La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 28 - 8 luglio 1924

b LA RIVOLUZIONE LIBERALE , IL COLPO DI STATO Abbiamo tro-vato fra vecchie carte e stam,Pe rare 1t1na c01iferenza di Francesco Nitti intitolata Sui moti cli Kapoli del 1820, p1tbblicata in pochissi1ni esem,plari a Firenze nel 1897 e poi dimenticata. Ci è parso opportwno ristamparla co»ie ese,npio di bello stile storico da proporre ai let,.. tori. Di nostro, se11za.m.al.izia ci abbimn 1nesso oltre la cu,rro e lo scnipolo del Wascriltore, u~ nuo--..·o titolo e pochi innocenti tiloli11i. Una rivaluzianl'! mancata I moti <li l\~apoli del 1820 non presentano, a chi li _studi.i con _serenità, alc1u10 dei lati che, pur ne.i suoi eITon, pur nelle sue esagerazioni, resero ..sì bella e sì interessante e, sotto alcun.i aspel:iti, sì &rraude la rivoluzione avvenuta ventun anni prima, nel 1;99. Questa ebbe i suoi rètori ma -ebbe pure i suoi martiri: la rivoluiione del' 1820 quasi uon ebbe che rètori. Xata per pattra di una Corte, che non volle e non st>ppe resistere, morì per ignavia di una setta, anzi cli una classe, che resistere 11011 volle e non seppe. Sorta per tradimento di pochi ufficiali setJtari, fu soffocata per tradimento cli un re, cui furon meriti supre~ mi la menzogna e la \·iltà. Sicché parlarne è assai difficile e assai penoso compito: tanto più penoso quando chi discorre di un periodo storico del suo paese che altri esaltò, non riesce a trovare in esso cosa che sia bella o grande. La rivoluzione del 1799, studiata nelle sue jntime cause, ci appare corbe un n10vimento quasi di reazior1e alle tendenze rifonnatrici dei principi. Tutita l'opern di Carlo III e gran parte cli quella di Ferdinando I di Borbone, almeno fino .al 1799, sembrano dirette a niente altro che a -diminuire la enorme potenza della feudalità e del clero,. Sorgeva allora ed era già venuta in :potenza una classe intermedia, destinata a sostituirsi all'aristocrazia e sorgeva non come altrove dalle manifatture o dai traffici, ma dall'iutermediarismo agr?rio, dalle pTofessioni liberali, la <:llria sopratutto, e dal commercio del danaro. La ri,·oluzione del 1;99 rill.tll quiudi tutti i mal- .contenti che la politica dello Stato avea offesi: prìncipi e nobili, che vedevano sminuita la loro <:lasse, preti e sacerdoti, che si credevano privati dei loro diritti, curiali che il rinsaldamento e Ja ,sicurezza della proprietà temevano come esiziale al loro ceto. E fra questi vi erano idealisti sinceri, imbevu.ti delle dottrine deg]j enciclopedisti; giovinetti desiderosi <li novità; uomini insoffe. -renti di servitù. I 97 giustiziati del 1799 Jurono quanto di meglio Kapoli avea: vi erano fra essi uomini d'arme nobilissimi come Manthonè 1 Federici, Caracciolo; studiosi e pensatori come Pagano e Cirillo; e giovani ardenti come Vincenzo Russo, Filippo Marini, Ettore Carafa, Pignatelli, Riario. Che cosa fu la rivoluzione del 1f'.2r,? Caduta la repubblica napoletana del 1;99 e -ritornato Ferdinando 1° era succeduto un periodo di repressione e di violenza. Ma quando 1 travolto anch' egli dal turbine napoleonico, Ferdinando ,era dovuto riparare in Sicilia e il regno era rimasto ai Francesi, Giuseppe Buonaparte da prima e Gioacchino Murat dipoi, aveano introdotte gran parte delle leggi di Francia. Per legge del re Giuseppe nel 1806 •1a. feudalità abolita, abolite le istituzioni fidecommissarie, sciolti i legami alla proprietà, modificato il regime do- -tale, sfasciata la proprietà ecclesiastica, introdotti col codice Napoleone tutti i provvedimenti d1e più a11a classe intermedia giovavano 1 ques-ta era divenuta potente a tal punto cla soverchiare .tutte le altre. Una classe media pi "spostali ., E anche quando i Borboni rientrarono a Kapoli e riconquistarono, non per virtù d'anne, ma per violenza legittimista il reame, non osarono quasi nulla 1nutare. Le leggi abolitive della feudalità furono mantenute; marutenute tutte le Jisposizioni che i re Giuseppe e GiOOcchino avea·10 introdotte. Senonchè melltre la classe intermedia quasi do\·unque era nata col traffico, a Napoli e nel reame si era formata, come ho detto innanzi, in mo<lo diverso. Una massa enorme di cu1iali in città, e nelle province affittuari della terra e negoziatori cli danaro, eran cresciuti in potenza. Tutte le leggi adottate in cinqum1t'anni e più ancora non a,·e\·an fatto che favoi-in1e lo SYiluppo e la potenza. Ma ad essi non bastava. Nei regimi assoluti l'esisten1..a cli un'aristocrazia che circondi il trono -o che abbia, sia pure nominalmente 1 il potere nelle mani, è invincibile necessità. Così avveniva nel reame di Napoli, oVe le maggiori cariche dello Stato erano dal 1·e concesse a coloro appunto; che più egli e suo padre a~;ean depressi. I trionfi di Napoleone e a Napoli la dominazione francese avevan determinata una modi:fì. <:azione profonda nello stato degl\ animi. Ancora pochi anni prima nessuno avrebbe osato attaccare istituzioni che parevano. eterne; monarchie ritenute incrollabili. Più ancora: nessuno nella scala sociale pensava elevarsi al <li sopra della sua classe. Ma i trioufi cli ::--rapoleone e dei suoi generali avean sconvolte tutte le menti e pur dopo la catastrofe napoleonica era in tutti gli animi una febbre di cose nuove; nulla si credeva dovesse essere durevole 1 nulla si ammetteva che uomini volonterosi potessero :non avere. Nel, reame di Napoli, ancora turbato d.a tante e si varie vicende, la monarchia di Ferdinando I era debole e sospettosa. Aveva osato - facile audacia - cli far fucilare Gioacchino Murat sulla desolata spiaggia cli Pizzo: ma aveva conservato 1 generali e gli alti ufiziali dello Stato, che l\lurat avea spesso levati in alt.o da umile condizione. E mentre li avea conservati era sospettosa di essi: timorosa cli espellerli tutti, paurosa di tradimenti. I commerci eran depressi da laute lotte, l.lllpoveri te le banche; le guerre nu.nierose aveano .trascinato a Napoli stuoli di persone desiderose di occu,pazioni civili. L'indole meridionale 1 la quale attribuisce la forttu1a più al caso che alla persiste117.a. 1 la naturale vivacità delle genti del Sud, l'amore e la tradjzione dell' otium, cwni dignitate, il posto 0 l'u.fiz.io poco penoso, facean ,sperare rivolgimenti che tanti bisogni appagassero, tante ambizioni accontentassero. Una sl'!lta di reduci e di militari La setta dei carbonari, introdotta nel regno pochi anni innanzi, si era venuta allargando. Che cosa era essa? Colletta la chiama società vasta di possidenti, vaga di -nieglio e di quiete, e questa definizione ne dice tutto il carattere. Appartenevano ad essa gran numero di benestanti delle classi medie; ma il fondo era composto di militari desiderosi di avanzamenti, di provinciali e cli curiali bisognosi di impieghi, cli persone le cui aderenze, la cui posizione al tempo dei francesi rendevano avverse o dubbiose del· regime borbonico. Setta pòena di misteri massonici, anzi diramazione massonica, che allettava le calde fantasie dei giovani appunto per il suo mistero. I soci e gli aderenti si chiamavan fra loro ciigini e anche buoni cugini, e fra le altre cose giuravano - il generale Guglielmo Pepe dice pe, rettorica - l'esterminio di tutti i re. La setta si era estesa e vi appartenevano anche persone messe ai sommi gradi dell'esercito. V'erano i risoluti che volevano una costituzione o sognava.aio il rovescio della monarchia borbonica· erano idealisti sinceri o nature avventurose· vi erano coloro che nelle -vendite - così si chiama vtÙJ.o le singole società carbonare - cercavano come una tutela in tempi difficili, un appoggio in possibili mutamenti politici; nel mag. gior numero erano infine coloro che desideravano pubblici ufizi, o aspiravano a promozioni e a carriere. Si trovavano spesso insieme generali e ufiziali !nfp-iori; - e questi eran qualche volt.a nella setta di grado superiore ai primi. Le vendite più attive erano a Napoli ad Avellino e a Salerno; in quest'ultime città' sopratutto.' Il governa d!!I " nutra fiducia ,, -Ritornando a, Napoli, Ferdinando I0 in un goffo e magniloquente proclama datato da Salerno, il 1° maggio del 1815 aveva detto ai Napoletani con assai poca precisione storica che i loro antenati avean conquistato fino al Nilo e che le loro trombe guerresche avevan fatto piegare le fronti orgogliose ai Tolomei 1 a Filippo il Macedone, a Mitridate, a Massinissa e ad altri ancora. Dimenticando poi tanti pregi guerreschi e chiamandoli, con una metafora ardita docili figli del Sebeto, ave.a promesso loro amor~ e pe,- dono e1 quasi queste cose non bastassero 1 pace, calma e abbondanza. Non avea <lato costituz.ioni; non aveva però voluto persecuzioni numerose. In cinque anni, cfal maggio 1&r5 al giugno del 1820 la monarchia borbonica era o pareva assodata. Non aveva contro di sè che una setta; avea per sè i sovrani e le corti legittimiste di tutta Europa. L'eseicito regolare era forte di 34 mila uomini; inoltre le milizie civiJi contavano 51 mila uomini in terraferma e 29 mila in Sicilia. E poichè la pace in Eu~opa non era da nulla turbata e i 111inistri 1 sì come accade in reginie assoluto, esageravano dinanzi al vecchio re il disprezzo della massoneda carbonara ritenuta debole o inattiva, la solidità del trono pareva al sovrano e ai 0 suoi fedeli granitica. I carbonari eran perseguitati come setta dannosa cli gente ribalda; ma pericolo da essi non v'era o si creclea non vi fosse. ha marcia su Napoli Fu così che scoppiò la rivoluzione del 1820; la più strana, la più incruenta, la più inverosimile cli tutte le rivoluzioni che abbia avuto 1 apoli e forse l'Italia; Iivoluzione che rimarrebbe a dirittura inesplicabile a chi si limitasse a considerarla nelle sue manifestazioni esteriori. All1alba del 2 luglio due sottotene11ti 1 lV!orelli e Silvati 1 e 127 tra sergenti e soldati del reggimento Borbone cavalleria cli~rtarono dai quartieri cli Nola, secondati da nn prete i.Wenichini e da venti setta1·i. Si diressero Yersa Avelli no, ove dovean ricongiungersi ad altri carbonari di Salernc. Da Nola ad Avellino non sono pili (::he quindici o sedici chilometri. ll drappello disertore li percorse al grido cli vi va Dio! vi va il Re! viva la costituzione! E poichè quel g1ido <li costituzione non era bene inteso e ognuno, dice il Colletta, vi scorgeva il suo meglio, chi 1a iibertà 1 chi il potere, chi la minorazione dei tribuiti, il popolo seguiva con simpatia e con entusiasmo. Così il drappello giunse a. Mercogliano, ove Morelli pose il campo e mandò messaggio a un altro carbonaro, il colonnello De Concili, che stava in Avellino, invitandolo ad unirsi a coloro che chiedevano governo più libero. lu fondo non si trnttava che di piccolo pronunciamento settario e soldatesco, al quale partecipavano meno di 150 persone, fra cui una ventina cli borghesi e un prete. A soffocarlo bastava assai poco: anzi nella vita di un regno era episodio insignificante. Quando la notizia giunse a Napoli, il re sopra ricca uave andava iucontro al figliuolo eò erede Francesco, duca di Calabria, che allora entrava nel golfo, venendo di Sicilia. La notizia lo costernò, e la diserzione di pochi uomini cui pote.a contrapporre diecine cli migliaia di soldati lo scorò: vole.a fuggire in Sicilia 1 vol.ea tratt.enersi sul ma,·e e non ftt poca difficoltà farlo scendere a terra . A Napoli la setta carbonara, all'annunzio dei fatti di Nola cominciava ad agitarsi. I ministri erano incerti; il re cercava invano di esser sereno; non si voleva affidare il comando <le11e truppe che dovevan combattere gli insorti a generali di cui si sospettava la fede. E mentre a ~apoli si era in tante dubbiezze e si perdern ciò che nel periglio è più prezioso, 11 tempo, la piccola schiera di Noi.a mandava dovunque messaggi, entrava trionfante in Avellinoi si univa alle truppe di quella città, accam~ pava' poderosa sulle alture di Monte/orte. E intanto al 3 luglio, ovunque erano settari si tenifavano so11evaruenti. Dopo molto esitare 1 tre generali mossero per di verse vie per espugnar Monteforte e snidarne i ribelli; t:no scontrò il nemico il g·iorno 4; potea vincere e si ritirò. Un altro non giunse il giorno 5 nemmeno a vederlo 1 poichè i soldati fuggirono. Il terzo non si mosse e preferl trattar di lontano. I soldati non combattevano, poichè non avean fiducia nei capi, i capi non l'avean nei soldati; il re diffidava di tutti .. Il generale carbonaro Guglielmo Pepe, che il giorno 3 accetta va per speranza di grande premio di anelare a combattere i ribelli, sapendosi sospettato e temendo di essere ari:estato fuggì da Kapoli insieme al genei:ale Napoletani, provocò diserzioni 1 andò a mettersi a capo degli insorti. Così un regno tranquillissimo il giorno 1° luglio, il giorno 5 era tutto in fiamme. Un re "democratica., Il re, riuniti a consiglio i suoi timidi ministri non trovò appoggio: non si pensò ad altro che a cedere, e il movimento non parve possibile freoore sè non seguendolo. Fuggito il generai Pepe da Napoli, disertate molte delle milizie, le altre incerte, l'audacia di qualche settario non ebbe limite. La notte del 51 sul tardi, cinque carbonari, si p'tesentarono alla reggia e chiesero audacemente di parlare col re, come ambasciatori di causa pubblica. Uscl sollecito il due.a d'Ascoli L'uno -dei cinque disse lo scopo dell' ambas~ia; il popolo era in arme, la sebt'a carbonara e i cit- , tadini tutti volevano la costituzione. Si attendevano le decisioni del sovrano. Il duca d'Ascoli entrò dal re, riferì tutto e, quando uscì, annunziò che il sovrano aveva conct:ssa la costituzione. E il capo dei settari : - Quando? - Subito. - Ossia? ... - Fra due ore. çon aria 1isoluta uno dei cinque cavò l'orologio dalla tasca del duca d'Ascoli, mostrò il quadra'Jte ai compagni· e disse: - E' un'ora dopo mezzanotte : alle tre la costituzione sarà pubblicata. - E andarono via tutti. All'alba del giorno 6 uscl un editto del Re che annunziava la nuova costituzione. Cosi in quattro giorni furono mutate dalle fondamenta le basi politiche di tutrt:o un reame . Altro editto nominò il principe ereditario Francesco duca di Calabria, vicario generale del regno: il Re a\·eva o disse di avere bisogno di riposo. La costituzione 1 pro\·visoliamente concessa, fu quella di Spagna ciel 1812. A ottenere una così profonda trasformazione non si era versata una stilla di sangue : che anzi era bastato a pochi minaCC'iare, a molti fuggire. La costituzione fu causa di gioia quasi gene~ raie. Molti vedevano la fine di ogni abuso, la riduzione dei tributi e tutti eiano lieti che un così notevole mutamento fosse avvenuto quasi senza contrasto. Così Napoli di venne paese costituzionale. E di un tratto, mutato il regime, mutarono anche le opinioni. La carboneria 1 temuta fino allora e odiata 1 divenne oggetto d'ogni lode; i pochi rivoltosi di Nola, trattati fino a qualche giorno prima come banditi 1 considerati •eroi de. gni di som.ma lode. Il regi me costituzionale, introdotto il 6 luglio del 1820, durò fino al 23 cli marzo del 1821; nacque percbè l'esercito del Re assoluto si sba11dò, mandato a combattere contro i ribelli; morì 1 perchè i soldati del goYerno costituzionale, mandati a. combattere contro lo straniero si sbandarono p.rima cli combattere. he sagre e il duce Tutto quanto fu fatto in quei nove mesi rivestì sempre carattere di spettacolosa teatralità : tutto era teatrale: l'esercito, i generali, la carboneria, il Parlamento. Non si amano molto se non le cose le quali si conquistano con difficoltà: 1111 p'1rtito è tanto più forte quanto maggio1i sono le difficoltà e le sofferenze che ha dovuto incontrare prima della vittoria. 111 La costituzione di ~apoli, ottenuta quasi senza lotta, dov"i' perire senza resistenza. A capo deU'esercito costituzionale si era messo in Avellino il generale Guglielmo Pepe, I.a più complessa natura meridion.ale che io possa immaginare: uomo che aveva dell'eroe e del ciarlatano, vero generale spagnuolo, che a un.a vanità morbosa e a una leggere--.tzaancor più. grande, univa uno straordinario ardimento. Fra tante cose buone o cattive, una cosa era sopra tutto: ardentissimo di libertà e insofferente di vincoli. L'eroica difesa di Venezia, ne] 1848, coronò in lui nobilmente una vita, in cui vi erano troppi pronunciamientos e troppe leggeiezze. Ora il generale Pepe, seguendo la su.a natura, a1nante dei grandi spettacoli e della teatralità, volle, bandita la costituzione, entrare a Napoli con pompa solenne a capo dell'esercito costituzionale, un esercito che1 diventato settario, si era anche più abbassato nella disciplina e ove i gradi della setta s; confondevano con quelli delle armi. li 9 di luglio, a una sol.a settimana di distanza clall.a rivolta di Noi.a, fu decisa I.a solenne entrata. Il re era a letto, malato di reumatismi e forse più ancora di paura. Il vicario, in abito da cerimonia, nella stan,,-..a del trono, circondato dai principi, dai generali e dai gentilnomini di Corte, attendeva i rappresentanti delle schiere. L'esercito entrò in Xapoli con gran pompa. Precedeva tutti il drappello dei disertori di Noi.a, chiamato, dopo il successo, squadrone sacro. Segui vano poi le bande nazionali e quindi il generale Pepe, che aveva a fianco il generale ::--apoletani e il colonnello De Concili. Pietro Colletta, fine osservatore, nota che il generale Pepe • sconciamente imitava le fogge e i. gesti di re Gioacchino,. Venivano poi tutte le altre milizie saldate e civili. E chiudeva il corteo uno spettacolo dei più strani. L'abate Meg,ichini, vestito da prete, armato d.a guerriero, guarnito di tutti i colori della setta carbonara, precedeva a ca.vallo settemila settari, fra cui v'erano uomini d'ogni condizione : molti preti, straord.i~ rio numero d 'avvocati. Il vicario si affacciò a un balcpne della reggia e comandò che ognuno si at.. t.accasse al petto i colori della setta carbonara, il rosso, il nero e il turchino e Je cocca.rde1 fatte dalle stesse mani delle principesse, vennero distribuite largamente. Tanto poteva il timore sopra anime deboli. Vi fu solenne ricevimento a Corte, pomposi discorsi del re, del vicario e del generale Pepe e questi non trascurò di baciare la mano a tutti, al re, al vicario, ai principi, alle p-rincipesse, e assunse l'alto ufficio di capitano generale dell 'esercito, che era o parea doYuto a chi riteneYasi la vera anima del carbonarismo. I partili abdicano davanti alla setta La rivoluzione del '20 fu o.i:>e:raessenzialmente dei carbonari 1 ed i carbonari noi abbiamo visto chi fossero. Caibonari cli venneio, dopo il luglio, tutte o quasi le classi medie, principalmente le 1 curiali. Una effemeride, che allora avea molta autorità la 1l1inerva, diceYa: « Esiste nel regno di Napoli • la libertà? Si può francamente rispondere che « essa esiste di nome, ma non cli fatto. Esiste « una setta dei carbonari? Ella esisteva prima. « del 6 luglio; da quell'epoca memorabile in poi « la setta è divenuta la nazione P. Nell'Italia continentale del )1ezzogiomo, ove l'aristocrazia era fiaccata anche prima del 18o6, l'opposizione al movimento carbonaro non ru viva. 1'1a la Si6lia a vea ben di verse condizioni. La feudalità in quel paese, non distrutta, era anzi potente; \·ive forse sotto mutate forme in alcune province tutt'ora. La classe intermedia, formatasi con difficoltà, non era ancora si forte da aspirare al governo. Gli avvenimenti {~i :\'apoli non potevano dunque essere seguìti in Sicilia. L'isOla volle una costituzione anch'e&la, ma una costituzione· autonoma e di carattere feudale : 11aristocrazia si agitò, pensò perfino di restaurare il Parlamento del 18121 in cui sedevano 61 pari spirituali 1 rappresentanti la grande prer prietà feudale. La rirnlta di Sicilia sciupò pare<Xhi generali napoletani, ma fu soffocata. Il Parlamento napoletano e la setta carbonara sentivano che non era possibile affermare la costitiuzione di luglio senza Yincere le resistenze della Sicilia. Le resistenze fllrono infatti vinte; ma la vittoria, facile del resto e non contrastata a lungo, sciupò molta parte delle non grandi energie di cui disponeYa il nuovo go"erno cc,-. stituzionale. Se v'è cosa che caratterizzi la carboneria e i fautori dei regime costituziona.1e nel 1820 è Pavversione che c1imostrar0110 in tu:tti i loro atti per 11aristocrazia fondiaria. Quando si dovettero fare le elezioni per i membri del Parlamento, nei comizi ogni forma di violenza fu usata contro i nobili, cui fu spesso impedito per forza e con male arti di votare. De-ii 72 rappresentanti delle province meridionali 2 soli eran nobili; gli altri quasi tutti avvocati, preti 1 magistrati e proplietari, lnscritti alla carboneria. La Sicilia mandò invece più tardi, in gran maggioranz.a, nobili e preti. Promesse di normalizzazione ... I giornali e le effemeridi annunziavano l'apertura del Pari.amento con frasi solenni. Uno cli essi diceva: « I giorni del primo entusiasmo « sono ora al loro termine: la. stagione de.il 'in- < telletto si avYicina con l'apertura del Parla-

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