La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 42 - 11 novembre 1924

170 L.\ RIV/JLUZIO~E LJJ3hl<AL1! LE COOPERATIVE DEL RAVENNA TE di<:01 quale una elegante qul:Siione di competenza degli jstrumr:nli di lavoro. COME SONO SOllTE ~011 perdiallloci in su1X!.rflue congc:lltuc e consideriamo iiH cce a chi sono anelali i frulli di que-;to bei1cssere. Se ossen·iamo come nella maggjor parte dei casi si s,·olgo110 i lavori e poi a,·rieue il t.1·apasso delle tene bonificate, . 1 sarà dato \·edere dove ,·auno a s.colJse i ri volelli cl oro delle bonifiche. Ceueralmente il Cover110 sbor:-.a (poichè la maggior p·a.rte delle bonifiche s0110 considerale di prima categoria) la quota m.aggjo1·e: i :,;ei decimi della spesa totale mentre i comuni e le provincie ~borsa110 appena, jJ decimo e i proprietari delle terre i tre decimi. E' 1acilc capire che chi ha più interesse a Yolere le bonifiche sono i proprietari delle te~·e e gli imprenditori dì la,·oro; i prillli perchè col danaro tlel pros.simo sopravalorizza.110 i loro capitc,1.li,cd i scco1H.liperchè dai lavod rica,·ano 1111 utile. L'immoralità di questi ultimi non è così evidente come quellà dei primi; non si tratterebbe, in ogni caso, di altro che d'tm comune e banale atto commerciale di prestazione d'opera, la cui modalità r~ta "fissata da nn libero contratto, se precedenti atti degni d'esser tace-iati di immoralità uo:n ue infirmassero l'apparente correttezza. I precedenti atti che uoi chiamiamo immorali sono i ricatti.. c.he gli impren<litori fanno al concessionario dei iaYori (il Go,·en10) perchè- tali UlYori siano a loTo aggindicati, non sotto la spinta della convenie117..,ae in piena libertt, ma bensì sotto l'incubo cli possibili rivalse e rappresaglie. lutendian10 padare delle periodiche cli.mostrazi01~ di disoccupati sotto le finestre prefettizie, e dei ricatti parlamentari dei deputati cooperatori, minaccianti h rottuira degli amori ministeriali qnalora ai « poyeri operai » loro elettori, non Yeuissero concessi i rich.iesti lavori. Per esser giusti bisogna, comunque riconoscere che tale metodo 11011è stato solo adotiato nel passato da.i socialisti, perchè anche nel i)rcsente ,·iene da altri adottato, colla sola sostituzione nei termini della richiestà della parola « pah;a » in luogo di quella « pane ». Oggi infatti non si grida più:' « Pane e la,·oro ! » nè si fo.1111d0imòstrazioni, ma si fanno sagre e si grida : « Pahia e lavoro! » che è poi la stessa cosa. l\f:i 1100 fen11iamoci su queste che sono miserie, per dichiarraI"e senza altro che il metodo ricattatorio da. uoi biasimato è il metodo degli affamati e dei cattivi con·i, il quale ha fortuna soltanto finchè una classe dirigente pavida ha bisogno di quietare i suoi rimorsi e chiudere con l'offa' dei la,·ori pubblici le bocche che urlano, oppll're sempre con l'offa deve tentare di suscitare il consenso che gli manca. Il derivare la niaggior parte dei cooperatori socialisti dal- repubblicanesimo ed i1 dovere dapprincipio svolgere la loro azione in wn anibientt satur04 di <lemagogia giacobina, contro un goYerno che dif:fidav·a della regione sempre in iscompiglio, ed a favore di una categoria di opel'ru.' i quali non ave...-ano la capacità di compiere laYorri specializzati, ma avevano soltamto fam-=.; crediamo spieghi la demagogia primitifa d'elle cooperati ,·e ravennati che il rispa:rmio degli operai e la saggezza dei capi ha in seguito tras,forniate da pompe aspiranti dell'erario quali erano in origine, in selezionati enti di produzione ? di progresso civile. L'azione benefica delle cooperative si fece subito sentire non appena si conquistarono l'autonomia economica. Il livello tecnico, cultm'ale e morale-civile degli operai, fu portato 'all 'altez'l..a cli quello degli operai specializzati dell'industria settentrionale, sl che all'acquisita coscienza unitaria dei ro~- gnoli furono più accessibili i concetti di citta.- dinawz.a e di italianità poichè l'uno e l'altro ,;elevano dire agiatezza e libertà. I pericoli che tale nuovo fatto (delll! massima importanza politica) presentava erano due: H primo (quello notato dal Salvemini) costituito dal fonn.arsi di una oligarchia operaia capace di imporsi al governo a scapito degri interessi collettid della nazione; il secondo, costituito dal trasformarsi dell'innato campanilismo romagnono, nella esigen'l,a decentratrice postulata dai revisionisti 1-ep,uhblicani, i quali, nella ricchezza della regione dovuta allo svilu,ppo della agricoltura, e nella conseguente coscienza della loro superi01ità nei contadini, potrebbero trovare un fecondo terreno di propagazione. Sul primo non è necessario più oltre parlare, poichè, in quanto fenomeno di selezione e di classe non ha oggi ragione alcuna di esistere; ma in quanto al secondo si deve avvertire che 11on è detto che non possa eventualmente assumere i caratteri concreti di una vera esigenza rivoluzionaria quale espressione della rivolta. dei produttori e dei contdbuenti, q·ualora -il dominio compressore di una oligm'chia di liberticidi e cli parassiti, impoverisca ancora di più la nazione. Quali enti indtL,i,;ti·iali le cooperative hanno inoltre i1 merito di avere promossa l'industrializzazione della agricoltura, servendo dapprima qua1e esempio, poi quale temibile concorrente, a svecchiare la patriarcale agricoltura romagnola. Si può dire che siano state le cooperative a promuovere la. rotazione razionale delle. col~ure, che prima dell' So, epoca della loro coobt~z10ne, non avv~iva, come si può dire che siano ·state esse le prime a promuovere la colohlzzazione iu .. terna, di cui si è:: tanto parla io; scno11cllt sj 11 dal 1883 una colonia cli operai romagnoli (seicento circa) fu spedita ad Ostia ad e,;eguir,,i lavori di bonifica che furono falli in modo cn<.:omiabilc, unche se l'on. Mussolini non ha av11lo la bontà di ricordarli nella recente inaugttraz.ione della ferro,·ia Ostia-Roma, da essa, in gr:rn p;;.rte, costruita. 11 111erilo maggiore i)c:rò, di esse coope,:ati ve quali enti produttivi, è stata l'introduzione nell'agricoltura dc11a c:011cimaziolle fosfatica, che, olfre a moltiplicare i prodotti del suolo, ha J.rricchilo e trasformato i terreni, e reso possibile il !armarsi di i1)duslrie annesse alla agricoltura, facendo sorgere nelle varie città ,·omagnole prosperosi ZlH.:chei1fìci (è• sla-to se1·itto che quello cli :M.ezzano è il più grande d'Europa), fabbrichecli marmellate per la trasformazione dei prodotti fn1tticoli di Massa Lombarda e di Cesena, e vasle cantine (Lugo), a cui ha fatto seguito l'iocrcmenlo dell 'indtLSlria zootecnjca specialmente co11ce11trata nel le città cli Lugo, Faell!Z.ae Russi. l nutile dire che t.alc sviluppo si è manifestato contemporanea111e11te allo sviluppo dei mezzi rii trasporto di etti' si è largamente servHo: essendp la Rornaglla, come t: noto, una delle regio11i più esportatrici di prodotti agricoli in Italia. E' altrettanto facile c?oire che la ricchez;rn ,li c 1 = ,·eni ,·a perciò a beneficare doveva creare fatti nuovi, e nuove COIH.Lizionni ei rapporti sociali ed economici della regione, atti a trasformarla profouclame11te. LA LOTTA PER LE MACCHINE Le categoTie eh~ più beneficurono di questa llUO\'a ricchezza furono .i braccianti organizzati ed i mezzadri. Da semplici imprenditori cli lm·oro quali ernn: in principio, le cooperative operaie, mediante la capitalizzazione dovuta al risparmio Jcgli associati e dagli utili loro procurati dalla p..::riz:a tecnica dei dirigenti divenner.b e11ti inclu..::.tria)i proprietari e dei mezzi di produzione e dc i la materia da lavoro. Il sapere che nel 1920 nella sola provincia òi Ra ,·etl'na la Federa'l✓ivl1e socialista delle ,.cooperative coltivava etta1; S.054,98 di terren:::, del lpt2le più della metà gli appaii:eneva, il.'t tll1'iclea· della 'importanza industriale e :finanziaria assunW dal movimento cooperativo in Ronìagna, nella: consiçlerazione del quale bisogna. non dimen ticare il Consorzio Autonomo delle cooperatiYe, il quale, qua,ntunque apparentemente ispirato ad ·altri concetti dai suoi dirigenti repubblicani, col peso dei suoi organizzati e dei 6.347128 ettad da lui coltivati (dei quali, anche questi, buona parte di diretta proprietà consorziale), volente o nolente corroborava l'azione delle cooperative socialiste ai cui concetti di classe ed ai cui metodi di lotta era costretto di uniformarsi. L'altra categoria di lavo1·atori. che beneficò del nuovo stato di cose e della ricchezza· che ad esso conseguì, è stata quella dei mezzadri. Parchi e risparmiatori per natura, e sobri perchè lontani dalle città, i mezzadri romagnoli, dapprima ostili per un naturale senso di diffidenza e per ignoranza, all'introduzione dei mezzi. di lavoro meccanici, della concimazione fosfatica e della i'aziona.1~.rotazione delle colture patrocinata, còn1e abbiam visto, dalle coope~ative (e dal ·prof.. Adolfo Bellucci della catted.-a ambulante d'ag,;colttua di Ravenna che della rinascita agricola romagnola è u11 apostolo); allorcbè si accorsero della loro ·utilità !tuono solleciti 11ella accettazione e nella applicazione. Il trasfonnars'i, d'altronde, della proprietà !i aiutò oltremodo nell'eflettuaz.ione del loro più caro desiderio consistente nell'acquiste della terra. Il mezzadro romagnolo nella maggior parte dei casi ha conseglllto il suo scopo· attraverso l'affittanza e la mezzadria, e mediante i suoi sforzi tenaci, la !=u.aaccortezza e i suoi risparmi. Se si pensa che sin dal .I9II dieci sui sedici milioni depositati presso la Cassa di Risparmio d! Ravenna appartenevano a coloni ravennati, e se si tien presente che p-ress'a poco cos,ì avveniva in tutte--Ie altre città romag11ole (che, come abbiamo visto, non hanno nessuna importante industria la quale nou dipenda dalla prndnzione agricola), comprenderemo facilmente l'importanza dell'elemento colonico nella vita romagnola, la quale da un giorno all'altro, può essere gravemente 111i11acciatadi fallimento se i contadini ritirano i lo.ro depositi presso gli istituti di credito cittadini, opp1.u'e ridotta alla fa.me se ~i dfiutano di portare in città i loro prodotti. Qu'esto era 10 stato delle cose prima della. guerra. Ora bisogna nggiutJge1·e che forSe p'lù del 20 ·.lo dei mezz.arlri romagnoli sono diventati proprietari, come ba già dimostrato il Bellucci, il quale, seguendo dati statistici. predsi, ha scritto che nella sola provincia di Ravenna nel sessennio r9r5-r920 sono stati .-venduti dagli antichi prop1·ietari ai contadini la bellezza di 2455 fondi! Delineate così le due categorie nuove della agricoltura romagnola, ci riuscirà più agevole considerare la lotta per le t1'ebbiatrici combattuta nel 19o8-ro tra le cooperative da una parte ed i mezzadri dall'altra. La questione ebbe allora una grande risonan7,a anche fuori della regi011e, perchè elementi pas-- sionali estranei la defonnarono, ingrandendola. La lotta fra i gialli e i rossi fu co11sider'ata., o dal Iato politico, quale una lotta fra repubblicani e socialisti, oppure dal solo lato tecnico-giuriEntrambe H.: c0nsiderazioni non esaurirono fa V(;rità, che è diversa. 1-i, l'ordine emanato nel luglio ,çio3 dalla "<>- cialisla Carnera del Lavoro rii Ra\'enna alle Camere dipenrlcnti, perchi: n.el lavoro di t.rebbialura vrnissc, abolito Io , scambio delle opere, (era l'usan,,a patriarcale del reciproco aiuto fra co11tadini nelle opere straordjnarit, e vigeva specialmente nel l'aenli!JOJ, nè il monopolio delle macrhin.e rivendicato per loro dai braccianti furono le cause principali dd sanguinoso e lungo <lis.sjdio di quegli anni; ma la necessità di combattere coi re,;idui della agricoltura patriarcale, l'istituzione stessa <Jella mc-/2..adria, vagamente, ma profondamente sentita dagli incom;apevoli rivoluz.ionari di allora, quale il principale baluardo della conservazione sociale, e quale 11 maggior ostacolo all'allennarsi dell'csigc:11za -in. ùustriaie nell'agricoltura. La lotta per le macchine fu dunque una lotta fra due sistemi dj produzione e di scambio, "' fra due ùiverse e'pocbe e condizioni della vita ci,·ile della regione; e dalla fisica differenza .la JJOi in principio accennata fra la ba.-;~.;a Romagna dalle larghe cstensioui coltivate a prato artificiale da vasta massa di uomini e frazionata in grandi lotti e la Romagna piana e del colle coltivata a dtc ed a grano da un numero limitato di uomini e frazionata in piccoli lotti spc--sc;c volte direttamente posseduti da.i coltivatori, riçeve piena l,uce e giustificazione, quasi quale una fatalità. • Detto questo ci sembra di dover solo per Ja cronaca aggiungere che il distacco a\'ventito nel 19ro <lei repubblicani dalla vecchia Camera del lavoro cli Ravenna e dalla Federazione, e la costituzione della nuova Camera dei lavoro e del Consorzio Autonomo delle, Cooperative, sarebbe appena un atto di one.stà e di consapevolezza, se non fosse la riaffermazione del carattere industrialistlto delle cooperative ed il necessario liconoscimento del principio, liberale e liberista che con esso necessariamente den,e ad essere postulato. Soltanto a titolo di lode si deve ricordare che durante la guerra il governa largamente si vaJse della Federazione delle Cooperati.-e per la preparazione civile l'approvvigio1Jament.o e la distribuzione dei viveri, in ..omaggio alla sua perfetta organizzazione ed alla stima. goduta nel1a popolazione; 'e non ad altro titolo che di biasimo si deve ugualmente ri~orcla.re la distruzione della sua sede centrale (Ex-Hotel Byron) avvenuta durante le feste dantesche del 1921 da parte del migliaio e più cli squad1isti fascisti che da Ferrara Ita1o Balbo condusse ~ RaYenna 3. piedi, sen,..a che il GoYerno di allora presieduto dall'on. Giolitti (che in altri tempi fu largo ~ 1i favori con le -coqperative) intervenisse in sua difesa: che era poi difesa della prop1·i_etàp,rivata e dell'incolumità dei cittadini. ·così al modo stesso che i1 passaggio ai Sindacati nazionali fascisti avvenuto nel marzo q.el 1922 del Cousorzio delle Cooperative (])6eudorepubblicano), con tutto il suo stato maggiore capitanato dal Boudi 1 non viene da noi ricordato che quale riconferma della da noi asserita ~crresponsione d'amorosi· sensi fra repubblicani e .fascisti; per un identico motivo D;Oll ricorderemmo il passaggio agli stessi Sindacati fascisti della Federazione delle Cooperative, se tale passaggio. non ci offrisse ugualn1eute l'occasione ,per riconfermare quanto abbiamo scritto sulla illegale presa di possesso d'un organismo fortemente capitalizzato quale la Federazione, da parte di un gruppo di piccoli borghesi disoccupati, nei riguardi dei quali ùoi altro non possiamo dire che si sono annidati nelle « comode » poltrone degli « sfruttatori socialisti» in numero esageratamente grande e c0n paghe non mai nel passato corri&poste agli organizz:atori « sfn1t. tatari )); i quali, noi pensiamo, qualche merito devono pure avere avuto se dal nulla hanno loro potuto procurare la presente babi•l01tia. Ma di ciò, dell'opera cioè compiuta dai fascisti in due anni cli occupazione non dobbiamo (nè lo potremmo) per ora parlare peT un doveroso riguardo al rag. Pietro Cagnoni, commissario governativo della Federazione delle Cooperati ve dal novembre 1922, la cui auuuwiata relazione con cùriosità aspettiamo. Quel che possiamo dire a mo' di conclusione è che in due anni cli domina1ione il GoYerno fascista ba stanziato in bilancio delle CooperatiYc per lavori cli bonifica la non indifferente so,mnia eh 22 milioni (convenzione Cairnazza, 15 luglio 1923), di cui 4 e mezzo versati nel f'ebbraio 1924 (alla yigilia delle elezioni politiche), senza contare i milioni sta.nziati per la prosecuzione dei Bacini montani, eseguiti sotto l'egicL.1.di U1l privato Consorzio reside...1te a Faenza e composto nella sua totalità di elementi massonici e repubblicani, entusiasticamente quanto segretamente, appoggiati dagli agrari e dal fascisti del luogo e-della provincia, a definitiva ricon.fet'ma de!• l'asserito connubio repubblica-massonico-fascista, ed .a parziale chiarimento di u11 retroscena amminist-rati vo faentino, e d'una interna bega culminata nell'allontaname:nt0 dal P. N. F. di elementi direttivi baronciniani, non troppo entusiasti, sembra, e dei la·vori e del Consorzio. ARMANDO CAVALLI. POSTILLA Nell'attesa della relafione Cagnoni, teniamo pertanto presenti i seguenti dati, da servircene quale dimostrazione della forza e dei meriti delJe C<x,p--~rativeravennati, noncht quali eventuali termi:;i di paragone. ).eJ m~ggio 1922 le organizzazioni cooperative' e ,inr!acali dipendenti dalla Federazione delle Cooperative della provincia cli Ravenna, inquadravano 27.lf/) S<.;C'i. ()tto miliuni cli iire era:Jo eL fettii;amente in cas:;a: versate dagli opc.xa.i asso. eiati, i quali in pro della Federazione avevano rinundat<, a ritirare gli utili loro spettanti quali c.:ooperaiori. La Federazione po~-,edeva in proprio tc.-rre, immobili, derrate ed ut:ensili da lavoro in grande quantità: i soli mezzi di aratura mec.-canica, a vapore o arJ eru;rgia, attingevano la capacità <li araré dnquant:i e:tlari di terreno al giorno. l'i U di dicci mila ethri di terreno, come abbiamr.> già detto c,rano coltivati dalle Cooperative. In p<x:o piU di <li(1.::1 anni di lavoro Je Cooperati ve agricole eranr_, riuscite a mettere in valore tremila ettari di terreno improduttivo, ed altri duemila circa dovevano seguire la stessa sorte ailorchi: i fascisti presero possesSo del potente urg.cnismv, nelJ'intent.o di valersene come di un ,;c,,-batoio <li ricchezza, di potenza e di rnti; questj ultimi ~pillati con succ€S6i-.:-e e elargizioni, <li lnxori, cl; fa(-;i in pn:.,secnzicn<: d1 quelli in corso all'epr.>ea dell'occupazione IWJL 1922). a. "· Un giudizio su Crispi !\-Ientre i nazionalfascisti sempre più si ostinano nelia retorica dell'esaltazione di Crispi la critica storica ha fatto ormai ginstizia di tutte le esagerazioni. Il libro del Sai vernini specialwente si può coIL-;iderare definitivo- nella documentaz.ione degli errori della politica estera cri* !->piJ..1a.\'e risu)ta llil Crispi sincero, battagliero e pas;;ionale, m.a !nstabile, irriflessl\'o, impulsi,·o, pericoloso, superficiale, al di sotto della mediocrità. A tal -proposito credo che abbia un valore almeno documentario riprodurre il giudizio su Crispi che mi aV\·enne di sentir esprimere, da un uomo politico italiano di prim'ordine, di cui non faccio il nome per ovvie ragioni, anche se il segreto 110n sarà forse per tutti impenetrabile. - .La Triplice Alleanza - dicern quell'uomo politico che aYeva conosciuto Crispi anche di persona, - è stata da,-vero un'opera monumentale e segna uno <legli aY,·enimenti più belli della storia contemporanea, avendo dato la pace all'Europa per uu lungo periodo di tempo. Xon è esatto che noi dohbiamo la Triplice Alleanza a Crispi. Crispi non ne capì nè lo scopo nè lo spirito : 1'interpretò esclusitamente come u.na arma contro la Francia. Egli s'attaccò al carro di Bismarck e delle furberie e delle sottili accortezze del principe tedesco, di,·enne il mezzo e le du,pe. D'altronde, col suo Yiaggio a Friedrichsrzbe, Crispi compromise parte dei vantaggi della Triplice pe.r l'Italia. Egli allarmò la Francia che iniziò quell'acerrima lotta commerciale, la quale mise a dura prova l'economia ciel nostro Paese. La Triplice Alleanza in Italia si deYe ad altri ed in ispecie al Depretis. Non Crispi, ma Di Rudinì era un ottimo uomo politico. Nia pochi lo san.no, perchè poco egli si mise in Yista. Era uno di quei tipi di meridionali taciturni, modesti, quasi timidi, ma era cl'intuito sicuro e ricco di buon senso. In Crispi per converso si notava e risaltava il meridionale espansiYo, dalla parola facile e suggestiva e la vanità non gli face,a certo difetto. Crispi era meridionale nell'animo, in tutto ..... anche nel vesti~e ... amava i colori forti, portava le..dita inanellate. Ave,·a un fisico aitante. Era un bell 'uomo ed esercitava un ,·ero fascino su ·chi 1'avvicinava. Io lo posso dire perchè ho at·uto occasione più ,·alte di conversare con lui. Ma in politica è un'altra cosa. Porta,·a in politica le sue intemperanze e;pa,nsi\.·e e le sue impetuosità d1isolano. Non era dotato di un Yero intuito politico. Egli considerò e credette sempre la Triplice un'alleanza contro la Francia. Son Yide che la Triplice rappresenta,·a l'equilib1;0 per la pace in Europa. • Crispi ebbe un Yero merito, un me.1ito autentico: egli fu l'anima della spedizione dei Mille, ne fu l'organiz7..a'tore più serio e più fattivo. Nell'ulteriore svolgimento dell'attidtà· crispina v'è poco o ntùla da ammirare. Essa si chiuse con le tristi vicende africane. La vita politica di Crispi fu tortrurata e traviata da due incuhi, che il sno te~peramento alquanto fantastico e sentimentale ingrandiv-a enormemente. E' difficile dire quale dei due incubi potesse più su di lui, se lo spirito aggressivo della Francia o la questione romana. Egli non sapeYa pensare al popolo francese .senza Yederlo pronto ad aggredir fu.i e l'Italia. Ad ogni modo, anche per la questione romana esagerò molto. Ed i fatti l'~auno dimostrato. Ora una Yera questione rer mana non esiste più e non è da prendersi sul serio. Neanche in Vaticano, la considerano più da un punto di vista fattivo e reale. Se noi volessimo consegnare Roma al Papa, in Vaticano si metterebbero a ridere. e rifiuterebbero. Il Papa bggi non potrebbe goveni.are lll1a città di oltre settecentomila abitauti, che ha tutte le esigenze di una città moderna. I1 Papa non potrebbe e non v01Tebbe. Ma la Santa Sede apparentemente non rinunzia a nulla. Ha mai rinunziato ad :\ vignone? Non ha rinunziato neanche a Benevento. Questo doveva capire e non capì Cri.spi: che bisognava aspetta.re con calma fiduciosa .. Ma la calma, non era il suo forte. GIUSEPPE C1\PPA

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==