La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 39 - 1 novembre 1925

b LA RIVOLUZIONE LIBERALE CAMPANELLA La diversità i, nella razza. Basta osservare Campanella poeta per scorgere subito i serni d1e lo denunziano del medesimo ceppo di Petrarca e Leopardi. Quell'insistere, fino <:1Il'ango!òlrÌ.ae alla monotonia, su un perenne pensiero dominante, attorno a cui si avolµ:e tutta un'e-spericn1.a lirica, siC{'hè una sola poesia basta a dare la chi.ave di un canzoniere, è comune .a tutti e tre i poeti distanti. C1.ascuno di csr;d è 1egatQ a 1111. suo motivo lirico, ma a <1uello solo, fissamente, disperatamente. Tutti n tre son cupi, solitari, travagliati; vagolanti .attorno a problemi senza nacita: i loro VPrsi si chi.am.ano nel tempo. Tutti e tre intellettuali, tutti e tre fuori rla1 <'Onsorzi, tulti, <li fronte aJJa vita m16teriosa, staccati e aderenti, illusi e deluoi, innocenti Nl esperti. Campanella è, per definizione, un polemista, un con1batlenlc. Tutta la sua opera è una contino.a polc• lllica; ma anche la sua vit..a è un.a polcmic·1 icintcrroua. Tutta la su.n esisLenza P un.t giostra, un certame: non c'è posto, nella sua giornata, per un abb.andono, per uno spasso. Sente sempre il bisogno di battersi, di inlnvenire, di prender posizione: quando non si tratta di sè, si balle in difesa di Galileo, on difesa di Telesio, in difesa del Re di Spagna, in difesa di Dbminedio. Quando non ha a.Itri .avversari, polem~zza con se stesso, col Campanella di un libro prccedc.nte. Non ha mai requie, non è mai placato: come avesse ricevuto insulti storici. lia co1ninciato da giovane, ha finito col finir della vit.a. I suoi grandi Avversari sono gli Aristotelici, i Machi.avellisli, gli Atei. In m:rccre e .a piè libero, egli non fa che prep,c-:r.arenuovi libri che saranno nuove mac~ chine da guerra. È questione di temperan1ento: egli lo sa bene; egli sa che ,<è nato per combattere », cc per debcll,are n, per reagire: e i suoi ne1nici sono .addirittura grossi sostantivi, categorie: cctirannide, sofismi, ipocrisia » (1). E da autentico combattente, da uomo che ha superato il supplizio della « veglia )> vincendo il sonno, egli non concepisce e non compatisce i dormienti, i sedentari, gli abulici: vorrebbe veder m,arciarc, oon lui, i Principi d'Italia, il Re di Spagna, il Papa, poichè « lotus mundus est antichristianus », e si dichiara pronto a partire, pronto ad « andare in Germania, lasciando per ostaggi quattro parenti in prigioue, onde convertire alla fede almeno due di principi protestanti, e screditar Calvino affatto in quei paesi, e tornar con gli ambasciatori loro al Papa fra 15 mesi » (2). E non ammette che vi si.a gente che possa indugi.arsi in ozi letterari, dietro vaghe nature morte mitoJc.giche: anche la poesia è un'anima, ed egli stesso se ne giova. Una sua tragedia << Maria Stuarda » è una I.ancia spezzata in favore ,li Spagna. La prigionia gli è insopportabile non tanto perchè lo tormenti, quanto perchè lo paralizza, perché lo inchioda fra quattro pareti, lui che vorrebbe espugnare il mondo. Non senza c9mmozione si leggono le lettere scritte in carcere al Papa, al Cardinal Farnese, agli amici; lettere febbrili, nervose, }~ceranti, ove chiede d'essere ascoltato, sotto pena d'aver tagliata una m.ano se mente, sotto pena della vita se le s,ie promesse non saranno mantenute, sotto pena ccd'esser subito brugi.ato » ove risulti falso quanto assicura. È un insonne a vita. Vecchio, non ha perduto l'ardore. A Parigi, dove potrebbe finire in pace i suoi giorni godendosi 1a pensione reale, ha ancor.a bisogno di colluttarsi, di disputare, e naturalmente riesce sempre e a tutti ingombrante. Se trova gente che non divide le sue idee, ha bisogno di afferrarla per il petto, di polemizzare. Già la forma stessa dei suoi scritti ha sempre la forma polemica del dialogo: v'è: sempre un interlocutore che arg.on1enta e un altro, cioè egli stesso, che rintuz7,,a e incalza e inchioda; e dove non v'ha l'infingimento dialogico, v'ha nettamente, la sua diretta ·apostrofe. Ha un 'aniina da milite volontario: si pensa .ai primi martiri. E guardate: egli è tanto preso dalla sua polemica che, in un centinaio di volumi che ha scritto, non gli troviamo una p.ag~na d'abbandono, ove con st;nsi riposati possa indugiare su se stesso, sul valore umano di sè, Campanella, essere vivo e affettivo. Non una dichiarazione d' .!· more, non una risata, non un'impressione familiare, non un'immagine del suo paese. J rapporti elementari e freschi sembrano ehminati dal suo spirito. Vorremmo ch'egli ci parlasse della terra nati.a, ed egli si proclama« cittadino di questo mondo>); vorremmo eh 'egli ci parlasse degli anni giovanili, ed egli avverte cupa111ente « sei1nila anni i~ tutto il mondo io vissi»; vorremmo ch'egh ci parlasse dei suoi genitori ed amici, ed egli si professa nato « dal Senno » e amico di ,, Sofia » (3); vorremmo che egli ci descrivesse i suoi ozi, <"degli dichiara che ozi a lui non ne sono permessi. È inutile; La sua 'missione è scuotere i dormienti: (< io son la campanella ,, ; è illuminare gli ottenebrati: ('( stavano tutti al buio; io accesi un lume >); è studiare, imparare e insegnare. ln1para da tutti: ( « io imparo dalle formiche, dalle mosche, e da tutte le minutezze naturali sempre qualche cosa »), osserva_ tu~to e tu~ti sic: chè i suoi libri son zeppi dr espenment1 persona1i ( « a me spesso è occorso· far queste prove )), << come per esperienza io pur vidi )), << come sperimentai n (4), ecc.), ed è disposto ad ascoltare tutti: ( « non son tanto rrrosso che credo a me solo e che non I.asci filosofar meglio»). È instancabile. Nei sotterranei del carcere, il suo cervello, tutt'altro che placarsi, si accende: le idee, i propositi gli fanno piena, gli urgono la mente e la mano; mai co1ne quando è sprovvisto di libri, i ricordi, i pensieri scritti o detti innanzi gli fan ressa sulla. carta. È ]'uomo dai grandi compiti il Missionariollpo: è corso in Calabri.a per conoscer Telcsio ,a Rom.a per conferire rol Papa, a Parigi per raccomand,arsi al Re di Francia: ai ,,,slocherebbe all'estremo della terra pur ùi farsi .ascoltare e credere. Or.a, se si riflette che contemporanea alla d1sperazione e alla tragedi.a del Campane!Ja ;. la svenevolezza e la pastorelleria del Marlni (i clue son coetanei: nato, il pdmo, nel 1568; nel '69, l'altro), potrà rilevarsi il valore della posizione dello Stilese. Laddove il Marini (meridionale come lui) non vede che ninfe, boschetti canori, giuochi dì dadi ,, care piume, Campanella vede solo cc guer• re, ignoranze, tirannie ed inganni, rnortalità, omicidii, abborti e gn,ai n (5). « Vedi quanto iI mondo è guasto! » esclama i I Campanella, ,. in verità vien fallo cli dubitare che sia ,I medesimo il tempo e il mondo ove i due poeti consumano così opposte esperienze. t vero: anche i1 cavalier Marino grida contro Lutero; ma vale appunto l.a pena di porre a fronte l'insurrezione deJJo Stilese col sonut:Ltuccio tornito e falsamente rumoroso del Cavaliere. Come val la pena di confrontare i sonelli dell'uno e dell'altro, dedicali a Telcsio, e i sonetti dell'uno e dell'altro dedicati a Venezia; e insomma il frigido accade1nismo su commissione del primo con lo sfo. gc. sconsolato e prorompente ùel secondo. Alle wglìe del XVII secolo, Campanell,a aosomiglia a quel profeta Geremia che il Iluonarroti collocò nel centro dì una società Ppulon.a a testimonian-za <lei mali prossimi, dell'eresia, delle lolle sanguinose, del distacco di milioni di fedeli da Dio, dell'Avversa.rio jn agguato. R. D, MATTE!. ( l) V. Sonetto : Delle radici de' gran mali del mondo. (2) Lettera al Cardinal Farnese. (3) V. T. C., Poesie. Proemio, (4) T. C., Del senso delle co.<e e della magM, I. JV., Laterza, 1923. (5) V. Poesie di T, C. MADRrCALE. Illuminismo ifaliano L·'Econoinista Bandini Vicende della Maremma. La Maremma Senese, stando agli antichi st'.ritto:ri, era stata feconda ed assai ahigata, ed anche ai tempi delle fazioni di Mario e Silla, sebbene fosse assai decaduta dall'antica prosperità, se ne traevano grani, legn:Ime da costruzione per flotte e altri prodotti. Decadde ancor più sotto gli imperatori, non tanto però da privarla di molte ricchezze e d, una notevole popolazione. Molto soffrì per le incursioni harbariche, sebbene si riavesse alquanto durante la dominazione longobarda. Fiori nuovamente sotto la Repubblica, nel qual tempo era consacrata la libertà di esportare i grani, ma più tanfi le civili discordie e lo sterminio della popolazionè, operato dagli Spagnoli a tempo dell'assedio di Siena, la ridussero in una condizione desolante. Cosimo I se ne preoccupò, fece eseguire opportuni lavori, e la popolazione, che si era ridotta .a 7000 abitanti, aveva allà sua morte raggiunto il numero di 22.000. Però non solo non fece abbast.anza, ma agli antichi abusi ne aggi unse dei nuovi, come dimostrò il Bandini, e peggio ancora fu sotto· il suo successore Francesco. Ferd.inanào tentò qualche cosa a favore della 'Maremma, ma non tolse le leggi assurde e la proibizione ,li estrarre il frumento. Durante il regno di Cosimo II, delle due reggenti e di Ferdinando II, le cose andarono di male in peggio. Come risulta da notevoli scritti citati dal Gorani nel suo elogio del Bandini, cc dal regno delle reggenti I.a decadenza della Maremma fu tale cbe la sola pianura Grossetana, la quale nel 1620 seminava 1300 moggia di grano, nel 1759 appena giungeva " seminarne 250 >>. Trascurati e rovinati i ripari, cresceva I.a insalubrità ciel clima, Leggi e regolamenti, improvvide e innumerevoli gabelle fiscali avevano scemata l.a popolazione e rovinata l'agricoltura. Proposte del Bandini. Tali erano le condizioni della Maremma quando il Bandini l'aveva visitata. Vediamo or.a che cosa egli proponesse di fare a van.:. taggio di quella disgraziata provincia. Seguirò l'ordine del discorso, onde se ne scorga meglio il concetto fondamentale, e per darne al lettore 1a più chiara idea che mi srn possibile. Egli incominciava col dire << che vi sonù alcune infermità che altrimenti non si curano che con un poco d'aria aperta >> e che questo rimedio egli avrebbe proposto « d.a tentarsi nel corpo languido della Maremma: deve I.asciarvisi oprar la n.alnra, deve regolarsi con poche leggi, e queste semplici a portata di pastori e di agricoltori; bisogna dilatare il cuore con qualche respiro di libertà per ristorarla da quelle impressioni maligne che cagionano una vita stenLata, priva di . ogni ricreazione, e nella continua orrenda vista di terre desolate e incolte ». Invocando " quest'ari.a di libertà », egìi non si dissimula che avrà contro i pregiudizi e gli interessi urtati: « Eppure talmente confido nella forza di quel vero che io m,aneggio, che io non darei per sospetta nel giudizio di qu,esta causa, se non quella con~ dizione di persone che si pascono, dirò così, ài carni morte, cioè chi si arricchisce in un processo, in una ca.tlura, nel1a rovina di una famiglia o di un intero castello, chi fabbrica nella rovin,;, del pubblico le sue fortune. Anzi quantunque io preveda purtroppo cbe questi tali saranno capaci colle loro astuzie d'jmpedire che queste verità arrivino alle orecchie dei supren1i ministri, nude_e schiett,· quanto bisognerebbe per l'interesse del sovrano e de' suoi vassalli, mi assicuro però che niuno intraprenderà m,ai di contrastarle distesamente ed a faccia scoperta "· Non sogna di tornare I.a 'Maremma all'antica prosperità. Gli basterebbe tornare alle condizioni di un secolo indietro, quando 200 mila scudi entravano in Toscana per questa porta, quando Siena e le montagne del Casentino e di Pistoia vi m,andavano migliaia di lavoratori, e ci si poteva tornare senza che ciò costasse un danaro al principe o ai contribuenti. Eccesso delle imposte. Biasimava quei ministri che, senza preoc• cuparsi di restituire ali.a Maremma la perduta vigorìa, ad altro non pensavano che a mantenere le gabellé e ad aggi,mgere nuovi balzelli, e affermava che costoro meritavano dal principe I.a stessa gratitudine che dovrebbe avere un privato cavaliere a un suo fo~tore di campagna, " il quale si gloriasse di avergli anche nelle raccolte meschine mantenute le rendite senza diminuzione col risparmio delle spese che vi volevano per ingrassare i terreni, per fare le fosse, per SO· stenere le viti, e col guadagno fatto in vendere i bovi, gli alberi da frutto e finalmente i tegoli, le travi dei casamenti. Eppure ;,:i credo che il sovrano in eleggere a questi onorevoli incarichi uomini di particolare e specchLata intelligenza non pensasse di avvilirli, di abbassarli ad una semplice e servile esazione; ma confidasse che saprebbero avere in vista anch~ i tempi avvenire e farcbbono spiccare il loro talento in mantenere copiosa la vendemmia senza succhiar troppo le ,riti; saprebbono diramare l'albero, ma in insieme ne risparmierebbero il tronco, nè oi dimenlicherebbono mai che le cariche pubbliche non sòno fatte per caricare il pubblico, 1na per caricarsi de' pensieri, per assistere ai vantaggi del pubblico )>. E notava le opposizioni degli interessati, che rovinerebbero la provincia piuttosto che rimetterci qualche eosa, e come i popoli dovessero spendere molte lire per fare arrivare in mano del principe pochi soldi. Se la terra è ridotta a poche misere case, vi s 'ha a mantenere il tribunale perehè i nobili e i notari non .abbiano un pane, un impiego di meno. Le antiche tasse si hanno a pagare, sebbene la popolazione viva di pane e di acqua; il sale è inutile a chi non ha companatico, ma perchè non ne scapiti la gabella si obblighino quei meschini .a comprarne quela porzione che, loro bisognerebbe se fossero ricchi. « Così si stilla, si sud.a per reggere la carica, rna non già i popoli nè l'interesse del principato; e poi co' grav.amenti, colle ca• r.ature si tira .avanti e si arricchisce di zappe di ferramenti, delle spoglie di quei miserabili qualche forestiero infingardo, per non du-e facinoroso~ che, sotto pretesto di promuovere la giustizi.a, tenga mano alle giustizie, voglio dire un birro vagabondo capitatovi a sorte per soverchiare colla m,ano armata gli innocenti, non per zelo di castigare i colpevoli. 1.59 « Certamente rhc chiunriue passeggiando 1a Maremma ved,·~~ quei fertilissimi campi , idoui in tal maniera selvaggi che neppure gli armenti vi pas<:olano, quelle vigne abbanèonate, quegli ulivi inselvatichiti prr non trovare rhi il loro frutto raccolga, tante abitazioni e intere c.astella diroccate, non saprebbe persuadersi come non fossero pffetti questi o di qualche nemica incursione o di c;ualche pestilenza straordinari.a. Eppure oe ~ vero ciò che affPrmano, cioè che v'ahhian rol(ionata desolazione m,aggiore gli ultimi quattro lustri che non avevano fatto qua-,i due secoli antecedenti, non v'hanno colpa ne le guerre, nè gli influssi mali,mi de] cielo, non le ceecuzìoni militari, ma piuttosto ]~ riviJi e le crimina]i, non j <lisordinj~ ma i troppo ordini, l'essere troppi a regolarla e niuno a procurar di conoscerla, nun che di proteµ:gcrJa ,,. Ho voJuto riferire con <1ualcbe ampiezza questa prima parte del discorso del Bandini, citando spesso le sue parole, perche apparisse chiaro quanto viva si,a la pittura dei mali che descrive, quanto schietto il ciyj)e coraggio con cui affronta !'op-posizione degli ignoranti e dei tristi, quanto profondo il suo sentimento della libertà e fodio degli improvvidi balzelli e delle inconsulte angustie fiscali. Anomalie economiche. Invece di promuovere il traffico, si volevano osservate le leggi tendenti ad .avvilire i! prezzo delle vettovaglie? Quando in nn anno sterile il frutto minore non potrebbe compensarsi che col maggior prezw, se i:.i serrano le tratte e si vuol mantenere il prezzo ordinario, non c'è forza umana che possa impedire che il traffico v.ad.a fallito. Se il prezw è più alto non per I.a mancanza dei generi, ma per lo spaccio in altre provincie, viene in paese del denaro e g1t agricoltori guadagnando di più coltivano anche i terreni più sterili; altrimenti ci si restringerà per necessità a coltivare i soli ter• reni eccezionalmente fertili e si andrà incontro alla vera e propria carestia. Si riconosce che in nessuna industria non si può vendere a scapito, e in ~iaremma CJÌ r~ una eccezione per l'agricoltura; e si crede di giovare agli artieri e ai poveri della città. Ma se in tal modo la proprietà andrà in rovina, non solo si andrà incontro alla carestia vera, ma verranno meno gli avventori alle industrie. Pretendere di rimediare ali.a scarsezza di denaro coll'avvilire al possibile i prezzi dei grani, aeciocchè gli artieri e i poveri arrivino a sostentarsi, mentre al con• trario gioverebbe tenerli in stima per reggere un po' di commercio almeno con essi, è un errore derivante dalla ignoranza delle . cagioni che danno moto al denaro. Circolazione del denaro. << Succede dell'oro nel commercio, come d·; una fiaccola in mano di un fanciullo, che pare che faccia un cerchio continuato di fuoco, se venga raggirata con velocità. Co;ì una piccola somma d'oro, se si raggiri velocemente da una mano in un'altra, abbaglia l'occhio e par che moltiplichi sè medesima. Perchè un solo scudo che passerà d.a una m altre mani cento volte in un mese, mantenen_do ugualmente il commercio, che con diversi scudi che non facessero in questo tempo altro che un solo passaggio· nella se• conda mano, farà figura di cento scudi, provvedendo ciascheduna di queste cento persone, che lo spesero, nel loro bisogno per l'intiero valore di uno scudo. Posto tal principio, ne segue che può apparire arricchito un paese senza che vi sia venuta nuova mo. neta, ma solamente coll'essersi messa-in tnag• gior moto quella che già vi era, di modo che mai non stagnandosi, passi per le mani di ciascheduno in quelle quantità che gli bisogna spendere secondo il proprio grado "· Da questo brano apparisce come il Bandini .avesse chiaro il concetto dell'ufficio della moneta e della sua circolazione. Il sapiente meccanismo che oggi collega in Inghilterra i banchieri e le Banche alla Claring-H ouse e alla Banca d'Inghilterra, è l'ultima espressione della verità esposta dal nostro autore. II quale altresi notava che la vera ricchezza non consiste tanto nell'oro e nell'argento, quanto nella facoltà di poter ottenere tutto ciò che ci può venire in mente di desiderare. La moneta agevola gli suimhi, m,a si potrebbe esser ricchi anche senza moneta e molte per• mutazioni si fanno senza questa, come av• viene nelle fiere di Amsterdam, di Londra, di Lione. La fiducia nell'adempimento della promessa a suo tempo rende inutile la presenza del danaro e il commercio prospera senza bisogno di uno sborso attuale. Inoltre il prezzo fisso che si dice avere una moneta non può esistere che di fronte a un'altra moneta, non di fronte ai prodotti, il cui prezzo varia secondo l'abbondanza " ìa penuria ed il consumo. I poveri non clesiclerano il denaro che come mezzo per procurarsi le cose necessarie ali.a vita. E se questo bisogno dei poveri fa la richezza dei grandi, ciò deriva da che i prodotti vengono richiesti e quelli hanno interesse a far coltivare i terreni? Il prezzo più ordinario è quello che compensa le spese e le fatiche

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