Rivista di politica e scienze sociali - anno I - n. 17 - 15 marzo 189 6

RIVIS'l'A DI POLI'l'ICA E SCIENZE SOCIALI 271 la nazione anderà a fondo; se la vittoria, come in questo caso, non d.irebbe altro vantaggio che di soddisfare l'amor proprio offeso, e la sconfiLta, giacché anche questa è pur troppo da prevedera ùopJ le tristi prove fatte, ci pot·terobbe al pi·ccipizio. Chi dice che l'Inghilterra può in tali casi retrocedere senza scapito del suo decoro e noi no, cado in una solenne contr.tdizione; poichè pone che l'Italia si debba ricordare d'essere una delle grandi JJOtenze solo per buttarsi in un' impresa coloniale, e quando poi sarebbe !'or.i, di recederne si debba ricordare che essa è in fondo un potenza piccola. L'onore è salvo giacché baltuti ci siamo ; volei· vincere per forza è un altro discorso. E una guerra coloniale non bisogna dimenticare che è innanzi tutto un affare commerciale, che diviene assurdo se la spesa val più dell'impresa. Se ritraendoci faremmo ridere quelle nazioni d'Europa, che non ci sono amiche, più ancora esse riderebbero di noi il giorno che su questa carta avessimo giocato e perduto ogni cosa, e gli amici stessi abbandonerebbero la nostra amicizia divenuta inutile a loro, od appena uno sterile compianto ci consentirebbero. Lasciamo che ognuno rida a sua posta, e pensiamo ai casi nostri. È un dovere verso i nostri maggiori che a costo di tante sofferenze ci lasciarono una patria, è un dovere verso i nqstl'i figliuoli che un giorno proverebbero verso di noi il sentimento che ha. l'orfanello abbandonato nella più lurida miseria da un padre morto in un capriccioso duello all'ultimo sangue o uccisori a Montecarlo. Son belle e sante verità quelle che dite sull'eroismo sereno del nostro popJlo, ma la sua stessa docilità c'impone degli obblighi. Per difendere il suolo della patria tutto si può pretendere dal popolo, ma per un'impresa coloniale ci vuol discrezione. E il peg 6 io è che se la discrezione non si mette nel fine, si mette ad ogni modo, per necessità e per debolezza, nei mezzi; sicché questi risultano inadeguati, e viene il momento che quella virtù apparisce un vizio e un errore di logica. Ogni forma di governo ha certi svantaggi mevitabili, come ha certi vantaggi, inerenti gli uni e gli altri alla natura sua. Un governo assolu1o è più adatto a compifN una imprèsa un 1,0' puntigliosa, che non un governo par-lamentare. Questo ha da far i conti direttamente con molta gente, e se anche da una maggioranza è riuscito a ottenere la deliber.izione d'una guerra, nel condurla è poi continuamente assediato e paralizzato dalle opinioni, sopraffatte ma non distrutte, dalla minoranza, che a quella guerra non si vuol rassegnare e che riesce a stremar 6 liene i mezzi. Perciò i governi par· lamentari non possono condurre a termine che o una guerra facile (e tale si credeva l'africana!) ovvero una guerra che, per difficile che sia, risulti ad ogni modo inevitabile assolutamente, non per mero punto d'onore, e sia quindi ben poro 1arci, unanimemente t1Jnuta necessaria, eccetto pochi e assurdi dispareri trascurabili. È quest'ultimo il caso della guerra presente? No. Sono infiniti quelli che pensano che bisogni limitarla a quel che è strettamente necessario per salvar la vita a quanti soldati italiani sono ahimè ancor vivi in Africa, e per serbare quei possedimenti che oramai nessuno più ci contestava. L'indomani d'Amba Alagi molti pensavano che a questo ci dovessimo resll'ingere; dopo la perJita di Makallè, molti pensa vano che fossero d'acc0ttare le proposte di pace che M.1,konnen l resentava, con una sicurezza di linguaggio che il fatto ha provato non essere stata soverchia; molti,simi, c·r0do, reputano che questo sia più che mai il tempo ùi procedere con misura, sicchè come oggi rimJJiangiamo i giorni relativamente belli di Makallè, così più tardi non ci abbia a parere da rimpiangere perfino quest'ora fatale che attraversiamo. Ebbene, quei moltissimi osino farlo intendere con tutta quella compostezza di modi che è propria di un popolo civile, forte nella sventura, pronto al riparo, e capace d'adoperar la parola scritta invece degli ul'li e del linguaggio inarticolato. Facciamo che il Governo ne sia illuminato, anziché distratto e sconcertato ; e le Camere non si riscaldino delle lor proprie parole, ma dall'opinione pubblica tr.i,ggano lena a propositi moderati e prudenti. Se sbaglio, con•.igctemi. Sapete che io faccio volentieri come individuo quel che pretenderei dal mio paese : son sempre pronto a ricredermi lealmente, senza la paura di parer timido. Se vi sembra che io non abbia torto, unite alla mia fioca voce il vostro vocione. E credetemi, nelle calamità come nei momenti lieti. Vostro a(f:mo FRANCESCO n'OvrnIO. NATALE CONDORELLI: Settentrione - Note di viaggi. Catania. N. Giannotta. 1896. L. 2,50. Natale Condorolli non è soltanto un valoro3o avvocato penalista, un dcmoJratico coerente ed un carattere vero ; ma è anche un uomo che ha la passione bella e in vidiabil.~ dei viag;i, e i mozzi. - beato lui ! - per soddisfarla. Egli ha visitato l'Oriente, gli Stati Uniti del NorJ America cd il Capo Nord. A suo tempo narrò il suo primo viaggio nel libro sull'Oriente; in questo ci dà le sue impressioni che in lui suscitarono gli Stati Uniti nel 1887 e il Capo Nord nel 1894. Noi non lo seguiremo nelle sue desc1·izioni alla buona - egli stesso in una prefazione dichiara di scrivere senza pro:1tese- e che riescono utilissime a quanti vorranno intraprendere delle escursioni nelle sumenzionate regioni; ma vogliamo semplicemente rilevare che egli non si limita a descrivere il lato puramente materiale ed artistico delle cose vedute ; ma si sofferma anche a riflessioni azzeccate sul lato mor,de, < conomico · e sociale. Così passando da Berlino e da altre principali citti dell'Impero Germanico nota il grande sviluppo della prima a spese delle altre ; e ciò in conseguenza allo accentramento politico amministr..i.tivo, ch'è di recente data e meno sviluppato che in Italia, ma che pure vi dà le inevitabili cattive conseguenze.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==