La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 38 - 14 ottobre 1924

LA RIVOLUZIONE LIDERAL~ INVENTARIO DI CULTURA TILGHER Gli scriLtori dei quali ho parlato fin qui sono a cavaliere lra due periodi, sono w,- m,n,, che hanno approfitlalo di un' espel'lenza precedente per rinnovarsi. Ma quali sono gli uomini nuovi e (]ual'è la loro fisionomia? Anche questi uomini nuovi, maturatisi nel 1,e1·iorlodella 9uerra, risentono del caos, per dove sono passati, e sarebbe vano ricercare una fisionomia comune. Si può dire, mollo all'ingrosso, che sono più O meno in contrapposto con le tendenze del periodo vociano ; e si possono raggruppare in due categorie, una negativa, l'altra ricosLruttiva. La prima ha come figure cenLrali Adriano Tilgher e Luigi Pirandello, l'altra è costituita quasi per intero dalle numerose e diverse tendenze verso un risveglio o un rinnovanwnto religioso. Durnnte la guerra un umorista che ebbe intuizioni acutissime, Ernesto Ragazzoni, aveva interpretato con questi versi lo sgomento che era nell'aria: 11 cannone, Tamagno delle battaglie, abusa della sua voce, e fulmina - Oh dunque dai roveti ardenti più non parlano i Jeova ai profeti? ~on tentenna la terra a un guardo di Medusa? T:n .\lane, Techel, 1-'ha-res è a tutte le pareti .. Tutto lo spirito del dopo-guerra è intristito e conturbato da un'attesa mancala da un profetismo deluso. Le giovani gen~razioni non riescono a convincersi come la guetTa non abbia prodotto e non produrrà altro che questo mondo, che vooiamo, e nel qua.le viviamo così stentata.mente: esse sono ancora turbate per la enorme sproporzione tra l'entità mater-iale degli avvenimenti da poco trascorsi e difficili a dimenticare e la scarsità degli effetti risultanti da un fenomeno vasto, ma quasi infecondo, perché povero di valori spirituali. Da quel senso di delusione per un profetismo mancato si diparte il pensiero di Adriano Tilgher. Il Tilgher, come è noto, proviene dal circolo crociano, e del Croce è stato il più attento ed acuto seguace fino al discorso di Heide!berg. Di là ha preso le mosse per una speculazione filoosofica più personale, che lo ha messo spesso in dissidio col maestro e lo ha allontanato da Re.gel per avvicinarlo a Fitche (Il Pragmatismo trascendentale: 1914). Egli è stato sempre lontano e diffidente verso il gruppo della Voce. • Questi, in brevissimi tratti, i suoi precedenti culturali. Ma gli avvenimen.ti susseguiti al fatale estate del 1914 hanno provocato nel Tilgher la vera reazione mentale, che doveva maturare il suo pensiero e costituire la sua personalità. Egli vide fin dai primi mesi ch,i la guerra mondiale rimetteva EUl tappeto non solo un cemo numero di questioni diplomatiche, di questioni etniche, ecc., ma sopratutto i problemi che riguardavano il mondo interiore, poichè i princìpi che avevano gov<ernato la vita inteHettual~ e moraJe della seconda me.tà del _secolo XIX erano messi a dura pmva, e bisognava che fossero assoggetta.ti ad una revisione ab imis. Profondamente disgustato dalla superficialità dimostrata. dal1a più gran parte della nostra cultura - sia quella accademica, sia quella che qualche anno prima si era proclamata rinnovatrice -, il Tilgher si chiuse dentro di sè ed affrontò da solo il priblema in lunghi mesi di aspra, tormentosa meditazione. Agli anni d1 silenzio sono seguìti perciò a,nni fecondissimi, che hanno posto lo scrittore, quasi d'un balzo, ad uno dei posU più in vista della nostra cultura contemporanea. La sua produzione tutta intera può dirsi dominata dal pensiero centrale che ispirò gli scritti della Crisi mondiale. Nel saggio su Michele de Unamuno, inserito nell'altro volume Voci del tempo (pensato contemporaneamente alla Crisi mondiale) il 'I'ilgher, dopo aver analizzato quella t.eoria del chisciottismo, di. cui l'Unamuno si fece quasi il filosofo, trovava in questa « religione dell'azione per l'azione" - che è poi il significato intimo del chisciottismo - l' unica mm relig.ione della borghesia avanti la guerra. La Crisi mondiale è lo sviluppo, la dimostrazione analitica di qnella visione ·sintetica dei precedenti inoollettuali del conflit.t.o mondiale. Da una parte esso « è la logica conseguenza della politica praticata. dai grandi Stati di Europa dal 1870 al 1914, politica fondala sulla diplomazia segreta, sull' eqDilibrio delle potenze, sulla pace armata»; d'altra parte la crisi ch,e ha condotto alla guerra, che si è sviluppata. maggi01·111ente durante la guerra e prepara nuove conseguenze è la crisi non di questo o quel procedimento politico, non di questo o quel rngime particolare, sibbene la crisi della civiltà capi.talìstica affermatasi nella seconda metà del secolo XIX come civiltà de/l'attività assoluta (il chisciott-ismo). E siccome tale crisi è anwra in via di svilnppo, le conseguenze che trae l@sc11ttor sono 4uanto mai pe'Ssimistiche. Jn uno degli scritti più desolali del libro il Tilgher termina con l'affermare che comun4ue vadano a concludersi le lotte, di cui è oggi teutro l'l~uropa, lu civiltà europea è conclunnata: Sembra suonala ormai l 1ora <lei secondo Medio Fvo cli liuropa, della 1ilornata barbarie del mondo. Ad essa succederà certo w1 nuovo e splendido R.inascimento, ma i nostri occhi mortali non ne vedranno l'aui-ora. (Finis Europee). E qui s'intrecciano nel pensiero dello scriUoro, in mani1 era altamente suggesLiva, quei ricordi della decadenza della civilta antica duranLe il periodo del!'« ellenismo", che aveva studiato alcuni mesi prima nel preparare l'altra opera sui Filosofi antichi. Nel « Crepuscolo degli Dei", al quale anche oggi si assiste, egli ritrova certe forme caratberistiche di scetticismo e di dilettantismo fiorite in quei tempi, e gli torna nella mente la cupa predizione di Salviano di fronte alle rovine della civiltà romana: M oritur et ridei ! La somma di questo primo periodo di studi, che va dai Filosofi antichi alla Crisi mondiale (1919-!921) porla il Tilgher a rappresentarsi un parallelismo di civiltà in decadenza, che soccombono sotto una medesima condanna morale (l'accusa di orgoglio·). Germogliate da intuizioni del mondo, da atteggiamenti sentimentali cli fronte alla vita1 da stati d' animo affatto opposti 1 I.a ,ci viltà classica greco-rom.ana e la civiltà borghese sono state rose alla radice da llll medesimo tarle... Quel tarlo è il peccato di orgoglio ... L'antichità classica spinse fin◊- allo spasimo l'orgoglio della rinltllcia ascetica e della libertà interiore. La ciYiltà borghese ha spcinto :fino a11:a, frenesia. un orgoglio opposto: l'orgoglio della volontà attiva e della ·potenza.. Quella ha conosciuto e praticnto il misticismo della calma..; questa il misticismo dell'azione... La civiltà della saggeiza Orgogliosa e sprezzante fu distrutta dalla religione de.gli umili e dei poverelli, dalla follia délia croce..... Altro fu il castigo inflitto alla cidltà della Potenza. ·Fatta tropP\) angusta la terra a contener due padroni, gli uomini si scagliarono gli uni contro gli altri in u:na lotta di vita e cli morte. I tesori accumulati in due secoli di lavoro febbrile sono sperperati e distrutti. La torre che essi. lanciavano verso il çielo, a testimonianza superba della loro volontà di dominio, si abbatte con immenso fragore, schiacciando i costruttori audaci. Lo scrittore sentiva allora soffiaTe sul suo capo una ventata ap0calittica, che veniva dalle frontiere disputate della Russia; attraversando i nostri campi ancora sconvolti dal cannone e pingui più di cadaveri che di biade. Ma un' apocalissi presuppone un Messia e nna grande rivoluzione presuppone u.no spirito promeLeico; il male specifico dell'ora, quello che metteva un'ombra sul sc.rriso del Ragazzoni, era questo silenzio di Jeova intorno all'uomo, che rasenta.va gli abissi del J:iuio. Lo stesso Lenin, che, per u.n momento, aveva prodotto una pausa di trepidante attesa - come se da lui dovesse partiTe il motto del nuovo secolò - avieva già ·stancato gli ultimi aspettanti, e si dimostrava, sì, un possente tattico della rivoluzione, ma non un suscitatore di nnovi mondi. Lo scioglimento drammatico, che il Tilgher si aspettava in quel tempo, mancava, o almeno si frantumava in1 mille vani conati per fare violenza ai fati, per tagliare il nodo delle contraddizioni, nelle quali un' aberrante visione della vita aveva ingolf&ta la società. E' possibile che questa si trascini tra le soffocanti Rlternative delle sue contraddizioni ? Il proposito di rispondere a questo quesito caratterizza il secondo periodo dell'attività del Tilgher, che si è aperto, con l'opuscolo sui Relativisti contemporanei (1922), che ebbe tanta forLuna, oltre che pel suo meùto intrinseco anche pe·rchè rivelava a molti uno stato· di spirito diffuso. Il Tilgher riprende il filo delle sue meditazioni sulle origini spirituali della crisi europea ; ma invec;e di insistere sulle analogie storicheJ 11guardanti la fase ultima della crisi, incomincia a risalire la corrente, per determinare meglio le prime origini e lo sviluppo del male. Nel fare questo è portato a trascurare come secondarie le analogie con la crisi dell'antichità classica, ed a mettere in rilievo, invece, l'inconciliabile dualismo tra il pensiero statico, geometrico dell'antichità e quello dinamico, algebrico, spinto verso una .x (Progresso) dell'epoca moderna (V. La visione gre.ca della vita). Dalla netta: determinazione di quest'antitesi si diparte la nnova speculazione dDl Tilgher. Il nuovo indirizzo di pensiero, implicito già niElllalouta del cristianesimo contro l'ideale di saggezza clélssica, a mano a mano che ci avviciniamo al secolo XIX finisce per contrapporsi allo stesso cristianes1rn,, cd a por,i come sapienza assoluta, tome (ìldsofio e religione deU'ozione, che e diventata la vera dollnna e I' unica fode della civiltà capitalislica. Essa è passata per due periodi: quello dello .stariòsr,w (da Herder a Ilegel), il quale riusciva a trovare, nel riformismo, un equilibrio tra le esigenze del passato, dellR tradizione e la indefinita spinta in avanti rfoll' inu,lletto, completamente libero, verso l'avvenire, cioè verso il movimento incessante, la rivoluzione. Ma quell'incerto equilibrio si è rof.l<) il giorno in cui Schopenhauer rovesciò i lem1ini del problema filosofico post,J dal. l' idealismo postkantiano, sicché mentre questo aveva risolto l'esistenza nella conoscenza, Schopenhauer risolse la conosoenza nella vita, aprendo fa porta al volontarismo inazionalista, al misticismo ateo del(,;.zione - come il Tilgher lo definisce in un punto. Tutte le dottrine della fine del se(;O!o XIX e dei primi anni del ventesimo, sott.o maschere più o meno differenti, sono individui della stessa famiglia e portano nBl sangue il male ereditario. Il Tilgher toglie brutalmente la maschera. !fans Vaihinger è tìgliuolo spiriLuale di Nietzsche; lui e lo Spengler spianano la via alle conclusioni relativiste portate nel campo fisico-matematico dal!' Einstein. Dalla stessa linea discendono il bergsonismo e l'attualismo gentiliano: Nell' imn1ensa varietà delJe loro manifestazioni, tutti questi fenomeni spirituali germinano da una medesima radice, traducono.. una me. desima intuizione del mondo e della vita, per la quale lo spirito si rifiuta di ammettere una verità, una giustizia ,una bontà, in una parola un ordine teoretico o pratico di valori che ab· bia esistenza in sè ... L'uomo non ha più bisogno di cercare il centro della circonferenza del rnvndo, per contemplare di là l'unità di tutte le cose; egli stesso è questo centro, e, spostandosi, il' centro si sposta con lu.i. All'immenso fiume del divenire universale l'uomo si rifitLtadi assegnare un 'origine ed una foce i di tracciare argini e: ponti: con delizia lo vede sommergere ogni termine permanente ed immobile, con ebbrezza si abbandona al suo incessante fluire, al ~uo interminato mareggiare. La conclusione è stata la solita con cui sono umiliati i filosofi troppo orgogliosi. Questa dottrina che presumeva di aggiogare la vita è stata trascinata a furia dalla vila come Mazzeppà legato alla coda del cavallo indoma.to, poiché trovata.si, per ironia del destino, a faccia a faccia con fàtti di u,na elementare, brutale semplicHà (dall'assassinio di Serajevo alla marcia su. Roma, p« es.) e che pure sconvolgevano tutto un ordine di cose, q1<1esiapienti non hanno saputo far di meglio che mettersi in salvo dietro il fatto compiuto, giustificandolo a posteriori con lenocini dialetbici, che avrebbero lasciato perlesso un sofista. Questo roVBSciamentodi valpri non sfugge all'occhio acuto del Tilgher, e quindi, sotto un'al't'ro ,forma, si i;ipresent.a. la medesima do'manda angosciosa che si era affacciata in Crisi mondiale: - Quale la soluzione? Allora, come abbiamo visto, nna risposta. veniva··dalla stessa impostazione del parallelismo con la rovina della civii,!.àantica; ma ora egli oerca una soluzione, che risponda più diretta.mente all'analisi più approfondita del male nei suoi sintomi specifici, Ciò spiega la sna presente· cantela di fronte al delicato problema. Perché, infine, è un problema che implica anche un ooa.me di coscienza. Una soluzione radicale può essere proposta immantinenti, poniamo, da uno scrittore della Civiltà ca;t,to-lica ; ma il Tilgher resta idealista e immanentista. e non se la sente nè di risponde,re al richiamo, che gli fece qualche anno fa il cattolico Giuliotti r,ell'Ora di Ba;·abba, nè di considerare la possibiliLà di una soluzione di equilibrio o di compromesso, che ci riporti ad uno stRto di spiriti affine a quello del « periodo storicistico"· Il suo temperamento aswlrnto, tagliente, intransigente non gli permette di tenersi calmo in posizioni di equilibrio e lo porta risoluta.mente di qua o di là. Ed allora bisogna che la crisi tro,vi nella sua stessfl dialettica gli el•ementi, che o porterannno ad una liberazione e ad una rielaborazione della dottrina, oppure porteranno alla sua cleecidenza definitiva. Il Tilgher fino a qnesto momento (cioè fino alla pubblicazione di Ricognizioni: 1921,) oscilla tra le due conclusioni; cosa che lo porta a sperare e a temere che si manifestino gli ultimi segni della decadenza. Nel saggio sul Vaihinger ha finanche uno scatto di ottimismo, augurandosi che l'irrazionalismo e il volontarismo possano essere un'arma ancora valida per distruggere gli ultimi resti dello storicismo per preparare una nuova cultura (irrazionalismo e volontarismo integrale?): Il (h.1bbioscettico è l 1anna con cui 1>irra2io11alismo e il volontarismo, romanticismo dell 'avveuirei insorgono conti-o lo storicismo del passatoi e tentano di demolirlo. Il dubbi◊ di oggi prepara la fede intransigente di domani. Attran:r:c.o i1 dubbio alla feù.e, attra \·erso la negazione all'affermazione, attran:::rso il no al si. Ottimismo pa;;;egger<J, sul quale lo scritlore non ri torw..L.Ritorna mvc,ce negli altn scritti dei Relativisti, e con maggiore esattP~za storica, sul concetto che volontarismo e irrazir,nalismo non sono che un'ultima evoluzir;ne /o degenerazione 'ri dello storicismo della prima metà del secolo XIX. Quale sarn allora lo sbocco della crisi ? Talvolta a lui pare - e si augura - che questa crisi sia l'ultima posizione lr,gica, a cui dov&vll. portare la dialettica d&llo storicismo; ultimo atto di una rivr,Juzione di pensiero, che, di necessità, prepam una nuova era. fJ pensiero dél Tilgher ritrr;va quindi il primitivo equilibrio tra crisi politica e crisi cli cultura: Al disopra e contro le intenzicni dei suoi stessi corifei il relati vismo contemporaneo f:: essenzialmente ri \·o)uzionario.. Dissolvendo il mito della storia unilineare, indefinitamente capjtalizzan_ tesi, il relativismo dissolve l'etica nata Ja qm::: mito.. E' l'azione per l'azione, l'azibne fine a s<::stessa, in tutta ]'infinità, ma anche in tutto i; vuoto della sua. natura. E poichè un'azione senza un contenuto qualsiasi e un assurdo ed un contenuto positivo qui f:: impossibile, così all'azione non rimane che proporsene uno negativo: il rovesciamento dell 'orcline di cose e:;i- ~tente ... ~el regno delle idee es.so è l'ultimo .atto, per ora, d<>!la crisi mondia/.J. Nè questo è da deprecare; si può anzi indovinare nel Tilgher - in questo momento del suo pensiero - l'idea che, venuta meno la speranza di una rinnovazione europea attraverso una grande rivoluzione politica, sia da affrettare il processo di dissolvimento della cultura irrazionalistica. affinché s'inizi il rinnovamento da una rivoluzione filosofica, culturale, dalla quale rifiorirebbero i valori essenziali della vita: L'atto con cui il pensiero acquista coscienza della sua assoluta relati,·ità non è forse l'atto stesso con cui, insieme e in un colpo solo, attraverso 1a negazione, rua per ciò stesso attraYerso 1a posizione del peusiero, 1'Assoluto rifolgora e balena allo spirito? Se ciò è vero, dall'estremo relath,;smo e soggetth·ismo rinasce, come Fenice dalle ceneri, l'Assoluto, termine ultimo al quale i) pensiero infaticabilmente aspira e nel quale soltanto, soddisfatto, riposa. Ma non sempre il Tilgher si acquieta io questi trapassi dialettici. Lo studio dello Spengler, con la sua ipotesi del progresso circoscritto nell'ambito di ciascuna civiltà ed incomunicabile dall'una all'altra, lo colpisce profondamente, e guardando la nostra civiltà in decadimento al lume di qnesti pénsieri è preso da bui presentimenti e da scoraggiamento, sulla possibilità di una soluzioffe. E pur ribattendo ad alcune critiche, che muoveva il Ferrero ai suoi Relativisti, in una Lettera aperta a G. Perrero (gennaio 1923) egli non può nascondere al contraddittore ed a sè stesso il suo angoscioso stato d'animo: Ella crede che si i possa tornare indietro. Io credo inve<:'eche si andrà a,·anti, sempre più a, anti, e con ritmo tanto più accelerato quanto più netta e precisa è la coscienza che lo stato d'animo, che è alla base della cidltà capitalistica, va assumendo di sè, fino a che questo si sia consumato ed esaurito per intero. Deri,a da questa persuasione profonda quello che Ella. chiamò il mio vagabondare sulle riYe del lago senza risoh·enni mai a tra\·ersarlo ed a scampare sull'altra ri\·a. Gli è che, per me, quello che a Lei pare lago, è un oceano in tempesta, tempesta che si \"a facendo sempre più alt.a e tiemend.a, ed io non Yedo riYa a cui riparare nè zattera su cui a\·yeuturanui. Sia pure· per altri motivi ; ma qualche cosa di vero c'era nella osservazione del Ferrero. Se il Tilgher avesse oggi in seno la convinzione di un Colombo, senza bisogno di vedere terra, avrebbe già fatto tmito da trovare la sua caravella e si arrischierebbe in mare malgrado i cavalloni. Il fatto è che egli non può portare la sua critica fìno a rinnegare una dottrina, che ha nukito in parte a.nelle lui; ed egli è logico troppo acuto per non avvertire che tutte le strade che si dipartono dalle premesse di qnella filosofia portano alla fine alle forche caudine. Perciò io penso che con più precisione abbia detto di sè stesso il Tilgher, in Crisi mond{ale: Io che scri\·o appartengo alla generazione dell'esodo, che, lasciato dietro a sè I'Egitto, terra di prosperità, ma anche di opp-res.sionei marcia penosamente attraverso il deserto., avvolta tutto il:torno dal nembo oscuro e tonante della storia in dh·e.nire, e pe:r guidarsi nel tremendo cammino ncYUba che la colonna di fumo e di fuoco che procede innanzi a lei, conducendola verso una ignota terra· promessa, d-i cui solo i suoi figli contempleranno le rive. MARIO VINCIGUERRA

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==