La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 37 - 18 ottobre 1925

bi 150 antichi residui tradizionali - la terriLiJP urgcuza di precisi e immediati còmpiti. Il problema austriaco -- inteso in questo senso minore - si ritrova tutto nclJe or·igini appunto del nuovo Staio: non sorto per volontà autonoma, ma per .artificiale imposjzione altrui. Il primo atto del proletariato viennese e austriaco era stato la pcoclamazione dell'annessione alla sorella - ancl,'essa nuovo-naia - repubblica germanica. Insieme si assumeva La rappresentanza cli tutti i tedeschi dell'antica duplice monarchia. Il sentimento nazionale anrora una volta Lrovavn nel proletariato jJ più valido assertore. Era la soluzione logica c neccsaria. Le idealità per cui gli Stati <leJl'Intesa dichiaravano ,li co1ubattcre, seminate su terreno arato dalla morte e dallo spellro della fame, avevano portato il loro frullo abbondante. Ora le promesse er.ano naturalmente dichi.arnle essere statp solo {< strumento di guerra » e 11 nuovo Stato, che aveva nel trattato di San Germano la propria fede di n.ascita e insieme l'unica ragione di vita, si presentava su queste insidiosissiine basi un primo còmpito. E tralasciamo il problema di nazionalità sollevato in ogni frontiera e in ogni Stato confinante dalle minoranze tedesche, e pm· problema grave per la pace europea, ma ritrovante la sua eco più nel seno della co1nunc patria germanica che non in quello della minore patria ausiriaca. Bisognava dunque far scaturire dalla 1nediocre soluzione di <lue opposti proble1ni (problema dell'unità gernianica, che ora si presentava, per la prima volta. nella storia, ad un.a possibile integra.le soluzione; problema dell'unità danubiana, che ora la più violent•a negazione di tulla una plurisecolare comunanza voleva d.'un colpo annullare) far' scaturire da queste insidiosissiu1e basi, una volontà statale. Quale conforto spiritua]e ,a chi si accingeva all'opera si presenLavano: la più assoluta incertezza nel pur i.mmediiato avvenire, l 'incubo della disoccupazione e della fame, la catastrofe .finanziaria. Dopo che il manifesto imperiale del 16 oltobre 1918 ebbe data facoltà ai « fedeli •> popoli di costituirsi in « Consigli nazionali » (e questo prima ancora che ìe anm italiane a Vit1orio dessero il colpo decisivo alla ormai esaurita compagine statale, ma dopo che la vittoria italiana del giugno su] Piave aveva segnalo il lugubri, annuncio di' morte) parve passare per tutta la monarchi.a un 'unica parola d'ordine: via 'da Vie1ma ! Il centralismo yiennese aveva lontane origini e una profonda ragione di essere; ma ad , esso si opponeva; rif.acendosi a tradizione ancora più .remota e a più precise, limitate necessità, la volontà autonoma delle provincie. (Facciamo qui astrazione dalle lotte di nazionalità, pur fondamentali nella vita g nella caduta dello Stato austro-ungarico). Di uno Stato danubiano, nel senso moderno del termine, si-•può infatti parlare solo dopo il 1806, per non volere scendere addirittura al '66. ,Le « terre della Corona » godevano di statuti propri e l'imperatore era j) signore feudale della terra, quasi feudatario di se stesso. Si formerà cosi una forte tradizione locale-conservatrice, cementata dalla fedeltà dinastica. Il centralismo giuseppino sarà fortemente eguagliatore, ma solo Napoleone potrà segnare la moi;te di questa concezione medioevale, a cui si rifacevano volontà e capacità autonome più che altro delle terre tedesche, come quelle appunto che rivendicavano a sè la qu.alità di membri separati della comune effimera organizzazione che si richiamava al sacro nome di Roma e che si ritenevano ancora ieri legate alla din.astia solo da trattati particolari e dalla libera accettazione della prammatica &enzione. Il legame effettivo era dato poi, oltre che dal fortissimo sentimento dinastico, dalla aristocrazLa, classe di:r~igente. Aristocrazia, e questo è caratteristico per la vita politica, dcli' Austria, più civile che militare, capace quindi, anche in tempi moderni,. di essere classe dirigente. Se ess.a, a capo delle Diete provinciali, rivendicava capacità autonome, per essa il centralismo dinastico si riaffe1·- mava, e poteva così aversi in Austria ( come d'altronde in Germania, sin dopo Bismarck) un governo conservatore-aristocratico, ma non reazionario. Scomparsa dinastia e classe di:rigente nei giorni oscuri di novembre - nei giorni del ribal/;on, come dovrà chiamarli il sarcasmo istriano - rÌìmarranno solo le velleità separatiste. Contro queste, contro l'incapacità di una piccola borghesia, nazionalista a p.arole, piena di chiacchiere, si leverà - . inconscia erede di una tradizione di secoli - fa volontà unitari.a del proletariato. Questo si era andato educando nelle grandi organizzazioni che coprivano ormai tutta la duplice monarchia, anche se più esperte in una addomesticata lotLa economica che nella aff ermazione politica, e questo spiega come le giornate di nove1nbr,e lo abbiano trovato ancora impreparato; e come oggi si possa parlare in un certo senso di fallimento. Ma quello che riesce pur sempre meraviglioso ,i è come le uniche vere .affermazioni nazionali tedesche (non nazionaliste) vengano dal proletariato. Prima la dich:iarazi011e di anncsLA RIVOLUZIONE LIBERALE sione alla Germania; impedii.a questa, la ferina vo]ontà di mantenr-rc, almeno, la unità austro-viennese. Non sono certo circoli sorialisti quelli che prnf!<'llavano di 1111 Voralherg annesso alla Svizzera, di un Tirolo Stato cuscinetto tra ft.alia, sia pun· col confine a Salorno, e G,~rmania. T II Carinzia &i fantasticava .addirittura di u11a unjone con l'Italia, salvatrice da colpi di mano jugoslavi sn KJagenfurt (o sperala tutrice dallo spettro dei Consigli degli operai di Vienna?). 1 rapprcscnlanti conserv.alori drJ Tirolo non s, vergognarono <li far pubbliche le loro riserve nella assemblea costituente <li Vienna. Se il nuovo Stato sorgeva con chiar.a linea redera1c, non ntancava .a Viennu un.a voJontà uuilaria. Lo Staio austriaco poggerà sulle organizzazioni operaie (soci.,lisL<•) e su quelle contadine ( cristiano-sociali), piè, centra liste le une, federaliste le altre, ma egualmente Ll.nit.arie. La base economico-organiz1...ativa, e quindi concreta, di questi partili ha fallo •Ì che, anche non rinunziando ai loro i<leali (i soc·ialisti sopratutto chie<lono l'annessione alla Germ,ani.a) o ai loro rimpianti, non ne facessero un impedimento per inizi.are un tentativo statale. In un 'atmosfera cli mediocrità forse, ma con qualità solide e tenaci. La responsabilità <li governo è stata nei primi tempi quasi tutta dei socialisti, poi è passata ai cristiano-sociali. Questi uhimi in periodo criticissin10, sino .aU'anno scorso, sotto la guida cli monsignor Seipcl « il salvatore dell'Austri.a ». Il dissidio tra le province (credi delle antiche « terre della Corona ») e il governo fe. derale, da dissidio· còslituzionale qual' era, diventa problema amministrativo. Merito di aver superato il problema costòtuzionale è merito socialisLa; il vanto di .avere, pur tra compromessi reazionari, se non vinto, attutita .la cri&i amministrativo-:fì. uanziaria è vanto del partito cristi.ano-sociale. Era necessario il profondo sentimento unitario del proletariato per impedire che ìa disfatta politica fosse ancor.a pili grave ~ perchè si salvas&ero le speranze di av.veu.ire tedesco, nei paesi danubiani, 1na ora non si può negare che una parola d'ordine federalista trovasse nelle cose una profonda rispondenza. Le province non erano solo ripartimenti amministrativi come da noi, ma, come abbiamo visto, unità storico-po,)itiche. E questa divisione pare trovi una rispondenza nella varietà stessa della natnr.a. Piccole terre che sentono profondamente la loro individualità, infinitamente più di quello che da noi non si abbia iJ. senso regionale. E maggiore intimità: i Liinder austriaci sono ben più paragonabili .ai cantoni svizzeri che non alle grandi regioni storiche italiane o francesi. Caratteristico in questo è l'atteggian1ento del Tirolo che si può considerare un poco la Baviera dell'Austria. Ma sul problema federale gravava la crisi finanziari.a, la qua]e aveva costretto la giovane repubblica - dopo vani tentativi da tutte le parti ( si era progettata persino una unione economica con l'Italia) - a ricon:ere alla Lega delle nazioni.. Prestito internazionale e insedian1ento di un controllore gene• raie a Viena. Sorgeva come necessità di vita l'obbligo .alle più grandi economie. Solo queste arrestando iJ processo in/i.azionista, avrebbero impedito la caduta ulteriore della corona, arrestata per un momento, ad un livello già così basso, dal prestito internazionale; e solo la stabilizzazione della corona avrebbe potuto far sperare in un avvenire econoin.ico e politico meno oscuro. Su questa fragile economia pes.ava con tutto il suo enorme peso di antica capitale di un Impero. Enorme numerai di impiegati, enormi spese. Le province potevano così additare ln Vienna la sfruttatrice delle loro risorse, mentre già solo uno sguardo alla diversa economia poteva •far vedere la gravità della crisi. Vienna: tutta industria; le rimanenti province: agricole. La naturale compensazione, nella crisi politico-finanziaria, non aveva più luogo; lo spettro russo si profilava. In queste condizioni, se amministrativamente era possibile desiderare ed applicare la più 1arga autonomia, un centralismo finanziario si imponeva. Contraddizione che sarà tutta la vita politica austriaca e che ci farà assistere persino ad un.a quasi-rivolta del comune di Vienna. Sarebbe interessante studiare tutle le fasi per cui, è passata la tutel.a finanziaria internazionale - ora d'altronde qnasi-.abolita (e quas·i-mantenula) - attraverso l'opera del comrn-issario Zimmermann, già così cordi.aln1ente odiato dalla stampa ausl r.i.aca; fra cui quella nazionalista, natur.ahnente, si clistinguev.a per la voce grossa e le tracotanti minacce. Le accuse uazionaliste sono, al solito, molto retoriche e poco dimostrale: demagogia di destra che parla di una liberazione del popolo. Certo qui alla cri.si finanziariastatale si sovrapponeva più forte la crisi econon1ica. È stato ahbondantemente ripetuto che - come .cl '.altronde tutte le altre manifestazioni di vita - l'industria e il commercio austriaci (specialmente viennesi) erano sorti per i bisogni dj una grande <1oità er,0noto;ca. Ora questo campo economico era ridotto qnasi a zero. Da un lato l'industria viennese - industria essenzialmente di lusso: metallurgia, ,automobili, ''.onfezloni, mobili, ecc. - si trovava ad averf', anche 6C non fo~sero aorte barriere doganali, un mercato enormemente impoverito e l'antica aristocrazia acquirente ridolla ali.a miseria o emigrata; le nuùve barriere doganali poi. finirono per annullare del tutto (o quasi) qncslo mercato. Dall'altro lato Vienna cesqava <li roJpo d.aJJ'csc;erel'antico centro finanziario di prima; tutta la vita finanziaria dell'antico territorio è fatta gravitare oggi verso a] tri centri sottoposti {Ji ù facilmente, nonostante le volontà autonome, ali 'influsso straniero. Le diverse filiali bancarie si staccano <laH'.antica casa madre e si costituiscono in nuove Banche indipendenti. Praga si a!f accia come un pericoloso concorrente. Non è detto che qu.eslo sia un danno per l'economia generale, ma per quella viennese è un colpo forte. Le Banche a Vienna ebbero uoa spettacolosa epoca iJlusoria di fortuna nei tempi gravi dell'inflazione; grandi ricchezze si accumularono, ma altreltanlo facilmente sono scomparse e dopo la situazione rimase più. grave. Ora il punto n1orto pare in w1 certo modo superato. La coron.a si è stabilizzata e convertita in scernni; le finanze statali (avvenuto un equilibrio tra organizzazione finanziaria federale e provinciale) hanno ragg-iunto il pareggio; le industri.e non vedono più un così nero avvenire dinanzi a loro; la disoccupazione, anche se aumentata in questo ultimo anno, non è eccessi.va, salvo ( almeno • sino all'anno scorso, jn seguito sopratutto ai grandi licenziamenti d'impiegati statali e ai fallimenti lanieri) quella impiegatizi.a; e<l infine ia nuova amministrazione appare stabilmente organizzata intorno alla parola d'ordine: (< lo Slato agisce attraverso i Liinder », anche se da.Ile province sorgono accuse di troppo centralismo. 1\1a coxnunque, ei vive ancora nell'incerto. U tempo san.a molte cose, ma le ferite erano troppo gravi. E sarà intanto interessante vedere c9me la perdurante incertezza e la crisi economica si ripercuotano sulla politica. I socialisti da un pezzo non sono al potere anche se hanno saputo mantenersi all'Amministrazione di Vienna, e non dovrebbe essere facile indicarli come i colpevoli di tutti i mali di 'cui -soffre la giovane repubblica. . E i ,cristiano-sociali, anche se per loro non mancano accuse di « demagogia >), si tengono pur sempre sul terreno della conservazione. Nè al Consiglio Nazionale, attraverso un parlan1entarismo molto burocratico, hanno luogo scene « disgustose ». Ma la « ragionevolezza » degli avversari pa1·e ormai non basti pilJ a disaru1are lo spettro reazionario. Alle piuttosto disordinate sfilate dei difensori della repubblica si oppongono le militaresche parate dei nazionali, mentre gli Hakenkreuzer anti-semiti, in questo spalleggiati dai cristiani, iniziano le loro brillanti imprese al Praterstern e nei caffè viennesi del centro. Questo pericolo reazionario non sovrasta certamente in forma p~ricolosa, e le organizzazioni operaie sono ancora abbastanza forti per rintuzzarlo. Tuttavia se la vita unitaria, attraverso il federalismo pare rifiorire, se Vienna riprende il ruolo di capitale anche di fronte al suo piccolo Stato, e l'influsso e la vita ~iennese si. ripropagano per tutto il paese, egualmente qualcosa d'incerto permane. Non bisogna dimenticare che siamo di fronte non ad una libera creazione come la Svizzera, svoltasi e .accresciutasi in una lunga tradizione secolare, ma ad una soluzione obbligata, costruita su elementi tradizionali disparati. La tradizione danubiana e I.a tradizione e l'influsso germanico, invece di consolidare, minano la compagine statale. Su questo, dissidio si esercitano le capacità drammatiche e liriche dei circoli nazionalisti tedeschi che amano far app~rire l'Austria navicella abbandonata in balìa dei venti e del~e correnti avverse, e che solo potrà essere salvata se si saprà saldamente attaccare alla solida nave germanica. Gli austriaci si accontentano di ripetere, in tono minore, ragioni economiche, offesi spesso dalla « mancanza di tatto » dei loro fratelli settentrio- • nali. L'Austria non crede che poco a!Ja saldezza del proprio avvenire. Sentian10 gli argomenti che si ripetono. A soccorrere l'economia austriac..:'1vi è necessità di qualcosa di più che l'abolizione dei dazi proibitivi da parte degli .altri << Stati successori >>. Abolizione di dazi, d 'altl'onde, di cui i nazionalisti Stati vicini, nonostante i platonici consigli della Lega delle Nazioni, non vogliono assolutamente sentir parlare, già restii ad una pur minima riduzione delle tariffe nella loro volontà di crearsi w1a propria, anche se artificiale, economia di guerra: E rimarrebbe pur sempre a danno dell'Austria nn fortissiino protezionismo amministrativo a cui nessuno Stato, anche aboliti i dazi, vorrà rinunziare. Vienna non potrà n1,ai in ogni caso tornare il cenlro fin.r1nzlario di pl'Ìma. Vi,ene prospettalo come necessario che l'Au stria diventi di nuovo parte di un.a grande unità economica, per la quale essa è or~rucamentc cresciuta e nella qnale solo potrà adempiere le funzioni alle quali la eh.i.amano la natura, la civiltà e l.a storia. L'indll8tria austriaca è oggi tutta industria d'esportazione; per vivere ha bisogno di un vasto mercato interno che la faccia solida a ,;ost.enere pericolose concorrenze. k ridicolo peru<are che dopo un.a gj lunga gu<:rra e dopo lo sforzo <lei popoli si ritomi tranquillamente all'Amtria di prima. Solo la Germania può dare all'industria au.,triaca quel mercato interno che le è neceaaario. ac,1uirenle con la su.a ricca borghesia dei prot!olli della Qualitiit-gewerbe viennese. Ma sopratutto, come prima la Boemia aveva il suo cenlro, eommercia]e.finanziario in Vien• na, eosì 1'industria germanica troverà in Vienn.a il suo centro d'esportazione orientale. Vienn.a tornerà ad e,sere il punto d'incontro Ira i popoli balcanici e le grandi nazioni occidentali. La situazione non è da drammatiz:r..are; Je ragjoni economiche possono convincere sino a un certo punto e sono state infatti, in parte, sfatate dagli • esperti " di Ginevra. Ma il problema non è economico e la crisi e la delicatezza della situazione austriaca sono innegaLili anche se, pur allraverso il denunciato dissidio, non possiamo non Dù· Ulre una consolidazione, sia pure provvisoria, del.la costituzione statale amtriaca. Già Seipel parla di distinzione tra Stato e èi'azione: due Stati divisi, austriaco e tede.Eco, e una sola nazione, germanica; i confini tra Au• atria e Germania non so-no una creazione di oggi, ma una deljmitazione antica, food.ata su ragioni non superficiali. Ben più artificiose costruzioni statali hanno saputo resistere e trovare una· loro ragione di vita. Ma a quale prezzo? La Germania e i BaLcani. Una vera soluzione del problema au.striaco non si avrebbe che attraverso una totale revisione di tutta la politica estera europea. L'annessione dell'Austria alla Germania aveva per sè tutte le promesse di guerra e di pace dell'Intesa e nella maniera più assoluta rispondeva a quel principio di autodecisione dei popoli per il quale si era detto, da parte dell'Intesa, di combattere; per essa si sarebbe compiuta l'unificazione dei popoli tedeschi, che è, con quello italiano, il più grande movimento di libertà delle nazioni moderne; ma alla domanda dell'Austria tedesca di unirsi alla repubblica germanica fu opposta, con ipocrita formula, 1..rna negazione; ed oggi questa proibizione si riconferma. La Germania sconfitta e disarmata, pare faccia più paura ai suoi ·vincitori di quando. armata e combattente, stava loro dinanzi in campo. E il tragico della situazione europea è qui. Nessuno pensa ad uscire da questa situazione, nella quale le oppressioni più ingiuste pare trovino un'apparenza di giustizia. Cosl per la questione austriaca. La scomparsa della monarchia absbnrgica è un fatto da mettersi iu relazione alla situazione gerruauico non meno che a quella italiana e balcanica e la sua successic,ne spetta logicamente ai popoli liberati e a Italia e a Germania. Lo Stato .austriaco, costretto ad una volontà di vita .autonoma dalla opposizione specialmente di Italia e Cecoslovacch:ia ad ogni pensiero di unione con la Germania, troverà forse un suo equilibrio in cui rivivano le antiche traàizioni attraverso le solide qualità del suo popolo. ]\fa nei Balcani, il disordine e la prepotenza dei piccoli Stati vincitori e gli .intrighi rimarranno senza freno, fomite di dissidi e di guerre. li senatore Sforza in un chiaro articolo ( Corriere della Sera del 12 settembre) in cui valuta le capacità autonome dello Stato austriaco, che egli ritiene << utile avere, per uu pezzo ancora, vicino di frontiera >,, ha accennato al pericolo di una ricostituzione danubiaua. La su.a opera di Stato nell'Europa centrale era infatti indirizzata contro quel pericolo. Una Germania al Brennero, anche se poi venga ad avere ll'na popolazione maggiore di quella ante-guerra (intelligente preoccupazione nazionalista), è, io spero, molto minore pericolo per l'Italia di quello che non lo sia uua Europa centrale divisa e balcanizzata o, peggio, unita contro di uoi. Anche senza -annessione, la Germania pare già quasi si affacci sul Danubio•, a Vienna, anche dopo la sconfitta e in una volontà di rivincita che .appare giustizia, a orgogliosamente riaffermare che molto di quello che e civile nell'Europa balcanica è tedesco; mentre la fw1zione dell'Austria monarchica potrebbe essere ripresa, in via pacifica, dalla Germania repubblicana. E questo app.are un pericolo per chi teme una volontà gt1Prriera tedesca e non pensa che possano e::;istere funzioni civili e pacifiche nella storia e che ai popoli (tutti) La libertà e la pace siano care. Creando il mito d.i un ccpericolo tedesco >> si crea veramente una volontà e necessità di guerra, mentre uu.a illuminata politica, togliendo le cause del dissidi'O violento, apre il mondo alle pacifiche gare. Vienna, ottobre. MARIO LAMBERTI.

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