La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 8 - 22 febbraio 1925

36 lari, la Francia e l'impero coloniale francese costituiscono un campo di azione e di prosperità insupembile: offrono la maggior somma possibile di sodisfazioni e di vantaggi agli isolani. I, non dicia,mo vanl,aggi materiali di strade e ponti, chè la Francia non amminisLra con precisione aust.riaca; diciamo, ampie,~za di volo consentito ai còrsi che lmnno ;ili possenLi, facilità di brillar,e e cli emergere, l'industria della guerra in piena fioritura, il clinquant abbondante e il panache vistoso; le quali manifestazioni di attività sono ormai le uniche e le ultime consentite oggi, nel mondo così com'è fatto, ad una piccola povera nazione di contadini e di guerrieri. Traverso lunghi secoli cli lotte, i còrsi troppo spes.so dovettero meUere in questo il loro ideale: l' organizzazione milil.are e burocratica f_rancefe realizza appun lo queslo loro ideale. La Francia si è ammessa Ja Corsico: cosi insegnano i manuali di stor;ia. La Corsica si è annessa la Francia, e l'impero francese, e se li gode come un campo aperto e riservato alle avv,enture dei suoi • figli: questo è quanto, a certi momenti, si avrebbe voglia di credere, studìando i rapporti personali e famigliari, le peripezie d,Blle generazioni, le genealogie di piccole dinastie di " conquistadores» numerosissime nel!' isola, e perfett-e e complete nella psicologia, appunto, del!' uomo che un bel mattino se ne parte per cercar fortuna, a cavallo e col moschetto a spalla, verso paesi di oltre mare. ., Dal punto di vista dell' 1\mbrosi e della suan tendenza l'autonomismo còrso, quale lo sostengo_no i « cursisti », venendo a diminuire fortemente le chances e le prospettive dei còrsi fuori di Corsica, deve rappresentare una insostenibile sciocchezza. La esigenza di difendere la pÌ-opria integrità nazionale, Ùl.Itt.i i corsi la accettano. Ma, in che· modo? Dicono i « Corsisti »: restate nel!' isola e zappate :conserva4e le tradizioni e il oostUI11Je,il dialetto e l'abito. Ma, e l'emrigrazione, non è una tradizione,? Una affermazione di vita nazionale? Questa ricca terra francese, a poche ore di mare, quelle vaste colonie, non sono imperi che aspettano ciò che è tradizione còrsa di dare, cioè soldati e funzionari? Per molti còi~i, 1 fieri figli dell'isola, aniàntissimi della Itlto patria, la C.Òrsica è troppç sti:etta; il sangue li spinge alla riva e all'im(barco, e per essi partire e correre il mondò, c'est peutétre la sagessc. E allora, l'autonomismo non sarà per loro, e per le centinaia di migliaia già emigrati, un inciampo e un danno? I francesizzanti, lo ripeto, non sono affatto tiepidi amatori della loro patria ; ~ssi ne possono, anzi, in date circostanze, •intérpre:tare bisogni secolari, ed essere più vicini a comprenderne la storia e le peripezie. Essi hanno, senza. dubbio - dico i più colti e riflessivi - il patlws del grande fenomeno migratorio corso, intendono più finemente uno degli eterni motivi, dl)i momenti essenziali della storia corsa: quello de!l 'espatrio. • L'AUTONOMISMO COME P)lOTESTA':, «: Noi non vogliamo morire I » I Il movimento corsista, peraltro, interpreta un diverso motivo sentimentale di enorme peso: l' atta.cca.rnento alla terra, tanto più amata quanto più povera, a.Ile·vecchie case nere che non debbonoresULredooerte; l'orgoglio suscettibile e ombroso di una razza, che nell' emigrazioni) trova la carriera brillante, ma rteve assaporare anche le umiliazioni nascoste. Quando l' economista e lo storico han ben bene parlato, dimostrando, com.e possono dimostrare, la tenuità delle riso-rse materiali della nazione còrsa, la sua impreparazione spi,rituale agli sviluppi del mondo moderno, essi ricevono,, come risposta, l' unica che un popolo può da-re: « Ma io non mi rassegno alle vostre considerazioni, io non rii.i ras~no ad essere travolto e a morire ». Questa risposta, la dà, per il popolq còrso, il Partilo d'Azione; e arriva così, con le sue vitali e sacrosante illusioni, a trovare consenso fervo,roso in migliaia di cuori. I « cursisti » ripetono, la obiezione che oggi, dinanzi alla dominazione mondiale di un ristretto gruppo di nazioni attrezza.be per il grande imperialismo industriale, fanno i paesi meno p•reparati, e quindi soccombenti ; che è poi la ste~ obiezione che, entro, i confini di uno Stato, muovono alle regioni più potenti a de6ermina.11ela politica genera.le dello, Stato stesso, quelle altre regioni che sono sacrificate e travolte; che è poi la obiezione e là protesta che si leva da tutti i borghi m~r·idionali, confitti in vetta a colli' rnudi e tristi, dove la vita moderna. non può arriva.re mai: « Eppure noi, ria.ti qui, non vogliamo emigra.re, non vogliMTiomorirre ! ». I « cursisti » cioè, in contrasto_ al momento del- !' espatrio, accentuano e insistono sopra un altro momento essenziale della storia e della vita còrsa, quello del ritomo: è un ritorn'o idea1e eh' essi propugnano,, una. svalutazione mOTale del fenomeno della « diàspora » còrsa, una resistenza, pr'ima intim11.e rrJJisticache politicamente 01•ganizzatà, alle forze del vasto mondo che minacciano di LA RIVOLUZIONE LIBERALE travolgere e di schiacciare l' individuatila della nazione. Dice il più famoso storico còrà<,, il fi lippini , parlando cieli' emigra½ione còrsa nel !SCColo XVII, della ricchezza e potenza degli emigrati, e della miserabililà dei 1·imasti: « l Corsi, a mio avviso, avrebbero rallo 111cglio ari abbandonar" I' isola rn masSH.,e ne sarebbero rimasti C{)uLenli,.\la essi hanno un allacca111enLosi gragde per la terra natale che preferiscono soffrirvi tutti i n~1tli». Ecco, in poche parole, il pJ'Oblema fonda.mentale della vita ròrsa: ecco riassunti i due momenti ideali, quello dcli' espatrio e del ritorno. ' Pilippini dà 1! suo avviso. 1,;, l'avviso dell'uomo ragionevole, ciel pessimista, cli ·chi ha potuto vedere cos'è il mondo di p del mare, e com'è piccola e 1iove<rala paLria: «Emigrate». Oggi, Ambrosi e i francesizzanti dicono, larvatamente, lo stesso: « Statevi contenti, o còrsi ; arruolatevi sui Continente, e I.ornale in Corsica, se voi te, a godervi la pensione ; la repubblica vi assicura almeno questa possibilità, è giit mollo». RepLicano i còrsi del secolo XVII al F'ilippi.ni: «Ma noi vogliamo star qui, dovessimo soffrirvi tutti i mali». E i « CursisLi », oggi, danno una replica analoga. )l;ssi non ragionano così fortementa cqme i francesizzanU, ma intuiscono una delle esigenze implicite di tutta la storia corsa. Le loro richieste di autonomia legislativa sono il riflesso di un moto sentimentale, secolare e profondissimo ; le richieste possono cadere, ma quel moto S'.i afferma dinanzi a tutti i ragiona.men ti. Il contrasto t,ra il consiglio di Filippini e la. voce ·ctel cuore, t'ra la pratica secolare deJI' emigraziol)<i e la p:ratica, parimenti secolare, dell •attaccamen Lo alla tetra nativa,.,tra il m<imento id~ltì dell'espatrio e il momentQ ideale del ritorno, è gravissimo, , e si fa senti,re nel cuore e nelle parole di ogni corso, anche del più umile. E' inutih• dissimularsi che questo contrasto persiste- • rèbbe qualunque fosse l'ordinoonenlo p'o!itico' della. Corsica ; sia se la Corsica fosse au tonomJ, sfa che resti dipè,'rtirrìènto' fran6:se ; sia annessa alla Frantia, sia' annessa a1!' I,½lia. 0a è indµbitabiÌe anche che og.- gi, date ~e peculiar~tà del!' em:igrazio!)e corsa in Francia, esso I è .particolarmente drammatico e, intenso.· Finchè il Partito d'Azione si mantiene in un campo, di prdpag,anéla' storica e cult1,1rale, o da ali& ·sue· manifestazioni specifiche, di partito, un cara,ttere blando cb.rrie 1:astensi.ohe, hon succederà nieqte. Ma se dovesse, davvero, assumere consistenza più salda., e inasprire così quel contra.sto intimo di tutta la vita isolana, .Prima. ancora di trovare gravi resistenze a Parigi, susciterebbe la guerra civile: diciamo la guerra delle « pievi », la guerra fatta dai banditi, la guerra in cui si gettano i prigionieri ai cani, la gl\erra di Sam,piero contro i partigiani dei g,enovesi : in una sola parola, la guerra corsa. 1L PERICOLO DI UN l)l)lEDENTISMO CO)lSO Non esiste, in Corsica,, nessun irredentista dichiarato, e nèppure, oserei dire, nessuno che riconosca inlmanwnte, di essere irredentista. Le accuse che, ili tempo in tempo·, sono lanciale conLro il « Partito còrso d'Azione» a questo proposi lo,· sono per!iettamente sleali. Non mancano, invece, gli irredentisti in nuce, in ·incubazione: che non vogliono confessare a se stessi di esserlo. Sono pochissimi :e se si dice lor0 la verità, se ne hanno quasi a male, perchè comprendono . tutta ,la portata pratica di un event,uale irredenisrno, e ne temono le conseguenoo•per il loro paese. Eppure, ci sono. Non cito n6mi, od opinioni o scritti, per ragioni agevoli a comprendersi; ma è facile per· chiunqu.81 scona almanacchi regionali o giornali, trovare accenti su cui non è possibile equivocare. Quando il fervore dia.letta.le, quando· l'interesse per la cultura regionale sono spinti all'attuale vivace intensità, è impossibile che, almeno ad un ristretto gruppo di studiosi e di intellettuali non si presenti, inquietante come un quesito di coscienza, la domanda: « Ma, e per caso,. noi corsi non sammmo forse degli italiani?». Se questa domanda se la fanno degli uomini di cultura e d' ingegno, come in Corsica non nf manca, essi dBvono da,rle una risposto.: devono farsi, attraverso lo studio e 1:i 1·iflessione, una convinzione. Non tutti hanno le risorse del prof. Ambrosi ; non tutti riescono ad in~annare prima anco-ra se stessi, che gli altri. La indagine, da qualunque parte la si tenti, purché sia. seria, dà una 1~sposta univoca. E allora nasce, in que.lle venti persone che son gi'l.lnte al doloroso passo, una inquietudine e un malessere delicati e sottili: esse credono di essea:evittime di una. situazione storica, italiani deformati, francesi abortiti ; pare ad esse di essere incapaci di dare tutto il fiore della loro intelligenza. in Francia, e nello stesso tempo conoscono troppo poco l' Italia, la sua lingua e la sua. cultura, per servirsene francamente, come fecero taluni còrsi fino a cinquant'anni fa, ultimo r insigne Lucciana. Queste situazioni di disagio spirituale ;,ono frequentissime nc,i còrsi: anzi, ques!JJ disagio· spunl;t in tntti, appena si trovano a contatto di un italirwr, del continente. Ma finorn,, la schiaccianlR maggioranza degli isolani. anr-he colti, non <,e, ne rende conto. Solo alcun8 decine di individlli privilegiati ne hanno acquistato r;r,scienv,, vi hanno ragionato su, spesso vi si son,, torturali e scarni ficati sopra in cerca di una soluzi(}- ne; queste dicciM di individui sono del!ii irred€'1lti<t1inr;rmsap&w,Ji.Ora, /!li irredentismi ~mo nati <,emprr,co-ì: ria""" diecina rii individui, 11Jollospesso lontani da ogni pro])O!'iL<,rii propag-ancla o rii azione. A r1ueste ragioni intime che preparan" l'iuedentismo ,i possr,no poi aggiunge1·e altri due coefffoienti: l'J Una conoscenza aswlutamenf:e leg genrla,~a dell· Ttalia, e in pa,1.icolare delle condizioni del .vfezzrJgiorno e della. Sardegna. Non esiste, in tutta l'iwla, un còrso mediocremente informa[{) delle cose italiane: e perciò la favola rlei grandi sacrifici dello Stato italiano per le regioni più povere, in ispecie per la -Sardegna, trova numerosi credenti. E' impossibile, pe,'esempio, rendere tutta la impressione che ha fatto in Corsica la costruzione del bacino artificiale del 'l'irso; tutti ne discorrono con la convinzione che basta un buon bacino artificiale, per trasformare anche la Corsica in un inesauribile empù-rio di ricchezze. 2') Insieme a questa infondata c.redenza, sulFattivilà, redentrice dello Stato ita1,iano, c'è, insieme l'intuizione che I' Italia rappresenti nel mondo un po' il principio e le ragioni di vita dei paesi poveri, assai più che non li rappresenti la Francia.; che quindi, l'Italia'. possa comprendere l'anima cò~sa, tutta vibrante dello sterminato orgoglio e amore dei popoli poveri verso la loro tena, assai più che la Francia. Certo l' Italia non da, alle regioni più povere, quel vasi.o campo rruigratorio interno ché la Francia of:(re alla. Corsica: ma il calabrese che emigra nelle città del Nord si trova certamente più a suo agio ,l1he non 1! còrso a Parigi. Certo, l'Italia, peggio del- -la Francia, dà al contadino di Calabria o di Sardegna non altra chance di far fortuna, che l'arruola.mento nei Reali Carabinieri ; ma. forse, il carabiniere sardignolo, nel settent1'ione d'Italia, trova meno ascoso disprezzo che il gendarme còrso in Francia; e sì che la Sardegna non ha dato all'Italia neppure mczw Napoleone. Questi confronti, non è che i còrsi esplicitamentle li facciano, ma oscuramente li fiutano ; perchè ogni còrso anche del volgo ha nel sangue, disèesa per li rami, una varia esperienza di •servigi mercenarii presso popoli stranieri, e a,ncor oggi gli par di ricordarsi, così, tra il lusco ed il brusco, che il meno straniero di tutti era forse quello che sta di fronte alla piana di Aie.ria, e c.he per andare.i a far fortuna si sbarca nel porto di Livorno. Insomrrm, i còr.si intuiscono ,che, in Italia, le regioni nelle condizioni· materiali e morali della Corsica sono più d'una: e che, nella: corii,pagine e nel funzionamento dello Stato it.aliano, il peso ·e la voce di queste regioni povere si fanno sentire più di quanto non sia possibile nello Stato francese. E forse, in questa intuizione e' è un elemento di viei-o: è un po' la !o!idarieà dei paesi poveri e tielle regioni sfortunate che si fa oscura-mente sentire. Si guarda, dunque, ali' Italia, un po' perché la si crede donatrice di ricchezza, un po' perchè la si inbuisce inguaribilmente povera. La conLradctJzioneè soltanto formale: e medit,uldo su di essa, vedendo come, pel' opposte vie, l'Italia suscita l'interesse dei còrsi, acquistiamo appunto la certezza di essere di fronte a un movimento ideale di ineluttabile esito. , L'irredentismo còrSÒè imminente. Chi - come me - ne ha acquist.ato la certezza, ed a,m,a Ja Co,rsica non come un argomento da articolo, o com~ un pretesto per acquistar titoli di propaganda patriottica, ma per se stessa, per la sua povertà orgogliosa, nei suoi do!o,ri secolari, nella sua irriducibile ·e coraggiosa ribellione a tal nne esigenze della civilizzazione moderno., non può essere lieto delle prospeltive aperte dal fatto nuovo ,ctell' irredentismo. La Corsica è per ·me, e per qualche diecina - fox-se- di italiani, ben più che un'isola da trasforma,re in una provincia·del Regno. E' un Regno, per noi, essa, stessa: il regno della gente brava e fiera, che guairda fisso negli occhi e, col suo schioppetto in spalla, si fa portar rispetto; nel che, forse, risiede sempre il massimo grado di dignità raggiungibile dalla natura umana. Noi la arnia.mo più come còrsi di elezione, che come italiani regnicoli. Ma noi non contiamo. Perc_iò, anche l'irredentismo còrso verrà al mondo con tutte le manifestazioni e le conseguen~e agevolmente pre~edibili. Le avtorilà francesi, da parte loro, faranno il possibile per aiutarne la ·nascita e lo sviluppo. Sono già al lavoro. Duran!Je il mio soggiorno nell'isola, la Prefettura di Ajaccio negò il passa.porlo ad uno dr:4 pochissimi giovam studenti còrsi. iscritti !!.Ila università di Pisa, per certe ,me p<>f">iole vivacemente autonomiste. Talvolta vogliamo dimenticare le es1,.,- rienze strJriche e confortarci con una Lenue rna c;;,r-"' speranza. Pos;;ano i pae~an1 di Cr>rsic.a,gli uomini sani e forti con c;ii l', h!J camminato un po' su tutte le -trarle dal1' is,,Ja, ,~,i quali mi onoro di aver rag-ionatr, con prnfiUo su tutte le cose rJe<me e alle, che possono essere oggetto dei di:;cùrsi di uomini liberi, possano i paesani di Gr,r- ~ir·a ,,alvare se stessi e la razza e la I ingua e il crJSturne, e insieme tener lontani i perir·ol I e i doJ,,ri che l' irredentismr, porta r·r,n .oè: Aiutateii voi, .'vlaistraJe, worno buono e prud.E:n!R.. 'iel v<,stro nome mi i, caro chiudr-re qu&Sli) scrittarello timr,ro,;,, dell'avw•n,re; n<-1vostro nome, che fin nelle sue sillabe rni porta l' oclr,r di ré-ina di Aitone, e il tremolare della ma.rimi di Porto, là dl!ve voi siete, ciJr.--o perfeU,,, -1711<,ré, GIOVA1'/ìl .\:>iSALDO An&ora sulla"Pistola adDmsr,o ,, Caro Gobetti, Leggo la rettifica del Sah-emini, rdati,·a aJ mio articolo « Pistola ad Omero .a. In esi--:1, Sal- ,·emini dice: e XeJl'articolo cli Ansaldo c't' una _ infonna;,Jone a.'S50lutamenre infondata eh<, Mn so C'Omesia pe1Tet1uta a11'Ansaldo. ><m è. in alcun modo ,·ero che il Prof. Pi.stelli additass,, gli alunni eia ba.stonare ai fascisti bastonawri •· Devo spiegare donde io ùesunsi la mia infor1na7ione. Essa figura in un numéro di un lx,Hettino clandestino di propaganda antifascista, di cui io mi riser.vo di produrre copia. Qne.... to 1--.,ollettino pervenne - a suo tempo - a me, come a migliaia di altre persone; nel numero accennato, si faceva appunto il nome del Pistelli, e di un altro noto professore fa!-ci,;,ta, come incitatori alla bastonatura. Io credo <li conoscere le persone che compilano e diffondono il bollettino • 1nou ne dico i nomi, per ragioni ovvie. Mi affidai alla esattezza dei loro resor·onti. Ora, la rettifica del -salvemitti smentisce in pieno le informazioni dal bollettino suddetto. L'autorità del nostro illustre amioo taglia corto ad ogni contestazione di fattcr, ed essendo ca. duto il fatto, cadono gli apprezzamenti relatl\·L Prima che mi pervenisse: la informarione e.--:-o- "!'i' di cui si _tra~, non pensai mai ad attaccare 11 Ptstelh. :\\elio stesso articolo polemico traspare quale precisa memoria e non ino-rata io abbia c011.5en·ata di Om,ero Redi; e la '°\·ira~ cità Stessa. del mio attacco t: J'e5pressione di una indignazione resa più pungente dalla ,·ivacità dei ricordi della prima g:iO'\-i.nezza,e <li care letture lontane. Come Sah·emin.i p,e,·étle nella sua lettera,, sono pertanto lieto di ricOlloscere che il Pistelli non designò nessuno ad essere bastonato. G. :B. PARAVIA & C. Ed.tori - Liln-ai • Tipografi TOBINO - MllAID• AIEIZE--IOIA• IAPOU - PALEIID Biblioteca Scrittori Stranieri 'l'radotti IBSEN:"ROSMERSHOLM,, Traduzione dal teste originale e prefazione ~ di Zino Zini Un volunle Lire 6 Questo dramma che a Zi110 Zici, come al Croce, pare : e: delle tragedie ibsniane, b. più forte, la più suggestiva,· la più sobria di nk'.24.i » appare. ora nella collana Paravia di Scrittori Stranieri tradotti. Chi conosce la serietà di studioso di Zino Zini può ben essere <:erto che· questa traduzione fatta di sul, testo origi;zal; è veramente fedele e degna di shtdio. GODlkEZIOfU 1022 - 1028 -1024 RI\tOitUZIOBE tI aAitE L. 20 (ogni annata) Cediamo agli abbonati per lire 20 runa queste anna.te arretrate. Sono 1ft ultime rimaste, ma mancano dell'annata 1922 il n. 33, del i923 i numeri 1 - 2 - 3 . 4.. Num2ri speciali Sul Nazionalismo (1923) L. Sul Fascismo (1923) L. 2 Sul Partito popola.re (1923) L. 2 Su Sorel (1923) L. 2 Sulla, Proporzionale (19.25) L. Imminen,te: GAETANO SALVEMINI DAI.i PHT'fO DI 1..tÒN,DRH AI..tl..tA PACE DI ROlVlH 450 pagine - L. 16 Contiene una prefazione di 100 pagine che è la prima storia documentata della politica estera iblliana durante la guerra. A questa aggiunta.è don1to il ritardo. Pnmo· GOBETr1 Direttore.respo,;.sabile O.G.E:B. - Co,-s. Principe Oddon,, :i• - TORINO

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