il suo ciclo storico : nuove tendenze, nuovi bisogni, nuovi orizzonti incalzano . i popoli e sorridono ad essi. Lo stato moderno, quale oggi è, non risponde a queste nuove idealità. La rivendicazione dei diritti cieli' uomo, malgrado i più larghi ideali cho no illuminarono le

326 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZESOCIALI origini, ebbe praticamente questo solo coroJlario diretto: la libertà di coscienza da un lato, dall'altro la libertà civile e l'uguaglianza dinanzi alla legge, assicurata a tutti gli uomini. Questa la grande e reale conquista dell'89: sanzione parziale deJle lunghe, faticose lotte contro la doppia aristocrazia militare e sacerdotale. Pilt in là non andò, nè poteva andare. Perchè 1'89, pure affrontandolo arditamente, spezzò in due il problema umano e non ne affermò che un termine soltanto: obliando di consacrare la santità dei doveri, accanto alla santità dei diritti. Epperò il terzo Stato, dopo aver combattuto accanto al quarto Stato per la rivendicazione dei comuni diritti, non appena assunto al potere, obliò completamente i doveri che lo legavano ai compagni di lotta, e sostituendosi alla nobiltà ed al sacerdozio nel monopolio economico ed in quello dei poteri pubblici schiuse i cancelli ad una nuova .formidabile tenzone: la rivendicazione del proletariato, erede di tutti i dolori che travagliarono i diseredati da che mondo è mondo, dolori temperati in parte, è Yero, dal raggio benefico della ciYiltà che illumina così il palazzo come il tugu1:10, ma resi dall'aHro più acerbi dalla coscienza delle masse, non pitt rassegnale a subire la loro miseria, come il portato inesorabile di un fato sociale. A che vale infatti la libertà individuale quando la miseria e l'isolamento Yincolauo inesorabilmente il proletariato alla degradazione morale, poliLica ed economica e la 1·icchezza, come il potere, sono patrimonio esclusivo di una minoranza oligarchica economicamente e politicamente? Rinnovamento di nazioni e di stirpi, reintegrazione politica ed economica dei diseredati, alleanze di popoli, leghe di pace, tutto sembra un sogno o un' utopia dinanzi a questa realtà spaventevole di quattro quinti del genere umano che non sono arbitri dei propri destini ; che strumento inconsciente di pochi pr·iYilegiati sono costretti ad oscillare senza posa, quasi ombre dell'inferno dantesco, dai campi e dalle officine, tra la caserma, il carcere e l'ospedale, senza un soffio di vita collettiva che li ricongiuga in un comune ideale o in una comune solidariet'I di gioie e di dolori. Da un' organizzazione cosiffatta, violazione di ogni dovere sociale, non poteva sortire che una nuoYa falsificazione del diritto, ent1·0 e fuori lo stato: il tr·ionfo del1' individualismo nella forma pitt brutale: l'egoismo; egoismo d' uomini , egoismo di classe , egoismo cli razze ; che nei rapporti della famiglia ha rotto i vincoli di solidarietà, nei rapporti fra classe e classe e fra gli uomini della stessa classe i Yincoli dell'amore, ed in quelli fea Stato e Stato ha c1·eato quegli antagonismi terribili e quegli aggruppamenti al'(i ficiali con cui si vorrebbe contrastare a mano armata la tendenza irresistibile dei popoli ad affratellarsi in una sola fede ed in un solo ideale sociale. L' idea tutta negativa dello Stato moderno, semplice ufficio di tutela del diritto individuale, non è che la logica emanazione di questo stato cli cose, il quale da un lato rende effimero l'esercizio di qualunque diritto e dall'altro consacra l'annientamento di ogni norma di dovere sociale, il solo che, temperando gli eccessi dell'individualismo, possa armonizzare l' interesse d'ognuno con gl' interessi di tutti ; il solo che possa legare con nodi sacri l'uomo ali' uomo, il cittadino al Comune, il Comune alla Nazione, la Nazione all' umanità, sospingendola verso quegli alti ideali a cui sono rivolti tutti gli sforzi e tutte le aspirazioni del proletariato moderno. Da questi sforzi e da queste aspirazioni, sortirà infallibilmente, ineYitabilmente, un ·nuovi> assetto delle condizioni sociali, che non sarà più una conquista di questo o di quel ceto, ma di tutta la umana famiglia, e come corollario diretto lo Stato non sarà più nè lo Stato antico, incarnazione· del dieitto divino e della conquista, nè lo Stato model'l1o, amalgama del diritto diYino e del diritto popolare; non la sopraffazione di una classe sopra un'altra - la lotta isolata ed egoista pel solo benessere individuale - ma uno Stato, integrazione piena, completa dell·uomo nella Società, rivenclicazion) del di1·itto umano nella sua più alta espressione di libertà, di fraternità e di giustizia. A.Yer divinato questo Stato futuro quando le menti erravano incerte sotto il fascino di dottrine monche o fatali; averlo proclamato come la sola via cli uscita nell'aspra lotta che travaglia gli spiriti, le coscienze e le pleLi nella soluzione del problema sociale ; averne trasfuso il comincimento nell'anima di tutta una generazione, armonizzando la causa di un popolo con quella di tutti i popoli, gettando la parola dell'amore accanto a quella delle riYendicazioni, integrando il Cittadino nella patria e la patria nell'umanità, tutto questo forma il maggior titolo cl i gloria e di riconoscenza a cui Mazzini abbia diritto, non soltanto dinanzi al secolo XIX, ma dinanzi a tutta la posterità. E alla realizzazione di questo ideale dedicò 50 anni di lotte e di sac1·ifici, facendo ·i l'eco e il continuatore della coscienza storica italiana, e in pari tempo l' interpetrn del nuovo diritto pubblico, del pensiero collettivo d' un'epoca nuova. . * * Ogni anno che passa sulla sua tomba, illumina d'una nuova luce la sua figura grandiosa. Coloro che lo accusavano di aver sacrificato al pensiero politico e all'idea nazionale il pensiero sociale, ·cominciano man mano a i-en dei gli giusti

RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIA.LI 327 zia; a comprendere la necessità logica in cui egli si trovò, di esplicare il suo programma in conformità dei tempi, senza spezzarne l'unità armonica, che attraverso la patria e la libertà mira alla redenzione sociale del proletariato, attraverso le singole Unità nazionali alla grande confederazione dei popoli, padroni ed arbitri dei propri destini, fraternizzanti sulla via del dovere in un pensiero comune di solidarietà morale e materiale. Bd è su questa via da lui tracciata a grandi linee - apostolo e soldato - con la parola e con l'esempio - che, malgrado l'apparente contrasto di sistemi e di scuole, si avviano oggi le falangi dei combattenti per le rivendicazioni umane, alla conquista dei loro ideali. La sublime epopea che si svolge in questo momento a Candia, santificata dal martirio, accompagnata, confortata dal plauso e dalle simpatie non effimere dei popoli, in aperto antagonismo con la politica difforme dei loro governi, è la più splendida affermazione del suo intuito divinatore. Tutti comprendono oramai che sui Balcani dovrà combattersi, presto o tardi, la battaglia suprema che, con la ricostituzione delle nazionalitil frazionate e disperse, muterà la carta della nuova Europa e schiuderà il varco a tutto un nuovo ciclo storico, in cui le rivendicazioni politiche e le rivendicazioni sociali troveranno gli elementi indispensabili al loro trionfo ed alla loro armonica integrazione. Ma 50 anni or sono? Cinquant'anni or sono, quando gli spiriti brancolavano nel più vuoto opportunismo di questa fase suprema che oggi incalza l'Europa Mazzini soltanto ebbe la visione luminosa profetizzando quale soluzione razionale ed inevitabile della questione d'Oriente, la costituzione delle razze slave in g1·uppiautonomi - antemurale alla Russia costretta così per forza di cose a tramutarsi in potenza civilizzatrice dell'Asia - alleate alla stirpe greca, chiamata dalla storia e dalla civiltà a presiedere in Bisanzio, città libera, la confederazione delle razze che formano in oggi l'Impero Turco in Europa. Ed è perciò che il 10 Marzo, attorno al suo tumulo glorioso, le bandiere popolari che s'inchineranno ancora una volta e salutarne la sacra memoria, portel'anno nelle loro pieghe, commisto al soffio dell'anima nazionale, l'eco degli entusiasmi con cui il popolo italiano accompagna gl'insorti di Candia e il ridestarsi della Grecia ai suoi nuovi destini. Questi che oggi si delineano non sono che i primi albori delle grandi giornate in cui i popoli saranno chiamati a prendere infallibilmente il loro posto di battaglia nella soluzione del complesso problema nazionale, politico ed economico che travaglia l'Europa. Il risveglio della coscienza pubblica per una causa così nobile e santa, in quest'ora così triste di scoramento e di delusioni, è pegno di fede che il por,olo italiano. non verrà meno a sè stesso. Mazzini, tentando nella misura delle sue forze, quel tanto di attuazione del suo programma, che i tempi consentivano, tramandò al popolo il compito di continuare l'opera sua. Apostolo della reintegrazione del diritto, egli lottò anima e corpo contro la vecchia compagine che soffocava in Europa ogni libera manifestazione, rivendicandola nel Comune, nella Nazione, nella Umanità. Apostolo dell'armonia indissolubile del dovere col diritto , si fece del dovere una religione e diede l'esempio della costanza e del sacrificio in una .delle più pure e nobili incarnazioni che registri la storia. Raccogliamo l'alito puro e caldo che esce dal suo tumulo e con l'alito gli sprazzi luminosi della sua mente divinatrice. Mai, come ora il popolo italiano ne ebbe tanto bisogno per salvaguardarsi dalla putredine che lo minaccia all'interno - dall'aquilone reazionario che si avanza minaccioso dal 1ord. EDOARDO PANTA 10. L' AZIO E E IL PENSIERO SECONDO ALBERTO MARIO. lo giovinetto ed esule lo vidi e l'avvicinai per la prima volta a Milano nel quarantotto. Egli aveva allora quarantatre anni. Sotto la fronte ampia e potente sfavillavano due occhi nerissimi, grandi, fascinatori. La barba bruna ed intera dava risalto alla pallidezza diafana del viso,· solitamente mesto. Così lo dipinse Emilia Ashurst, così lo incise Calamatta. La sua stretta di mano, decisa e gagliarda, ti affidava, la voce piena, armonica, insinuante, ti ammaliava; la parola ornata, facile, evidente, persuasiva, t' incantarn: vent'anni di apostolato letterario e politico, di ostracismo e di celebrità, ~ atteggiavano a riverenza. Egli era allora a mezzo del glorioso cammino. Quando vent'anni prima s'affacciò alla storia, l'Italia ignava avea mutato fianco al suono delle cospirazioni e delle insurrezioni del carbonarismo : setta benemerita d'indipendentisti, uomini d'azione Yalorosi in campo, eroici nel carcere duro, ma senza magistero di dottrine rinnovatrici. Dopo la sconfitta di Rieti e la comparsa di Carlo Alberto alla tenda del maresciallo Rubna in Milano, le loro vendile solcaxano la nazione; ma erano navicelle che veleggiarnno . ulle acque morte della penisola e il solco chiudevasi dietro il loro passaggio. Gli

328 RIVISTA. POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI Italiani scorati dagli E1rgastoli principiavano a dimenticare l'Italia e la dimenticarano. Ci pensava appena a Milano l'autore dei cori dell'Adelchi, a Firenze l'autore del Giovanni da Procida, a Livorno quello della Battaglia di Benevento· Volgevano tempo tristi di prepotenza e di viltà. Poscia, come eco fioca delle giornate di luglio, scoppiò il moto romagnolo che bandì l'abolizione del potere temporale, ma rimase moto romagnolo e fu rapidamente represso da una legione au-;triaca. Indi, il silenzio universale e l'oblio. · Mazzini, con uno stile che aveva il rilievo e la energia del foscoliano, e per l'adozione di parole religiose, come apostolato, sacerdozio, missione, assumeva sembianti solenni e colorivasi di tinte bibliche, e ispirato dalla luminosa intuizione di tutta un'epoca nuova europea diffondeva il calore di un immenso entusiasmo e di una immensa fede, scese campione del romanticismo nell'arringo letterario. Non importa ora indagare se il romanticismo fosse nel suo intimo concetto una reazione cattolica: era un'audace emancipazione del pensiero dalle stringhe d'un bizantino e pedante classicismo; era una rivincita dello spiritualismo sulle dottrine dei plastici e dei sensisti, la ristaurazione di Dio sul trono dei cieli, il risveglio della coscienza verso un ideale di umanità colorito dalle lusinghiere spé· ranze di vita fiorente; era l'illimitata liber1à della mente nelle sfere dell'arte e della poesia. Tanto bastava perchè :;\fazzini dovesse militare in p1·ima linea sotto codesta bandiera. Dall'Amor patrio di Dante (182G), dalle Fantasie di Berchet, egli ascese gradualmente ai Pensieri intorno ad una lette1·atura europea, e quindi al Dramma sto1·ico (1830), in cui idoleggia la figura del marchese di Posa e ingrandendone le proporzioni datele dallo Schiller simboleggia nell'animo di Don Carlos la umanità; forma ultima dello svolgimento di una idea provvidenziale a cui si perverrà per una scala di rivoluzioni delle quali la fiamminga è una. Avvertito nel Promessi :Sposi l'elemento popolo ignoto ai classici e avvicinati i due termini Popolo e Umanità, ne ravvisa l'armonia in Dio eh 'ei contempla artefice sempiterno di progresso; e delinea e ombreggia i profili d'un nuorn dramma impossibile su la scena, ma possibile nella storia, nella vita reale, nel mondo delle nazioni. Quivi s'affissava l'occhio del giovine pensatore genovese. E quando scrisse la lettera a Carlo Alberto, che fu una rivelazione politica per r Italia e additò incredibili destini alla casa di Sa,,oia, egli aveva già matu1·ato nei travestimenti della critica letteraria la madre idea nella propria missione, che gli brillò su rorizr.ontc, stella matutina, asLro uell':u·duo viaggio sino all'ultima giol'IlaLa. Mazzini trenfanni dopo, già fatto vecchio, raccontava che fin d'allora il pen,iero generatore di ogni suo disegno era non un semplice pem;iero politico nè la solitaria idea di redimere uu popolo smèmbrato, oppresso, avYilito, sibbene un presen1imento che l'Italia sarebbe, sorgendo, iniziatrice di una nuova vita, di una potente unità alle nazioni d'Europa. Gli si agita nella mente (comunque confuso, e nonostante l'influenza che spandevano su lui, in mezzo al silenzio comune, le voci fervide di coscienza direttrice uscenti allora in Francia) un concetto che espresse pochi anni dopo. Ed era : che un vuoto esisteva in Europa; che l'autorità, la vera la buona, la santa autorità, nella cui ricerca sta pur sempre, confessato a noi stessi o no, il segreto della Yita di tutti noi, negato irrazionalmente da tanti i quali confondono con essa un fantasma una menzogna d' autorità e credono negar Dio quando non negano che gl' idoli, era svanita, spenta in Europa, che quindi non viveva in alcun popolo potenza di iniziativa. Concetto che gli anni gli studi e i dolori confermarono irrevocabilmente nell"animo suo e mutarono in fede. Raccontava che da questo concetto balenavagli ntalia rinata d'un balzo, missionaria d'una fede di progresso e di fratellanza, più vasta assai del!' antica, all'umanità; che, mentre altri popoli, compita. una breve missione, erano srariti per sempre, in Roma, ove la vita una del mondo s'era elaborata due volte, la vita doveva essere eterna e ignota la morte. Ora, perchè, egli si chiedeva, dopo la Roma che solcò dietro il Yolo delle aquile il mondo noto coll'idea del diritto, sorgente della libertà, e dopo la Roma, già pianta dagli uomini sepolcro di vivi, risorta e costituitasi coi papi centro accettato d'una nuova unità che, levando la legge della terra al cielo, sovrapponeva ali' iùea del diritto l' idea del dovere, comune a tutti e origine quindi dell"uguagliaoza, perchè non sorgerebbe da una terza Roma, la Roma del popolo italico della quale parevagli intravvedere gl'i11dizi, una terza e più vasta unità, che· armonizzando terra e cielo, diritto e dornre, parlerebbe non agli individui, ma ai popoli, una parola d'associazione insegnatrice ai liberi ed eguali della loro missione quaggiù? Raccontava che da quelle idee desumeva intanto che il nuovo lavoro doveva essere, anzi ogni altra co~a, morale, non angustamente politico ; 1·eligioso, non negativo; fondato sui principii non su teoriche di interesse, sul dovere non sul benessere. Raccontava infine che la scuola straniera del materialismo aveva sfiorato l'animo suo per alcuni mesi di vita universitaria, e che la storia e !"intuizione della coscienza, giudicate da lui soli criterii di verità, l'avevano ricondotto rapidamente all'idealisnio 'dei n:,stri padri.- 1el suo pensiero ad\Jn~ue';1t "due·inò1ne1ltiHsto1•tci

RIVISTA POPOLARE DI POLITICA L&TTERE SCIENZE somALrn 329 del mondo civile, la libertà e l'uguaglianza, il diritto e il dovere, epilogavansi in un' associazione delle genti di cui l'Italia libera sarebbe avviatrice e guida. E dal cuore di questa Italia rinnovellatasi in unità di nazione scaturirebbe il nuovo verbo religioso, la nuova sintesi sociale, la nuova opera europea. É visibile pertanto che l'unità d'Italia non era nell'intelletto di Mazzini un concetto ipotetico, come nell'opuscolo di Melchiorre Gioia nè un postulato, come nella lettera di Foscolo a Championnet, sibbene una deduzione e una condizione impreteribile del suo officio cosmopolitico. Dalla religione la morale, dalla mofale la politica; lo stato dev'essere credente per l'ideale, onesto per il bene, uno per l'armonia. In ciò l'originalità del concetto unitario di Mazzini. Nell'albero gentilizio del diritto e del dovere è capostipite il dovere. Insegnava infatti egli che il diritto emerge da un dovere compiuto. Era naturale. Dalla fede procede l'entusiasmo, dal culto del bene olezza l'aroma della virtù, dall'uno e dell'altra spandesi lo. spirito di sacrificio, impera la volontà ; e per6, c1·edere, fare, patire rispecchiano il dovere dei figli d'una patria schiava per liberarla, e segnatamente il dovere dei figli d'Italia, prestabilita autrice del rinnovamento teologico ed etico nella terza vita del mondo civile. Questo mi pare l'intera compagine del pensiero di Mazzini. E agevolmente se ne spiegano le evoluzioni e se ne antivede l'efficacia. E in vero, l'unità italiana costituendo il precipuo fattore il caposaldo dsl suo sistema, sfavillano per evidenza ·di ragione la lettera a Carlo Alberto, i fascicoli della Giovine Italia, le cospirazioni ingegnose, la spedizione di Savoia, la sommossa romagnola del 4:-3,la calabrese del 44, l' associazione nazionale del 46, la lettera a Pio IX del 47, l'opera conciliativa del 48, la difesa della Repubblica roIl!ana del 49, il 5 Febbraio di Milano, i moti della Lunigiana, la spedizione di Pisacane, il 29 Giugno 1857 di Genova, la lettera a Vittorio Emanuele nel 59, le sollecitate annessioni, l'insurrezione della Gancia, il tentativo di Castelpucci nel 60, l'agitazione per la insurrezione veneta, il suo colossale epistolario elettrizzatore. Per una. serie di proteste, di sollecitazioni, di rimproveri, d'incoraggiamenti, di stimoli, di rallentamenti, di schermi, di volteggiamenti, di puntelli, di mine, di contromine e di fuoco alle polveri, Egli agguantò l'Italia per la chioma ogni anno, ogni semestre, ogni giorno, ficcando negli occhi di lei il suo sguardo fulmineo e ripetendole ostinatissimo, con l'accento del Fato nella tragedia di Es,chilo: - Sorgi, lotta, soffri, purificati, immòlati per farti una, per riafferrare il governo del mondo, per colorire il disegno di Dio sulla terra. E in quella febbre affinatrice del suo spirito e logoratrice del suo mortai velo egli scrisse parole così gravi, così passionate, così accese di carità patria, da parere linguaggio d'antico profeta; e la gioventù di due o tre generazioni bevve e s'inebbriò a quelle fonti, e affrontò impavida le ire dei tiranni, udì sorridendo cigolarsi alle spalle i catenacci delle segrete, e si avviò senza battere sopracciglio nella sconsolata contrada dell'esilio, salì con piede sicuro, con intrepido cuore e con sigar0 in bocca le scale della forca. Questo sublime delirio di patriotismo provocato e alimentato dall'eloquenza di Mazzini creò la questione italiana, che fu gettata come un guanto di sfida, come il guanto di Corradino di Svevia, dall'alto del patibolo nel cenacolo delle potenze europee. i é di ciò solo l'Italia va debitrice a ì\fazzini. Dal Trentacinque al Quarantotto , magistrale scrittore d'inglese egli chiarì nelle riviste britanniche tutte le incognite del pensiero nazionale; ora ricavando dalle Opere minori di Dante, e specialmente dal trattato de:monarchia, il concetto sovrano, trasmesso di secolo in secolo, e, in opi• nione di lui, costitutivo d'una parte della tradizione imperativa dell'Italia una; ora ritraendo dagli studi sul Sarpi la tendenza ir1·esistibile di procedere, nel movimento della idea religiosa, dal papa al concilio; ora lumeggiando nel moto evolutivo della letteratura italiana dopo il 1830 gli spiriti vigorosi d'emancipazione intellettùale e segnalando la crescente febbre d'emancipazione politica; ora scrutando le viscere dell'Austria ( Italia, Austria e il Papa) e additandone il verme roditore e nunzio dello inevitabile sfacelo; ora restaurando la fama di Ugo Foscolo che l'invidia e la calunnia avevano oscurata, e ripresentando incontaminata e splendida la grande figura del risuscitatore della coscienza nel letterato e del poeta dei Sepolcri che onorò l'Italia e l'Inghilterra. In Inghilterra quasi ogni scritto di Mazzini, dal Cinquanta al Settantadue, fu tradotto dai giornali o divulgato in opuscoli. E non meno efficacemente, con la parola nei ritrovi privati e coll'esempio della vita senza macchia, contribuì a rendere famigliare e simpatica al popolo inglese la causa italiana. E il favore aperto o senza secondi fini della opinione pubblica inglese determinò il favore del governo. L'Italia ne risentì più fìate i beneficii. · Tale ei fu. In parte il sospiro della sua vita fu appagato: egli vide compirsi l'unità politica della patria. Pure, se un tempo visse alcuna ora lieta e nelle intimità dell'amicizia il suo riso era una delle attrattive personali più incantevoli, il riso negli ultimi suoi anni non isfìoravagli pitì le labbra. A poco a poco il cuore gli si chiuse a ogni dol-

330 .RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI cezza. Lo scarno e livido dovere gli prolungò di alcun anno l'esistenza, sfabbricata da malattia insidiosa. Solo la mente, che pareva tessuta dalle Parche con fili di diamante e nella quale si raccolse tutta la vitalità di lui, ripigliò negli ultimi mesi vigoria giovanile e folgoreggiò di vivida luce sino al minuto in cui si spense. . Ma la insanabile mestizia non proveniva dalla malattia; imperocchè la sventura gli fece, come dicevagli un dì il Guerrazzi, l'animo di metallo. Non proveniva dal ricordo del carcere di Savona, del novissimo di Palermo ove Medici il benamato si costituiva carceriere spontaneo, delle due sentenze di morte, della lunga proscrizione. dl3lle nere. calunnié onde fu retribuito da quella casa che egli aveva predestinata alla corona di torri, da quel partito che raccolse ciò che egli aveva in gran parte seminato: la persecuzione e l'ingratitudine dei beneficati lo ritempravano. Non proveniva dalla mancata repubblica nella costituzione del!' Italia, imperocchè egli non dubitava che sulle transitorie forme del presente essa sarebbesi stabilita quale forma finale e perpetua. Non proveniva dalla sua forzata esclusione dal governo: gli fermentava iii petto smisurato l'Mgoglio delle sue dottrine (ciò che formò la sua grandezza), non per vulgare voluttà di comando o per meschina vanità personale, ma per la certezza che accettate e applicate, avrebbero ritemprato l'Italia: la sua ambizione era gloriosa. Proveniva dal quotidiano e crescente allontanarsi delle intelligenze dalla sua fede; dal progressivo 'sviluppo della filosofia positiva e delle scienze sperimentali, che. sommergendo, in avviso di lui, l'Italia nel materialismo, le impedivano l'unità morale, l'unità intellHttuale e la missione della terza vita. Sull'orlo del sepolcro esplose dal suo petto affannoso l'ultimo grido d'angoscia, la novissima protesta, nello scritto contro l' Internazionale, nella critica sulla Réforme intellectuelle et morale di Rénan. Poi, avvolto nella bandiera della Giovine Italia, morì. Ma ciò ch'egli credeva degenerazione e decadenza non è in fondo che la evoluzione storica della sua dottrina. Ei deduceva da punti fissi e ne traeva le leggi. Ora s' induce dai fatti e si sale con· ala indefessa agli ideali. Dal vero, la bontà, e la bellezza. Cultore della filosofia sperimentale e repubblicano federalista, m'inginocchio davanti al suo feretro. Mazzini e1·a un santo. ALBERTO MARIO. La Rivista Popola1·e di Politica Lettere e Scienze sociali esce il 15 e il 30 d'ogni mese, in fascicoli di 20 pagine in 4' grande. ----- Spedire Yaglia o Cartolina-Vaglia all'on. Dr. Napoleone Colajanni Roma. MORTO? Giuseppe Mazzini proclamava chiusi con lapo. leone e Byron l'epoca dell'individuo, il ciclo cristiano, il cui frutto sarebbe stato riassunto e' assicurato nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo; aperta oramai l'epoca sociale. Egli evocava l'antico grido italiano popolo, popolo, e respingeva la dottrina degli eroi del suo amico Carlyle, secondo la quale la storia sarebbe l'opera di alcuni potenti per forza o per genio, seguiti inconsapevolmente dalla folla. Si può, si deve anatemizzare questa dottrina egeistica, sconsolante, che assume aspetto morboso presso i Nietzsche e i D'Annunzio, e ritenerla, con Mazzini, propizia al cesarismo, depressiva anzichè elevatrice dell'umana natura. Ma quando ci facciamo a considerare l'opera e la mente d' uomini come Giuseppe Mazzini, per quanto l'oncia larga e piena del positivismo ci abbia mondi e spogli d'ogni scoria cli feticismo, non possiamo sottrarci a un senso di ammirazione, come davanti a qualche cosa cli sovranamente superiore. loi ci sentiamo davanti a uno di quei tipi in cui l'umanità si afferma nella sua più nobile espressione, a un rappresentante della specie in tutta la sua potenza intellettuale e affettiva. Non è il sognato superuomo (l'uomo soprannaturale, fratello dell'uomo allo stato di natura, poichè è di tali astrazioni che pare si compiaccia ogni scorcio cli secolo), è l'uomo nella sua interezza: ecce homo. E comprendiamo il fascino esercitato non soltanto sopra una schiera non volgare cli intimi, sopra uomini e donne di coltura e sentimento squisito, ma _sopra le masse profonde, che in Mazzini, più o meno inconsciamente, istintivamente, idoleggiavano, rispecchiate quasi in foco, le proprie doti miglioFi innalzate ad altissimo grado. È il genio alleato alla virtù: il di'>tintivo che Mazzini additava al popolo perchè discerne~se i suoi migliori da porre alla sua testa. La sventura, il sacrificio non fanno che projettarvi maggior luce ai simpatia. . Il genio, sublimazione della natura umana, è tale spettacolo che rapi-,ce, al pari dei più grandi spettacoli della natura fisica. È il miraculum nel senso latino. Vi veda chi vuole l'effetto di degenerazione, di cleYiazione dalla normalità psichica, anzichè la manifestazione di un ordine e di una armonia snperiori. Mazzini resta, in tanto oblio e rovina turbinosa d'uomini e di cose, perché spirito eminentemente sano ed equilibrato. Pensiero e azione è una delle sue formale predilette, e la sua vita ne è l'incarnazione. Egli è lingua e spada, per usare un'immagine di 'l'omaso Campanella. 11 suo apostolato

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