La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 32 - 2 settembre 1924

132 aYeva voluto il Congrc~.-.o di Torino, e dal Congresso di Torino era uscito con Sturzo, vincitore. Si riprende tuttavia quasi subito: il ba.sso gioco del discorso accomodante riel Duce per strappare l'approvazione alla riforma elettorale lo aveva stomacato per sempre. Del reslo l'anormalità della situazione in tutte queste contingenze fu tale da costituire una discdminaulc, p~ù che una attenuante. Da allora non vide altro logico, fatale, sacrosanto sbocco alla @tu.azione del Paitito cbe ucll'opposizionc recisa, aperta, intransigente al fascismo e al suo governo: ne fece una, questione morale. Il suo posto resta perciò un semplice posto di respo11. sabilità: e se manca del fàscino che ebbe Sturzo esige la più ordinaria ,·irtù dell'austerità. A. P. UNASTRONCATURA DI MUSSOLINI Caro Gobetti, fl::hieggo al tuo giornale uu.a rettifica, L'articolo a: una difesa e.li ~'1ussolini » è assoluta,.. mente ingiusto: la eYocata figura del Conte Solaro della Margarita Yi,·e in una falsa luce. D'accordo: lo studio' è ar-guto assai, e le maglie del decreto sulla stampa sono eluse con geniale bravu.ra. Ma la personalità del Solaro è costretfa in un, àmbito di ridicolo che davvero non le conviene. Da amico - auche perchè a,·versario - ti YOglio dire pertanto il motivo del mio dissenso. Dissenso in sede storica, cui è estraneo ogni troppo appariscente riverbero sulle vicende politiche attuali. Il Solaro, certo, fu U11 reazionario. Un consen·atore. Un antiliberale. Condannò il Risorgimento e - con quel garbo che sempre lo sorresse e quella coerenza, o stile come diresti tu, che individua gli uomini di pensiero e di cosciente volontà - i suoi fautori. Oppugnò la istruzione troppo estesa. Combattè la libertà di stampa. Vero, verissimo. E l'articolista ha avuto indubbiamente buon gioco - aml:iientandosi nel bel mezzo del secolo decimonono e gravando le spalle del Solaro di tali , avvedimenti politici> - a travasare qualche oncia di ridicolo sulle realfà del nostro tempo. Ma se è vero - come è vero - che una personalità, per giudicarla o trarla come elemento di giudizio, non deve essere frammentata nella varietà delle sue espressioni, ma rivissuta nell'integrità del suo pensiero; se è vero - cothe è ver.o - che al Solaro rimontano i principi surriferiti, de,·e (però aggiUJ1gersi - a scanso d~equi,·oci e d'e.rrori - che in tanto tali principi hanno trovato formulazione in quanto sono stati dal Sol arò vissuti in un 'atmosfera di consapevolezza « morale» che di luce limpidissima li lut tutti pervasi. Questa è la verità - e qui sta la lacuna che infirma la tesi del\ 'articolista. Perchè il Solaro, prima - assai ptjma - di '.Proclamare. la sua fede antilibe.rale, austeramente e.salta la sua fede spirituale. Sono i con. cetti di religione, di giustizia, di virtù, di legittimità, di ordine quelli che presiedono a1la disciplina del suo pensiero. Egli è) si, reazionario e conservatore ~ e, se vogliamo, dopo il '48, retrogrado - e perciò avversario del liberalismo e dell' ideologia rom~rntica preludente agli sviluppi unitari, ma in difesa di un patrimonio morale e politico piemontese che una tradi~ione di grandez1..a e <l'indipendenza gli rendeva sacro, che una inquieta velleità coinbattiva sembrava mettere in pericolo, e che gli influssi culturali, certo suggestivi, della non remota Rivoluzione francese - cercante nelle v•arie contrade eu.l'dpee la pienezza del suo ufficio storico - minacciavano, attraverso dottrine laicamente insane, di pregiuclic...-i..rneella suà Consistenza più intima. Kon quindi nl Solaro deve essere impu.tata la volgarità dei principi che, manchevoli dell'afflato morale, straniati dalla determinata epoca storica che li suscitò, o, cmnunque, considerati soltanto in se stessi, si risolvono in un coacervo di ridicolo. Dal Solaro anzi - che fu ll1l grande - possono esser tratti, anche per 1'oggi, vitali insegnamenti. E, questi, autentici e solenni. Voglio rammentarne qualcuno, a disdoro dell'articolista. , Sommo è l'impero della forza - egli ha detto una volta - ma è brutale se non· è secondo giustizia, benefico se questa ne è guida. L'impero della forza brutale può essere ad un is~te, pel minimo inaspettato incidente, rovesciato; l'impero della forza vivificata dalla giustizia è solo dUl'evole ». Aggiungendo : « Il timore che nasce dal solo pensiero della forza genera il malcontento; ove non è la stima, vi è l'idea che }"autorità si eserciti, o possa esercitarsi, ingiustamente ». Massime, quéste, che sembrano ovvie, ma che pure trotterellano talvolta, obliate e invise, sui malinconici se-atieri del tempo. « Gli uomini nuovi - altrove ammonisce -- come i consiglieri di. Geroboamo, mandano qualunque Stato in rovina». E perchè? Perchè mancano di prudenza, di equilibri0, di moderazione. « La sana ragion cli Stato richiede che s'invi~ gili sulla- condotta· dei nemici interni e se com1netto110 delitti si puniscano, ma se l'ostilità non ,nanHestano con atti colpe.voli, non solo n0n, si possono privare dellp. vita, ma neanche LA RIVOLUZIONE LIBERALE della libertà . .:-.on ,:_cattiva politica lasciarli in pace .... ,. 1-;ancora, a proposit.o della libertà pcrsc,nale: « 11Governo, oltre che salvaguanla..rla da ogni minaccia, deve tutelarla dagli ec~s:;i della propria forr~1, del proprio potere. Altrimenti fa. ccndo, si provvede momcntancat'ncnte alla sahlte pubblica, ma si preparano i germi di quegli sco11volg-imcnti che hanno a prevenirsi colla savic.zz.a, 11011 con arbitrario rigore"· Chi dice tutto questo è un reazionario, Jo si ricordi : un vero rc.1.Zjouario. F, l 'opoca iu cui tali massime vengono proutwciale conosce ancora il tenebrore misterioso delle sette congiuranti c il ~crvoro di programmi capaci di sov- ,·crtirc uno Stato. .E se volessi conciliarmi le simpatie dell 10pposi7jo11e potrei anche rie.<:."11..mqauresto mònito vibr.ante: « Finchè v'è chi a17ALla voce contro le iniquità, le perfidie, le tirannidi di qualw1que sorta, la società non è perduta, e se si vuole una psova di ciò si badi al 1'ira che destano le franche parole per conoscere che i faziosi e i settari di ogni paese sono ben lungi dal credersi vincitori.. l'ila la digressione è ormai lunga. Nè io voglio, ora, accodarmi ai Mèntori del fascismo, e tanto n1eno assumere la patetica voce di Cassandra ... Mi basta aver lumeggiato, qua e là, con luce sia pare disuguale, ma serena1nente, la figw·a di Solaro della Margarita. Di qnel Solaro che sarebbe bene recare sempre con molta, ma mol. ta, cautela tra le dolenti vicissitudini dei nostri giorni. E questo dico non soltanto per la stampa dell'Opposizione 1rut anche, e specialmente, per quell'altra che-· come già il Cromwell - disinYoltamente fa fungere il Solaro da volonteroso precursore. Tuo MARIO MAZZARELLI LADl'llAJURA, Dt CESARE Il secando ~l)ol1t.1ndei. « G,r:andezza e Decadenro. dJ Roma » di Gugliel1no Ferrera è ded,icato·, c01ne è noto, a: Gi,tlio Cesare. J]Jag/i1tltimi capitoli del /.·ibrosono stati tratti, scegliendo/i qua e là da'lla ~vasta.congerie di fatti ed osser1..1cr.z-ionqiu,esti po_ chi period,i sulla d,ittatura d,i Ces114'e. Se i.l lettore t.ro1..1ercàhe jl giudizio sii. Cesa,re è troppo severo e talvolta inaccetta,bile penSi egli stesso a sostit·uirgli ·rt.1?i nome più a,ppropriato. La 'Verità storica, sarà sal1..1aei sarà e1..1itatoogni paragcme troppo ridicolo e- ol.traggioso per i vi- ~cJentise si pense,rà che G. Ferrero abbia: 1..1oluto fare-, in~4'e-ceohe la stro11-ca.t1t.rdai Cesare, l'elogio di i\Iussolfoi. H partiti, di Cesare Nel partito di Cesare era insita nna contraddlzfone e quasi un inconsapevole maliuteso. Una parte, diremo così letterata e signorile, si componeva cli persone appartenenti alle alte classi : uomini cli fine educazione, di notevole coltura e ricchezza, di vita almeno decente secondo la morale dei teml}i; un'altra parte, invece, e molto più numerosa, era formata di avventurie,ri, Lli malcontenti, di condannati, di esaltati, di spo- _Stati) di indebitati, di uomini venuti da tutte le classi, al.tissime e infime, spesso intelligenti ed enetgici, non di rado ignoiranti, quasi sempre senza principi nè personali nè di classe, e :inci- \ tati dal solo desiderip di soddisfaa·e la .propria ambizione. La còntraddizio1ie restò latente sinchè dw·ò J;i. guerra per 1a conquist.::'l del potere; e Cesare si stucliò d\ dissimularla colla, sua alterna politica ora aizzando la demagogia, ora civettando con 1 consetvatori ; ma scoppiò, invece, appena il potere parve conquistato, nel principio del 47. I.a- spartizione del bottino Ricompensare i o: compagni», come egli li chiamava; appaga.re questo corpo esigente di aspiranti a laute pensionì formatosi durante la guerra civile, era la più intralciata faccenda che la vittoria legava al vincitore, quasi ad espiazione. Tutte le altre parole sue egli poteva,, adesso, disdire, come fole date ad intender'e agli sciocchi per vincere; non queste promesse fatte ai trenta o quaranta mila uomini che 1o avevan seguito dalla Gallia o eran passati a lui dal nemico; e che da tre anni sognavano di poter pTesto campar tranquilli di re11dita sulle ten-e e con" i denari ricevuti da lui. E alcuni piccoli contrasti recenti gli facevano 'intravedere a qua.li pericoli si esporrebbe, non soddisfacendo app~eno gli smo. dati appetiti dei suoi più fedeli partigiani. Le r-iforme di Cesare Con la consueta, rapidissima alacrità egli fece, aiutato da pochi amici e da pochi liberti, servendosi della potestas censoria o proponendo legbri ai comizi, un seguito di riforme piene di spirito conservatbre: Riformò i tribnn.ali, <laudo loro una composizione più aristocr'atica; modificò le leggi penali, accrescendo le pene contro i delitti; sciolse le associazioni facinorose, i col~ I.egia di artigiani organizzati da Clodio, di cui pure si era tanto servito nella sua lotta contro il purtito conservatore. Tentò anche di riordinare i servizi pubblici; dispose per la coniazione di una moneta d'oro, 1'aureus; incominciò a studiare la famosa /.cx J1tlia municipalis, di cui tanto pat1eremo in seguito e che d0veva riordinare la costituzione am1uinistrativa delle città Haliam.:. ~l<Jiti, incoraggiati, si domandavano se egli avrebbe anche restaurate, nella misu-ra in cui era po~ibiJe, le istituzioni republkane. La frnanza <lei dittatore lnta:nto p<.-r trovare nella gran erbi il danaro ucccssario a far tante cose, Cesare doveva vendere alla disperata i beni confiscati a ivinti, le terre pubbliche 11011 atte a decluzi01ii ili colonie, e quelle <k-·1 templi; e <li questa finanza, arruffata. di troppo frett.olosi espedienti, approfittavano gli amid suoi, pn:ndc.-·n<losipc:r poco o nulla immense terre. Servilia a\·eva ricevuto _per nulla un grani.le possedimento confiscato nella r,ruc.-rra;grandi fortune facevano intorno a lui alcuni liberti; già l"icco era quel giovine scbia·vo germanico che: egli ave,·a promosso agli uffici dell'amministra,done per' avcrlo scoperto a far l 'u...<;.uraiocon i suoi compagni di servitù, e che, con il nome di Licinus era. divenuLo uno cld suoi amminjstrator1 più abili. Le elezioni Verso la fine del 45 Cesare fece le elezioni, usando del potere concessogli dopo Munda di designare tutti i magistrati ai Comizì, cioè di eleggerli egli, lasciando al popolo la sola facoltà di confcnnare la sua proJX;sta. La eh.i mera della dittatura L'idea che un uomo solo, per quanto intelligeute ed operoso, con pocbi amici e liberti raccattati a caso sulle vie della fortuna in d.oclic:i am1i di guetTe e venture, potesse comporre nel ,·asto impero il" disordine nascente da una lunga decomposizione e ricomposizione sociale era chimerica.. Vincere con un esercito il partito conservatore e le· alte classi del]' ltaJia, infiacchite dagli egoismi che dissolvono tutte le classi troppo potenti, er'a stato facile: impossibile er'a, invece, a un uomo comporre con leggi gli immehsi antagonismi di quella società avida, violenta, <A"gogliosa. Le difficoltà rinaS<:evano una ilall'altra suscitate dalla stessa fretta faragginosa con cui egli tentava cli vincerle; e l'irritazione, la fatica, le delusioni di questo immane lavoro ottenebravano qttcllo squisito senso dell'opportuno e del reale, che era stato per tanti anni cosi lucido in lui. Eppure egli non voleva sentirsi dire che violava la costituzione, che so•;;;vertiva la tradizione, cbè agiva contro lo spirito, se non contro la parola, delle leggi con cui gli era stato dato il potere. Non solo 1'esaltazione del successo e del potere, le adulazioni, la. stessa stanchezza acuivano in lui il bisogno di commozioni v;olente, ne esaltavano il desiderio cli gloria e l 'ambizione di pareggiare con imprrese immense Alessand.ro) ne assopi vallo la vigilanza. e la prudenza; ma la forza delle Cose lo spingeva ad affrancarsi dai ,incoli delle leggi, illudendolo che il potere assoluto fosse non ambizione slla, ma necessità salutare dei tempi. Vassassl nio di Marcello In que11a avvenne un caso atroce e pietoso; :Marcello, il Console del 51, fu misteriosamente assassinato ad Atene mentre tornava a Roma in seguito al perdono di Cesare. Subito il dittatore fu• accusato sommessamente di averlo' fatto uccidere a tradimento, per vendicarsi, mentre pubhlitàmente fingeva di perdonare. La vittoria degli estrrm i sti E davvero Cesare, intimidito dal malcontento pubblicd e dalla discordia dei ·cesariani, parve u-11 momento voler dare soddisfazione alla parte p•iù moderata del suo partito, alle alte- classi, ai co11servatori; revocò i prcefecti 1lrbis; rifiutò alcuni degli onori; depose il consolato singolo. Alla breve moderazio·ne succedè presto una nuova esalta:zione, e le ultime e.sitazioni di Cesare dovevano esser presto vinte dagli incitamenti della parte peggiore del suo partito ; dei liberti non ron1ani, degli spostati, degli indebitati, dei disperati che lo avevano seguito per la speranza di ricchezze e di onori. Tutti vedevano come egli preferisse sempre più gli avventurieri che lo lusingavano e 1o compiacevano in ogni capriccio. Alle tradizioni più antiche e venerate Cesare faceva ora vi0lenza aperta, trasportando audacemente dalla·lettératura e dalla filosofia nella~ litica quel rivoluzionario dispirezzo Per il venerando passato cli Roma, in cui si sfogava. la petulanza dei giovani scrittori e studiosi. La clebolczza del regime Eppure alt 'ingrandimento dei poteri corrispondeva un progressivo infiacchimento dell'autorità. Il dittatore, a mano a mano che ambiva nuovi onori e pote1i, diventava meno atto a servirsene. Non possedendo più nè la lucidezza necessaria a discernere il possibile dal chimerico nè la pazienza <li operare in ogni e-osa con graduale costan1.a ;, e, d'altra parte, non potendo incrudelire come Sil1a e tentar di vincere la forza e la resisten7..a ebe le tradizioni e gli interessi opponevano alle ambizioni sue; egli cedeva, concedeva, transigeva maggionnente con tutti, specialmente con i conservatori, a mano a mano che assumeva un nuovo onore o tentava una nuova riforma troppo grandi, per la speranza di addolcire i nemici che non poteva atterrire o distrugge.re, per la fretta. di vincer subito un impedimento, per necessità' o irrequietezza nervosa. Cosi il vigore d'ella dittatura tremolava in una lentezza e incertezza senile di condiscendenze, poco minore che quella del vecchio governo repubblicano; si avvolgeva, quasi a nascondersi, ne::i serpentini attorcimenti di mezzucci ingegnosi ,xl inutili. .\nc.hc il dittatore in apparc.-nza onnipotente era prc~o nella rete di raccomandazioni, di seri·igi, di <:ompi.acenze::,di favori che fr.Yrma\·al'essenza di ,quella come rii tutte le società mercantili, in c.-ujil denaro è il fine supremo della vita; (; 11011 pot('.va rompere i fili invisibili. Un grande 11omò di ~la1o ! Cesare, tro,·ntosi, a un tratto, signore in appereiY;.,adi tutto, si trovò anche in una dell,~ r;.u difficili situazioni : sc--nzaessere in grado di abbandonare il pote.se, e costretto, se lo c0115'".:::rvava, a dovere imprcndcre l'impossibile fatica di gov<:rnare solo, con poc.-hi amici, un immetL½ impero in disordine. Che egli si illudesse di ba.stare a im pn.--sa :;.l grande, è umano: ma a ta.n.ta rlistan7..::tdi tempo, con esperienza più matura delle cose :-;toriche, noi pc;ss.iamo cap-ire a fondo La fall:wia di questa illusione. Cesare fu noa un :srande uomo di Stato, ma il più g-ran demagc,go della storia. PI ERO Ei □BETTI - Editore TORINO - Uia XX Settembre, 60 j'(oyifà-: FRANCESCO NITTT ltATRAGEDIAEI.th'EUg0PA GttE COSI!f.!!l!I! !t'.!!li!EQIG?.!! con ritratto e autografo L 14.00 P. GODETTI MATTEOTTI L. 2,50 VINCENZO CE:'.'ITO IO E ME ALLA RICERCA DI CRISTO L. 6 GIOVAN "I AME:KDOLA UNA BllTT 11 GltIAItlBERAhE L. ll Dirigere -.:aglia diretta1nente all' Edito,-e in Torino. G. :B'.PARAVIA &, C. E<litori - Librai • Tipografi TORINO • MILANO • FIRENZE - ROMA - NAPOLI - PALEHl!IO Biblioteca di Classici Italiani è'/. MA.CHIA VELLI ISTORIE FIORENTINE commentate da AVERARDO PIPPI L. ro,50 Di tutte le scritture del ~fachiavelli ques'".a delle !sto-rie fiorentine fu assai bene giudicata da Vitto1io Fiorini, per il suo contenuto la meglio adatta per le. scuole secondarie superiori, dove potrà gio,~are a render più compiuto nella mente degli a1unni e a colorire con maggior v:iveaa ed efficacia quel quadro della vita fiorentina nei secoli decimoquarto e decimoquiutc sul quale tanto di frequente studiando la storia letteraria e politica italiana sono chiamati a gettare uno sguardo. AVERARDO PIPPI, yaJendosi specialmente degli studi di Pasquale Villari, fornì gli otto libri della Storia di un utilissimo ed accurato commento. A. MA.1"\'ZONI TRAGEDI-EINNI- EODI a cura di GIORGIO Rossr O.G.E.B. - Cor:;o r'nnt.:q.Je Ulit.l:0111=, 34 ·1orrno Prmw G-oDETTI - Direttore-re'spo-nsabile I

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