La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 29 - 15 luglio 1924

LA RIVOLUZIONE LIBERALE j J.'j ------------------------------------------------- tà. l<lea <li libertà che anch'essi concretano in una serie ben <lefinit.a di diritti <lel citta.dino e <lelle collettività parziali sanzionate dallo Statuto. Ora i cosidetti liberati di questa categoria han,. no più volte dichiarato con un toupé portentoso che tra libertà ed autorità stanno per l'autorità. . \mmettiamo il fascismo, ha detto Salandra nel discorso della , Scala •, perchè ha ,i pristina lo la autorità dello Stato anche se a sacrificio della libertà. E precisameute ha dichiarato che , dello St.alo elemento essenziale è l'autorità, non la libertà ,. Il solo fatto di porre a contrasto il ptincipio di hbertà e il principio di auto,ità lo relega fuori ciel liberalismo, appunto percbè il libernlismo è il tentativo di una conciliazione pennanente1 atlraverso il meccanismo rappresentativo ed il rispetto di una sfera invarcabile di autonomia nel cittadino, del principio di autorità con quello di libertà. Cosa si deve dire quando addirittura il contrasto viene risolto a favore del principio di autorità? Il liberalismo si dilegua. .':\è mie la scusa del periodo di crisi, perchè appunto la bontà di qualunque sistema, particola.nnente del liberale, si prova nei periodj di crisi. Iu tempi cli bonaccia tutti sono buoni a governare liberalmente. Spirito formale e giuridico, il Salandra, percependo forse le difficoltà di una simile posizione, corre ai ripari cercando di tracciare una assurda distinzione tra i diritti, le libertà civili, e i diritti, le libertà politiche. Le prime sarebbero1 a suo parere, le sole essenziali in quanto implicano la piena disponibiMà della propria personalità e dei proprii beni (la sottolineatura è mia) ; le seconde potrebbero essere i1n·ece concesse o re-vocate iu quanto implicano il potere su altri uomini. Pur essendosi ben guardato dallo scendere ai particolari, il Salandra non si è avvisto che è sufficiente a far precip1taie nel vuoto la sua distinzione il rilievo che il diritto di proprietà che egli pone tra i diritti, le libertà ciYili, implica un potere e quale potere sn altri uomini. :Mache cosa si deve poi dire di codesta famosa quanto misteriosa autorità dello Stato cui il Salanclrn si richiama? E donde clerfra? Ecco sorgere in tutta la sua maestà il , mito dello Stato, che sorellianamente dà a questi pseudo liberali salandrini !>intuizione di una soci età. .. passata. E' venuta veramente l'or'a di sgonfiare questa vescica per dirla coll'ex-Duce. Kon perchè lo Stato, inteso come ordinamento giuridico, non esista, ma perchè troppo spesso con questa parola si fa del basso contrabbando. Senza giungere alle formule eccessi\·amente sempliciste del Marx (Comitato d'affari della borghesia) e del Lenin, (esercito e b1uocrazia1 organi di coercizione della società borghese) pure è da ascriversi a s01nmo merito della. scuola marxista l'aver sa.. puto penetrare il mistero hegeliano che fa dello Stato il dio in terra, il ficcanaso universale, la suprema manifestazione della idea etica. Salvemini ha insegnato un po' a tutti a decifrare i documenti politici del secolo xx. E diabolicamente consiglia ogni volta che s'incontri la parola Stato di sostitu.ire ad essa la parola o le parole che effettivamente gli scrittori intendono o dovrebbero usare; come sarebbero a mo' d'esempio: Governo, classe dominante, plutocrazia, burocrazia, proprietari fondiari, proleta.• riato, iudustriali, generali, Mussolini, Dumini, ecc., ecc. Appiicato il consiglio mi sono acco1to che tutti i discorsi filano e rivelano chiarissimamente il loro significato recondito. L'ultimo discorSOgentiliano celebrante la moralità del manganello si presta ad una serie cli esercitazioni deliziose. Concludendo, non si vede più per quali titoli l'on. Salandsa • possa rivendicare la tradizione liberale, ora che ha fatto anc,he getto del !)1'Ìncipio della laicità dello Stato per correr dieti:o al basso clericalismo fascista, ora che ha negato o è in Yia... dj negare la stessa unità nazionale ponendo il suo avvallo alla distinzione fra « nazionali » e « antinazionali , . fllbertini Ampio e nobile è il respiro di un Albertini, di un Einaudi, forse anche di un Amen.dola. Es..~i incarnano tra noi la forma classica o all'inglese del liberalismo difficilmente contenibile in_ lor. 1nulette brevi e schematiche. Molte le sfumature. Più accentuata la tendenza a ridurre il liberalismo al libedsmo in Einaudi, più antidemocratico Albertini. • A me è sempre sembrato che la posizione cli questi scrittori c,he han fatte proprie le esigenze della borghesia liberale, menasse necessariamente alla contraddizione specie nei periodi di crisi violenta quando nuove forze sociali affiorano e 1niuano l'antico ordinamento. La loro contraddizione sta. nel tentativo di fondere oggi, in pieno secolo xx, ben diversamente da quel che poteYa seguire settant'anni fa col :Mill, il sistema col 711,etoào liberale. La conciliazione non è più possibile. Perchè da un lato, per il Iispetto che si professa per il metodo si riconosce il diritto a qnalunque tendenza, ~uche la più antitetica al sistema, di farsi avanti e di conquistare il potere per modificare il sistema stesso. Dall'altro, per la fede profonda nella bontà del sistema, in alcuni troppo assoluta per dei veri liberali, si pone il liberalismo in un cerchio chiuso e si finisce in pTatica per rispetta.re il metodo liberale solo nei confronti cli chi, muovendosi all'interno del regime capitalistico con mentalità borghese, non mira a sovvertire il siste1na. Tipico a questo riguardo è l'ultimo libro, del resto interessanti-simo, di Einaudi: ,Le lotte del lairnro ,. Egli appunto pone il movimento operaio iu un circolo chiuso. Neppur pensabile è per lui l'ipotesi ehe si abbiano un giomo a superare le colonne d'Ercole del capi talismo. Muove da w1a premessa statica, conservatrice, che raccl1iu<le tutte le infinite possibilità di un domani anche lontano iu una sorta di muraglia della Cina teoretica entro la quale dovrebbe essere necessariamente contenuto il moto emancipatore delle folle. E' un liberalismo in sostanza conservatore, tutto astratto e nella prassi che rimane allo stato teorico come sospeso nel vnoto dei concetti e che si dibatte, come dicevo, nella contraddizione tra metodo e sistema. Ecco il dramma del liberalismo ufficiale italiano: generare la creatura e m<Ya,arne le ali; dar vita implicitamente a tutte le correnti sovvertitrici per poi negar loro preventivamente la facoltà, il diritto, :fiuanco la possibilità di superare la realtà da cui e in cui sorgono: cioè la realtà capitalistica. Vedere nella storia WI perpetuo diveuire1 una serie cli equilibri snccessh·i, una perpetua negazione dell 'ieri e del domani, per poi isterilii-si in una dogmatica affermazione della bontà superiore, in via assoluta cd eterna, della realtà attuale. Il dramma balzò in tutta la sua evidenza negli anni che precedettero e seguirono immediatamente la marcia su Roma. Quel medesimo Alhertini che tanto aveva tuonato, e n011 semp1·e a torto, co11tro l'insulso verbalismo rivoluziona.rio e il vuoto illiberalismo dei nostri estremisti del '19 e 120, doveva assistere silenzioso, quando pure non consenziente, alle gesta fasciste del '21 e '22 che dovevano finire logicamente per travolgere, nella interessata difesa del minacciato sistema, le ultime reliquie del metodo. E se oggi egli si è riscattato f'd ha 1iafferrato il senso della sua missione, oltre tutto di illuminata conservazione, gettandosi ~ella lotta pur di difendere, non dico più il metodo, ma i p1·incipii stessi del viver civile, non per questo si può dimenticare il passato ammonitore. Papafava d'el resto aveva già posto in astratto i termini della contraddizione. Pur ritenendo che tUL vero liberale, tlll « liberale al quadrato li come egli spiritosamente ama. chiamarsi, deve osservare e sistema e metodo, riconosce nel metodo il fondamento ultimo e più vero del liberalismo. li vero liberale, egli dice, conseguente sino alla fine, deve sapere anteporre il metedo al sistema, sacrificando le sue esigenze individuali e di classe a patto che le forme· della lotta vengano Wii versaimente rispettate. Egli deve essere così eroicamente. ottimista e sicuro della bontà delle sue idee (sistema affidato al metodo) da esser pronto a permettere l'esperimento avversario, fosse pure quello comunista, ptu-chè esso avvenga col rispetto del metodo. Io però mi ehiedo se 1'astratta e nobilissima figum di liberale che Papafava ha fissato, non sia limitata in concreto ad uno sparuto gruppo di intellettuali capaci di astrarre dai proprii personali interessi per elevru·si•ad una visione critica e spassionata del divenire sociale. Quali sublimi virtù di sacrificio, cli comprensione, di tolleranza, dovrebbero possedere costoro ! L'ottimismo di Papafava ehe affida le so1:ti ciel liberalismo alla classe dominante deve cedere di fronte a quella tendenza storicamente affermatasi per cui ogni classe tende a far prevalere con ogni mezzo - quando non wti contro ostacoli troppo gravi - i suoi particolari interessi, e non è normalmente disposta a lasciarsi pacificamente e consapevolmente soverchiare e distruggere, pur di mantenersi fedele a un complesso di norme di condotta che si riassume nel metodo liberale. Certo non conisponde alla bassa realtà dei giorni nostri, dove una borghesia arretrata e ciecai ha figliato la squadre d'azio';e· Missirnli Dai pu1·i seguaci del sistema attraverso la corrente liberale sospesa tra metodo e sistema si passa ai puri seguaci del metodo. Esiste in Italia un gruppo di scrittori che, relegandosi ·in una atmosfera se ·poosibile più ascetica, critica, obbiettiva del Papafava, risolvono appunto il liberalismo nel metodo. Basta ricordare Prezzolini e Missiroli. Kessuna idea concreta, nessuna. esigenza preçisa li spinge all'azione. Nessun valore si propongono di realizzare. Sono spettatori, critici, desiderosi di intendere ogni voce che si levi dal tumulto sociale, pronti ad inchinarsi a tutte le forze comunque scaturite, dovunque dirette. Almeno cosi sembra. Prezwlini ci ha detto proprio su queste colonne con parole accorate e pessi• mistiche che il liberalismo è cosa àa signori, cla spiriti superiori, retaggio di una élite che rimarrà sempre 'tale e che è fatale venga sempre ca!. pestata in Italia. Con meno scetticismo, ma su una linea sostanzialmente non troppo dissimile almeno nelle premesse si trova il Missiroli. Egli afferma che il liberalismo sta nella comprensione integrale di tutte le forze che rinnovano il mondo. Libe. ralismo significa sopratutto tolleranza, capacità di intendere le idee avversatie, capacità sino a un certo punto di condividerle. Vedere un fratello nell'avversario, una parte di sè nel nemico; rinunziare al piacere di credersi possessore del1'aEsoluto. Ecco lo stato d'animo iiberale cbe non è il più propizio all'azione. La storia per Missiroli è un succedersi senza mèta e senza scopo. Educato alle dottrine dello ~toric-ismo razionalista, Ja \'erità non è, com'cgli dice, un dato della coscienza nè un fine ideale, ma è nello stesso infinito mareggiare della realtà. Incalzato <la una logica implacabile e da una dialettica insuperabile, vede nel liberalismo lo stesso spiiito del mondo moderno, il dèmone che nega, distrugge, corrompe, corrode, la contraddizione permanente in ogni istituto, in ogni idea, in ogni uomo. E' la nt:gazione sottintesa di ogni stato di fatto, è un fuoco inestinguibile che ar<le nelle coscic-ru,,ee si consuma nella storia. l'aitt-ndo da queste premesse gli riesce facile rivendicare come c,onseguell'l,a del liberalismo, il socialismo. Quali sono, egli domanda, i gruppi che nella storia esercitano, magari inconsapc.--volmente 1 una fumione liberale? Sono i partiti estremi, quelli cioè che in quanto estremi, negano in tutto o in pa,te l'assetto sociale attuale. Essi sono i soli che, sia pure attraverso forme llOn sempre accettabili, compiono una. seria e decisiva opera di rinnovamento. E infatti Missiro1i, almeno sino alla marcia su Roma, vide nei socialisti i veri e soli eredi della funzione liberale e in Turati il loro alfiere. Siamo giunti, come è chiaro al più desolato pessimismo, al caos. Ogni direttiva scompare; tutto implicitamente si giustifica. Ciò che è reale è razionale. Non per nulla l'antico direttore della Voce ci pt·opose di costituire la Società degli A.poti. Terribile è questa 'a11archia intellettuale, per cui tutti i confini si smarriscono e ogni senso del limite scompare. Ma è poi vero ciò che in un impeto di nero scetticismo ha affermato Prezzolini? ,Il' poi vero che tra il liberalismo, il liberalismo inteso come metodo e le masse vi è inconciliabilità assoluta? Il liberalismo e le masse Intanto è chiaro che col negare ogni rapporto tra liberalismo e le masse rivendicando il primo come patrimonio di élites, si dichiara il falli. mento per l'eternità àella ideologia liberale. Perchè un liberalismo che resti affidato alla mente vergine e sovrana di qualche filosofo e .storico, e storico-filosofo, un liberalismo cioè che non si innesti su un moto concreto di masse, che non informi gradualmente del suo spirito le folle che non cerchi di conquistare le forze che esprimono e compiono di fatto - magari inconsapevolmente - una fWlZione liberale nella società, è nna. pura astrazione. Non si può negare preventivamente che con uua insistente opera di educazione, colla diffusione della coltura, che induce alla critica, al relativismo, anche al dubbio, e quel che più conta, al rispetto dell'avversario e del metodo liherale, anche le masse italiane sa.ranno capa.ci di realizzare grado a grado l'utopia liberale. Basta riflettere che l'Inghilterra ci sopravvan- ,,. 7...a di un secolo, basta pensare all'enorme somma cli esperienze libera1nente attuate che ha iu tutti i campi il popolo inglese, per giustificare ampiamente la nostra inferio1ità. ìVIissiroli pone come « condicio sine qua non» la riforma religiosa, quasi che il liberalismo originasse solo dal cozzo delle fedi organizzate e come se i protestanti fossero tutti dei perfetti liberali antiatttQJitarii. Si rilegga1Jo le pagine apologetiche del Tocqueville nella classica , Democratie en Ame:rique » e si veda ad es. che cosa i11tendessero per libe1tà cli culto e di pensiero gli emigrati puritani. Si è voluto <la varie parti negare ogni rapporto tra liberalismo e democrazia, financo contrapporre il p1imo alla seconda. Mentre invece la seconda non è che il logico sviluppo del primo, e il primo non sussiste sostanzialmente in uno Stato rappresentativo moderno senza la seconda. Non si p.nò qui traccia.Te neppure sommariamente la storia del sistema rappresentativo; ma è noto a tutti quale grande influsso vi abbia esercitato l'elemento finanziario. La necessità del monarca di ricorrere ai beni dei sudditi per far fronte ai crescenti bisogui dello Stato crea per ciò stesso nei sud'diti un diritto che sempre più andrà affermandosi: il diritto dapprima di controllare, poi addirittura di determinare, le modalità, l'entità delle entrate e delle spese. L'allargarsi della qualità di cont:J.ibuente ;, sfere se.1.nprrepiù vaste di cittadini giustifica l'a.llargarsi del diritto elettorale. Ma la collettività non si limita a chiedere i beni. Comincia., specie dopo i'affe.rmarsidel priucipio di nazionalità, a chiede!'e anche il contributo del sangue. • Basta allora questa semplice constatazione per comprendere come il potere di esigere <lai citt <lini il sacrificio dei beni e del sangue porti finalmente di conseguen1.a la potestà dei cittadini di controllare, per lo meno, o addirittura di determina.re, modo e fine per cui i loro beni e il loro sangue vengono impiegati. Questo diritto di controllo che inesorabilmente si è a11dato estendendo a tt1tti i cittadiui dello Sta.to, costituisce il pttnto necessario di passag-' gio tra liberalismo e democrazia. Si badi poi c,he chi anche .~olo controlla, afferma per ciò stesso la p-ropiia pe1<sonalità indipendente rispet_ to allo Stato e limita al tempo stesso la libertà e il diritto per l'innanzi sconfinato della collettività. Qui proprio sta il rapporto tra l'elemento finanziario e quello politico giuridico, morale. L'unica base di un Governo 1noderno viene così ad essere il consenso. A chi obbietta che il popolo non è ancora ma turo si oppone che solo coll'esercizio dei suoi diritti e dei suoi doveri di cittadinanza il popolo si renderà degno del potere che Jetiene. La guerra ha anzi accelerato questo prc,.~esso cc,n lo spazzare quasi tutte le }!onarchie enropee. Ormai il popolo deve provvedere <1a sè al governarsi. E il suffragio e la partecipazione alla cosa pubblica di tutti i cittadini, non appaiono ormai più come un semplice dirit•,- ma uno stretto e imperioso dovere. La libertà, si legge nel saggio su Milton di Macaulay, è l'unica cura per i mali che la libertà da poco conseguita produce. Se il popolo per essere .ibero deve attendere di esserne degno, in verità ootrà attendere in eterno. Chi son □ i liberali Se così stanno le cose Y.!issiroli ha detto ben.e. Sono veramente i partiti estremi in quanto negatori in tutto o in parte dell'assetto attuale, i depositari del liberalismo. Il partito estremo è la minora.117,a,anche se minoraw,a che tf:'.11.deidealmf:'.11.tead impersonare gli intc-ressi del maggior numero. Ora chi più della minoranza è custode interessato di qu.ei principii di libertà e di tolleranza che le assic:urano la vita e 1'ascensione? Chi più della minoranza che oppone ad un :;istema statico costituito un nuovo sistema. magari anticipato nel tempo, magari troppo rigido (il mito), è depositario della funzione liberale, di questa esigenza di progresso, di superamento perenne? Chi più della minoranza - intendo parlare ,!ella minoranza storica come il proletariato rispetto alla borghesia - si propo;i.e di affennare nella vita sociale nuove forze per l'innanzi calpe. • state o ignorate? Quale più grande funzione liberale, liberatrice, di quella che si concreta nel movimento di sindacati, cooperative, partiti, che sinteticamente chiamiamo socialiste? Il liberalismo borghese in confronto è cosa risibile, tutto negativo e conservatore, e può formalmente sai varsi solo eol rispetto del metodo. Sono dunque le minoranze, le opposizioni, i gruppi ancor deboli, bisognosi per ragioni fisiologiche cli un 'atmosfera cli libertà e di autonomia ehe assicuri loro la possibilità di s,iluppo, le vere forze liberali. La storia, se qualche cosa dimostra, è per questa tesi. Il sen. Albertini non si lasci trarre in inganno, e con lui i buoni borghesi italiani, dal clichè post-bellico, scambiando l'incidente colla nonna. Percbè solo il modmento socialista e, se si vuole, il movimento opera.io degno di questo nome, è capace di fare rivh·ere in tutto il suo splendore il mito liberale. l,iberalism □ socialista ~1a come si pone oggi per i socialisti il prctlema òella libertà? - Essi prutÒno da una premessa fondamentale che li differenzia sostanzialmente da tutte le altre scuole. Per essi la pura hbertà spirituale e politica, non ha senso alcuno, quando non sia accompagnata e sorretta da una relativa autonomia e libertà economica individuale. ~on per nulla i popoli più poveri ed arretrati in fatto di sviruppo ecouomico sono più facile preda alla dittatura e alle involuzioni in sede politica. Che significato può avere la hbertà di pensiero, bene certo snp,remo, per un popolo che versa nella miseria e nella abbiezione morale e materiale e in cui la grande maggioranza è obbligata ad un duro, estenuante lavoro mal ricompensato, do\·e Pa.mbiente stesso, le condizioni obbiettive, han tolto di fatto da secoli i presupposti per l'esercizio della facoltà stessa del pensiero? Il suffragio universale accompagnato dalla miseria e dalla schiavitù, dalla soggezione non solo nella fabbrica ma anche nella vita, non realizzerà mai l'esigenza liberale. La libertà politica sta, o per lo meno dovrebbe stare a cuore, tanto al ricco quanto al povero, tanto al borghese quanto al proletario. Ma mentre per la borghesia la concessione e la conquista delle libe1tà politiche costituì la sublimazione, il coronamento delia. sua potenza. già affermatasi in sede economica e culturale, per il proletario rappresentò se non l'inizio della lotta per l'emancipazione, la premessa, lo strumento per più rapidamente conseguirla. Forse la generale crisi operaia del dopoguerra trova pt·oprio la sua più profonda origine in una sproporzione tra forz.a politica e forza economica, nell'aYer avuto a disposizione un'arma formidabile cui non corrispose a tempo tlll braccio adeguato per impugnarla. D'altronde il perfetto sincronismo non può essere dei meccanismi umani. Fino a che il lavoratore non si sarà assicurato una relativa autonomia economica, fino a che sarà forzato a porre al primo piano il suo bisogno economico, vano è sperare che egli possa veramente interessarsi alla dta politica, vano è sperare la sua a<lesione alla esistenza collettiva La quale adesione, sia detto per incidente, non potrà mai aversi unicamente, come ritengono i liberali ortodossi, attraverso il parlamento politico. Ma di çiò in altra sede. Insomma è schiettamente liberale l'azione che i socialisti si propongono di svolgere nel senso appunto cli rea112.zare 1u1 complesso di condizioni ambientali tali c,he a tutti sia data indistintamente la possibilità di godere, di apprezzare e quindi di difendere i valori liberali. I liberali volevano, come ben disse De Ruggiero, la sola rivoluzione politica Che consolidasse e consacrasse il loro stato sociale. Le J:lla$. se democratiche vogliono, per mezw della rivoluzione politica (questo è il punto più discuti-

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