La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 12 - 22 marzo 1925

LA RIVOLUZIONE LIBERALF. Risorgime:n.to SANTAROSA Esaminando le ,sue idPologie bisogna tener conto di qur,.sto senso del yr01;visorio. Non era /acile 7,er un /ur,zionari.o piemontese attaccato specwlmente al senso del dovere e della dignità passfJrPa, grandi sogni di democrazia europea. L« cultura piemontese del prinw ottocenlo fu all' avanguardia della polemica contro la rivoluzione francese. Prescindendo dalla polem;ica dei reazionari che deriva direttamente dallo spirito del/' epoca (la Restaurazione), la posizione antifrancese di romantiei e progressisti si può giustificare per due ordini di considerazioni. I romantici capivano che le tradizioni spirituali del paese erano legate al cattolicisnw: . l'antì,cattolieisnw sensista dei Francesi screditava la causa della rivoluzione che per ragìoni di opportunità, di adattamento e diciamo pure di razza conveniva fosse cristiana, CO'rrezionedall'interno, non distruzwne, del callolicismo. I progressisti si trovavano sotto Vittorio Emanuele I in piena reazione col ricordo dei bei tempi di Carlo Emanuele I ll e di Vittorio Amedeo Il, principi riformato,ri, che avevano cercato di fare del Pienwnte uno Statn nwderno. A questa decadenza non era estraneo un vero esaurimento della casa regnante (ormai estinta nel suo primo ranw, rido/la a far succedere sul trono per quasi mezzo secolo i nipoti sempre -più indifferenti e apolitici di Carlo Emanuele Ili: ma la ragione apparf"nte e in realtà l'occasione si allribu-iva all'intervento francese, che di una Casa indipendente ai;eva falla la schiava dell:Austria. Santarosa sPntì vivacer11,entequesto doppio ordine di nwtivi alla propria condo/la. Apparteneva a una famiglia di nobiltà, recente, nobiltà concessa in premio per servigi al re - il lealismo illuminato era in lui tra. dizionale. Il mestiere della corte non aveva anc07a corrotto le virtù di iniziativa dei San. tarosa; portavano il carattere del seicento e del settecento, burocrazia ligia al re perchè il re rappresentava lo Stato nwderno anche conlro la più antica nobiltà feudale. Si trattava di una vera borghesia che aveva trovato la nobiltà attraverso agli impieghi. L'ambizione della gloria, il senso delle virtù militari e statàli erano nel sangue di questa famiglia che aveva concepito col re il grande sogno di un Piemonte capace di difendere in qualunque caso con le armi ba sua indipendenza. Il ritrailo che ce ne ha lasciato Cousin è i& ritratto del militare piemontese. « Santarosa era sui 40 anni,. di media statura, cinque piedi e due pollici circa. Grossa la testa, calva la fronte, labbra e naso fin troppo grandi; portava abitualmente gli occhiali. Nulla d'elegante nei suoi modi; im tono maschio e virile sollo forme del resto squisitamente cortesi. Era tutt'altro che bello: ma il suo volto, quando s'ani- .m,ava, ed era serrvpre animato, aveva qualcosa di così appassionato da attrane. Era sopratutto singolare in lui la forza fisica eccezionale. Nè grande, nè piccolo ; nè ping1.1e, nè magro, era un leone per vigore ed agilità. Per poco che cessasse di contrmersi il .ruo rum era, più un camminare, ma un correre a balzi. Aveva muscoli d'acciaio e la sua mano era una nwrsa in cui serrava i più robusti. U ho visto sollevare, quasi senza sfMzo, le tavole più pesanti; era capace di sopportare le più lunghe fqtiche, e sembrava naJo per le fatiche di guerra ». Tra le fatiche della guerra era vissuto ancO'rfanciullo accompagna11;doil padre nelle campagne del 1792-93 contro la Francia. Nato nel 1783 egli appartiene in modo caratteristico a quelle generazioni che l'esperienza pratica della Rivoluzione Francese, volse a g'randi sogni, togliendoli a forza alla loro vita tradizionale, senza lasciar loro il tempo di consolidare queste aspirazioni con forti studi. « Il nostro - scrisse più tardi il Santarosa -· è il tempo della cultwra parcellare"· La Restaurazione ne avrebbe fatto poi dei romantici appassionati; e degli spostati. Un regime provvido, come il piemontese del prinw settecento, avrebbe trovato il nwdo di valorizzare queste energie, eh.e certo avevano più spirito di _statisti e d' ammiinistratori che di cospiratori. Sindaco di Savigliano a 24 anni, sottorprefetto di Spezia, capitano dei granatieri nella campagna del '15, poi impiegato del Ministero della guerraSantarosa sarebbe stato un uonw pq-ezioso per i vecchi Savoia. Il suo lealisnw ern incondizionato. « U ubdicazwne di Vittorio Emanuele - scriveva egli nel '21 - fu u1w prima sciagura. Noi tutti lo sentimmio-. Io ne piansi lacrime amare: io che alla persona del Sovrano portavo vivissim:o affetto e mi pascevo della speranza, che divenuto monarca di otto milioni di Italiani mi perdone1·ebbe un giorno d'avergl~ recato momentaneo dolore». Di quest'uonw d'ordine la stupida reazione fece un sovversivo: di questo fumzionario d'istinto che, spo_satosisubito dopo la RestaUrazione, avrebbe dedicato tutta la sua vita alla cosa pubblica e ad educare dei figli devoti allo Stato, fecero un esule e un cavaliere errante. Invece Santarosa non era neanclw un utopista: stile e pensiero in lui si de(lnivarw in un liberalisnw moderato, lungimirante, concepito come arte di governo. Non il visionario, non l'uomo rii dottrina ma il cittadino si ribellava al regime poti'. ziesco e alla violenza delle sétte retrive che gli ispiratori di Carlo Emanuele l avevano importato in Pienwnte. In Santarosa reagiva contro questo illegalisnw dominiante il senso della dignità civile. « Il nostro governo era pienamente assoluto di diritto e di /atto. Il Piemonte è trO'[Y[!O progredito nella civiltà per potersi a ciò rassegnare, sopratutto dopo l'esperienza /atta dal 1814 in poi dell'impossibilità di avere almeno una buona amministrazione con un tale governo. Se il Re si limita semplicemente a trm~perare la nwnanhia pura con istituz'ioni che la ravvicinino al governo rap_ presentativo senza però instaurarlo, noi sarenw condotti da una tendenza irresistibile a sollecitare sempre istituzioni più l-iberali: gli animi non si quieteranno, non si vedrà quanto si è ottrmuto., si vedrà solo ciò che resta a conseguire. Non avremo nè pace, nè riposo, nè felicità. Non credo che i miei concdttadini abbiano invincibili preferenze per talune forme costituzionali piuttosto che per delle altre: m.a sono convinto che occorrano loro delle istituzioni che assicurino la libertà individuale, l'eguaglianza dei diritti civili, l'indipendenza dei tribunali, la responsabilità dei ministri, la libertà della tribuna e della stampa, guarentigie di tutte le altre. Persone eminenti del mio paese gvudicano diversamente: non pongo in dubbio la loro buona fede, le accuserò solo di non conoscere le vere condJi.zioni dello spirito pubblico, di non averle studiate, di non averne indagate le vere sorgenti, e di abbandonarsi a illwsioni funeste ,,. Con questo sogno di uonw d'ordine e di Stato Santarosa operò nel '21. Egli non era un rivoluzionario: se dunque peccò di ingenuità tattica converrà un'altra volta accusanw i tempi. « Venti volte Santarosa mi protestò - scrive il Cousin nel ritratto• dedicato all'amico - che i suoi amici e lui ·non avevano annodati ra'[Y[!orticon le società segrete se non assai tardi, all'ultima estrem;ità, quando era ormai patente che il governo piemontese nè voleva • nè poteva resistere all'Austria - che un movinnento militare sarebbe impotente, se non appoggiato ad un moto civile - pel quale era indispensabile il concorso delle società segrete. Egli deplorava questa necessità;, e accusava l'aristocrazia, gli abbienti piemontesi d'aver ,rovinato il paese e sè stessi, non compiendo il loro dovere, :ion dando l'allarme al re ·su' pericoli del Piemnte, e sforzando così i patrioti a ricorrere ad occulte trame. La sua lealtà ripugnava da ogni segretume e senza ch'ei inel dicesse vedevo chiaramente che il suo spirito cavaller.esco provava una specie di intima vergogna d' essersi a poco a. poco lasciato sospingere a quella estremità. Continwamente mi ripeteva: « Le società segrete sono la peste d'Italia ; ma come farne senza, quando non abbiamo pubblicità qualsiasi, nessun mezzo legale d' esprimere impunem:ente le nostre opinioni?». Mi raccontava_ che per lungo tempo s'era arrestato al pensiero di non partecipare ad alcuna società, di astenersi da ogni azione, e limitarsi a grandi pubblicazioni morali e politiche, capaci di influire sull' opinione pubblica e d.i rigenerare l' Italia. Era quella com' egli chiamava una cospirazione letteraria. Sarebbe riuscita d·i certo p{ù utile (},ellalevata di scuìii del 182( Il suo sogno era di ricominciare questa cospirazione letteraria in Francia: si consolava pensando di non aver fatto nulla per suo interesse personale, ma d' essersi unicamente preoccupato del suo paese ». Era naturale che come teorico questo martire dell'assolutisnw dovesse riuscire inferiore a sè stesso. Avev~ trascorsa la giovinezza in campo o nell'amministrazione pub. blica, costretto a pochi studi; tagliato fuori dalla grande corrente europea di pensiero, che egli riusciva soltanto a indovinare, come lontana ispiratrice della sua azione. In Francia trovò in Montesquieu il suo autore: ma continuavano a frenarlo pregiudizi teorici di cattolicismo e di moderazione che era facile correggere in pratica, impossibile superare nel tormento della rifiessione. :Vansi può pensare senza comnwzione agli u.bbo;zi di Santarosa, ai frammenti dei suoi scritti politici, alle notizie di studi e di elaborazione che si hanno dalle sue lettere. Una personalilà incompiuta per forza di eventi. Il suo J]ensiero doveva lottare prima di tutto contro la sua solitudine. Nessuna tradJi.zione lo sorreggeva, gli pesava l'esilio ; la mancanza di un'atmosfera di studi l'impossibilità di ogni controllo e di ogni collaborazione davano al suo spirito le inqwietudini dello spostato, dello sradicato. Santarosa crmti'llUf/nfJa credere che l'opera rivoluzionaria do?)(:sseessere compiuta da un principe, il termine sarebbe stata la confederdzione, benedetta dal Papa, indipendente dall'Austria: il su,o spirito civile era alfieriano e s'alimentava di le,qgende eroi.- che, poneva accanto alt' indipendenza il conce/lo di libPTtà, ma lo concepiva in modo soltanto giuridico senza gù,1,ngerea capire che la libertà, come vera autonomia è conquistata dai popoli e non donata dai principi; ed egli rimpiangeva che nel 1733, 1731, Carlo Emanuele non fosse arrivato a condur dere la confederazione naziorwle. Qu.esta assenza del pensiero di Sta/.fJ, come StatopoJJolare,è poi la de(lcenza di tutto il nostro Risorgimento fallito. Come tu/li i filosofi del romanticismo italiano, il Santarosa afferma con sicurezza che vita non vi può essere senza che sia vita religiosa, e la filosofia stessa deve avere il suo centro e. il suo organismo nella reli- _r;ione.E religione doveva essere concretezza di valori ed esaltazione di libertà. Concetti che non si possono intendere se non si vedono nella opposizione, già indicata, al sensismo francese. Qui il Santarosa va oltre l'A.lfieri. La reazione alle idee edonistiche e sensistiche del '700 doveva condurre a un approfondimento dei valori spirituali e all'affermazione della storia, della tradizione, contro l'enciclopedia astrattista, individualista e antistorica. Solo così si sarebbe compiuto il ciclo, ed esJJlicatotutto il senso ideale implicito nella rvvoluzione francese. Ma sto. ria e tradizione si ritrovavano, nel cattolicismo·, i( solo sistema che potesse salvare i valori spirituali per le menti non ancora mature alla rivoluzione kantiana. Santarosa è uno degli iniziatori di questo processo che si chiarirà con la negazione del cattolicismo fatta da un punto di vista religioso. Egli è romantico in tittto il senso del-concetto: spiritualista, patriotta, ricercatore di storia nazionale. Ma è alla prima fase del romanticismo e perciò incapace di liberarsi delle contraddicioni sentimentali, e di prender coscienza netta delle sue intuizioni, sviluJJpandole. Resta un precursore. S'impiglia in una forma di necessaria aberrazione mistica, che sarà poi teorizzata dal suo profondissimo amico Luigi Ornato. E il suo misticisnw ( che è della tempra stessa di quello che avevano ·affe'!'matoRousseau in Francia e in Germania il Jacobi) dà anima e calore al suo concetto di libertà. Questa politicamente siiaff,trma come necessità del govenio popolare, realizzato in leggi alle quali il governo è sottoposto. Anzi (e qui è anticipato il pensiero neoguelfo) la religione stessa deve essere cattolica e in nome del cattolicismo bisogna compiere la rivolwz.ione, perchè il popolo è cattolico. E tanto domina la sua mente il concetto semplicistico della identità di religione cattoli:ca e di libertà (vero soltanto nella contingenza e necessario nel 1815 contro la Santa Alleanza), che egli non affronta neppure il problema delle relazioni tra Chiesa e Stato. Non era rimasto in lui il ricordo delle lotte giurisdizionaliste in cui i suoi padri avevano appoggiato il Re contro l'invadenza di Romm. Uno stesso contrasto domina le· idee del Santarosa rispetto al problema politico immediato. Con saggezza precorritrice del Balbo- (che sarà;però ben altrimenti sicuro) egli ha visto che il problema centrale dell' Italia è l'indipendenza dall'Austria: per- ' ciò non si pone neanche il prnblema dell'unità, ma sulle orme del Napionewagheggia confederati çon gli Stati del centro Napoli e i Savoja, signori del Nord. Per raggiungere questi risultati bisognava formare una classe dirigente: OJJer'atormentosa a cui lavorarono con Santorre dal 1815 al 1821 Ornato, Balbo, Provana e altri opJJOSitori: l'opera fu interrotta dall'esilio e ripresa poco prima del 1848. Falliia di nuovo, fu fatta dimenticare dal fenomeno Cavour, ma si ripresentò con la stessa necessità ancora oggi insoluta, per l'eredità cavouriana. Il Santarosa vide soltanto, da lontano questo grande problema: la reazione costringendo la politica ne'lle posizioni pregiudiziali, facendo rinascere la lotta per le condizioni elementari, restringe per sua natura gli orizzonti SJ]irituali, impone ai cervelli le sue misure, corrorr11pele idee, stronca le· tradizioni. In queste condi;ioni salvare la propria anima, rimaner fermi alle proprie posizioni, resistere è la sola prova di nobiltà e di superiorità che si chiede alla vittima: Certo è un' ironia che Santarosa muoia il 9 maggio 1825 per la libertà della Grecia, con perfetta ingenuità: « Sento per la Grecia un anwre che ha qualche cosa di augusto : è la patria di Sòcrate, capisci? ». i\lla questa ironìa della storia si rivolge contro- chi lo tradiva nel '21. p. g. 51 SGUARDO ALLAMETAPSICHICA Le controversie che hanno fin qui agitato la .Metapsichica sono tutte quante fondate su questi presupposti~ riconoscimento del rigorismo logico che ne giu5tifica I.e ricerche, e delJ,L sua perfetta impostazione sul terreno del/' indagine. Per contro però, o dubbì 1:,rravisulla realtà obbiettiva dei feM-- meni medianici, o ridda fantastica di ipotesi interpret.ative piu o meno «ffiugrenues". Noi credi,Lrnr,, e tenteremo di dimostrarlo, completamente fuori campo la piattaforma. oomune dei critici e dBi disquisitori ; e quella crisi che ci sembra iniziarsi nella odierna ricerca Metapsichica reputiamo fatalmente motivata da un vero e proprio errore di impostazione. Come nacque la Metapsichica? Le sue origini prossime e più considerate da.i cultori si riassumono nel!' opportunità, che parve a un cerw punto imprescindibile, di far cessare le ossessionanti polemiche tra i diversi int6rpreti del fenomeno medianico : le origint remote più interessanti per noi, sono da ritrovare nell'assillo millenario di sollevare, sia pur di fX.>CO, il velo d'Iside ... .Ma non ci si spiega il movimento se non si considera il clima morale e intellettuale che l' ha fatto sorgere. Molw prima che il Richet gli imponesse un nome, il nuovo indirizzo di ricerca. era nel!' aria: le cla.,,;i medio-pensanti erano disgustate dal materialismo, che offendeva o la loro fede, o il loro orgoglio di volitivi ; l'attenzione degli studiosi si orienta.va verso le correnti neo-- mistiche. Nel campo «accademico» il fallimento del naturalismo Haeckeliano era soffocato ma indubitabile e gli studi sui fenomeni ipnotici fiorivano. Lo spiritismo faceva parlare di sè libri e gazzette ... La germinazione latente poteva e doveva, concretarsi in un « new-movement », ora, a questo si aprivano due vie: o naufrag-are tra le int.erpretazioni dogmatico-religiose; e quindi rinunziare a sorgere come scienza a sè cont.entandosi di un lavoro di riesame e di sfrondamento. Oppure schierarsi risolutamente a fianco delle scienze sperimentali, abbandonando ogni presunzione di spiegare l'ignoto col malnolo. Invece sorse la Metapsichica. Indirizzo ti. picamente francese, intelligente e volgarizzatore, essa non osò pronunciarsi senza equivoco, e alternò l'orgoglio ufficiale del laboratorio proprio e della ricerca. corredata di strumenti precisi con la gioia di poter abbordare certi problemi riservati di diritto alla mistica, e costruire e disfare giocondamente (se pure « à còté,,) ca.stelli di teorie. L'attività Metapsichica. ha culminato con la fonda,zione del!' lnstitut J1 étaps11chique lnternational. (con una Rivista. propria) e col pr1nio Congresso Metapsichico Internazionale di Varsavia (1923). Quanto al contributo arrecato allo studio dei fenomeni medianici ed occulti esso è grande unicamente dal suo punto di vitsa, che come rigoristi abbiarrno da un pezzo rifiutato. Poichè vi.a sto con occhio «accademico,, il detto contributo si limita a un maggior controllo delle sedute e a un miglior .accertamento di certe manifestazioni, senza che la ricerca delle cause abbia fatto un passo (dico un passo) innanzi. E visto con occhio mistico tutto il movimento si riduce a un volgare e pericolosissimo stuzzica.mento di forze occulte, la quali non vengono padroneggiate, e si ffiébnifestano perciò con tale incoerenza da rendere sempre più complicate le classifiche e sempre meno probanti le ipotesi. EMILIO SERVADIO PIERO GOBETTI - EDITORE TORINO - Via XX Settembre, 60 )Yovifà: G. STUART MILL .LA LIBERTÀ con prefazione di LUIGI EINAUDI INDICE Introduzione. I. - Della libertà cli pensiero e cli discussione. II. - Dell'individualismo ccmte-~o -dègi.ieiè= menti di benessere ' III. - Limite del potere sociale sugli individui. IV. • Applicazioni Il libro di S. Mill deve essere il breviario del cittadino moderno. Esso ritorna dinanzi agli italiani nel giusto momento dell'ansiosa ricerca del fondamento e dei limiti del1' idea della libertà. ENERGIE NOVE 1018 - 1020 Rivista quindicinale diretta da PIERO GOBETTI con scritti di S. Caramella, L. Einaudi, U. Formen_ tini, G. Gentile, A. Gramsci, Balbino GiuJiano, A. Loria, G. Prato, ·u. I{icci. (Numeri speciali sul socialismo e sulla questione scolastica. La collezione completa L. 50. (Le ultime 3 copie rimaste)

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