POLITICI\ ESCE CONTO CORRENTE POSTALE Diretta ~ Abbonamentoper il 1924 J OOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 20 - Per un !!emestre L. IO • Estero L. 30 Sostenitore L. 100 - Un numero L. 0,50 IL MARTEDÌ Ct,i rice.vt ur, OUl'T)ero di sa9:Jio 4' r,or, ir,teode a.PPooarsi rttspìr,9:a il jiorr,ale, altril'Y)e rii 9:li cootir,u~remo l'invio e ic:Jopo un rr,t?se provveC:ertrr o ali~ riE(cE5icr,~ rr,,c·ali1e 1r2-iia. Anno III ~ N. 2_~ - 3 Giugno 1924 9 O MM ARI O: p. g.: Il re. dei reduci. - A. MONTI: Burocrazia e fascismo: Il. Eìll Impiegali e la" f1arcla .,. - F. N1rn: ~a tragedia dell'Europa. - R. BA,;!':,<; ~•umanilaria. IL RE DEI REDUCI Roma, 25 maggio. Col discorso della Corona l'opposizione è defini.Livamente sconfitta nella sua tattica di lavorare su un immaginario contrasto tra Mussolini e la Monarchia. La camicia nera ha ceduto al frak. A raJJnesenLare, la rivoluzione fascista in camicia nera è rimasto solo l'on. Cesare Forni, ma non è detto che non debba finire anche lui per acconciarsi a meno avveniristiche mode. Nell'atto in cui te « medaglie d'oro» Ponzio di San Sebastiano e Rossi Passavanti si accostavano per il baciamano alla berlina della Sovrana la rivoluzione degli spostati trovava !il suo ultimo e passatistico « sbocco » nelle· consue- • tudini della Corte e le inquietudini del reduce si risolvevano per sempre nella stanca e beata compitezza del valletto. L'i~nportanza del discorso della Corona è data dal suo tono. Lo st-ile risente, è vero, qua e là, di enfasi dannunziana e di cattivo gusto futurista; ma nell'esposizione dei propositi è crudelmente giolittiano. Gioverebbe far i.Zconfronto con i tre discorsi che fece preparare Giolitti, nel 1904, nel 1908, ne/. 1913. Un fiducioso sguardo all'avvenire, - i problemi operai e della pace in prima linea. Pdchissimo accentuato il riconoscimento della rivolitzione fasci$ta, ·'ma ·in compenso portata la questione fino alla radice nel ric01wscimento e nell'esaltazione dei reduci come politici. Tutto questo considerato• come normale, pacatamente, mediocremente. Il regime è stabile: nel cuore del Re Mussolini ha preso il posto di. Giolitti. Un discorso fascista sarebbe stato meno pericoloso e definitivo: invece Mussolini diventò invincibile facendosi complice ed erede dei metodi della monarchia socialista: La Corona accetta il nuovo Governo accontentandosi della più modesta garanzia ossia conservando la sua sabauda moderazione, diventata ormai, . co'i trascorrere degli anni, mediocrità. Mussolini alla sua volta espone i suoi programmi attraverso la Costituzione. ' C'è una prova indiscutibile 1di questo per: feUo accordo ed è data dal èonfronto tra "' il discorso della Corona e le ultime manifestazioni del pensiero del Presidente. La intervi§ta al Times, le dichiarazioni agli operai, le spiegazioni sulla Milizia hanno trovato nélle parole del Sovrano un interprete autorevole, una firma di garanzia. Per questo risultato Mussolini ha dovuto sacrificare le sue invettive contro la libertà, e accontentarsi di deprecare la licenza, ma nel cambio c'è ancora il gioco d'astuzia dell'addomesticatore. Il fatto è che il sovversivivismo dei reduci passando acéanto alla Corte è diventato conservatore. In qu,esto esperi'l'/'l!ento•di normalizzazione Mussolini è riuscito a i'rrl!pegnare.il Sovrano. Il mussolinismo ha sconfitto decisivamente il costituzionalismo. Chi vorrà, rimanere-antifascista doJJO il 24 maggio dovrà cominciare con la pregiudiziale istituzionale. • La moderazione sabauda dell' ultimo re hà voluto insistere sui problemi del lo:voro quasi confermando la coerenza di un vrogramma che fu cominciato con Giolitti venti anni fa. Ma vogliamo far notare il tono con cui si è espressa questa insistenza. E' facile avvertire il candore del piccolo borghese che considera le classi operaie éon sentimento di paterna filantropia. Con ingenua soddisfazione si parla dell'ufficio accanto all'officina e vicino alle classi lavoratrici non si dimenticano i tecni~i. Le svmpatie del re(lime insomma si volgono appuntl verso un sistema di produzione ordinatamente paterna. Così l'accenno alla piccol(I. e alla 'media proprietà agricola è significativo come una vera e propria confessione; non tanto per le ragioni economiche a cui si può riconnettere, quanto per l'idillico richiamo alla psicologia del possesso famigliare che ne è derivato. Certo in queste premesse e in queste lusinghe si deve constataie la più completa inesperienza delle masse operaie e delle moderne lotte democratiche. Se il discorso del Re segna il consolidarsi della Plfrentesi conserva·trice inaugurata nel dopoguerra dalll disoccupazione e dalla stanchezza degli excombattenti resta tuttavia innegabile che "-' questo equilibrio le avanguardie dei ceti o.. perai oppongo1w una resistenza non dom11 1 ta. E' il mussolinismo che si adatta a questd equilibrio riprendendo una situazione .'ipicanumte giolittiana e il re ne è rimaslo • così soddisfatto da diventare accondiscen. dente persino verso la milizia nazionale. Comunque Mussolini sia per orientare ù suo trasformismo nel futuro gli riuscirii assai difficile nascondere la schietta anima d~t piccolo bMghese e antisocialista che sta sotto le solenni professioni di afte/Iloper il proletariato. Il discorso della Corona è stato abilissimo, ma ha scoperto il gioco. Il presidente troverà consolidato il suo potere. Si . rivolgeranno a lui, accanto alle camice nere, anche gli ex combattenti rimasti in a/fesa, i giovani conser•atori desiderosi di ordine e di lavoro, con in fondo all'anima un sottile istinto reazionario e anti-socialista che è quasi il segreto della toro borghese , gnità. Ma l'esperimento giolittiano ha ,messo in guardia per sempre il proletariato e le éli tes delle libere democrazie di domani. Questi sanno che oggi il governo di Mussolini , stabile e che è una pia illusione l'idea di liquidarlo attraverso i meschini dissidi interni del fascismo. Tuttavia restano in riserva, non si piegano. Non collaboreranno perchè lavorano per una situazione nuova, futura, di dignità politica e di serietà economica. Questo è i_lsolo antifascismo con-, ere/o e realistico - l'antitesi della generazione dei «reduci». p. g. BUROCRAZIA E FASCISMO 11. Gli impiegati e la " Marcia ,, 11Presidente del Consiglio on. Mussolini giun. to alla Capitale subito dopo le elezioni, tenne i'. ro aprile al popolo di Roma, il discorso che non aveva tenuto al popolo di Milano, e disse nell'occasione, ft:a le altre parole memorabili, queste memo1·abilissi1~e: « Si-diceva che gli i1H,:;:1,.f. gati 11.011G1J·rebbero11otato per il Go1Jerno : hanno -votato». Alle quali parole gittate alla folh stipata davanti a Palazzo Chigi, voci dalla folla risposero: « tutti-} tu.ttì :o. Gli impiegati che dalla piazza di tra la lolla rispondevano cosi al Duce e per sè e per i colleghi assenti credo che non esageras~er-o quando assicuravano che, nooosta.nte le voci e i timori e le speranze, gli « impiegati », ancora una volta aYeYan marciato, allcora una volta avevan espr~ so la loro fiducia nel Governo Nazionale. - E' stato d.etto che il fascismo è il partito e il 111ovimento politico degli. im.piegati, e in qu~ta affermazione c'è d-ifatto molta verità. Gli imp:ie-- gati in genere, gli impiegati governativi particolarmente, erano- ctestinati tutti ad affluire a questo movimento. Nel tempo della rissa fra neutralisti e interventisti, _1;impiegato, che vuol poi dire in Italia, il borghese di media coltura 1 fu, in genere 1 interventista, e vo11e la guerra come la volle la, nostra borghesia intellettuale, per i uoti impulsi garibaldini e mazziniani, sentimentali e filantropici, tanto esaltati e derisi a seconda dei tempi e delle parti. Nelle giornate di maggio gli impiegati dei Ministeri di Rom.a fecero il diavolo a quattro e i colleghi di tutte le parti d'Iht1ia tennero loro bor~one co~e 1:1egli~?°tettero. DUJ'an~e la _guer ra 11 ceto 1mp1egattuo 1 non ostante 1 lar'ghi e non sempre richiesti esoneri, diede un fortissimo contingente di quelli che furono i veti martiri della guerra, gli ufficiali subalterni : e fu-· ron le famiglie degli impiegati, cioè la media borghesia italiana, que11e che più stoicamente e con più coscienza e con più abnegazione soppor- . tarono dello stato di guerra i più dù.ri diisagi. Terminata la guerra si formò in questa classe W1 curioso e complesso stato d'animo, del quale è indispensabile rendersi ben ben conto, quando si vogliano intendere appieno le origini del fa. scismo. A form.ase que.sto stato d'animo contribuiva anzitutto quel general sentimento di insoddisfazione e di disorientam,ento che lasciò in tutti la fine della guerra, sopravvenuta fuori d'ogni attesa e detenninata da troppi fatti di indole non coreograficamente militare, e a cui non segu1 in .nessun paese- l 'im.mediata ed integrale attuazione ili tante promesse e ili tante speranze : tanto più forte fu in questa nostra borghesia impiega. tizia l'insodilisfaiione quanto più profonda era stata la fede che essa. aveva riposta in molti dei miti della guerra mondiale, e tanto più grave era il suo disorientamento in quanto, lontana dalle estreme ideoÌogie dell 'impeTialismo e del disfattismo socialista, non trova va una formula semplice per es,primere i1 suo disinganno, come ~on trovava un bersaglio bene individuato contro cui sfogare la sua esasperazione. In un primo momento questa classe, obbedendo in parte alla natural inclinazione cli ogni vero italiano, in parte serbando la consuetudine di ir;ritare ·e di seguire, sia pure a una certa di. stanza, gli atteggiamenti del ceto operaio orgaghnizzato, rivolse il suo malcontento contro 1o Stato e contro il Governo, ossi.a, più precisamente contro gli uomini del Govepio e contro le istitnzioni e gli organismi dello Stato. Intanto agiva, poteutissimo, il solito fattore economico: ;_J persistere e l'aggravarsi del/ caroviveri dopod°bè, cdi lìu i,r de!'ia • g:t.-e.r.a, c..:an. ..c_es..5.ate ._le r:1.; .,. gioni di sentimento e. di disciplina che avevan fatto fino ad allora tollerare tanti disagi, aggiungeva esca al fuoco1 e ] 'impiegato, spettatore dei guadagni e degli sperperi degli operai dell,e grandi città, mentre schizzava fiamme contro quegli zotici che « guadagna\·an più di lui», ue imi,t!ava e ne travisava i modi di lotta, buttandosi a capofitto, come quello contro i padroni, e le loro organizzazioni, così esso contro lo Stato e le sue amministrazioni. ìVIa succedeva questo curiosissimo fatto: c~~- in quel generale sollevamento çontro ì poten dello Stato che contraddistingue i1 periodo '19 ~ '21 1 gli impiegati in generé, quelli governativi in particolare, mentre erano in quell'a opç.i~a di denigrazione e di smantella.mento, parte attiva, c01ne tutti gli altri ceti operanti nella ,·ita pubblica italiana, e anche più, erano anche in quefla stessa lotta un elemento passh-0 1 ~inquantochè rappresentando essi gli impiegati, davanti alla comune del pubhlico, appunto quello Stato, appunto quelle amministrazioni contro cui si appuntava l'ira generale, erano essi gli impiegati i più esposti, a ricever l'urto e le offese di quell'incontenibile furore, e si sentivano l:;SSi, prima e più di ogni altro, premuti,.,e bistrattati dal malcontento universale: per cui odianti o odiati, assaliti e assalitori, stato e antistato, questi dipendenti dal Governo e dai pubblici uffici e dJti pubblici ser. vizi forn1arono in ·quei tempi la più miseranda categoria cli dannati che sia stata messa ne11'inlemo del dopo guerra a scontare peccati non suoi. S'aggiunga poi un'altra circostanza ed è questa: che questi impiegati i qttali, in quella fre. nesia di ribellione, movevano con tutti gli altri a parole ed a fatti, contro lo Stato e contro le Am1;ID11istrazioniStatali, erano poi ili fatto i più .interessati, i soli immediatamente e visibilmente interessati, alla. conservaz..ione e alla restituzione di quello Stato dei cui stipendi! essi, dopo tutto, o bene o male, vivevano, e siccome, o più chiaramente o meno chiaramente, a· seconda del. la maggiore e minore coltw·a, ma tutti effettiva11uente sentivano questa identità di' interessi, questa quasi consunstanzazione che era tra essi dipendenti dello St'ato e lo Stato loro padrone e loro mantenitore, cosi accadeva che mentre essi alla esistenza e stabilità dello Stato menavano con le }pro impazienze e le loro esigenze i col pi più fieri, d'altra parte e bello stesso tempo non ristavano dall'invocare la cosa1 o la persona o il miracolo che ponesse fine a tanto putiferio, e non cessa van dall'augurarsi prossi;mo l'avvento di chi assicurasse la baracca, a cui eran legati per la vita, essi ed i loro. * ** Si vede di qui quanta parte debba aver avuto la classe impiegatizia nel provoca.re prima, nel favorire poi il movimento fascista. Quando sul finire de] '20 le agitazioni ope-raie erano sul declinare e con. la votazione delle leggi sui sopr2prolitti, coll'app,rovazione,del trattato di Rapa]. lo, ]'espulsione di D'Annumdo da Fiume oarea si iniziasse anche per l'Italia un periodo a°i govc-rno serio e fruttuoso, si fecero avanti, ultime rL-,erve del bolscevismo e nazionale •, gli impiegati, gli irnp;egati peT antonomasia, gli ,tatali, e, vergognandosi che tutti gli altri, contadini, operai, ferrovieri, an:ssero già fatto il loro sciopero, ed essi no, nella primavera del '21 esa:,.-peravano la loro agitazione fino al parossismo del famoso e fronte unico> e fino all'esplosione di scioperi, di ostruzionismi, di polemiche, che av• venne, come ognun ricorda, proprio nell'imminenza. delle ek,ioni del '21. E' diventato un luogo· comune l'affermare che il sintomo più grave della crisi italiana del dopo guerra sia stato quell'ininterrotto susseguir.si di scioperi e di agitazioni operaie che culminò con l'occupazione delle fabbriche: ogni peTSOna appena ragionevole sa che quest'affermazione o è falsa o è tendenziosa. Vera invece e obiettiva è I 'affermazione, secondo cui il sintomo più grave di quella crisi furono le agitazioni dei dipendenti dallo Stato e dalle pubbliche amministrazio_ ni, ed il punto cli maggior depressione toccato dalle forze vitali ed essenziali d'Italia è segnato Yeramente dall'agitazione detta del e fronte unico • e dagli scioperi dei maestri elementari e dei professori medi. Le industrie del nord e la piana del Po sono in Italia ma non sono l'Italia; delle Amministrazioni, invece veramente si può dire che siano, nella sua espressione più \·isibi. le-e ~u 1utdrtggibiìt, 1•:;:taìiQ.;-guanèc, i::iJ~ztr±a e agricoltura sono 1n traxaglio la questione è <li ricchezza e, o prima o poi 1 le cose si accomodano da sè alla meno peggio; quando sono in travaglio le Amministrazioni pubbliche la que- • stione in Italia è di Stato e quindi addirittura di esistenza, di vita o di morte. GfolittiJ nel suo ultimo - ma non estremo - discorso elettorale, identificando, come è suo costume, la storia contempornnea d'Italia con la storia dei suoi ministeri, fece cominciare la dégrin.golade dalle sue dimissioni del giugno 192r, e ricordò che quelle dimissioni egli do"Vette rassegnare per la renitenza mostrata dai popolari a concedergli i pieni poteri per la soluzione della questione burocratica. Anche per noi la dégri1t• golade, se non comincia, almeno s'accentua e si accelera circa quel tempo, subito dopo le elezioni del 121: Giolitti ne addita come causa la sua assenza dal potere, noi, meno ... giolittiani ma, di proposito, altrettanto semplicisti, tro. viamo che in quell'episodio, sopra la persona di Giolitti, sopra la tattica del P. P. I., sta enorme la questione della burocrazia, la questione degli impiegati 1 che determina essa lo scoppio della crisi, non come piccola questione di corridoi,..pGilamentari, ma addirittura come questi.o. net cli regime. Si voglia o non si Yoglia, le idee ili pieni po-- teri, di dittatura, ·come soli mezzi per restaurare l'ordine, si vall.Do affacciando e divulgando proprio in ocrasione delle crisi dei senizi pubblici e delle agitazioni di impiegati e salariati pubblici. Quando il conflitto è tra operai e padroni, da un pezzo oramai il pubblico è avYez.zo a considerare la questione come una questione tra pri,·ati, in cui' i pubblici poteri poco o punto ci hamro a che vedere; ma quando il conÌ!itto è tra dipen_denti dello Stato e Stato, e questo conflitto ingenera diSOrdini nei servizi pubblici e il contagio si appicca pure agli uffici, alle scuole, agli organi cioè più delicati della vita d'U110 ~to moderno, allora è naturale che il pubblico ignaro e sgomento, per istinto e poi anche per ragionamento, sia indotto a non trovar del-la crisi altra via di guarigione che l'intervento dello Stato, del Governo, anzi dell'Uomo che ta.ppre. senti l'uno e l'altro, e che abbia, dalla disperazione e dalla, stanchezza. uruversale, facoltà di taglia:re, cauterizzare 1 licenziare, punire, di e mettere a posto quei mangiapane•, senza, cautele e senza inciampi di leggi, di partiti 1 di camere e di simili trappole. In Italia, nella, comune, l'idea della •dittatura,, è s,pu,;itata,. si è diffusa e si è imposta cosl. Ora gli impiegati mentre prnvocavano il sorgere del fascismo inteso come , stato forte , come « governo à poing», come e pieni poterli•, come e ilittatUO'a,, era.no in pari tempo i più a-
90 LA RIVOLUZIONE LIBERALll datti a intenderlo ed a favorirlo come modmeuto politico, come nuovo partito. Gli im[;-Ù.:fa erano appunto per questo movimento i lllli,ti ideali: gente che aveva l'educazione del « signore• e il marnupio del po,·ero cristo, che conclivideva coi sovversivi il malcontento e }'impazienza dello stato presente di cose, ma che in pari tempo repugnava a certi atteggiamenti dei sovversivi ed era interessato alla conservaziouc ed al ntfforzamenlo del regime, gente che viveva una \'ila politica ambigua e contradcliloria, stretta fra l'istinto di ribellarsi allo Stato e il bi. sogno di ser\'ire lo Stato e quindi di sosteuerlo 1 gente che costeggiando tutti i partiti era stata sempre scontenta di tutti i pa1tit.i1 era, ripetiamo, l'elemento ideale per questo movimento duplice e ambiguo, bolscevico e conservatore, rin. neg-atore dell'autica polilica e continuatore di quella politica stessa, promettitore di stabiHtà e di disciplina, ecl esaltatore di quegli ideali nel cui culto la nostra media borghesia era stata allevata. secutore della tradizione e iguaro ricalcatore delle orme altrui il fascismo, anche in questo campo, rimise in valore gli autichi ctlchts, che parevan pa.ssati di mocla, fra C1lÌ quello dello Stato. l'atri,_1,(lo Stato è\azione cleUa ri,·olu1,io11c francese, dopo tutto), e quello dello Stato-l'a<lrcm,.·. Il primo ideale è quello che si può chiamare propriamente Nazioual-fascista e la sua. rivendicazione è veramente merito e vanto dc1 Nnz.ionalfascisino come movimento ideologico e come partito. Io dubito che qLte::.taconcezione di Stato sia capace per sè sola di galvru1iz1,are le energie di tutti i fullzionru-i, e più ancora dubito che i mocli adoperati dal fascismo riescano a diffondere ed a far generalmente riverire questa. concezio11e; ma non esclude che, per molti dei divendeuti dallo Stato, la identificazione dell 'a.st.ra zione Stato con la realtà concreta di patria italiana, abbia prodotto quell'adesione Intima, quella immedesimazione fra interesse dcll 'im1>iega,. to e interesse dello Stato in cui è la soluziouc vera, s.econdo me, del problema della burocrazia. ìliolte tessere non citrlo che gli impiegati • id' genere, quelli governativi in particolare, ab- * * bian fatt<ostaccare al P. N. F. ina certo si è che • questi impiegati han r,cato all'incremento di quel Ma la coucezioue più fortunata in questo cammoto un contributo assai più importante che po, quella che ba prodotto il mira.colo delle • conon sia il pagatnento delle quote e l'assistenza se che marciano•, di cui tanto si compiacciono alle assemblee. li cinquanta per cento della lor- i nostri co=essi viaggiatori e i tur:sti tedetuna del fascismo in Italia. è dovuta al fatto che selli in viaggio di uw.ze, è, senza dubbio alcuno esso fascismo ebbe, fin dalle prime ore, a.miei quella dello Stato.Padrone, quella dello Statosempre più mtmerosi e sempre più devoti nelle Carabiniere. E di questa il vanto bisogna lafile dei dipendenti dallo St:,,to e dalle Ammini- sciarlo a Mussolini, il quale istinti va.mente per strazioni pubbliche: l'avere in magistratura, neL risolvere, lì per li, la questione burocratica, ha la burocrazia militare, nei Ministeri, nelle po- ricalcato le orme ed ha ripetuto i gesti dei gran. ste, nelle ferro,;e, in tutti questi rudi di ,sopra.m. di • p1focipali • delle nostre falangi di , mezze maniche , della gente devota e , a.isposta a tut. tnaniche • : « ••• la burocra1,ia è in molta parte to , per il bene supremo del fascismo, ci lo Stato. In fondo il presidente del Consiglio è spiega una quantità di C'OSenella storia del fa- coltti che si impone di venire ogni mattina alle scismoi e ci spiega pure come, scoppiata. più 10 dinanzi al proprio tavolo a studiare e controlclamorosamente la crisi, il Governo di S. M. il lare le pratiche. La burocrazia ... è come un, moRe, dopo aver deciso di resistere, quando si cer- tore gigantesco cbe .nei primi att!imi del suo funcò attorno gJj esecutori di tale decisione, pdc-hi zionamento ha un suo ritmo irregolare e accele0 punti ne trovò e, posto nella condizione di quei rato, che è suscettibile di improvvisi arresti. comandi in linea che, intatti loro nelle loro ca- .,,..-1ALloraintervengo io e spingo la. leva del 11wcui nella storia sempre si son sostituite alle 11. bere repubbliche le 'monarchie assolute. & l'impiegato italiano fosse già maturo per questa conquist., non so: che l'impiegato nostro abbia adoperato queste garan1,ie per assicurarsi l'impunità auzichè per tutelare la sua dignità, e stato detto da tanti, ed io non vado ora a cercar se sia vero; il mal uso che una fX--rsona od una classe fa di uno strumento di modernità 11011 è un argomento per negare l'importanza e la necessità cli questo strumento: anche a Vt-rbica.. ro non si erede alla profilassi, ma la profilassi è salutare anche a Verbicaro; e basta che su mille ce ue sia uno che faccia buon uso e che tragga profitto per si: e per la società di una garanzia giuridica o di una misura di disinfezione, per giustificare la concessione - anzi la imposizione - del disinfettante e dello stato giuridico; gli altri impareranno, e coJ tempo anche essi si rammoderneranno. Intanto sta il fatto che prima della llard.a su Roma, gli stati giuridici degli,impiegati, la c,1i necessità e giustizia, si noti bene, erji:lgià stata ticonoseiuta e proclamata dagli uc,mini della destra storica 11, avevano fatto dei nostri tra1.1ets, -\llelJa teoria e nella pratica, della gente indipui- .,,<lente, dignitosa, usa a contare per la propria stabilità e la propria carriera su elementi obbietti,·i e assoluti tit.oli, l'anzianità, concorsi, ccc., a,·evano immesso questa classe definitiva- ·mente nella vita moderna. Con la scusa che quel. le tali garanzie « legavano le mani -. a chi era in alto, ed assicuravano l1impu.nità a non moltissimi indegni o inetti, con il pretesto che es. sendoci tutto da rinnovare occorreva pure rinnovare il personale specie nei • posti di coma.n,. do , si sono abolite tutte le più efficaci garanzie giuridiche; con la scusa delle anteriori agitazioni, e ciello spirito « antina.z.ionale 11J si sono dit'occate le organizzazioni, che di quelle garanzie o bene o male1 erano i più validi presidi : e così, abolisci e dirocca, l'impiegato è tornato quello che era prima assai del '<)00 : il lustrascarpe del u principale•, Pumile servo del « sor cavajer >, la foglia secca, che ogni turbinair di vento veme, mm avevan più nè telefono, nè porta or- tore arrestato o che gira1Ja a folle: ed. ecco il dini, nè ufficiali di collegamento nè nulla con cui niotore si sgrana e il ritm.o ripiglia regolarre ». \ politico può rapire in volta per tutta la penisola. comunica·r'e con la linea, dopo ttn po, cli agi- Son parole di Mussolini e c'è dentro tutto l'uom.o. tarsi e dii imprecare dovette anch'esso rassegnarsi Come pure in queste parole è contenuta, la agli eventi ed a.spettare anch'esso l'immancabi- spiegazione di quel tal mi.-acolo del « filaire delle , prelevamento,. le cose, e dell'adesion': data e mantenuta dagli * .. Il governo fasci$:.tase non ba risolto il problema della burocrazia inteso come sempHficazione dl servizi e res~nsabilità dei funzionari, ha per0 dato innegabilmente una sua soluzione a questo problema, considerato non nell'as-petto tecnico ma in quello psicologico, e inteso come intelligenza da parte dell:impiega.to pubblico del. l'idea dello Stato , e come devozione di esso impiegato ad essa idea. Il problema della burocrazia, inteso come problema del funzionamento dei nostri organi amministrativi -e dei nostri servizi pubblici e come problema del , rendi.nÌento , dei nostri funzionari, è sovratutto un problema di psicologia. e un problema di cuffiira. Ma.le funzionano gli organi statali ed i servizi pubblici, non tanto per difetto di ordioomenti, quanto per scarso rendimento del personale, e poco «rende:11,il personale posto al servizio dello Stato e degli Enti pubblici, anche o specialmente, perchè questo personaìe, particolarment'e in Italia., non è edu. cato alla , religione dello Stato • non conosce e non pregia dello Stato i va101; astratti e trascendentali e considera la « roba dello Stato • came la. « rob'a. del diavolo,, iL servizio come « COr'lfée • faticosa e inutile, il superiore come un « pignolo 11, il pubblico come uno « sc'.occiatore 11 e come un nemico. Risolvere il problema della burocra. zia è anche dare al fu1121onario - dare alla nostra borghesia ~edia e minuta - 1a conoscenza e il cui to dello « Stato •. • Tan.iteint.elligenz_e, tante colture, tante conce. zioni di Stato : lo Stato Dio, lo Stato patria, lo Stato campanile, lo Stato sindacato, lo Stato P"': drone, lo Stato carabiniere ecc. : c'è n'è per tutti i gusti : l'essenziale è che per il funzionario h, Stato, il pubblico, sia qualcosa, qnalcosa. cli noto di concreto 1 e, naturalmente, di pregiato o d1 rh,erito. Annebbiatesi od obli,teratesi, dopo la prime generazioni di • impiegati patrioti 11 1 e tli governatori « filosofi 111 le conce-L.ionipiù alte <li Stato etico, di Stato patria, di Stato laico, ecc., trascurnta, per l'ubbia e la fatalità dell'unili,. l'idea dello Stato campanile o dello Stato reQ"l.One non venuta a maturazione 1'idea dello Stafu 'sindacato, era rimasta quella dello Stato padrone, Stato o,-ispi, Stato Grolitti, ._ m.a. anche questa poco efficace e di splendore mterm1ttente 1 connessa necessariamente com'è a.Ha pn"- senza fisica del , padrone •. Dopo la guem1, nel- ! 'eclissi delle antiche idee e rappresentazioui l Stato, e nelle impazienze e immaturità òell~ nuove (Stato dei Consigli, Stato della regione\, pairve appunto che1 a un ce1to momento, adJirittura l'idea e l'essenza medesima di Statr, fcs. se per far naufragio, come prima sotto i :olp~ dei bolscevichi, cosi più tardi sotto quellt d<'l fascisti. Fatto fallire a suo tempo il disegno di salvar la situazione con un governo di coalizioue antifascista e anticomunista, il fascismo fece p~eci. pitare gli eventi Cvll la Marcia. Impadronitosi de), w.~ere qiede, come si diceva., anche al problema cle).la b11rocrazia., inteso nel senso che di~o noi, una s-ua soluzione: incosciente pro11np1egati al Governo Nazionale. Sebbene pmna auch 1essi si agit!assero e tumultuassero, erano essi i primi a soffrire, anche spiritualmente, di quel disorfil~e, e, nessuno più degli impiegati, sentiva il bisogno che venisse q1.J.?,lcuno a « coma.uclare 11. Adesso si se11tono 1 è ve:ro, preilluti e spinti ma han i1imp1'essione di .sentirsi. anche sorr'etti » ; gli impiegati sono sempre impiegati e non sarebbero più tali se cessassero di brontolare dei capi_e di spa,rla.re del « pri!neipale »; il prezzo delle pigioni cresce, quello dei viveri non <liminuisce, iH sti!pendi sono sempre quelli e talvolta anche sono stati decurtati; e s~ vedono certe cose, in questi uffici, dei salbl, delle piroette, <lei favoritismi; e clii t.anto in tanto qualche cacamus dal! 'alto vuol far di giorno quel che s'è sognato di notte e manda ordjni e dà di• sposizioni che le son cose dell'altro mondo quando le &i d'evono esegtÙre; il sussurro &i fa più forte, par che voglia crescere a tlumulto, ma poi tutto tace: « Voi sapete che cosa oggi pensO!dello Stato e della Burocrazia. Ne penso bene. Penso che l'Amministrazione dello stato cammina quando ognuno, al suo posto, è occupato nel suo preciso dovere• : è Mussolini che pairla, i Principale : abbiamo un Padrone, lavoriamo: e ogni sussurro d'i fronda. s-i quieta, e tuttir glil a- 1 . mari boc:oo;ni si trangugian,o e •si torna alle sogua. Ad altri tocca di peggio, tanti sçmo sta ti licenziati: e poi, andando avanti s~ migliorerà. In alto si pensa a noi finalmente : « I benefici economici ed i progressi tecnici raggiunti non sono che un mezzo per aprire la via ad u.na per libica di speciale i11teressamento per le classi lavoratrici 1 siano esse manuali o tecntche o profess1ona/.i 1 siano esse nei campi, nelle offi.ciu~, nei laboratori e negli ttffici, : anche il Re, ud discorso della Corona ha avuto una buo·na pa. rola per ,. le classi impiegatizie • e per i parla , degli uffici , : è la prima volta nella storia del Regno d'Italia. :Mussolini, il Re, le u buone parole• dei « principali r, : gli operai non se ne aceontentauo, gli impiegati si. . •• E ueauche noi1 scribacchini cli quella « 1u.iserabile cosa , che è l 'opposizione 1 J on ci accontentiamo delle buone parole dei !)1"incipali e non ce ne accontenteremmo neanche se quelle parole fossero seguite dai buoni fatti : non per noi ma per la classe a cui apparteniamo, e per 1; bene del nostro paese. Nella sforia dellSf bw·ocrazia italiana, cheè ta11, ta parte della storia della t~rza Italia, il periodo che andò dal '904 al '914 all'incirca, fu il periodo delle più importanti conq11iste da parte della classe i;npiegatizia : fil il periodo degli , stati giuridici ,, fu il periodo delle ga.ranzie ~ gli impiegati contro i soprusi dei « gros bonnets , e dei politicanti romani o locali, fil il periodo in cui avvenne, o, per lo meno, fu resa possibile giuridicamente quella trasformazione dell'impiegato da « fu1121onario, in cittadino eh~ è essenziale per la costituzione e la ~rsistenz,i dello stato liberale moderno e che costituisce il procedimento inverso a quello per - Wla, contenti loro!. .. Lasciamo andare. Anche se gli impiegati, per parecchie ragioni, s'accontentano, per ora, di questo stato di cose1 il primo a non V'1lerlo più oltre tollerare dovrebbe proprio essere 11 Governo, qualunque esso sia. Le leggi di garanzie per gli impiegati gov~n1ati·.1i t- di ent! pubb]i~i non sono solamente Utia pr,·,•., 0 ~t -iue degli interessi degli iwpiegati stessi, ma sono un ottimo paravento anche p<"r gli uomini d~ G" 1t:rno 1 di qualunque governo, ripeto. Nou ~·è miglior 1L sposta per chiudef'\la bocca ai più importuni dei sollecitatori di questa : « c1è una lf'gJt:; non si può , . Certi ministri di 1Ylussolini 1 letteralmente sopraffatti <la codesti importuni, possou far teStimoniauza della verità di quel eh 'io dico, e sono essi oramai i primi ad invocare che sian ristabilite o riapplicate, con Paltre leggi, anche quelle che determinano precisamente le assun. zioni e le carriere degli impiegati: riconoscono anch'essi oramai che « la legge • e con la legge il padre della legge il Parlamento, è dopo tutto anche per chi «comanda, l'unica protezione efficace contro gli assalti del peggiore dei parlamentarismi., il parlamentarismo senza parlamento, che è venuto di moda in Italia dalla Marc1a in qua. ... Ma un altro disastro ha proYOCàtonei riguardi della , religione dello Statòl,, l'avvento del fascismo al potere. Priima della Marcia, anche dopo la guerra, pure quando lo , Stato di tutti • era già divenuto lo • Stato di nessuno .. c'era ancora in Italia almeno un funzionario dello Stato, il qua.le in quel blocco in.forme s'era ritagliato un suo simulacro di Stato, e se lo era foggiato da sè e pe/ sè, a p,ropria immagine e somiglian.7..a, e vi aveva insufflato il su.o spirito, e se n'era fatto, nel suo freddo ateismo, un Dio1 H suo Dio : e ad esso sacrificava, e cla:vanti ad esso pregava, e, ad esso ripensando, compieva la sua bisogna cotidiana, oude traeva per sè scarSQ1ma baste. vole guadagno, mentre abbondante utile ne ridondava a tutta la comunità. Un bel giorno, questo ledei senitore dello Stato da lui divinizzato app.-ese dai fogli e dai bandi che moti sediziosi eran scoppia.ti contro la sic,ue-,za dello Stato e che coloro i quali se. devano sulle cose di tutti s'apprestavano a debellar quei moti pieaj,Ai buona speranza di facilmente riuscir nell'intento; e si rallegrò alh novella 1'umile servitore del Dio Stato, credendo che la fiamma di fede eh 'egli aveva sem,pre ricettato nel suo animo 1 si fosse miracolosamente prnpagata anche agli uomini che sedeva.no a Roma, e che, per lo stesso miracolo, il sim,ulacro piccolo del Dio ch'egli s'era intagliato per sè, si fosse tanto ingrandito dai assumere davvero la statura e le misure del Grande Stato di tutti. Ma poi altri fogli ed altri bandi gli dissero che quella notizia era dovuta ad un errore di stampa, e che quei moti non era.n sediziosi, cbè anzi i sediziosi di testè erano divennti dopo di 1l.DJ giorno degli ottimi cittadini tutti intenti ad operare per il bene della Patria e del Re : 'e già prima che a lui" giungesse l'inattesa e mirabolante notizia e anche dopo vide sugli edifici pubblici, sugli edifi.zì dello Stato, comparire in un giomò non previsto dal calendario, una bandiera, inastata lassù da gente che non ne aveva il permesso, per festeggiare non lo Statuto, o il Piave, o Vittorio Veneto, e neanche la Breccia <li Porta Pia, ma un'altra breccia, un'altra marcia, un'altra conquista, quella di Roma fatta da... Romani, quella dello Stato di tnUi (o di ll<:SSUDO/, latta da un pugno di ... sediziosi. E allora si spense nell'animo di quel devoto dello Stato quella li.ammella e si fe,;:,e là dentro una grande oscurità. Allora ricercò quel simu. !acro che egli s'era intagliato per sè nel grande blocco informe ma non Jo trovò più, e si vide invece dinanzi una spede di .Molocche, ,·estito di mai più viste fO',tgie, tatuato di macabri segni, con sopra una grande scritta • Stato fascista ,. L'antico credente nello Stato s<:tl7.aaggettivi e senza padroni, l'antico officiante davanti al simulacro del suo Stato, provò davanti a quello -tato di una fazione, un senso, più che di .sgomt-nt.o, di repugnanr;a, e il suo primo impulsç., fu, di uscir dal tempio, ove era accaduta la sostituzione, e di ricercarsi altrove un altro Dio e un altro tempio. Ma era già vecchio, era già stanco, e non era solo, chè all'ombra del primo altare gli eran nati parecchi figli che mangiavan pane e vestivano panni ; ed egli sentl che oramai era tardi per farsi un 'altra vita e cercarsi un altro Dio. E rimase dove era, o tollerato o dimenticato, al servizio di quel Dio in cui egli non credeva, e da cui non poteva più astrarre, ed a cui non poteva lui attribuire la p.ppria. immagine ed insufflare il proprio spirito. E rimase a ripetere davanti a quell'altare i gesti di prima, macchinalmente e distrattamente, e continuò a spedir la bisogna usuale ma 5e117.afervore e senza alacrità, di sacerdote fatto sacrestano, di credente fatto praticante, s1:uotat.o di fede e d'animo, inerte e stupito. I La, tragedia del dissidio Ira Stato fascista e funzionari avn,ui, anche nella babilionia di un tempo, a coltivare ed a servire lo Stato senza aggettivi, noB deve essere soltanto argomento di parabola per un letterato pérdigiorno, ma dovrebbe anche essere oggetto di seria meditazione per qnanti hanno a cuore le cose d'Italia. In questo dissidio, anche se ridotto a pochi, anche se limitato ad un solo, è il germe della dissolu1,ione d'Italia. Strappi come questi nelle tradì. zioni non così facilmente si risarciscono. Certo non li posson ricucire coloro che li han.no prati. cati. Codesto è compito delle opposizioni. • E se non riesci.ranno 1e op-posizioni a ri50lvere ed a comporre codesto dissidio, allora, fatalmente, la falla sempre più si aprirà ; e le conseguenze di questo scomporsi della compagine statale non sono così facilmente prevedibili. AUGUSTO MONTI. G. l3. FARA'VIA & C. Editori - IAbrai • Tipografi TOftlNO - MILANO - F!HENZE - ROMA - NAPOLI - PllEIMO Biblioteca dei Classici Italiani GIACOMO LEOPARDI I CANTI iptroduzione e note di Valentino Piccoli - L. 9,50 Il criterio fonda.mentale a cui si è uniformato Valentino Piccoli è il se,,o-uente: un commento deve servire a far intendere i-n tutta la sua pienezza un poeta e non a mettere id mostra l'erudizione del commentatore; deve essere UI?O strumento che agevoli, non un ingombro che inceppi. P_er questo, il Piccoli - pnr tenendo p,-esente l'opera di altri co=entatori e riassumendone, quando è necessario, le diverse opinioni - ha cercato di eliminare ogni inutile ingombro, e sopra tutto quei continui raJfronti con altri poeti - che spesso sono puramente esteriori e superficiali - e quei troppo minuti riferimenti biografici, che tendono spesso a dare una fal&a ccmcretez.za a quanto è pura creazione idea.le del poeta. " h~Eao DEbbfl STAffiPA ,, il ben noto ufficiò di ritagli da giornali e riviste fondato nel 1901, ha sede ES€LOSIVA)liNT& io Milano ( 12) Cors<l Porta Nuova, 24. '
b i A RIVOLUZIONE LII ,R_~;.E LA TRAGEDIA DELL'EUROPA trovai aitro desiderio che qu<:llo cli stabilire una vera pace e conùiJ';ionidi amldzia con i vinti. 11 giorno 10 gennaio 1920 fu per me di graude tristezza: dovetti sottoscrivere a Parigi la ratifica del trattato di Versailles. Ricordo ancom la sce-na al Quai d'Orsay, nel saloue dell'Or0logio: durò appena tre minuti. Vi fu un prilll() atto nel gabinetto rleì 1ninistro degli esteri, dove ci tro\:ammo Clemcnceau, Lloyd Gcorgc, Mat. sui, rappresentante del Giappone, ed io. Gli Stati \'niti d',\.merica non erano rappresentati. Poi vennero introdotti dal direttore del protocollo \\'illiam Ma1t1n, i due rappresentanti della Germania1 Von Lesner e von Simson. Dopo un bre,:e scambio di saluti, Clemeuceau dichia. rò che il testo del protocollo era conforme a quello mandato loro il 2 no,·embre e li invitò a firm-c1re.Quando ebbero firmato, Clemeuceau andò loro incontro per dare la simbolica stretta di m.ano. Tutto ciò dm·ò appeu:a tre minuti. Entrammo poi nella sala dell'Orologio, dove vi era un gran pubblico di uomini poJ-itiri e di rappresentanti stranieri, di giornalisti, di curiosi. Ernno le ore 16 e cinque minuti. Cleme11cea11 aYeva alla sua destra i 1~appresenta11ti france::-i,poi ero io e dopo cli me Ilymans, rappresentante del Belgio, Venizelos, presidente del Consiglio di Grecia, Pasic rappresentante dello stato serbo croato sloveno. Alla sua sinistra erano Lloyd George con Bona.i· Law e Lord. Curwn, rappresentanti della Gran Bretagna, e Matsui, ambasciatore del GiaJ>pone a'Parigi. Vi erano poi molti rappresentanti di stati minori. Dopo che Clemenceau ebbe invitato i rappresentanti tedeschi a finnare, ciò che essi fecero lenta1nente iu composta tristezza, firmò da p1·ima Lloyd George, poi Clemen-ceau, poi io, dopo M:atsui e in.fine tutti gli altri, Clemenceau. si levò e disse : , Il J>rotocollo di ratifica del trattato concluso tra le potenze dell'Intesa e la Germania è sottosc1itto. Da questo momento il trattato entra in vigore, e deve essere eseguito in tutte le sue clausole. La seduta è tolta,. Uscii dalla sala con Lloyd George e Curwn e fuori era una grande gioia e le grida dei venditori dei giornali partecipavano al pubblico il lieto evento. Il trattato, aveva detto Clemen- • ceau, do,-eva essere eseguito in tutte le sue clauso)e. E come poteva esse.re eseguit0 se era ineseguibile? Tutta la gioia della strada era in contrasto con il mio sentimento : io cercavo la pace e non udivo intorno a me che propositi di violenza. Erano i tempi della illusione, quando il pubblico credeva, in base alle parole dei suoi go,-erni, che la Germania avrebbe accettata la servitù e insieme fornito tutti i mezz;i per pagai-e le spese della guerra e arricchire i vincitori. Onando assunsi la direzione del governo italia-;:;o in giu=o del 1919, il mio primo atto avrebbe Jon,t';, essere la firma del trattato di Versailles, il 26 giugno. Io conoscevo a fondo quell'abominevole trattato per averlo lu~gamente· meditato e lo consideravo come la rovma del. t'Eu:t:()pa: non avevo avuto nessuna. parte nella sua preparazione, nè alcuna responsabilità. Pre:, gai quindi l'on. Sonnino e i su.di collaboratoriJ di firmarlo. La sorte , oleva che toccasse proprio a me df firmare la ratifica di un atto che credevo rovinoso così. per i vincitori come per i vinti, perchè basato sulla Yiolem.a, sulla malafede, sullo spirito di rapina. Come ministro èel Tesoro, dopo il disastro di Caporetto, nel ministero Orlando-Nitti-Sonnino che portò l'Italia alla vittoria., io avevo ~- vuto il compito più duro. Dopo un rovesc10 militare cosl terribile, tutto in Italia era tn pericolo. Trova.i ai primi del novembre 1917 ne~ le casse del Tesoro solo un deJ:ìcit di 242_ Ulllioni di lire e la necessità di rifare le artiglierie, le armi, le munizioni, di provv~er a ~utt~ ciò che occorreva a un, gran.del eserctto e di_ ridare 1a fiducia. In quei gio~ io avevo l~anu~a piena cli angoscia percbè credevo che. 1.l mio primo figliuolo, volontario di guerra a diciassette anni fosse morto : tutto 11 suo reggimento era stato distrutto, e seppi solo due mesi dopo, a Parigi, in casa di un ministro francese,_ c~e egli era ferito e prigioniero dei tedesch,, t~ Germania. Io lavorai con tutta la fede, trovai tutti i mezzi finanzia.rii rifeci tutta, la P~~uzione di guerra: era in me uu ardore m1st1~0 percbè credevo non solo di lottare per la ima patria, ma per la civiltà. . . E stato sempcre un fiero avversario del m~- ro · di •• h Jitarismo tedesco e di ogm forma . rmpena .• smo e d:i nazionalismo basata su~la v10lenza IDl • litare-: quando coloro che nel ,mo paese esaltano ora il mi1itarismo francese, eF-al~vano <?"uglielmo II e l'imperialismo tedesco, 10 mamfestavo apertamente la mia avv~"S10need e.ro smceramente a1nico Jella Franc1a democratic~. AveYo e1·eduto anche io a una guerra di popoli contro il militarismo tedesco e avevo su: bito aderito alla guc--rra dell'Italia, nell:' fede dt una. giustizia più u~ana e di una ptu umana convivenz.a di popoli. Ma subito dopo la vittoria, mi accor_si che anch~ in Italia si manifestaYa una ubbnacatura che era la più pericolosa per la pace_ e: che . , ~,..lava un linguaggio che non era p-m quelsi r- • la nostra lo che avevano parlato per sp1egare partecipazione al1a guerra. Io pensavo che tutte le forze dovessero essere dirette_a ~are u.na ~er:a, e onesta pace e le manifestaz1on1 che aV"\•e~t- -ano sopra. tutto i11Francia e che erano seguite in i11g-hilterrae in Italia, mi offendevano 1n-ofo11da.mcntc.Avevamo dunque lotlato contro le guerre per fare nuove guc1Tc, avevamo detto di \"Olcr distruggere il militarismo per crl!éli'C uuod e più virulenti militarismi? avevamo let-- to di far la guerra in difesa della democrazia e della liberlà1 per ucd<lcrc L'Ldcmoc·razia e ln libertà, .rrnchc dove avevano salde ra<lic-i? A metà cli gennaio <ld 1919 io uBdi dal go, crno. Era av,·cnuta in mc ulla profonda crisi cli cos~tcn,,a e una g: andc iuquieluclinc era c:ntrata n:::1mio spi ri~r. ,\Itri uomini politici, che avevano preparato il tratt.at.o e che erano caduti uel vasto inganno ebbero dopo di me la stessa crisi spirituale. Lansingi segretario di Stato durante il governo di Wilson, tornalo i11 America, <licbiarava anch'egli la sua delusione e la sua tristezr..a, dopo aver firmalo l'iniquo trattalo, che minaccia l'esistenza della civiltà, che ha sofiocalo in tanti paesi la libertii di azioni, di pensiero, di parola, di ini:;,,1avtia econo1nicai e ha distrutto, come nessuna guerra, un numero enorme di felicità, abbassando tutta l'umanità. Questa guerra, scriveva Lansing, è stata combattuta dagli St,ati Uniti di America principalmente per distruggere le condizioni che l1avcvano provocata. Queste condizioni non sono state distrutte. Esse souo state sostituite da altre concli2,ioni egualmente ieconde cli odio, di gelosia, di sospetto. I vincitori di questa guerra intendono imporre i loro desideri combinati ai vinti e subon:lJilliU'etutti gli interessi al proprio interesse. E' vero che per far piacere alla pubblica opinione dell'umanità insorta e soddisfare l'idealismo dei moralisti, essi hanno circondato la loro alleau,.a con la Società delle Nazioni; ma si chiami come si vuole, si mascheri come si vuole, essa è 1'alleanza dei vincitori. La Società delle nazioni, costituita com 'è orai sarà 1a preda cli ogni avidità e di ogni intrigo; es.sa è chiamata a dichiarare ginsto ciò che è ingiusto. Abbiamo un trattato di pace, ma non porterà pace permanente, perchè è fondato sulle sabbie mobili dell'interesse di ciascuno. In quesiti giudizi, aggiungeva Lall.61ng, io non fui solo. Qualche giorno dopo che furono scritti, io mi trovavo a Londra, dove discutevo del trattato con alcW1i principali uomini britannici. Io notai le loro opcinàoui in questa fonna: Il costrutto è che il trattato era illogico e inapplicabile, che era concepito nell'intrigo e formato nella cuJ>idigia ed era più adatto a provocare che a preveni.iregurer·- re. U:ho dei leaders del pensiero politico della Gran Brettagua disse che il solo scopo evid~te della Società delle nazioni era quello di perpetuare la serie degli ingiusti provvedimenti che erano stati imposti. • Questo non è solo il pensiero di Lansing, cioè dell'uomo che, come Segretario di Stato, ha dichiarato la guerra. in nome dell'Amèricai e ba sottoscritto il trattato; ques,to è il pensiero di • quasi tutti gli uom:iui che hanno sottoscritto il trwttato cli Versailtes, e fuori della Francia e. qualcuno dei suoi stati vassalli, non ho trovato quasi alcuno che non abbia vergogna e rimorso di averlo firmato. E' stato il più grande delitto dei popoli moderni e si è caduti in esso, come nella guerra, quasi senza avvedersene, a furia di errori, di concessioni, di richieste, rli stanchezza. Uno dei principali firmatari mi diceva: - E' stata la nostra colpa, sarà la nostra espiazione. E' stata la nostra colpa, ma io non vedo ancora 1a espiazione. Dopi'.) aver finnata la ratifica del trattato dll pace è, meglio del trattato di g11erra dii Versailles, la gioia di Parigi e le grida dei vendituri di giornali mi davano una profonda ttistezza. Mai una pace seria e durevole si è basata sulla spoliazione, sul tormento e sulla rovina dei popoli vinti, sopra tutto di grandi popoli. 4 pac.. di Versailles non è che la spoliazione, il tormento, la rovina. Di quale spaventosa tragedia di Atridi si inizia la rappresentazione? Si seguirà per lunga serie di anni? Quali rivolu.z.ioni e quali guerre si seguiranno? Quando una pace è veramente logica non suscita l'entusiasmo delle folle, suscita anzi malumore, o avversione, o sdegno e quasi sempre delusione. Io ricordavo due altre guerre e due altre pa1ci del principio del secolo ventesimo e vedevo in quale precipizio Puma11itàera caduta per seguire lo spirito di rapina e il programma di violenza. La guerra con i boeri era stata pei· la Gran Brettagna tm grande sfol'Zo : aveva dovuto combattere in suolo inospite, a distanze enormi, con mez:d costosi, aveva avuto vittorie e disfatte; aveva subito crudeltà e aveva comm.esso orudelità. La pace fu sottoscritta il 21 maggio 1902. Io mi trovavo a Londra in quei giorni e ricordo che la pl'incipale preoccupazione degli uomini politici britanuici era di trovare il modb cli ren,. dersi runici i vinti. Difatti nessuna ingiustizia fu usata : il generale vittorioso volle rendere pub. J;,lico omaggio al generale vinto. Da quella pace venne l'Union, of South Africa, che, dove erano piccoli stati discordi, fece sorgere un grande St!ato, che costitul un magnifico dominion, in cui non solo non rimase odio pei, gli inglesi, ma che nella guerra europea, diiede le sne risorse e mandò i suoi uomini a combattere a fianco degli inglesi. Vidi in occasione della pace anglo boera molti uomini fra i più autorevoli d~la Gran Brettagua, ma in nessuno di essi Mentre la guerra anglo-boera preoc:cu.pava ancora l'Europa, scoppiava la più formidabile guerra fra la Rus.~ia e il Giappone, la più grande che sia ,tata combattuta ,la popoli moderni prima della tragica estate del 1911. I_/" RLL5&ia contro l'aspettativa generale <:ra pknamentc sconfit.ta. In quel tempo il Giappone Cérainvaso da una vcr~1 frc.."tlesia11,1.Xio:n.alistav:1ttorioso C<.>11t1la·OCina., vjttorioso (•<.mtro ];i, Russia, avendo sconfitto i di1e imperi p1ù ,;rrandi della tena, era t-•11tration una fase di orgoglio eh<~ accecava tutti. Hra la frenesia delle conquiste, la smania <li grandi concessioni t.crritoriaH, di ~- normi indennità. Il govc,'l'nodel Giappone comprese t'he solo ttfla pace mod<.-ratae onesta, con pochi acquisli tenitoriali, seina indennità, p<.r teva essere non solo la gioia presente, ma la sicurezz.a avvenire. Il trattato di Portsmouth è w1 csemp1o d:i grandezza e di moderazione: H popolo giappooe,;e non ebbe nessuna delle C06C cui aspirava violentemente. I giorni 5 e 6 settembre 1905, quando giunsero a Tokio e si d-iffusero le notizie delle clansole del trattato, in tutto il Giappone, ,na sopra tutto nella capitale, accaddero scene terribili. Il popolo si credette tradito e, dopo un mo,imento di stupore e di coste1·rtazione 1 &iabbandonò alla più folle violenr.a. 11 popolo voleva ad ogni costo massacrare i m:inislri I che avevru1Ovoluto un trattato che non soddisfaceva alcuno. Ma i ministri avevano compiuto, non chiedendo indennità, non volendo larghi acquisti territoriali, atto di grande saggezza e provveduto all'avvenire del Giappone. Essi sapevano bene che una pace giusta evitava nuove guerre; che i debiti di guerra avrebbero determinato la saggezz.a, che gli imbarazzi finanziari erano la salvaguardia contro le nuove follle. Un eminente scrittore francese, che potette assistere a tutte le rivolte giapponesi del settembre 1905, conchiudeva esprimendo la sua ammirazione per quegli uomini politici che, sacrificando la prnpria popolarità e mettendo in pericolo la propria esistenza, avevano voluto che la industria della guerra avesse avuto una delusione. Le p-iù illus,!ri personalità giapponesi espTimevano subito dopo l'opinione che se il Giappone avesse potuto ottenere dalla Russia ciò che il popolo giapponese voleva, sarebbe stato preso da una crisi di orgoglio che lo avrebbe reso insopportabile a tutti i popoli della terra e la indennità sarebbe stata spesa in,t;,,'amente in nuovi armamenti terrestri e marittimi. Quando anche il Giappone non avesse avuto p~ù nemici, tutte le volte che la sua situazione glielo avesse permesso avrebbe fatte.. la guerra. Quale guerra.i? Una gueri·a qualsiasi, non importa quale. Ora la Francia ha voluto fare il contra1io del Giappone e ba preparato una pace che è la guerra, dei trattati cli pace, che, come ha detto ,Cletnenceau, sono un modo di1 continuare la guerra. Quale guerra, se i nemici di ieri sono inenni e in rovina? Forse domani una guerra qualsiasi, non importa quale. Ad accrescere la mia tristezza nel genn-aio 1920 coDJtribuirono anche le sedute della conferenza : si volevano tutte cose che io non volevo. Vennero anche due richieste che mi offesero particolarmeute. La prima era la richiesta al1 'Olanda di consegnare l'imperatore Guglielmo lI per poterlo proce-ssare; la seconda era Ja richiesta alla Germania di consegnare molte mie gliaia di ufficiali tedeschi, imputati di atti di crudeltà. Vidi io stesso quelle liste, che erano state man mano ridotte. Mi opposi con grande vigore ad entrambe le richieste, che quantunque consentite dal trattato, erano assurde e irnmorali ; le combattetti c011rogni energia. Co.me si poteva processa.re l' imperatore Guglielmo II se noi che eravamo i nemici dovevamo essere i giudici e se il trattato aveva dichiarata la responsabilità di tutto il popolo tedesco e gli aveva imposto l'e pene più dure? Come si poteva chiedere al popolo teclesco cli consegnare migliaia cli uificiali per farli processare da noi? E come potevamo noi giudkarli? Non aveva.mo noi stessi durante la guerra commesso atti di crudeltà? Ottenni così che noµ si facesse alcun.aiing-iu.sfu pressione all'Olanda, ma solo una richiesta che si sapeva senza risu.ltato e che i processi agli ufficiali tedeschi fossero fatti nella. stessa Germania e da giudici tedeschi, a Lipsia.. Si era pensato di mandare l'imperatore Guglielmo, II nella piccola isola di Curnçao, in «lima disastroso e si discuteva di questa depmtazione in tutta serietà. Era una inutile malvagità e io volli e,dtarla. L1eITore parto1isce l'errore e la colpa parto~ risce la violenza : dopo di allora si è sempre andati di male in peggio. Militaristi, uomini, di stato ambiziosi, gion1alisti alla ricei:ca della sensation, banchieri alla ricerca di affari, prof1te1,.rs de g1.t,erre semp•re desiderosi di lru·ghi guadag11i 1 hanno in tutta Europa diminuito ovunque ìl senso della responsabilità e il livello della morale pubblica. Giulio Cesare, che è stato uno dei più grandi capitani dell'umanità, ma anche ttn profondo e sincero democratico, come si direbbe ora per dileggio un socialdemocratico, era nel suo sentimento il vero continuatore dei Gracchi; dopo aver vinto i galli ed i germani osservava nei commentari, con profonda saggezza e modestia, che la fortuna può molto in ogni nostra vicenda e sopra tutto in guerra: M1.ilturn..cu.n1,in onin1_ b1ts rebu,s t""" in re mMitari potest fart,ma. La Francia ha vinto la guerra aiutata dalla fortuna, per il concmso di tutti i. popoli liberi, ma non 9l i1.-'l saputo fare al, una rinuncia e solo ha aCU1to la violcnr.a: ha imposto ai tedeschi umjliazioni e tormenti che i tc.·deschi ,·ittoriosi mai le imposero. Che cosa sarebbe ac:c:a.duto nel 1825 e nel 1870 se i tedeschi avessero fatto cmitro i francesi dò che i /ranresi han fatto dopo il r919 contro i tedeschi·, (.,iu.Jio Ce;are che conosceva a frmdo l' indole <lti popoli <lke che J 'animo dei g-alli come è arditi, e pmnto nell'intraprendere I:,. guerra, cosl è debole e punto resistente a ,opportarn<: i rovesci. Sum ut ad bella suscipienda Galloruni o/acer ac promptus est anhnu,, sic mollts ac minime resislens ad calamitates perf,rewlas mens e(lrum est. Supponi.a.mo che i tedeschi vittoriosi del r870 avessero preteso ocoeupare inrlefinitamen.!,: i territori francesi fino a Lyon, che ave:,,c.-rotolto alla Francia la sua flotta mercantile, le sue colonie, i suoi crediti ali 'estero, le sue miniere, le !i.UC mjgJiori ric.-- chcz7..<:c, :he dopo averla disarmata pc...-r terra e per mare, avessero mandato truppe di negri a .Yfarsiglia e a Bordeaux, che avessero invaso perio<licamt:ntenuovi tratti di territ.r.Jrioe creato un'agitazione per dividere la Francia in tre o quattro Stati, che avessero preteso fare un corridoio come quello di Danzig dal territorio te-Jesco fino a .:\iarsig]ia e che ).larsiglia, che non ~ più francese di quel che Danzig sia tedesca, fosse stata m.essa sotto una complice Società de]Je ~azioni, come ora Danzig, che ·cosa sarebbe avvenuto? Supponi= anche che la Francia avesse visto i cittadini francesi giudicati, in tempo di pace, da tribunali militari te. deschi e le donne di Francia costrette a soddi. sfare non solo la libidine dei tedeschi ma quella dei selvaggi e che la Francia avesse dovuto far lavorare tutti i cittadini per pagare indennità impossibili, che cosa avrebbe detto e che cosa avrebbe fatto il popolo francese? Io non so che cosa avrebbe fatto, nè come avrebbe sopportata la violenza; ma so che i tedeschi non si sono mai macchiati delle colpe dei loro vincitori. Si può mutare i fatti come si vuole, si può presentarli com.e si vuole anche - diversamente dalla realtà, ma la verità ha un misterioso e quasi divino potere di espansione, e prima o dopo tutto il mondo, economicamente diminuito, moralmente offeso, dovrà avere la sua grande reazione, e di tutto sarà chiamato responsabile l'imperialismo francese. Io sono stato (e voglio sempre ricordarlo) un sincero amico della FTancia e prima della guerra un tenace avversario dell' imperialismo tedesco : il mio disagio spirituale è ora nel fatto che la situazione si è ora ro,·esciata. Ma anche ora io credo di amare più sinceramente la Francia che non coloro che la second.ano nella viole117.ae la spingono nell'errore. Io appartengo ancora a quella schiera di uomini di Stato che credono alla necessità cli un accordo sincero fra la Francia e la Germania e a un'intesa leale fra i due popoli, su una base di perietta uguaglianza e di collaboraziq_ne. Possono Francia e Gerniania fondl:tre la loro esistenza sol.o sulla distruzione e sullo sterminio? è-:on è possibile che i cJuepaesi s'integrino in un grande accordo? Ogni violenza non sarà dimenticata, ogni delitto non sarà obliato, la Germania. non morirà. La Germania, a traverso una serie d!i cataclismi e di crisi interne, e di atti cli disgregazionei si ricomporrà più numerosa, più forte, più unita. Dovrà mettere come scopo della sua esistenza nazionale Yenclicare tutte 1e,.,a.,troci ingiustizie subìte? E che cosa sarà dell'Europa se un secolo di attlv:ità umana sarà impiegato a preparare future vendette ? ::--io1c1ombattere le richieste della Francia attuale significa secondarla nell'e.iTore e preparare la sua rovina: solo una tenace opposizione dei popoli liberi pa-eparerà la rinascita della Francia den1ocratica e forse la unione futura dei francesi e dei tedeschi. Uno scrittore francese mi chiese: - Non credete che un accordo fra Fraucia e Germania sia 1111 pericolo per l'Italia? Io gli ricordai l'ode di Victor Hngo alla Ger'. mania, al grande pbese il cui respiro è la musica, che ha eroi più alti che la cima del Monte Athos, le cui azioni sono gloriose dovunque. E gli dissi che Victor Httgo, anche dopo la sconfittai della Francia del 1870, aveva nel Parlamento di BorcleatL, salutato l'unione dei due popoli com.e la salvezza della civiltà e;iropea. L'Italia non può che attendere ogni beneficio da questa tlllione e ogni sicurezza. Ora tutti neg-ano i diritti della vita e noi li affenniamo; tutti insultano la democrazia e noi l'amiam.o; tutti vilipendono la libertà e noi diciamo che che essa è lo scopo della vita e il mezzo di ogni grandezza; tutti in Europa pro-, clatrk'l.110 la violenza e noi la detestiamo e ci rivolgiamo ai popoli liberi, agli americani sopra tutto, per chiedere che siano con noi nel nostro sentimento e nella nostra fede. Ho voluto rilegger Victor Hugo, dopo ogni discorso di Poincarè e ho axuto la stessa sensazione che si ha uscenda da una sala n1orturu--iian, una. campagna p:iena di sole. Non dubitiamo, non esitiamo, perchè noi siamo le forze della vita. Ne dou.tcms pas. Croyons. Em.pUsso-ns l'étendo,e. De 11otre confiance, hmnble, ailée, éperdue. SoyO'ns lJhnmte11se 01.ii. Avrei anche dov11to aggiungere con Victor Hugo: Qne notre cécité ne soit pas ,m obstacLe. ilfa avrei creduto di mancare dì riguardo a Poinca:rè, ciò che v'eI'amentenon è nelle mie inten,.. zio1ti. Acquafredda in Basilicata, rS Ottobre 1923. FRANCESCO NITTI.
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