La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 11 - 11 marzo 1924

LA RIVOLUZIONE LIBERALE In.oh.lesta su.11' J:o.dustria italia:o.a L'industria_ laniera nel Biellese La industria laniera biellese rappresenta un grttppo così omogeneo nell'insieme dell'industria italiatta, ha caratteri proprii talmente spiccati e d'altra parte vive cosi staccata dalle altre industrie che esaminarne i caratteri economici e, vorrei <lire, psicologici può essere interessante anche per una ricerca di carattere storico-politico.- be origini L'industria sorse nelle piccole vallate degli affluenti della Se.sia. Era una regione industre da grau tempo, sufficientemente ricca, che aveva -coltivato pritna la indiustria della calia e qu.ella tes:;ile della seta, poi aveva conosciuto ferriere e produzioni di armi. L'industria della lana vi si mante-une per molto tempo casalinga e rudimentale sino a che, ora è un secolo, un pjccolo indust,;ale di Valle Mosso, il Pietro Sella, im0 portava tra molte difficoltà e incredulità i primi telai meccanici dall'Inghilterra ed alcune macchiJ1e per filare la lana carclata. L'ind1istda sorse così nella Valle Mosso, si diffus,e nelle vallate circostanti, fu per opera cli Maurizio Sella, nipote di Pietro e padre di Quintino Sella, portaci nella valle del Cervo ove si trova il capoluogo del circondario. Fu industria clapprirna domestica, ma si rafforzò colla pazienza e colla tenacia di piccoli industriali, con uno spirito di risparmio spinto sÌlto al sacrificio, col continuo investimento dei capitali _,guadagnati nell'intlustria che li aveva prodotti, sicché cacciò dalfa valle del Cervo, dello Stro- .na, del Crosa, dell'El vo, mulini, cartiere, _filande, fen;ere, impiegò le acque delle alpi nelle tinotrie nei lavaggi, i salti dei torrenti per :muovere macchine, frastagliò i colli di ltwghe pezze <li panno l,,"OS:tae tendere e ad asciugare, ele,·ò alti c--.,mìni funtanti sttll'altopiano che de- _grada verso la nebbia della pianura. Ecl un ritmo più rntenso fo clato all'industria -dalla introduzione della lavorazione cli lana pettinata fatta, dopo molti insuccessi, cla profughi .del L()'Tllbardo-Veneto tra il 1850-1855. bo suiluppo -Cosi il Bieliese aveva trovato la sua industria. Paese fittantente popolato e dove la popolazione esuberante per quello che la poca terra coltivabile poteva rendere aveva dovuto per secoli e- .migrare ogni inverno verso i paesi del piano, l'industria della lana che sfruttava condizioni lo- ·cali non facilmente ottenibili altrove (acque di assoluta purezza, torrenti a regime abbastanza Tegola.re) si adattava otilinamente ad esso. Ciò -spiega perchè il gruppo biellese della rndustria laniera ,il più giovane tra i gruppi italiani, sor- -passasse presto per importanza e novità di impianti, per capitale e niano d'opera impiegati, .altre regioni ov,e 1'industria della lana aveva sede da secoli e che più si attardarono prima di Ti'nnovare completamente i1 macchinario ed i me- -;todi di laYoro. Certo lo sviluppo non fu continuo; ebbe arresti e crisi anche gravii la industria del pettinato pan-e imporsi nettamente a quella del -cardato, poi negli ultimi anni questa si riebbe modificando in parte le sue lavorazioni, la guerra infine :rafforzò la posizione economica della industria biellese che alla vigilia vedeva profilarsi :all'orizzonte i segni di una grave crisi. Per l'industria laniera biellese, meno appari- :Scente forse d-i altre industrie in cui negli anni scorsi si volsero gli occhi dei catoni, itali.ani iu cerca di inchieste, ma non meno largamente beneficata dal pefiodo bellico, la guerra vo11e dire produzione facile, abbondante, lavoro in pieno con mercato già assicuratoi e rimunerativo .aumento continuo d:i prezzi degli stok in magazzino. Abbandonate le produzioni fini dalla lavorazi011e difficile e costosa ,tutti i fusi del bielJese prillarono sotto il grosso filato _dalla ti~- ·ta Ultiforme tutti i telai batterono tsocrorn il .grossolano ~anno di guerra, le acque di •t~tti j fiumi biellesi ove scaricano i canali delle. tmtorie si tinsero tutte cli verde. ba potenzialitàattuale Nel biellese s0010 ora concentrati (sono cifr.e -ufficiali del 1918 ma per le ragioni che diremo •attendibili ancora oggi) i due quinti dell'industria laniera italiana. Su 800 opifici' 240, su 62 •mila operai impiegati nell'industria circa 28·.000, -&u 44 mila HP 17.500. Tale coucentrazione inr dustriale se pone in via assoluta il Biellese alla ·testa dei gruppi lanieri italiani no,n è però tale cla far considerare il Biellese come i 1 gruppo più moderno ed organico. Infatti i1 gruppo vi- ,centino p,;ma della guerra possedendo soltanto 28 stabilimenti vi concentra.va quasi ro 1nila operai (il 15 % degli operai_ cli_tutta Italia) co:' un nu'me.ro medio di operai dt 38o per stabthmento, mentre nel Biellese tale numero scendeva .a 105. Anche la percentttale dei fusi di pettinato sui fusi_ totali (il pettinato è in genere lavorazione più moderna e più fine di quelfa del cardato) era maggiore nel Vicentino che nel Biel- --lese e le notizie relative all'impianto di motori per gruppi di macchine confermavano esse pttre la maggiore modernità degli impianti veneti --rispetto a quelli piemontesi. C!arallerisliahdeel gruppobiellese Tale regresso relativo, non adeguato alla floride--4za finanziari.a della industria, è dovuto in gran parte al fatto che l'industria biellese non ha saputo fino ad ora assurgere alle forme ed alla mentalità clella grande industiàa. Su.i 244 stabilitnenti biellesi ve ne sono 125 i quali impiegane, meno di 50 operai ciascuno, avc-11.do perciò la clirnensioue della piccola industria, e soltanto 7 stabilimenti impiegano più cli 500 operai. Il pred()'Tllinio della piccola e me<lia industria rispetto alle imprese di dimensioni maggiori non è punto dovnto a concEzioni &pedali dell'industria che raggi1u1ga troppo presto il limite dei costi crescenti (all'estero e specie in America la grande indu.stria laniera è la sola padrona de} mercato), ma al fatto che nel lliellese l'impresa industriale non ha superato ancora la fonna di organizzazione famigliare. Quasi tutte le ditte, anche Je maggiori, sono gestite sotto forma di società collett.ive o di accomandite semplici nelle qttali è investito tutto il patrimonio di una fa.iu.iglia, e cli qttella sola, ed in una industria nella quale il cap-itale impiegato può ca.1colarsi ahneno in 400 milioni il numero di Società Anonime non giunge a ro, nessuna delle qttali vede quotate in borsa le prop1ie azioni! Una tale orgauiz7..azione, pTimitiva dal punto di vista giu,;dico, senY.a qttasi legami coJJe banche e con le altre industrie ba mantenuto all'industria biellese un caratte.rè severo ed alieno da competizioni politiche e cla investimenti pericolosi; ma può rappresentare un• grave pericolo in un momento di crisi perchè essa non può contare che sulle proprie for• ze per- superarla. L'industriale biellese è rimasto ancora l'uomo che vive nella fabbrica e per la fabbrica, che è cresciuto bambino in meizo alle macchine e che cla quei giuochi ha appreso il suo corredo tecnico, è rimasto un po' sempre colla mentalità del mop:tanaro inurbato che diffida degli avvocati, pericolosi azzeccagarbugli, degli ingegneri, teorici presuntuosi, dei chimici, complicati incompetenti, che ergei contro la teorica competenza di futti, il suo pas,sato cli lavoratore senza tregua che unisce alla lunga pratica 1iinteresse delle cose proprie. Non vi è, si può dire, industriale biellese che non abbia visto sorge.re ecl rngrandire la fabbrica che è su:a, che delle macchine con cui lavora non abbia assistito al montaggio, non abbia seguito, aspettante e pensieroso, lt: prime prove di rend:ia:nento. Ora tutte queste qualità hanno moltissimo giovato per far sorgere l'industria laniera biellese, ma è da chiedersi se esse bastino a mantenerla, ancor più se esse possano bastare per il futuro. b'industriaìebiellese Nella sua fabbrica già so-rta, nella fabbrica già approntata per il lavoro l'industriale biellese è nel suo regno. Si sente tanto legato alla sua fabbrica da non staccarsene neppttre qttando, ricco, lo potrebbe facilmente. Esso può essere riDla$to ancora un uomo semplice e labo1ioso del quale sarebbe difficile cercare la coscienza politica o vaste direttive economiche, ma non ha certo portato in giro alterigia pescecanesca per le stazioni balneari cli lusso e per gli hotels dei luoghi climatici. Non ha abbandonato colla riccbezw nè abitudini severe ili lavoro, nè sem, plicità di ,,-ita, dirige la sua fabb1ica che ha oggi roo telai colla stessa tenacia e nello stesso modo col quale suo padire guidava 4 telai. in tmo stanzo- ·ne senza luce sotto la spinta d luna roggia da mulino. Persino la distribuzione topografica dell'industria sembra reagire ad ogni pensiero di accentramento e di concentrazione. Si aiTa.mpicano pei colli, si adagiano in piantu·a, luugi da stazioni ferroviarie, serviti da strade non facili, piccoli paesini di case basse che si raccolgono intorno ai camini di Ulla fabbrica come nel medio evo i borghi campestri si stringeva.no intor-- no ad un castello feudale o ad un campanile di pieve; si sente in questi paesi il ritmo vivace proprio delle terre che conoscono solo la vita dell'industria, ma sembra di avere dinnanzi ·cellule, vivissime 'e ricchissime cellule, ma disorganizzate cellule <li tma grande industria. Si ha I 'impressione che l'organizzazione attuale abbia clato tutto quello che pnò clare, che, attraverso gli sforz1 di tre gene.razioni, abbia spinto il sistenta della media rndustria aJ massimo rendimento, tanto che ulteri0re camruino non possa essere percorso. b'induslrialee gli operai L'ind'ustriale biellese si sente in fondo più vicino e più legato ai suoi operai di quello che non si senta vicino al mondo di commercianti e di banchieri, di avvocati, di finanzieri, e di. tecnici a cui le dimensioni raggi tmte dalla sua industria tendessero a spingerlo. Egli è in, sostanza l1ll ardito, un tena.ce, un fortunato, 11ll abi1issimo operaio. Da questa sostanziale unità c1i spirito e di coscienza tra incrust,;ali ed operai, cla questo paternalismo della rndustria proviene la debolezza delle organizzazioni s-ind:acali laniere nel Biellese e la mancanza di vivaci forme della lotta cli classe. Non soltanto in questo momento gli operai sono completa.- ljlente disorganizzati, ma anehe d,urante il perioclo di vigore della F.LO.T. la organizzazione operaia non ha saputo attnare una politica autonoma e propria. Come abbiamo mostrato, la mancaw.a di una classe industriale degna cli tal nome si è ripercossa nella industria biellese rendendo più difficile e fino ad ora impedendo l'acquisto cla parte della massa operaia di una cosciew.a autonoma di classe. Fino ad ora l'operaio biellese è stato il cooperatore ora volontleroso ed ora brontolone di quell'operaio arrì,- vato che è l'industriale, specie il piccolo ed il medio industriale, ma di fronte a questo non ha portato abitudini, sentimenti, aspirazioni diverse. li rinnooamentodel malerl~le e la direzione delle fabbriahe Questi sembrano per ora essere i due punti più oscu,; della industria laniera biellese. Dalla gtterra in poi ben poco si è rinnovato dell'antico materiale che: ormai com-incia ad essere a.deliri~ tttra vecchio. Non solo, ma essendosi le fabbriche sviluppate a poco a poco ognuna ha per ogni macchina un campionario di tipi diversi tanto per il sistema qttanto per la produzione. Da ciò non soltanto un impiego di mano d'opera che con altre macchine più nuove potrebbe essere diminuita, ma anche la necessità di fabbricare tipi di tessuti e di filati che tutte le macchine di uno stabilimento siano capaci di compiere. Questo doppio fatto contribuisce a renclere maggiori i costi <li produzione e ad avviare la produzione italiana ,·erso i tipi più scaclenti di panni che possono essere prodotti cla tutte le macchine. Anche i più grandi stabilimenti, tra cui notevole quello Rivetti che impiega 1500 operai ed estende la stta influenza clalle iJnprese di elettricità (Elettricità Alta Italia, Industrie Elettriche Piemontesi) ai magazzini di vendita al pubblico (La Rinascente), non, hanno dopo la guerra rinnovati i loro impianti in proporzione alla loro potenzialità attttale. Si nota invece che sonCI spesso medie industne in via di accrescimento quelle che acquistano macchinaiào più moderno e cheJ ampliando la loro attrezzatura, curano di rendere più armoniche le proporzioni fra i vari reparti. Il pericolo dipendente dal mancato tempestivo rimodernamento degli impianti è reso più grave _dal sistema di direzione tecnica ed amministrativa attuato in tutte le fabbriche del Biellese. Abbiamo detto come l'rndustriale bie.1lese diffidi dell'impiego di tecnici specializzati e co1neJ in tutte le fonne possibili, cerchi di mantenere 11ella f2.miglia del proprietario la direzioue effettiva dell'industria. Si vede in taluni stabilirn.enti lavorare alla direzione dei vari reparti, ·con coesione e concordia rai-a e notabile, an •industriale ormai avanti ueg1i. anni i circondato da quattro o cinque dei suoi figEuoLi e figliuole. Tale ordinamento famigliare ha giovato non poco dttrante il periodo cli continuo sviluppo, e di continua ascesa del] 'industria qttando per ogni figlio che entrava alla fabbrica si apTiva spesso un nuovo reparto di cui metterlo a capo. Ma è evidente che lega,:e Ja fortuna di una fabbrica alle vicende rnterne della famiglia del proprietario non può essere a lungo cosa possibile. Da un lato per dirigere le ind'ustrie si richiedono sempre maggiori cognizioni tecniche che gli industriali biellesi, che hanno cominciato bambini.a vivere la vita dell'officina, non hanno avuto tempo e modo di procttrarsi, dall'altro la coesion~ la unità di indirizzo non possono ottene.rsi per parecchie generazioni di seguito 1 come per molte genera,zio~ veramente discendono le virtù di iniziativa 1 di capacità, cli sacrifici?, di pazienza tanto più necessarie in questi industriali in quanto tali. doti devono tener luogo di tutte le conoscenze tecniche. Kon solo1 ma la crisi psicologica di questa direzione fami.gliare delle fabbriche, che nel regime delfa gn,nde indusl!ia e del capitalismo induc'e un lembo di organizzazione patriarcale, non pttò che essere prossima. La generazione che attu·alm.ente è nel vigore delle forze o nel declinare della virilità e che ha in mano la direziòne dellè fabbriche; è nata quando la industt'a era in piena crisi di sviluppo; è stata edu- .cata alla parsimonia severa del risparmiatore, è entrata giovinetta nella o·fficina non vasta a compi.ere il ti.rocinioi ma. anche a compiere un lavoro di. cui era evidente 1a tlecessità assoluta. La generazione invece che m-esce adesso è nata che la ricchezza era già fatta ed assodata, non ha messo piede bambina nella officina dove la sua o-pera non era più direttamente richiesta e perciò cresce senza quelle virtù di lavoro e di sac1ificio della vecchia generazione e senza avere acquistato tale un corredo di stucli da poter sootituire quelle virtù. Il fenomeno non è punto cla addebitarsi a colpa della n.uova generazionei ma esso è insito nel sistema stesso di direzione famig1iare delle fabb1iche che non consente la scelta dei futuri dirigenti se non in un campo troppo ristretto ed omogeneo.· Preoisioni Come si vede, l'rndustria laniera biellese ha un fondo forte e sano, non difetta di capitali nè cli maestranze ed ha impianti che richiedono cure e sacrifici, ma che possono essere portati a livello di quelli dei paesi concorrenti. Anche il consumo dei prodotti finiti si può prevede.re abbastanza costante e fa nostra industria basta in via appi-ossima.tiva al mercato interno, il più sicttro, perchè negli ultimi due anni le quantità 43 di tessuti importati e cli quelli esportati si sono, come peso, equi valsi. Ma anche clalle importazioni si nota la tendenza clella nostra industria a fabbricare prodotti meno fini e meno costosi. Infatti i 22.000 quintali cli tes6uti importati nei primi nove mesi del 1923 furono valutati 175 milioni, mentre i 23 mila quintali esportati nello stesso tempo furc,no computati solo 85 milioni. Ora questo fatto può far ritenere che, con l'aumentare del potere di acquisto elci paesi esteri (Europa centrale ed orientale) ove la nostra merce ~ diretta, la richiesta si sposterà verso generi più fini a danno della nostra esportazione. Qttanto alle prevLsioni comrnerdali per il futuro è cla notare che la industria laniera ha potuto nel 1921 evitare una crisi di supraprodnzione solo per gli scioperi che, riclucendo in quell'anno la produzione complessiva, banno permesso di vendere le merci immaga7.zinate e che anche attualmente per effetto dell'aumento dei prezzi clelle lane greggie, cui non potrebbe senza troppa contrazione del consumo seguire un aumento proporzionale di pre,,.zi nei prodotti finiti, )e prospettive sono dichiarate incerte dalla stessa Associazione Laniera Italiana. Ciò induce a credere che, cessate le condi7.,ioni particolarmei,te favorevoli clella guerra, una serie cli crisi di importanza varia possa successivamente colpire l'inclustria laniera che sembra aver trovato un limite di espansione difficilmente sormontabile. Occorre che a queste crisi &i prepaiàno serenamente e virilmente gli industriali otmmentando le climensioni e quindi la resistenw clelle singole imprese, migliorandone il macchinario per ottene.re costi di produzione più bassi, svincolando le direzioni tecniche e amministrative delle imprese clalla cerchia famigliare dei proprietari, avviando in una parola l'industria laniera al regime della grancle incrustria. V. Programma d'inchiesta Con questo saggio Rivoluzione Liberale comincia un'inchiesta che Yorrebbe essere organica e completa sull'industria italiana. A questo lavoro tutti gli amici sono necessari. E' un'opera che deve essere condotta avanti per inclagini locali, sulla scorta di osservazioni e di pratica personali e ognuno doVTebbe portarci i. suo stud-io e la sua esperienza. 1 Si tratta di vedere in qttali climi l'rndustria italiana riusci a imporsi, come vinse le difficoltà naturali, qttali difetti la travagliano. Tutte le nostre simpatie sono per le libere iniziative che risalgono al sacrifici.o dei singoli, e alla o-enialità di uomini che non do""t"etteroricorrere ;ll'aiuto del politicantismo. In questi casi, accanto ai dati statistici e tecnici, la psicologia del protagonisti,,, lo studio dei costumi che la nascente industria alimentò rntorno a sè, e delle trasformazioni economiche sociali, spirituali prodoftesi nei ceti interessati possono svelarci i segreti dell'equjJ.ibrio sociale e darci i più esattrienti schemi di fisiologia economica e politica. La statistica qui si alternerebbe al pittoresco. Soltanto questa indagine potrà dirci con quale preparazione intima l'Italia si aVTia alla rita mode.ma è entro quali limiti si sia già formata una classe di capitalisti non a't'Tenturieri, nè parassiti. Di ta.le compito Ri-voluzione Liòerale si assunse implicitamente l'impegno con la impostazione stessa che diede allo studio rntorno alla presente immatnrità italiana economica e politica, immmaturità che non deve escludere altre speranze per il futttro. G.-:SF.ARAVIA & C. Editori - Lib1•ai • Tipog,·afi TORl~O - MILANO - FIHENZE - ROMA - NAPOLI - PALERMO :Novità PIETROROMANOdella R. Università di Torino PERUNANUOVSACIENPZEADAGOGICA Un voi. Ìlt-16° cli pag. XII-192 Prezzo L. 9 (Biblioteca di Filosofia e Pedagogia- Ed. Para-via) Interessante volwne che raccoglie scritti composti in tempi diversi - dal i914 al 1923 - ma intimamente dominati da un solo spirito che si esprime nella celebrazione dei valori ideali; ed è da augurarsi che questi saggi possano frattanto richiamare gli studiosi della ·pedagogia e gli educatori ad una più alta e più larga visione della dottrina dell'educazione e delle idealità delfa ,ita. Piccola Bibl-ioteca di F·ilosofia e Pedagogia E' usc-ito: ALESSANDRO MANZONI 'A-ppendice al capitolo III de.lla Morale cattolica DeMl em[abelontllaMorsaulell'utilità con introduzione critica, varianti delle diverse edizioni e raffronti Rosminiani; a cura di Domenico Bulle.retti. Prezzo L. 5.

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