La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 13 - 29 marzo 1925

!.A RJV(JJ,( ZJO:,i:; LJHEJ<ALE Risorgimento SANTAROSA Esr1trnnar,dole .sue ideologie bisogna tener contu di r1ve.1tosenso del provvisorio. Son ero /acile per 11r, fv r,zionario piemontese a/toccato special,riente al senso del do7Jeree deliri diqnità passare ai grrmdi sogni di dern1Jcraziaeuropea. J.11 r·11/lura pienwntese del primo otlocentr; /11 all' avanguardia detta polemfica contro lo rivoluzione francese. Prescindendo dalla po/fmJica dà reazionari che deriva direttamente dallo spirito del/' Ppoco (la Re,tamozione), la posizione antifrancese di ro1110nticie progressisti si può giustifìcare per r/11fordini di considerazioni. I ro111anticicarri.vanoche le tradizioni spiril1111lidel vaese erano legate al cattolicismo: l'anticatlolicismo sensista dei Francesi screditr11'a la causa della rivoluzione che per raqioni di opportunità, di adattamento e dicia,,io pure di razza conven-/va fosse cristiano, correzione dall'interno, non distruciu11e,dei cattolicismo. I pro.qressisti si trovavano sollo Vittorio E111-01, uele I in piena reazione col ricordo dei bei tempi di 'Carlo Emanuele lll e di l iltorw Amedeo li, principi riformatori, elle ai,ei:a,uJ cercalo di fare del Pienwnte uno Stato moderno . .4. questa decadenza non era estraneo un vero esaurimento della casa regnrmte (ormai estinta nel suo primo ramo, rido/la a far succedere su( trono per quasi 1,,e:,:osecolo i ni'RJ)tisemvre più indifferenti e II pnlitir'i di Carlo Emanuele Ili: ma la roqi-Oneapparente e in realtà l'occasione sì allri buiva a/l'intervento francese, che di 111,aCasa indi7Jendente ai;eva fatta la schiava delt.'lustria. Sontarosa sentì vivacemente questo dop71ioordine di motivi alla propria condotta. .lpparteneva a una far111i.gliadi nobiltà, recente, nobiltà concessa in premio per servigi al re - il lealismo illuminalo era in lui tra. dicionale. Il mestiere della corte non aveva a,icora corro/lo le virtù di iniziativa àei Santarosa; vortai;ano il carattere del sèicento e del settecento, burocrazia ligia al re perchè il re rappresentava lo Stato 1noderrw anche contro la più antica nobiltà feudale. Si trattava di una oera borghesia che aveva trovato la nobiltà attraversa agli impieghi. L'ambizione della gloria, il senso delle virtù militari e statàli -ermw nel sangue di questa famiglia che aveva concepito col re il grande sogno di un Pienwnte capace di dife11dere in qualunqu,e caso con le armi la sua indipendenza. Il ritratto che ce ne ha lasciato Cousin è il ritratto del 1'lllilitarepiemontese. « Santarosa era sui 40 anni, di media statura, cinque piedi e due pollici circa. Grossa la testa, calva la fronte, labbra e naso fìn troppo grandi; portava abitual1nente gli occhiali. Nulla d'elegante nei suoi modi ; un tona maschio e virile sotto forme del resto squisitamente cortesi. Era tutt'altro che bello: ma il suo volto, quando s'aninuwa, ed era sem,pre animato, aveva qualcosa di casì appassionato da attrarre. Era sopratutto singolare in lui la° forza fìsica eccezionale. Nè grande, nè piccolo ; nè pingue, nè magro, era un leone per vigore ed aqilità. Per poco che cessasse di contenersi il suo non era più un cam1'lllinare,ma un correre a balzi .. 4veva muscoli d'acciaio e la sua mano era una morsa in cui serrava i più robusti. U ho visto sollevare, quasi senza .storco, le tavole più pesanti; era capace di sopportare le più lunghe fatiche, e sembrava nato per le fatiche di guerra"· , Tra le fatiche della guerra era vissuto ancor fanciullo acco<,npagnandoil padre, nelle campagne del 1792-93 contro la Francia. _\; ato nel 173:3 eqli apvartiene in nwdo caratteristico a quelle generazioni che l'esperienca pratico cl ella Rivoluzione Francese, volse a grandi sogni, togliendoli a forza alla loro vita tradizionale, senza lasciar lorroil tempo di consolidare queste aspirazioni con forti st11di. « Il nostro - scrisse più tardi a Santarosa - Ì' il tempo . della cultura parcellare ,,. La Restaurazione ne avrebbe fatto poi e/Pi romantici avpassionati e degli spostati. Un regime provvido, come il piemontese del primo settecento, avrèbbe trovato il modo di valoriccare- queste energie, che certo aven"'w più spirito di statisti e d'amminislratori che di cosviratori. Sindaco di Savigliono a z,; anni, sottovrefetto di Spezia, capitano dP-igranatieri nella campagna del ·'J 5, poi im;,iegato del 1vlinistero della guerra Santarosa sarebbe stato un uomo prezioso i;er i vece/li Savoia. Il suo lealisnw era incondizionato. « L'abdicazione di Vittorio li11wnuele - scriveva egU nel '21 - fu una r:,ri111asciagura. Noi tutti lo sentimmw. Io ne µia,isi lacrime amare: io che alla persona del Socrano portavo vivissimo affetto e mi pa- ;,CfVO della speranza, che divenuto monarca di otto milioni di Italiani mi perdon1lTebbe un giomo d'avergli recato momentaneo dolore>>. Di quest'u.omo d'ordine la stupida reazio11P fece un sovversivo: di questo fwnzionarw //,'istinto che, sposatosi subito dopo la Restaur~zione, avrebbe dedicato- tutta la sua vita alla cosa pubbl-ica e ad educare dei fìgli de- ,,oti allo Stato, fecero un esule e un cavali~re erranle. ~ ag1no 1a I "''ete Santarosa non era nea111:he 11n ut,,- pista: stile e pensiero in lui si dr,finivano in un liberalisnw moderato, lun[Jirnirante, concepito come arte di qoverno. Non il visionario, non l'uomo di do/Irina, ma il cittadino si ribellava al regime poliziesco e alla violenza detle sétte retrive che gli ispiratori di Carlo Emanuele I avevano importato in Piemonte. In Santarosa reagiva contro questo illegalismo dominante il senso della dignità civile. « Il nostro gover110 era pie1wment1' 11ssoluto di diritlo e di fatto. Il Piemonte è troppo progredito nella civiltà per potersi a ciò rassegnare, sopratutto dopo l'esperienza fatta dal 1814 in poi dell'impossibilità di aoere almeno u.na buona a,mrànistraz'ione con un tale governo. Se il Re si limita semplicemente a temperare la nwnarchia pura con istituzioni che la ravvicinino al governo rappresentativo senza però instaurarlo, noi saremo condotti da una tendenza irresistibile a sollecitare sempre isliluzio11i più liberali: gli animi non si quieteranno, non si vedrà quanto si è ottenvto, si vedrà solo ciò che resta a conseguire. Non avremo nè pace, nè riposo, nè felicità. Non credo che i miei concittadini abbiano invincibili preferenze per talune forme costituzionali piuttosto che per delle altre: ma sono convinto che occorrano loro delle istituzioni che assicurino la libertà individuale, l'eguaglianza dei diritti civili, l'indipendenza dei tribunali, la responsabilità dei ministri, la libertà della tribuna e della stampa, guarentigie di tutte le altre. Persorneeminenti del mio paese giudicano diversamente: non ponqo in dubbio la loro buona fede, le accuserò solo di non conoscere le vere condizioni dello spirito· pubblico, di no,n averle studiate, di non averne indagate le vere sorgenti, e di abbandonarsi a illusioni funeste ,,. Con questo soqno di uonw d'ordine e di Stato Santarosa operò nel '2i. Egli non era un rivoluzionario: se dunque peccò di ingenuità .tattica converrà un'altra volta accusarne i tempi. « Venti volte Santarosa mi protestò - seri- • ve il Cousin nel ritratto dedicato all'am.dco - ehe i suoi amici ei lui non avevano annodati rapporti con le società s°egrete se non assai tardi, all'ultima estremJità, quando era ormai patente che il governo piemontese nè voleva nè poteva resistere ali' Austria - che un movinnento militare sarebbe impotente, se non appoggiato ad un moto civile - pel quale era indispensabile il concorso delle società segrete. Egli deplorava questa necessità, e accusava l'aristocrazia, gli abbienti pienwntesi; d'aver rovinato il paese e sè stessi, non compiendo il loro dovere, ·non dando l'allarme, al re su' pericoli del Piemnle, e sforzando così i patrioti a ricorrere ad occulte trame. La sua lealtà ripugnava da ogni segretume e senza eh' ei mel dicesse vedevo chiaramente che il suo spirito cavalleresco provava una specie di intima vergogna d' essersi a poco a paco lasciato sospingere a quella estremità. Continuamente mi ripeteva: « Le società segrete sono la peste d'Italia ; ma come farne senza, quando non abbiamo pubblicità qualsiasi, nesswn mezzo legale d' esprimere impunemente le nostre opinioni?"· Mi raccontava che per lungo tempo s'era arrestato al pensiero di non partecipare ad alcuna società, di astenersi da ogni azione, e limitarsi a grandi pubblicazioni nwrali e politiche, capaci di infiuire sull'opinione pitbblica e di rigenerare l' Italia. Era quella comi egli chiamava vna cospirazione letteraria. Sarebbe riuscita di certo 1:tiùutile della -levata di scudi del 1821. Il suo sogno era di ricominciare questa cospirazione letteraria in Francia: si consolava pensando di non aver fatto nulla per suo interesse personale, ma d' essersi unicamente preoccupato del suo paese"· Era naturale che come teorico questo martire dell'assolutisnw dovesse riuscire inferiore a sè stesso. Aveva trascorsa la giovinezza ·in campo o nell'ammJinistrazione pubblica, costretto a po'chi studi; tagliato fuori dalla qrande corrente europea di pensiero, che egli riusciva soltanto a indovinare, come lontana ispiratrice della sua azione. ln Francia trovò in Montesquieu il suo aittore: ma continuavano a frenarlo pregiudizi teorici di cattolicisrrw e di moderazione eh.e era facile correggere in pratica, impossibile superare nel tormento della riflessione. Van si può pensare senza comnwzione agli ubbo:zi di Santarosa, ai frammenti dei suoi scritti polit-ici, alle· notizie di studi e di elaborazione che s-i hanno dalle sue lettere. Una personalità incompiuta per forza di eventi. Il suo pensiero doveva lottare prima di tutta contro la sua sol-itudine. Nessuna tradizione lo sorreggeva, gli pesava l'esilio; la mancanza di un'atnwsfera di studi l'impossibilità di ogni controllo•e di ogni collaborazione davano al suo spirito le inquietudini dello spostato, dello sradicato. Sa11/f1rosacrmtiriw11·11a credere che l'opera rivoluzirmaria dooesM essere c01rqnuta da vn principe, il termine sarebbe stata la confederazione, brnedello drl/ Papa, indipendr-1tte dall' Austria: il suo sr1irito civile era alfieriano e s'alimentava di le(Jgende eroiche, poneva 11ccantoali' indipendenza il concetto di liberti;, ma lo cor,cernva in modCJ soltantCJgiuridfro senza qivn[Jere a capire che la libertà ro111e1;eraoutorwmia è conquistata dai popoli e non donata dai princir/4; ed ,,q[t rimr1ia11qeoache nel 1733, 1734 Carlo Emanuele non fosse arrivr1toa concludere la con/ednazione nazionale. Questa assenza del pensiero di Stato, come Statopopolare, è poi la deficenza di tutto il nostro /lisorgimer,1.0 fallito. Come lutti i fìlosofì del romanticisrrw italiano, il Santarosa afferma con sicurezza che vita non vi r/11,òessere senza che sia vita religiosa, e la filosofia stessa deve avere il suo centro e il svo or[Janisrno nella religione. E reli,qione doveva essere concretezza di valori ed esaltazione di libertà, Concetti che non si possono intendere se non si vedono nella opposizione, già indicata, al sensismo francese. Qui il Santarosa va oltre l'.4lfìeri. La reazione alle idee edonistiche e sensistiche del '700 doveva condurre a un approfondimento dei valori spirituali e all'affermazione della storia, dellrt tradizione, contro l'enciclopedia astrattista, individualista e antistorica. Solo così si sarebbe compiuto il ciclo, ed esplicato tutto il senso ideale implicito nella rivoluzione francese. Ma sto. ria e tradizione si ritrovavano nel cattolicismo, il solo sistema che potesse salvare i valori spirituali per le menti non ancora mature alla rivoluzione kantiana. Santarosa è uno degli iniziatori di questo processo che. si chiarirà con la negazù:me del cattolicisrrw fatta da wn punto di vista reli0oso. Egli è romantico in tutto il senso del concetto: spiritualista, patriotta, ricercatore di storia nazionale. Ma è alla prima fase del romanticisnw e perciò incavace di liberarsi delle contraddizioni sentimentali, e di prender coscienza netta delle sue intuizioni, sviluppandole. Resta un precursore. S'inupi.gli.ain una forma di necessaria aberrazione mistica, r;he sarà poi teorizzata dal suo profondissimo amico Luigi Ornato. E il suo misticisnw ( che è della tempra stessa di quello che avevano affermato Rousseau in Francia e in Germania il Jaco,bi) dà anima e calore al suo concetto di libertà. Questa politicamente si aff(!frmJacome necessità del goverrw popolare, realizzata in leggi alle quali il governo è sottoposto. Anzi (e qui è anticipalo il pensiero neoguelfo) la religione stessa deve essere cattolica e in wme del catlolicismo bisogna compiere la rivoluzione, perchè il popolo è cattolico. E tanto domina la sua mente il concetto semplicistico della identità di religione catto•lica e di libertà ( vero soltanto nella contingenza e necessario nel 1815 contro la Santa Alleanza), che egli non affronta neppure il problema delle relazioni tra Chiesa e Stato. Non era rimasto in lui il ricordo delle lotte giurisdizionaliste in cui i suoi padri avevano appoggiato il Re contra' l'invadenza di Roma. Uno stesso contrasto domina le idee del Santarosa rispetto al problema politico immediato. Con saggezza precorritrice del Balbo (che sarà però ben altrimenti sicuro) egli ha visto che il problema centrale dell'Italia è l'indipendenza dall'Austria: perciò non si pone neanch& ·il problema dell'unità, ma sulle orme del Napione vagheggia confederati con gli Stati del centro Napoli e i Savoja, signori del Nord. Per raggiungere questi risultati bisognava formare una classe dirigente: overa tormentosa a cui lavorarono con Santorre dal 1815 al 1821 Ornato, Balbo, Provana e altri oppositori: l'opera fu interrotta dall'esilio e ripresa poco prima del 1848. Fallita di nuovo, fu fatta dimenticare dal fenomeno Cavour, ma si ripresentò con la stessa necessità ancora ogqi insoluta, per· l'eredità cavouriana. Il Santarosa vide soltanto da lontano questo grande problema: la reazione costringendo la politica neae vosizioni pregiudiziali, facendo rinascere la lotta per le condizioni elementari, restringe per sua natura gli orizzonti spirituali, impone ai cervelli le sue misure, corrompe le idee, stronca le tradizioni. In queste condizioni salvare la propria anima, rimaner fermi alle proprie posizioni, resistere è la sola vrova di nobiltà e di superiorità che si chiede alla vittima. Certo è un' ironia che Santarosa muoia il 9 maggio 1825 per la libertà della Grecia, con perfetta ingenuità: « Sento per la Grecia vn amore che ha qualche cosa di augusto : è la patria di Sòcrate, capisci? ,,. Ma questa ironìa della storia si rivolge contro eh.i lo tradiva nel '21. p. g. 5:5 SGU!ROO ALLAMETAPSICHICA Le controversie che hanno fin qui agitato la .vretapsichica sono tutte quante fondate ,u questi presupposti: riconoscimento del rigorismo logico che ne giustifica le ricerche, e déllit sua perfotta impostazione sul terreno del!' indagine. Per contro però, o dubbi gravi sulla realtà obbiettiva dei fenomeni mr'-<Jianici,o ridda, fantastica di ipotesi interpretative più o meno «saugrenues». :'ìoi crediamo, e tenteremo di dimostrarlo, completamente fuori campo la piatta.forma comune dei critici e dei disquisitori ; e quella crisi che c1 sembra iniziarsi nella odierna ricerca _vretapsichica reputiamo fatalmentB motivata da un vero e proprio errore di impostazione. Come nacque la Metapsichica? Le sue origini prossime e più considerate dai cultori si riassumùr10 nell' opportunita, che parve a un certo pun!t:, imprescindibile, di far cessare le ossessionanti polemiche tra i diversi interpreti del fenomeno mooianico : le origini remote più interessanti per noi, sono da ritrovare nell'assillo millenario di sollevare, sia pur di poco, il velo d' Iside ... :\fa non ci :'i spiega iJ mr1vimento se non si considera i I clima morale e intellettuale che l' ha fati/:, sorgere. :Molto prima che il Richet gli imponesse un nome, il nuovo indirizzo di ricerca era nell' aria: le classi medio-pensanti erano disgustate dal materialismo, che offendeva o la loro fede, o il loro orgoglio di volitivi ; l'attenzione degli studiosi si orienta.va verso le correnti neomistiche. Nel campo «accademico,, il fallimento del naturalismo Haeckeliano era soffocato ma indubitabile e gli studi sui fenomeni ipnotici fiorivano. Lo spiritismo faceva parlare di sè lihri e gazzette ... La germinazione latente poteva e doveva concretarsi in un << new-movement Jl, ora, a questo si aprivano due vie: o naufragare tra le interpretazioni dogmatico-religiose, e quindi rinunziare a sorgere come scienza a sè contentandosi di un lavuro di rie,;ame e di sfrondarnento. Oppure schierarsi risolutamente a fianco delle scienze sperimenta.li, abbandonando ogni presunzione di spiegare l'ignoto col rnalnoto. Invece sorse la Metapsichica. Indirizzo tipicamente francese, intelligente e volgarizzatore, essa non osò pronunciarsi senza equivoco, e alternò l'orgoglio ufficiale del laboratorio proprio e della ricerca corredata di strumenti precisi con la gioia di poter abbordare certi problemi riservati di diritto alla mistica, e costruire e disfare giocondamente (se pure ,"à céìté,,) castelli di teorie. L'attività Metapsichica ha culminato con la fqndazione dell' Institut Métapsychique International (con una Rivista propria) e col primo Conqresso Metapsichico Internazionale di Varsavia (1923). Quanto al contributo arrecato allo studio dei fenomeni medianici ed occulti esso è grande unicamente dal suo punto di vitsa, che come rigoristi abbiaJ1J10da un pezzo rifiutato. Poichè viste con occhio « accademico " il detto contributo si limita a un maggior controllo delle sedute e a un miglior accertamento di certe manifestazioni, senza che la ricerca delle cause abbia fatto un passo (dico un passo) innanzi. E visto con occhio mistico tutto il movimento si riduce a un volgare e pericolosissimo stuzzicamento- di forze ~ulte, le quali non vengono padroneggiate, e si manifestano perciò con tale incoerenza da rendere sempre più complicate le classifiche e sempre meno probanti le ipotesi. EMILIOSERVADIO PIERO GOBETTI - EDITORE TORINO - Via XX Settembre, 60 JYovità: G. STUART MILL LA LIBERTÀ con prefazione di LUIGI EINAUDI INDICE Introduzione. I. - Della libertà di pensiero e di discussione. •~-II. - Dell'individualismo come"UJJ0.-degli"'"~1; menti di benessere III. - Limite clel potere sociale sugli individui. IV. - Applicazioni li libro di S. Mili deve %Sere il breviario del cittadino moderno. Esso ritorna dinanzi agli italiani nel giusto momento dell'ansiosa ricerca del fondamento e dei limiti del1' idea della libertà. ENERGIE NOVE 1918 - 1920 Rivista quindicinale diretta da PIERO GOBETTI con scritti di S. Caramella, L. Einaudi, U. Formen_ tini, G. Gentile, A. Gramsci, Balbino Giuliano, A. Loria, G. Prato, U. Ricci. (Numeri speciali sul socialismo e sulla questione scolastica. La collezione completa L. 50. (Le ultime 3 copie rimaste)

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