La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 28 - 8 luglio 1924

•mento; la crisalide, è:. già per rompere l'in\·o- • lucro, che nasconde l'angelica farfalla .. , . L'angelica farfalla venne fuori, e la stagione dell'intelletto si apri con una cerimonia solenne. Il Re, il Duca di Calabria, i principi intervennero con gran pompa, pronunziarono discorsi e giurarono sugli evangeli, fra le grida cli popolo festante, il rispetto della costituzione. Profferl lungo discorso il presidente Matteo Galdi, avYocato, e quindi amante della parola e della iperbole. L'arte rettorica non possiede tanti t.raslati e tante figure quanti ne usò il presidente Galcli. Dei Borboni di Xapoli si può dare qualunque giudizio; una cosa però non può essere messa in dubbio: la 1010 incapacità alle armi e la mancanza di ogni attitudine guerresca. In fondo a tutte ]e loro colpe e a tutti i loro torti, non • è che un senti mento solo: la paura. Fu essa che li rese spesso crudeli, sempre soopettosi. Strano Parlamento, c,·c tutto era iperbolico. Le sedute si teneYano in una chiesa, e i deputati pru:lavano per farsi applaudire dalle tribune, che quasi partedpa,·ano alla discussione e applaudivano sempre i più enfatici e i più violenti. ::\Ientre la costituzione e la patda erano iu p~ricolo, si discute,·auo gli argomenti più inutili : se il nonte di ~apoli mutar si doveSS(: in Partenope, se mutar si dovessero i nomi dei popoli delle pro,·ince e chiamarli come nell 1antichità classica, lucani, irpini, ma.rsi, sanniti. Si facean citazioni classic)le, e gli animi si accendern110 per cose futili. L'opera legislatiYa, quando ftt efficace, non ebbe per scopo che di deprimere 1 'ru-istocrazia : i beni soggetti a maiorasco ftu-0110 dichiarati liberi, molti provYedimenti furon p.roposti contro la fettdalità in Sicilia. Ma il Parla.mento era schiavo della carboneria, e la carboneda, a sua Yolta, 'era agitata da una turba di spostati, desiderosi d'impieghi. Chi poteva si trasformava volentieri in impiegato. Perfino 1'abate Meuichini, che avea secondato gl' insorti di ~ola, che era entrato a Napoli a capo dei ribelli carbonari, chiedeva e otteneva impiego non nella Chiesa, non in filantropiche istituzioni, ma nella pubblica sicurezza.. ...e regime di pugnalatori La carboneria a\:eva spezzata, se pur ve n'era, ogni disciplina nell'esercito, trasformando i capi in settari e sottoponendoli spesso ai loro subalterni. Altri abusi compieva con ostentata prepotenza. Una notte alcuni carbonari si recarono in casa di un ex direttore di polizia, uomo one• sto e sinceramente amico dei Borboni e, sotto gli occhi deila moglie e dei figliuoli, lo trafissero con 42 pugnalate. Un carbonaro, arrestato per atroce crimine, passando per la via di T?- ledo, chiamò in aiuto i cugini della carbonena e fu sciolto. Altri abusi la carboneria commetteva impunemente, quasi sfacciatamente, per mostrare la propria potenza. Allora non vi fu più sicurezza per alcuno. I timidi fuggirono da Napoli, coloro che erano più in alto temettero, chi si sah'ò ricoverandosi all'estero, chi in campagna. La situazione divenne gravissima. Il popolo, ignorantissimo e depresso, seguiva tutti i m~- tamenti senza coscienza, sperando se~pre 1n qualunque mu'tazione per il :e o contro. il re~ • l'aristocrazia avversa; l'esercito demoralizzato, la carboneria, che rappresentava gl'interessi della c1asse media, preda delle concupiscenze <li persone desiderose di lucrosi impieghL E intanto il Re chiudeva nel cuore sensi d1 timore e di odio: aveva per timidità, anzi per viltà, giurata la costituzione, sperava per tradimento abolirla. \ Fu cosi che scrisse segretamente ai re cons:rregati a Troppau, e nel novembre giunsero lettere dei tre sovrani che Jo invitavano a Laybach, per discutere in un Congresso Je questioni per litiche dello Stato di Napoli .. I..a 11Hlà degli spavaldi Il parlamento non, voleva farlo pru:tire. Fu grande agitazione in tutta la città. Si protestava che il Re volesse adottare nuova costituzione. Si gridava d'ogni parte: La costituzione di Spagna o la 1norte. Nessuno più tardi volle. monre per • Ja costituzione di Spagna : ma quando il perico1o si crede }onta.no, i più timidi sono sempre per i mezzi estremi. Il Re si rassegnò a fare ciò che gli si chie. deva e partì 1 fingendo semp1·e fedeltà a unà. costituzione che gli era stata imposta dalla paura, e che era destinata a non trovpre chi 1a ùifendesse. ' A Trop,pau parlò infatti contro la costituzione, a gente che quanto e più di lui temeva l'espandersi del movimento liberale : e fu deciso che un esercito austriaco fosse mandato a Napoli a rimettere l'ordine. Il Parlamento napoletano non esitò a dichiarare la guerra. La voleva sopra tutto il generale Pepe, che riteneva le truppe napoletane invincibili· , la volevano i migliori che, con pietoso infin~imento, dicevano il Re prigioniero e forzato lo scritto; la chiedevano a gran voce i carbonari. Accondiscese il v\cario perchè debole ed incerto. E la guerra fu proclamata non per valore di popolo, nemmeno per vaghezza cli somma lode come dice Colletta, ma per leggerezza. La carboneria volle fare opera utile e riunire a banchetto anche i generali che sapeva a sè avv~i 1 per cementare l'unione nel momento del pericolo. A quel banchetto Gabriele Rossetti im. provvisò versi pieni <li entusiasmo. A uu tratto LA RJVOLUZIONE LIBERALE 1-irnlgendosi a tutti i generali che gli erano inton10, chiese chi fra essi dovesse essere Milziade. Fu un momento di silenzio e di angoscia: poichè ognuno temeva che Mi lzia<le dovesSe essere un collega, e ognuno credeva di poter essere. Allora il Rossetti, nell'angosciosa aspettativa di tutti, con straordinaria iperbole replicò: Tutti saran. Milzindif Fu un delirio di applausi: ma di l\Iilz.iadi poco tempo dopo uon ve ne fu un solo. L'esercito napoletauo contava allora quar,111tamila uomini, dei quali dodicimila in Sicilia. Fu deciso di maudare contro gli Austriaci trentaduemila soldati e quara11laduemila uomini Ji nuova leva. Gli Austriaci erano in tutto quarantatremila. La , itloria delle truppe costituzionali sembrava dunque probabile. Vi era.no forse molte miUzie nuove: ma altre avevau già pratica di guerre. Le nuove, d 'altroude, pareva volessero gareggiare con le antiche. Il generale Pepe credeva le milizie napoletane saldissime. Ma come l'esercito austriaco si avvic-iaava a Napoli, un mutamento strano avveniva. Il popolo che aveva creduto che il mutato regime avesse dovuto portargli maggiore prosperità e che, per colpa degli avvenimenti, non aveva avuto niente altro che nuove gravezze, si mostrava indifferente; tramavano i partigiani del regime assoluto; i capi deUa setta carbonara, che. si sentivano in pericolo, avevano perduta l'audacia. Il generale Pepe fece annunziare solennemente nelle gazzette di Napoli che avrebbe il giorno ? cli marzo dato battaglia e vinto. Strano generale e strani uomini, che annunziavano le battaglie, anzi le vittorie, a giorno fisso! E la battaglia fu data infatti il 6 luglio. Ma le milizie, o poco fiduciose, o nuove, o i11ce1te. al primo urto non resistettero. I soldati, anche prima di aver contatto col nemico fuggirouo, e la voce dei caj» non potè rattenerli. Il generale Pepe giunse a Napoli prima che le fuggenti schiere giungessero. Parlò, esortò, chiese nuovi soldati 1 P'ropose nuovi piani. Ma, poi che vide tutto perduto, fuggi all'estero. Allora non vi fu ritegno. Uscirono subito nuo- . ve coccarde, in onore del governo assoluto. T1 Parlamento, congrega poco tempo prima altiera, desiderosa anzi di battaglia e di vittoria, fece indirizzo al Re umile, sottomessa. • Per una crudele ironia della sorte le truppe che primai eran fuggite dinanzi al nemico eran quelle di Avellino e di Foggia: paesi che primi nel luglio dell'anno precedente avevano voluta la costituzione. Di tanti che parean destinati a compiere grandi gesta, che volevano morire per tante cose, al momento del periglio non si trovò quasi alcuno: La setta immensa taceva. I deputati, eloquenti in pace, dinanzi al pericolo_ muti, disertavano H Parlamento. All'ultima orn, quattro giorni prima che il nemico fosse entrato, solo u11 piccolo numero osò votare una p.rotesta del deputato Poerio, protes,ta ove ancora si ricorreva alla solita pietosa finzione, e del Re e del vicario si parlava. come di uomini la cui volontà fosse stata coartata. :Ma almeno qualcuno osò protestare) sia pure timiclamente 1 nell'ora solenne del pericolo. Il 23 di marzo entrarono a Napoli le truppe austriache 1 e il regime costituzionale fini da quel giorno di fatto. . E fu iniziato un periodo cli violenze, eh persecuzioni e di crudeltà. Moriron tanit:i per esse, che se avessero voluto incontrar morte più bella di fronte al nemico, il regime costituzionale non sarebbe cosl malamente finito. l..a corruzione del regime impro11uisalo Oltre alle cause esteriori, che si soglioilJ di solito allegare, vi furono altre cause e maggiori, che una trasformazione nata subitamentei subitamente dovevano soffocare. E queste cause van trovate non come si fa cl 'ordinario nella pochezza dei capi, nelle colpe dei generali) ne1le ince.rtezze del Parlamento, nei tradimenti della famiglia regale. Perchè il popolo non lottò? perchè 1'esercito si sbandò? Non mai forze P,rodigiose nell'arte della guerra, genti dell'istessa razza e delle istesse contrade aveva11 pochi anni prima, anche fuori della patria, dato prova di grande coraggio. I moti d~l '20 furono promossi da due giovani idealisti : seguiti da genti che non avevano gli stessi intenti, nè gli sitessi scopi. Il sostrato della carboneria, come noi abbiam visto1 era cli spostati, desiderosi di occupaz.ioni civili, di militari desiderosi di avanzamento, di forensi ·desiderosi di fortuna. Non era possjbilE! contentar tutti : anzi il numero enorme non permise che. di contentar pochi. Le promozioni militarii fatte in base alla volontà della setta, demoralizzarono un esercito già inglorioso e privo di tradizioni; gli scontenti di tutte le classi erano i1 lievito della putrefazione in un regime non stabile. La aristocrazia fondiaria, potente in. Sicilia, si OFpose come potè: a Napoli e nelle province, ov_e se non la for7.a economica, possedeva almeno 11 prestigio, screditò con l 'aste.nsione e l1avversione. Rimasero sul teatro dell'azione sopra tutto gli avvocati, audacissimi in tempo di pace. La massa dei lavoratori delle campagne non aveva coscienza del suo stato: ma per istinto era più dalla parte del Re, che da quella dei suoi avversari da cui sentiva o credeva di non dover nulla spe;a.i-e. Chi sapeva lai 'tostituzione di Spagna? e che valeva per essa lottare, per e_ssa morire? I carbonari non erano più morali dei loro avversari: ricorrevano a11zi,potendo, agli stessi mezzi. La rivoluzione del '20 non fu bdls, sopra tutto perchi: non ebbe il sacro battesimo del sangue; e perchè S<:gucndo le rivolte di Spagna, n'ebbe tutto il carattc,re; non fu opera di popolo, ma di co:;piratori c cli forensi, battaglieri in pace, pacifici in guerra. 18\,7. FR.\:--.CESC..ù XIT'TI G. :S. FARAVIA & C. Editori - Librai - Tipografi, TORINO - MILANO - FIRENZE - ROMA - NAPOLI - PALERMO Biblioteca di filosofia e Pedagogia ROBERT DE LA SIZERANNE RUSCKIN E LA RELIGIONEDELLABELLEZZA Versione dal francese di Benvenuto Reynalcli L. 12,50. E' un libro di pensiero e di poesia nello stesso tempo, in cui il problema estetico si congiunge a quello morale. Ruskiu ha nel suo gran.de apostolato di educatore riaffermata la parola profonda di Platone, che il bello è lo splendore del vero! Uno scrittore francese ha detto recentemente dell'opera di Roberto de la Sizeranne: , Quaud on a lu.... et quand on essaie de se recueillir api·ès ]a" 1ecture, on croit voir surgir tlll grand paysage bleu et or, plein de lumière et de sérénité 1 comme ceux qui se découvrent subitement au tournant d'une route en comiche, ou du scnnmet d'un col, dans !es hautes mon... tagnes. Les plus beaux édifices de la terre s'y mirent dans !es fleuves ou dans des lacs ... ,. Paesaggi splendidi, architetture 'superbe, quadri, statue, ogni cosa sotto l'occhio dell'esteta finisce per perdere il suo carattere particolare di spazio e cli tempo per non lasciar traspru:ire altro che il suo comune valore cli bellezza. Il regno della bellezza è un altro aspetto del regno cli Dio, che il grande iniziato schiude coll'incanto della sua parola alla nostra commossa ammirazione. PIERO 6□BETTI - Edita11~ TORINO - Via XX Settembre, 60 ;Yovifà: VINCENZO CENTO IO E ME ALLA RICERCA DI CRISTO Con prefazione di Adriano Tilgher L. 6 NOVELLO P.A.P.A.F.A.V.A. FISSAZIONI LiIBE'RALiI L. 6FRANCESCO NITTI ItllTQAGEDIA EitI.t'EUQOPA CHECOS!lfl!Qil. lt'l!lilEQ!Cl! ? con ritratto e autografo L. 14.00 ALESSANDRO D'E. TRÈVES ILfOHDAMEHIO D llAfllD~Of IA ilURIDI [A di G. F. HEGEL CON PREFAZIONE DI G. SOLARI L. 7,00. A:-lSALDO - BORSA - CRESPI DE RUGGIERO . GIORDANI . ROSSELLI ehe cos~è r Inghilterra L. 6,oo. L. CAPPELLI - Eòitore Biblioteca diStudiSocialid rettadaR.MONDOLFO PIERO GOBETTI ItARl'ìOitUZIONE ItlB QAitE Saggio sulla lotta politica in Italia L. 10Si spedisce il volume franco di porto a chi ne fa richiesta alla nostra redazione Via XX Settembre, 60 Torino, mediante vaglia di L. 10. " b'Eao DEbbA STAmPA " il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste iondato nel 1901, ha sede ESCLUSIVAMENTE in Milano (r2) Corso Porta Nuova, 24. .J:e;:ioni ai mussoliniani' Il deputato ministeriale Confessiamo che la presente lettera i: inattuale: non tanto perché episodio di una lotta politica i t'l.U costumi ci sembrano oggi patriarcali, quanto perchic, in tempi cli < listone, e cli Comitati di maggioranza eletti dal Duce, ci riporta a conce-✓,i,mi evidentemente , superate,. La riproduciamo quindi come documento di altri tempi, per pura curiosità storica. Il conte Alessio di Tocqueville, con la pubblicazione della prima parte della , Democrazia in A m.erica , si era acquistafa una improvvisa cele.. brità: uomini cli opposti partiti si volgevano ammirando verso questo aristocratico, che dalla sua origine nobiliare traeva soltanto il culto de]_ la libertà e che, con un'opera di studio \"e:Il.iva a spostare i termini consueti della lotta politica__ Jn questo ginvane la Monarchia di Luglio dovette sentire una forza che era utile acquistare. Xè verso la )fonarchia di Luglio o verso i suoi ministri del tempo il Tocqueville aveva prevenzioni che gli impc-dis&..,-odi accostarlesi. Era troppo dotato di senso storico per continuare il legittimismo paterno: e d'altra parte, se non si senti\'a legato alla opposizione legittimista, troppe idee, troppe tradizioni e più ancora che le idee, lo stile lo separavano dal resto dell'opposizione. Perciò, quando il presidente del Consiglio del tempo, il Molé, volle dichiararlo candidato mini.. steriale, nulla pare\·a do\"er indurlo a respingere l'appoggio del governo. Il giovane scrittore non avrebbe potuto cosl , realizzare , le sue idee 0 Alessio cli Tocqueville invece rifiutò con questa lettera l'appoggio offertogli dal Preside'Dte del Consiglio, suo parente ed amico e preferì pre. sentarsi come candidato indipendente. Xon fu eletto (i moderni < realiY..7..atori, sospireranno qui cli compiacenza) ; soltanto due anni dopo potè entrare alla Camera. L'autore della • Democrazia in America, non fu così deputato ministeriale e ti.nunciò forse a qualche possibile portafoglio: ma questa lettera fissò tutta la sua carriera politica e gli permise di svoigere sui banchi della Camera quell"attività politica che la sua mentalità cli storico gli consentiva e che illustreremo altra volta. La morale? Che nella lotta politica, perchè questa non si riduca ad una lotta di servi contro i padroni, una dote è necessaria prima di ogni altra, non la furberia 1 ma l'indipendenza, la coscienza della propria personalità. }forale, evidentemente •superata,. (m. f.). Ed ecco la lettera. Al sig. Conte .1Iolé, Presidente del Consiglio, Tocque,ille, 12-12-1837. (Il T. parla della sua candidatura propos"..a in due collegi). Quanto a me, che desidero giungere alla Camera naturalmente, non ho ancora fatto passi nè da una parte nè dall'altra nè mostrato con nes. sun atto di a,-er fatto una scelta tra le due can. didature offertemi. Ero in questo stato, quando ho appreso che nell'ultima riunione del Consiglio Generale il Prefetto mi a neni raccomandato agli elettori del Collegio di Valognes. Su quest'ultimo fatto 1 de. sidero richiamare un mc.mento la ,;·ostra attenzjone .... l\1a dirò sopratutto che non mi è ~-ibiie l'accettare una candidatura ufficiale. In ogni altra occasione una simile dichiarazione fatta al rappresentante del potere potrebbe sembrare straordinaria. Ma so a chi parlo: e se il Preside,.1te del Consiglio me ne muovesse rimprovero, m.i ai,- pellerei al sig-µor l\Iolé, alla cui stima, mi permetta di dirgliele,, io tengo più che al suo appoggio e presso cui sono siCUio di a,·er causa Yinta. Voi sapete, signore, che io non sono nemico del go,e.rno in generale e in particolare degli uomini che oggi governano. lVIa Yoglio essere in una condizione che mi permetta cli presta.re un concorso intelligente e libero : e ciò non potrei fare se mi facessi eleggere dal gc,-erno. So che vi è chi dimentica, entrando a1la Camera, i mezzi con cui Yi è entrato: ma io non sono di quelli. Voglio entran:i con la posizione, che voglio se.rbani e quella posizione è indipendente..... .\LESSIO DI TOCQUEVILLE 0.G.E.B. - Corso, Principe Oddone, 34 • Torino PrEso GoeETTI - Dire!tore-resprmsabile

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