La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 26 - 24 giugno 1924

L'opposizione popolare i" questo arrticolo ci sembra di poter tt0ta1'e u~,o dei segni più chiari del rin:n-<rvamento che s, è t'C>111tosvolgendo nelle file del J>ari'lo Po. po_lare_e wna delle prtm,e voci perfettamente co- ~cz.entz.delle n1urve funzioni che devano assum.ere i moderni partiti democratici. N&n sarà nwi detto abbastanza che Rh·oluzionc Liberale ·vuole a,PP,unt,0 cont,.ribu,1,re a crea,re questa serietà n.U01Ja in tutti i partiti ·moderni italiani, pur mantene.n.d,o fern~e critiche e riser-"e di carattere program,•• mat1co. Dalle elezioni del 6 aprile - che rivelarono a<l onta. cli tutto, una profonda e tenace vitalità del P. l'. l. - al primo voto di fiducia della cosidetta XXVII legislattua, è stato agitato nel. Pinterno del P. P. I. il problema della sua oppo-- s1210ne. Ciò è avvenuto con appassionato interessamento delle parti in contrasto, e con una certa contenuta drammaticità; anche se scarsa e scolorita l)e sia sta,ta la sensazione a LI 'esterno. );on si è. discusso - uè evideutentente lo si poteva -- sul fatto dell'opposizione popolare. Esso, virtualmente, era incontrovertibile fino a]. l'indomani del Congresso di Torino; e le caute. late impostazioni degli organi dirigenti del Parbto e la troppo remissiva attitudine del vecchio gmppo parlamentare ad altro non servin,uo che a svuotare di gran parte del suo contenuto idea.le e politico il fatto dell'opposizione, con qualche non lie,·e danuo per il Partito. Ma dopo la burrasca eìettorale, anche per il più cieco ottimi.sta la dichiarata opposizione popolare non poteva non essere irre,·ocabile e fat..le. Quindi il dibattito e il dissenso dovevano JX>larizzarsi intorno al m.etccto ad alla finalità di essa opposizione. A chi non conosca davvicino il Pa.rtito Popolare e non abbia compreso la delicate,-..za della sua strul:tw·a organica - composta essenzialmente di cattolici - e non ne abbia penetrata la sostanza ideale che si riassume nclla. sua vi. Yente ispirazione religiosa, può sembrare oziosa e quasi sofistiça una simile sottilizzazione; men~ tre ri\·ela il tra,·aglio di uu movimento politico che nel campo della pubblica attività è sp-into a trasferire il senso della responsabilità e della eticità quale promana dalla coscien7.a morale e religiosa dei suoi componenti. . .. Potrebbe assai giustamente osservarsi che m.etodo e final1tà sono, in un certo modo, correlativi; che, anzi, il primo è in subonli~e alla seconda. Quale la finalità che i popolari pongono alla. loro attività di opposizione? Sarebbe semplicistico· e leggermente puerile credere che la benefica crisi interna attraversata recentemente dal P. P., per effetto della spietata pressione fascista, abbia veramente svuotato il Partito di tutto il vecchio elemento clerico.moderato-conservatore. Una certa parte - sia pur piccolissima - vi è rima.sta acquattata tra le file; qua1che esponente è ancora in vista con . caµti atteggiamenti di non compromissione. Ebbene costoro costituiscono, in un certo modo, la accorta retroiuardia rimasta nel Partito per frenarne gli impulsi e gli atteggiamenti rinnovatori e - all'occasione - per costituire i] ponte -di... ritorno, o l'anello di congiunzione con i fuorusciti. Si spiega come costoro tollerino per necessità di cose, subiscano mal volentieri l 'opposiz.ione popolare e ne auspichino con ogni fervore la fine, nel ritorno ad una collaborazione purchessia. Minoranza esignissima, che si vede e uou si Yede, non può destare serie preoccupazioni, staccata com'è dalla vita. fresca e attiva del Partito. E' destinata a perire definitivamente col disfarsi ormai irrepnrabile delle sue flaccide illusioni. Invece il largo ceto - dirò cosi - dirigente del Par-llito, è preso nella stretta di questo quasi tragico dilemma: auspica sinceramente - per dovere cli coscienza - la 11onnalizzazio11e e la pacificazione della vita politica del paese; ma non ci crede ! L'impulso generoso della cosciew.a. popolare si orienta e si protende spontaneamente verso la 11onnalizzazione e Ja pacificazione: (e non è - si badi - generato tanto da prospettive di col~ laborazione, quanto da un onesto proposito di convivenza) µw. la fredda e realistica valutazione della situazione politica induce a disperare del riassestamento cli essa,• o qua11to meno lo lascia illtrnvvedere assai loutano ed jncerto, attraverso t11rbamel}ti e sconvolgimenti ancora profondi. Da tale incerta impostazione finalistica deriva il llretoclo dell'opposizione popolare, oggi in vi- •gore, 'e che potrebbe dirsi autonomistico. Non sì cl'ccle cioè 11è alla possibilità, diciamo etico-- politica, uè all 'oppottunità e c011venieuz.a d'una. saldatura delle vari~ opposizioni in parlamento e nel paese. Anche se si riuscisse a superare quel ce1to naturale senso di repulsione, più che <li c]iffi.denza, verso strette combinazioni con altre · f-orm...1 z.ioni politiche avverse e spiritualmente lontaue, praticamente l 'a-llean1..a opposizion.ista - cosl ragionano i popelari. autonomjsti - o porterebbe ad un rovesciamento rapido e completo del1a situazione, da operarsi, si capisce, con mezzi violenti - e quindi con la peggio .per i popolari che da taii mezzi rifuggono - o ad tt11a sterile parata protestat.aria che avvantaggerebhe il socialismo, il quale cova sempre profonda l'avversione per la libertà dei popolari -e clet cattolici. LA RIVOLUZIONE Lil}ERALE 103 Di qui la liberU1, l'indipendenza, l'aUJt.onomia della opposizione popola1·e, inlesa a difendere strc11uamc11te il suo programma ed a prepararne l'integrale attuazio11e quando - in un tempo 11011 lontano - i popolari costituiranno necessariamente la classe politica dirigente. Tale impostazione - che potrebbe dirsi iute. gralista - risente di qualche pregiudizio non n11corn.del tutlo vinlo nell'animo dei popolari, mem~n .- c~me cattolici - di non lontaue oppress1ou1 autlclericali; ma è sopratulto astratta e _s~hemalica, moralistica ed un po' troppo avve111nsta: uon politica e non realistica. Ora il popolarismo - come esclusivo movi. mento politico aconfessionale - ha in sè o può avere gli elementi sostanziali per tradursi in wi mito d1e neghi e superi la immediata realtà ed oped nel profondo clelle coscie117.,ein vista di 1 u.n nuo,·o, trasformato, rovesciato avvenire? Non è invece - più e meglio _ una forza polilica. che si interferisce ed opera nel quadro delle altre forze politiche immediatamente con finalità di leula, assidua, progressiva pe-1~meazionee trasformazione attraverso la quotidiana pratica politica, nel processo delle paniali rifonne e delle graduali conquiste, secondo le esigenze delle sue inderogabili premesse democratiche? . .. V'ha un'altra minoran7...a - assai più cospicua della piima - la quale pone e risolve il problema della opposizione popolare in modo assai netto e preciso, almeno teoricamente. Se non si può - nè, iu certo modo, si deve - credere alla nonnalizzazione, la quale, nella più ra&ea ipotesi, altro non sarebbe che nonnalizza.- zione fascista - cioè pax sl, ma pax fascista __ e si deve·invece tendere - con minori O maggjori) pxossime o remote probabilità di successo, uon impprt.a - al rovesciamento della: sttuazioue all'abbattimento <letla dittatura reazionaria, plu: tocratica e violenta., per sostituirle un regime cli integrale e moderna demoq-azia, credete voi che il miglior modo per raggiungere l'intento sia quello di marciare di visi, sia pure per coL pire, quakhe volta, uniti, o non avvertite invece la necessità di preliminare, di coordinare, annonizzare, intonare le forze e gli. sforzi comuni? Che w1 blocco parlamentare - fatto con ,tutte le regole - delle Yarie opposizioni sia per essere sterile, ciò è più che probabite, data l'attuale anormalissima situazione parlamentare. Ma il conquistare da soli un posto di vice presidente della Camera con 45 vot'i, su 535, e vedersi per giw1ta trnffati sj,iritosameIJte per gli altri 'ntQ11, gibili diritti delle minoranze, non è meno e peggio di qualsiasi più dura sterilità bloccarda? Tuttavia non è di blocchi che si parla, ma ùi intese tali che valgano ad impedire il comodis-· simo giuoco avversario di trovarsi di front.e più e svariate opposiz.ioni 1 a.uzichè u~z.a organizzata e intransigente opposizione, almeno stùle quesioni più vitali e fondamentali, quale ad esempio la negata legittimità della Camera attua.le. E poi, fuori della Ca.mera - certo la mene atta a risolvere la nostra tragica crisi - nel paese, come straniarsi in tanti atteggiamenti negativi, e non cooperare per tracciare alla coscienza pubblica - già tanto disorientata e stordita -- una lin,ea ~i tiscossa e di rinascita, per sospù1gérla verso la riconquista di sè med.esi.ma, per evocare in essa la sua fede profonda ed inespressa in quei pochi e semplici principii etici e politici che sono come i cardini di ogni ordinamento democratico? Oggi non è il tempo della specificazioni sottili, delle scissioni e delle moltiplicazioni di forwaz~oni politiche, chiuse in sè stesse ed avverse, sel"'rate da fragili diafram.mj ideologici, sospese al filo sottilissimo di apriorismi e di astrattismi vuoti di contenuto politico. Oggi per vincere il disorientamento e l 'abenazione degli spiriti, per superare e svellere la dittatura e la reazione, v'è d'uopo di vasti concentramenti di consensi, di propositi, di "ttività. Il tenn.ine di polarizzazione è la democrazia che vuol dire libertà e giustizia. Se essa sarà - come può e come deve - permeata dallo spirito del cristinesimo ciò vorrà dire una più alta conquista dei tempi e il frutto di una così lunga espiazione. La libertà e la giustizia si sublimeranno allora veramente nella carità cristiana. 1\1a non straniamoci da questo erompente èmpito di democrazia che scuote ii cuore del popolo, e che domani si tradurrà in fonne ed in opere di vita civile. Non macchiamoci della colpa Ji veder rinascere - la democrazia moderna - laica ed antidericale. ... L'opposizione popolare è fatalmente destinata a svolgers_i secondo questa co1Tente ideale e pratica. Nel paese si· può dire è già cosi; la cownnanza dell'oppressione e della persecuzione che scopre e rÌ\·ela nitidamente la profondità e la sincerità della (ede reciproca, opera come ele. mento di affratellamento non solo nella sventura ma ptLre nella speranza e nell'attività della rinascita. Molte diffide.oze, molti pregiudizi piccoli e settari cadono: la vita politica si riduce 1 ciò che di essen.ziale, cli perenne, di vitale v'ha in essa. Nel parlamento, il maturare ed il precipitare degli e.venti avranno ragione delle ultime titubanze e degli ultimi timori. Il movimento politico popolare non è un'effi. mera ed artifi,ciosa costruzioue del dopo guerra, come alcuni· m()jitra.n.o at;tcora di riten~e ·: è il p;-odotto di• una immanen~ esige.nza dello spirito moderno, di conciliare, <li armonizzare la coscienza religiosa del caltolico, con la cosciell7...a democratica del cittadino: il popolarism.o - o la democrazia cristiana - è la sintesi, forse non perfetta, ma certo perfettibile di questi due termini, di questi due dati della coscienza moderna. Nella rinascita della democrazia - che non può essere se non antifascista _ esso non può esse,·c tagli.,t.o fuori: ne i:, ne deve costituire un clcmenlo sostanziale propulsivo e polariz. zatore di primissime, ordine. Se questo compiutamente noa sentono tutti i capi del pa,tito, questo avvertono lucidamente e orm~1i irrefrenabilmente le masse popolari, nel loro semplice e sano istinto politico. Del resto gli an-en.imenti - di tanto più forti delle intenziaui degli uomini - s'incaricheranno cli ch..ia... rire a tutti la necessità e la provvidenzialità cli tale sbocco al!a opposizione popolare. ATTILIO PICCIONI. L'ECONOMIA SARDA La géOlogia sarda trovò il suo più sintetico decdtlore in Carlo Cattaneo che derivò diligentemente i suoi studi sulla base delle indagini di Alberto Lamarmora, del Manno e del Martini. La Sardegna è costituita verso d'Italia da una massa fondamentale granitica, secondo una lunga linea <li sollevamento che ha spinto fuori le creste della Limbara, del Ra.so, del Gennargentu, dei Set.te F1·ateJli: sulle cime vi sono gli strati cal_carei recati in alto dagli abissi del mare, ove prnna posa rnno. Ver.so la Spagna la terra è nata da erU2ioni \·ulcanicbe meuo regolari che determinarono ammassi non unHormi di basalti di trachiti e di lave. Tra l'una e l'altra zona ~u. ticelli, colline e pfanure formate dai sedimenti delle eruzioni o dalle acque. i\'Ia questi sollevameuti. fermatisi a mediocre altezza sembrano tumuli sparsi ineguali sul piano e non partecipano della natura delle Alpi e degli Appennini, che banno invece catene continue e netti declivii. La mancaru.a di sommità notevoli (se si esclude il Geuuargentu, i monti sardi superano di poco i 1000 metri) ha effetti assai gravi sull'economia del paese. La neve permane in pochi luoghi; i fiumi <lell'isola che nella stagione piovosa corrono gonfi e inten 1ompono 1a via in breve inaridiscono e allora le acque ristagnate fra i terreni argillosi tormentano le pianure. Così ogni verdura sparisce a mezzo giugno dai bassipiani e dopo la mietitura le terre pri,·e di alberi e cli acque paiono deserte. Anche i venti non recano l'utile che dovrebbero per queste condizioni: il maestro giunge a Cagliari già caldo e secco dopo aver attraversato la landa del Campidano; e lo scirocco che a Cagliari è carico cli vapoli sali11i arriva secco a<l Oristano « Non è meraviglia dunque - osserva il Cattaneo - che in quegli alti recessi fra dense selve e pascoli verdeggianti, e fontane che scorrono fredde e limpide nelle fessure dei graniti, le bellicose stirpi indigene abbiano potnto per molti secoli ripararsi dagli invasori, che ora sbarcavano a depredare le calde e vaporose maremme, ora a coltivarle; e sempre lasciarle seminate dei loro sepolcri. E v'ha ogni argomento a credere che, mentre variè nazioni dell'Asia, dell'Africa e dell'Europa ap,par\'ero e scomparvero più volte su quei lidi, le stirpi primitive sopravvissero alle stragi, e ristorate di bel nuovo nell'asilo dei 'loro monti, scesero poi colli armenti a ricondurre la dta errru1te sul piano derelitto. E durerà lungamente, sino a che il commercio, il quale con sempre diverse genti ven11e dal mare alla isola, ma non seppe mai steudersi dall'isola a signoreggiar sui mari, non siasi ben radicato nell'intimo vivere del1e popolazioni, non soggioghi le ultime reliquie della vita pastorale/ e non armi l'agricoltura con quei copiosi capitali, senza cui non vale potenza. cli clima o feracità di terreno >. Le miniere Di un notevole sviluppo industriale sarà capa. ce la Sardegna quando si potranno sfruttare le sue risorse minerarie. Il regno minerale abbraccia in Sardegna gli estremi della scala geologica: ferro, piombo argentifero, antracite, lignite vi predominano e non maucauo rame, antimonio; traccie d'oro e cli mercurio. Il granito rosso si trova nel monte Nieddu, il roseo nei Sette Fratelli, il grigio nella NutTa; varietà notevoli <li n1armo d sono sp,"lrse in numerose regioni. Abbonda l'alabastro, il gesso, il sal comune, le argille. ecc. i\G. lo sfruttamento miuerario è sinora pochissimo diffuso. Gli studi del Lamarmora furono la prima base di osserva.zicue e sen·irono specialmente ai tentativi degli stranieri. A]PafferJ,Uarsi di iniziative notevoli si oppongono inesorabilmeute l'assenza di strade e le cattive condizioni igieniche e sanitarie. Nella miniera <li Corongiu della Società Monteponi si estrae antracite che viene però quasi tutta utilizzata dalla Società stessa per la fabbricazione del bianco di zinco. Mentre prima delIn guerra l'intera zona antr'acitifera sarda dava una produzione di poche centinaia di tonnellate si superarono durante la guerra le undicimila tonnellate per la necessità di sostituire i combustibili esteri. Più importanti sono i bacini di lignite scoperti per caso dal Lamanoora nel 1837 nel territorio cli Gonnesa, condotti dalla Società anonima Bacu-Abis che diedero dal 19914 un prodotto crescente da 15.000 tonnellate a 70.000 nel 1918. i.Vla questo combastibile non è adatto ai processi metallur~ici e viene adoperato in gran parte per alimenta,·e le centrali elettriche di Cagliari e di Porto Vesme. Durante la uerra un tentativo di valersene per la tt'a~ioqe ~eccanica nei treni de)le ferrovie sar~e non ebbe b,100 esito. L~ miniere ferr~~~ della Società NltITa sono state ~soperte recentemente, e pare che si estendano per più di 4000 ettari. Il minerale che si estrae si calcola in 300.000 tonnellate; esso è di ottima qualità e il suo t'enore in ferro oscilla tra i 1 45 e il 52 per cento. In base a caJcoli fatti sni sondaggi sin.ora eseguiti la quantità di minerali di ferro esistente nei vari giacimenti si può valu.- tare a 11 milioni di tonnellate. Le miniere di piombo sono le più importano che possegga l'Italia e cosl quelle di ,Jnco e di argento. Si può ritenere che l'isola a ves,;e prima della guerra un prodotto medio di 200.000 tonnel. late di minerali per un valore di circa 22 milioni di lire e che nelle miniere trovassero lavoro quindicimila persone: queste cifre risalgono ai calcoli dell'iugegnere Vittorio ~ovarese, ma sono duraute la guerra notevolmente aumentate se appena si pensa che prima. della guerra non si parlav di sfrnttamento delle miniere ferrose. i1a le miniere sarde non hanno un'imJX>rtanza adeguata alla loro vastità nell'economia dell'isola perchè si riducono ad un'industria puramente estratti va e i minerali vengono per la massima parte es_portati gre-,zi. Anche per questa parte s1 esercita sull'isola un mero sfruttamento di rapina nè è possibile per ora migliorare le condizioni dell'industria a causa della difficoltà di creare· nell'isola una mestranza e di ottenen.·i condizioni obbiettive favorevoli a un'industria ii seconda lavorazione e a un'attività commerciale. E' inizialmente un problema di strade, di sicn1 ezza pubbljca e cli sicurezza sanitaria ma che involge poi complesse ragioni di psicol~gia e di razza. Certo tuttavia se non si supereranno queste difficoltà l'industria mineraria non riuieirà a dare all'isola la sua fisionomia e ad aiutarne la reden7jone. L'agricoltura Il problema agricolo per ora si presenta come dominante e caratteristico. Il problema sardo non è il problema meridionale, benchè due gran_ di mali abbiano in comune le due regioni: la siccità e la povertà. La storia scrutata spregiudi. catamente può dare insegnamenti preziosi : la leggen<la opinurs Sardin.ae segetes feracis si può tristemente spiegare e confntare. La Sardegna fn già al tempo dei romani trattata come terra di conquista e il nome che le si attribuiva di gra11aio di Roma è dolorosamente significativo. Infatti i romani coltivavano a grano le terre di Sfruttamento, non adatte a ricche culture. Anche il problema dello spopolamento risale agli antichi: la densità della popolazione sarda era già al tempo della repubblica e dell'impero corrispon<lente a quella dei giorni nostri in rappo,to al contiliente : ciò per le solite ragioni <li deficien1_a della, sicurezza pubblica e di malaria. Il problema dello spopolamento io Sardegna è lo stesso problema dell'economia generale dell'isola. Essa non offre sufficienti risorse ai suoi abitanti che si trovano ancht per ragioni fisiche e fisiologiche in una condizione di m,inorati. L'emigrazione è ttua necessità ancor più forte che per il resto del! 'Italia, essendo per la Sardegna doppia. mente vero il pensiero del Kitti sulla difficoltà dell'Italia a diventare una nazione Yeramente agricola o meramente industriale e sulla necessità di -ricorrere ali 'emigrazione per salvarsi da.L la penetrazione straniera e dall'asprezza. dei cam._ bi. Un caso interessante è anche l'e1nigrazione sarda verso la penisola: un forte contributo vien dato dai sardi ai corpi di pubblica sicurezza. (più di u.ooo erano nel 1921), quasi l'unità tra Sardegna e penisola non possa effettuarsi se non come una forma psicologica di invadenza buroccatica. In tutte le forme si manifesta insomma la necessità di abbandonare. la terra per formare artifi~ialmeu.te una media borghesia che l'economia locale non riesce ad alimentare. Nel periodo 1900-1905 la media degli emigranti è di 473 per ogni 100.000 abitanti : nel 1907 per la crisi dei caseifici si giunge a una cifra totale di n.659, e nel 1913 a causa della siccità gli emigranti sono t2.2i4• Koi non vorremmo certo esagerare l'importau7.-a clell'ammoutare delle rimesse o risparmi degli emigranti, ma è evidente che pei1 la Sardegna non c'è altro rimedio alla disoccupazione non potendosi parlare seriamente di lavorare le terre incolte quando manca.no i capitali mobili e non è possibile intraprendere le gigantesche opere di bonifica necessarie. L •esodo dei braccianti e dei contat.ini evita che s'in. traprenda a,:tificiQSamente e dannosamente la cerealicu1tura dove le condizioni non sono propizie. Di- 2.410.876 ettari, solo 433.484 sono di pia.. nura e questi stessi battuti dai venti di le,·ante, maestrale e scirocco con un'intensità pericolosa. La popolazione si divideva nel 190r in 41.661 la.. vorato:i di proprii fondi, 24.031 bifolchi, 15.4o8 coloni, 77.753 giornalieri, i quali ultimi, dominand,o I~ pastorizia e mancando quasi comple- •tamente la cultura intensiva, erano di' solito disoccupati. La legisla7.ione italiana ha aggra-

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