La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 34 - 6 novembre 1923

REVISIONE J,IBERALE ~~N HUM~ttllll DUR[H NAIWNAllUI ~cl 1914-18, per I'ultima \·olla forse, si è combattuto iu Ew-opa e in Italia per la nazione. Chiw1que abbia vissuto quei gion1i 11e porta in ~i.- mia triste-1.za <'hc .1 Lratli St colora quasi di nostalgia. ReaJ111e11te 1 paiie-nclo per la guerra, noi sentimmo i c-oufini della nostra c<;iste1n.a indi\'i<.lu.ale allargarsi sino a contenere la vita di una intera generazione, anzi la vita delle gencra.z-ioni passate, la speranza delle {ulure, per la cui eredità e pel cui av,·cnirc anda,·a.mo a cr1mbaltcre • considerando cos} la morte 1111. bal• cere d.el ciglio, che 110n. i11terro111 pc il ,.i:edcre -.. Ciascuno di noi poteva mutuare quella consolat1ice parola dal pensatore di terra 11cnUca e sentirla ,·i ,·a ed attuale al pari del combattente tldi ·allr:1 p:-trte, del nostro fralcllo-nemico, cui pen~nsamo sc11z. 1oclio, amd co11 profonda. ttmnna simrmti:1., come a colui c-he con noi collaborava, combattendoi ad 1111 'ojJ~rn che tra~ccnclc\·a le no- ~trc pcr:-;onci le nostre palric stcs.-;c. ~<•n ucgli ingenui sogni cli pace uni\;ersale e c;i gi,,ir.:-.:.c act:oladcs dopo il massacro, erano viYe le. CO$idette idealità democratiche della guena, 111:1 in qnella comune coscienz.a che ci affratella\·a {h unn parte e dalPaltra delle trincee. Su di essa si poteYn contare, senza offendere, anzi nobilitando il sacrificio dei combatte11li 1 per st~bilirc una pace, che asc;icttrasse trn_nquillilà e prc....pcrità eco11omica.a due o tre generazioni. Se ciò si fos....o;:.e a\-yerato - ed è intltile ormai chiedersi se era possibile - la patria-nazione, quale ~i era Yenuta forma11do nella storia degli ultin1i secoli aYrebbc soprav,·issuto pura come ide...'l-forF.a,all'immane massacro. ln\·c,ce, 11ell'impoten7,a degli scatenati nrudonali:::.m1a darci una pace, nella loro ostinata oppo. f-iz:ione ai b:sc~1i elementari della nostra ch-iltà, neila loro sorda congiura che tesse fila e trova ptwti di contatto 1 non soltanto ideali, tra gli ste.~si opposti nazionalismi nel comune accordo contro le basi della nostra dta materiale e spirituale; nel loro farsi stru1neuto di interessi e di Ye1ldctte di parte o di classe; gli uomini stan110 imparando questa Yerità dolorosa: che I.a na- ·zione fino ad ieri stn.:.meuto di civiltà, organo di cultura, oggi è ostacolo t.'!.nto alla cotnune p-c-05perità economica} quanto ai beni più alti deilo spirito. Dappertutto, meno che in Inghilterra, dove ancor Yi,-ono lo stato e lo spirito liberaJe, così nei paesi Yincltori come nei paesi dnti, tanto 1~e_g-Ji stati di antica foi mazione quanto in quelJi rec-<::ntissimi, appaiono i medesimi fenomeni : lo ..spirito nazionale o pseudo-nazionale fatto- ves- ·~iJlo o di riYolta o di estremà resistenza, o di riscossa per la piccola borghesia socialmente ·sconfitta, o quasi: questa idea, sino ad ieri cosi rie.ca di contenuto umano, sinonllno di amore e di devozione illilnitata, àiYenuta la bandiera intorno alla quale si raccolgono per la vendetta .tutti gli odi ed i risentimenti; questo sentimento, per il quale nessun sacrificio fu richiesto in- ,·a110, abilmente messo in moto da una plutocrazia senza scrupoli ed anazionale per eccelle.i1za, al senrizio e.lei propri interessi, taciati o confessati, per i quali tornerà domani a muo\·ere -gli opposti sentimenti, facendosi beffa.1 con olimpico ed ammirevole cinismo, di chi creda negli wli o negli altri. E in questa vasta tragedia si inserisce il nostro episodio: dopo i combattenti. umili e disinteressati, dei quali i migliori - sia che si chiamassero Slataper, Vaina o Serrai o che portassero un oscuro no1ne di valligiano piemo11tese1 cli pastore calabrese o sardo - lasciammo nelle tri1Jcee e presso ai reticolati; sono Yenuti gli altri: gli speculatori ed i profittatori, i vanitosi e i rodo1nonti, che hanno formato a loro immagine e -son1ig1ianza la geuerazione degli adolescentii volontari della guerra ci Vile, che da spettatori comodi si erano innamorati del gioco e volevano ripeterlo per loro conto. a: Chi ha sentito la guerra-dovere non può ama. re 1a guerriglia-sport 11, mi diceva un saggio .amicoi antico fante. Nella guerriglia-sport 1a patria, questa che crede\"amo madi:e di tutti, si è: trasformata, ce l 'hanuo trasfigtu·ata. Abbiamo saputo di nostri yalorosi co1npagni .d1armi ingiuriati, perseguìtarf:i, feriti, banditi, di contadini-fanti uccisi, solo perchè social.isti o popolari o coml!nque clissidenti od ostili al nuovo verbo. Abbiamo assistito al rinnovarsi, sotto ]a denomiuaz..ione 1uilitare pres~ a prestito dal nemico, .della a: StraJe-expedition ►, aiutata cl.ai novissimi 1nezzi della meccanica, e drappeggiata in quel tricolore, elle in tempi uon lontani era stato siinbolo di fraterna unità, ]a ,·ecchia usanza medioevale delle faide e delle fazioni d'anni; e t11tto questo abbiamo visto sanz..ion.ato in w1 decreto d'anu1istia, che, in.troducendo l1elemento subiettivo de] fine, segnava nel campo gitu;clìco, la morte di quel momento obiettivamente far. male, che abbiamo cUmostrato essere la base dello stato ]iberal.e e nazionale. Ed abbia.1110 assistito infine a.ll1ironia inconsap1:Yole dei « Philosophieprofessoren »1 i quali zinstificavano tutto colle stesse formule - ste- -reotipameute r:ipehtle - con cui si affermò la .c.lottriua dello stato liberale, iu stù sno sorgere, LA RIVOLUZIONE LIBERALE di quello stato liberale apptmto, cli cui tutti quei fenomeni seguavano la fine non solo nel]a realtà politica, ma negli animi st.essi. Perchè, lo sappiano o no, i pallidi teorici che, forse in buona fede, ricd1cg-giano in accenti p1ofcssorali - da c-ui esulò ogni passio11c, ogni interesse attuale -· le clot.lrine, un giorno cosl ricche di vita nei loro primi autori; proprio quell'idea e quello stato si sono uccisi che essi, poveri tt0mi1Ji lihrc..;chi, ignari anche della cronaca, credono <li rianimare, ntentre <.;Oltanto ne imbalsama110 il cada,·crc. periaUsmo moderno che si alimenta di libere iniziative, che vive nella lotta politica ed economica, che richiede i finanzieri e gli industriali, l'élite J>lutocratica contro la quale si scaglia la retorica piccolo-lx.,rghcse ed antisemita; non la restaura,Jone cattolica e paternalistica che fa a pugni colle aspirazioni nazionaliste e colla pratica dello squadrismo rompiscatole, non l'illusione nictscb iana di un ritorno barbaro, chè Dionisio non jnfiamma di sè i frequentatori d~i caffè provinciali. Eppure questa lnL'S<.hina realtà, questa decadema farisaica di un sentimento che ebbe forza ed aspet.ti di religione, ci viene gabellata per il nuovo contenuto dello stato etico e nazionale! In tal clima spirituale, da cui è assente ogni passione nobi]e e generosa, in questo regime: intellettuale, da cci ogni grande idea è rigorosamente handita, in questa baraonda di idee con- /use e di gesti vic,lenti, di male parole e di odi e fobie meschine, viene educata un'intera generazione di europei. Fortunati ancora i paesi, dove qualche idea uni versale astratta ed assw-da linchè volete, fa da contrapp<:50 a questa realtà assw-da! L'accusa di Grillparzer, ingiusta or sono cento rumi, quando il n,oto delle nazionalità era affermazione concreta di umanità, anticipazione cli un secolo di civiltà europea, è divenuta oggi, nella degenerazione e nella decadenza delle società na,-ionali, tristamente esatta : , \"(111 Hw-nanitat, dnrch . -ationalitat, znr Bes tialitat •. PIP.RO BCRRESI. .\ uchc da uu esame stili~tico appariranno in• sospet.lat.i moti vi psicologici. Prendete ad csc1npio il Gc11tile: sia che egli parli deU'at.lo puro o dello stato in ast.rat.lo, conserva sotto le ceneri della rigorosa dialettica i fnochi, a t.ratt.i sfavilla11ti, di un pathos sincero. ì\ta quando cerca cli giustificare i suoi co11creLiatteggiamenti politici (V. ad es. l'articolo • Jl mio liberalismo» nella « ~uova Politica Liberale,, n. 1) è pallido ,sbiadito, arbitrario, pri,·o di ogni concreto 1·if'=rime11toalla vita attuale. Polemica interventista \\"althcr Rathcnau parlerebbe di , profcssora le hlinktslogiskeit ,. .\ccanto alle 1neccaniche ripetizioni dei filosofi, la meccanica del pari, e L'l. vuota retorica dei politici e dei gionialaslri, da cui sono ancor più lonta1li quegli accenti i-icchi cli tun.anitài quelle Ycrità prof.onde ed elementari, che ci resero adorali nn gion10 l'idea cd il nome di Patria. .\!--sistiamo così ad w1a naturale degenerazione ed imbestiamento cli una passione nobilissima u11 tempo. Confrontando le parole che il sentimento di patria ispirò nel secolo scorso una pagina di f\Iazziui o di Fichte, col linguaggio arido e monotono - quando n~n sia addirittura bestiale - degli oilien1i nazionalismi, si ha l'impressione di passare brusca.mente da una Yallata Yerdeggiante, varia e 1-icca di \;ta, in un sitibondo deserto affocato. .-\ quello svuotamento dell'idea cli naz..ioue che Yedemmo avvenire nella realtà politica, corrisponde un analogo mutamento nel linguaggio, dh'enuto artificiosoi meccanico, privo di ogni interesse umano. Questa realtà spirituale, questo clima ci offre la piccola borghesia, colà ove ha raggiunto tw effimero trionfo. E in questo deserto si soffoca. Rinnegando la tradizione liberale - cioè 1a riforma ed i motivi più pTofoncli dell'illuminismo che erano confluiti nello stato nazi011a1e - essa p1·oduce intorno e dentro alla nazione il vuoto, e ne è in qualche maniera consapevole, perchè per lo stato così m11tilato chiede il sostegno più valido <lf'lh tradizione cattolica. ì\Ia di fronte al cattolicesimo, che pretenderebbe di abbassare cosi ad un meschino ripiego politico/ essa si trova in una duplice coutraclclizione._ Alla tradizione cattolico-legittimista non pttò validamente appoggiare i suoi sogni patria.reali di gerru·chi.a, ordine, paternalismo politico, perchè quella tradizione è da troppo lungo tem.po spenta. D'altra parte lo spengersi cli quella tradizione ·- nonostante gli infelici tentativi di richiamarla in vita dei Yari Cornaggia cli tutti i paesi - ha consentito alla Chiesa lihertà di movimento e suscitato la. speranza - per ora timida - cli un ritorn0 medioevale. Qu.i Yeramente in una ben più integrale « restaurazione , le yisiou.i patriarcali di ordinate gerarchie, il pacifismo sociale delle corporazioni miste di patToni e cli artigiani. assumerebbero un valore ed una realtà : nella rinuncia e nella. pace fraten1a di U.11 n1ondo cattolico, in cui il Pontefice Romano consacrasse nella basilica del Principe deg-li Apostoli, l'apostolico e pacific0 imperatore non degli italiani 1 ctei francesi o dei tedeschi, ma di tutto· il popolo cristiano. E' pensabile tuia negazione più radicale della nazione, della lotta e della volontà di potenza; di tutte le malcomprese idee moderne, che il nazioualfascismo confusa.mente riecheggia. Parrebbe rimanere al lo stato fascista ect' alle confuse e contradditorie ideologie reaz-ionarie della piccola borghseia europea la giustificazione nietschiana di un ritorno barbaro e dionisiaco, la morale erojca dell1élite guerriera. Bisognerebbe aver perduto ogni senso del ridicolo per non chiedere a chi enuncia una siffatta proposizione se non voglia fare del1a mordace iron.ia. Ciò che fa quasi' d:isperare clellc sorti nostre, si è che in Italia lo si pensa sul serio. Vi è bisogno di ripetere· che nulla è cosi irriproducibile come la freschezza della barbarie, che nessuno tra i fenomeni sociali - di loro natura incoercibili - è inimitabile al pa.ri della fon11azione di una autentica casta guerriera? Chi non !nuove al 1~isoil paragone mentale tra U.11 centurione della mili'l.,ia, azzimato come un figurino di Cararnba, che accoppia alle pose spavalde del brauo le equivoche eleganze del 111(1cro di Montmartrei ecr trn cavaliere crodato od till Varego p1'ed.atore di regni? ... E qual fonte di a.11.egria nel pensiero che tal console politicante possa ,·enir strappato al campo quotidiano delle sue 1nanovre, al caffè della pettegola cittadina di provincia} per yenir lanciato aJla conquista dj lontane colonie! La guerriglia civile alimenta i pretoria.ui, uon fo1-ma i guerrieri. Che cosa cltmque rimane a questo tessuto di conb'aclcli1,ioni, che forma il 1nito della riscossa piccolo-borghese? Non il sc-uti1ne11toe Piclea di Dazione, chei nella nostra civiltà 1 sono inseparabili dalla libertà e .dalla dignità del cittadino, non il grande imCaro Gobetti, giacchè vedo che il Monli, nell'articolo intitolalo: Jnterventismv, neutralismo e fascis1,w, si richia,na alla mia lettera e riconosce la necessità di una discussione che non lasci più « nessun equivoco e nessun matint,eso », permetta, se crede, anche a me di portare il mio contributo a quest'opera di chiarificazione e di spazzamento degli e4uivoci e dei sotLintesi. Naturalmente non riy,eterò quello che ha già detto con la solila chiarezza ed acutezza il Monli; nè voglio allargare la discussione al torlo o alla ragione degl' interventisti e dei neutralisti, anzi vorrei limitare la questione anche maggiormente di quanto ha fatto il Monti e restringerla quasi unicamente al giudizio sull'origine, ia natura e le conseguenze delle famose giornate di maggio . Una simile indagine mi sembra necessaria net suo giornale, che ha pubblicalo, riguardo a quelle giornate, - anche se non a firma del direttore - giudizi non dissimili da quelli dati dagli ex-neutralisti. Cercherò dunque di esporre l'atteggiamento e lo stato d'animo a-vuto in quelle giornate dal gruppo di persone col quale l'azione della Rivolu- • zione Liberale ha maggior affinità, pur distinguendosene nellamente. E spero di essere scusato, se m'arrogo questo còmpito io. t'11ltimo e il più oscuro, ma non il meno convinto seguace di quel gruppo. h'in!erv1mtismo dell' "Unità" prima del maggio Prima di parlare dell'atteggiamento degli interventisti democratici, e più ~pecialmente unitari, nelle giornate di maggio, è necessario accennare, almeno sommariamente, ai motivi che condussero all'interventismo uomini, i quali avevano sempre fatto propaganda contro i ·militaristi e in favore di una politica di pace, se non proprio del pacifismo assoluto. Dopo la crisi tormentosa attraversata nel primo periodo della 'neutralità e derivata dall'ignoranza circa la formulazione precisa del trattato della Triplice, e quindi dal dubbio che non solo la guerra contro i nostri alleati, ma la nostra stessa neutralità costituisse un mancamento di fede ai trattati, si presentò alla mente e all'animo di ciascunp il quesito se- fosse conveniente continuare nella neutralità o se si dovesse entrare in guerra contro gl'Imperi centrali. Data una mentalità come quella del Salvemini, e di cui tutto l'indirizzo del suo giornale era stato sempre impregnato, scarsa efficacia potevano avere su di essa le frasi vaghe circa la necessità per l'Italia di non essere assente; e neppure potevano avere valore decisivo i motivi sentimentali contro la crudeltà e la barbarie. dei Tedeschi invasori del Belgio. Occor:neva invece che, per agire, fossero esposti fini concreti e precisi, ispirati all'interesse dell'Italia, oltre che alle ragioni dell'umani.Là. E questi fini furono essenzialmente du<>.Il primo - e il più decisivo - fu quello d'impedire l'egemonia incontrastabile che la vittoria avrebbe dato alla Germania ,egemonia che avrebbe significato per l'Italia una vera schiavitù, data la mentalità tedesca d'anteguerra e aggiuntovi il fatto che saremmo stati tratt,ati come traditori per non essere scesi in guerra al fianco dei tedeschi. Il secondo fine era quello di approfittare di una guerra - non da noi voluta nè scatenata ma che avrebbe portata una nuova sistemazione nell'assetto territoriale dell'Europa, durevole per molti anni - per raggiungere i nostri confini natuxali, riunire alla nazione gl'Italiani ancora soggetti all"Austria, migliorare la nostra posizione strategica nell'Adriatico. Fissati questi fini, e riconosciuta la necessità di partecipare alla guerra a fianco deilla Triplice Intesa per raggiungerli, il contegno dell'Unità non si confuse con quello di coloro che sninsero alla guerra mondiale con gli stessi metodi che l'Unità tanto aveva deplorati per la guerra libica (rettorica, falsificazioni, calcoli più che rosei sulla facilità e la brevità della guerra). Al Governo, che solo conosceva tµlti gli elementi della question2, spettava decidere il modo, e specialmente il tempo, dell'intervento. Perciò quelli che chiamen,mo )!l'interventisli unitari sentono di non avere ~suna responsabilita circa la data dell'intervento, nè circa gli errori del Governo stesso o da altri commessi nel valutare la durata o il costo, in vite e in danal'0, della guerra. Le giornale di maggio E veniamo alle giornate di maggio. Dato l'atteggiamento assunto dall'Cnità, era naturale che essa seguisse con simpatia l'opera del Governo, interventista, e avversasse l'azione di Giolitti, non ben chiara, ma evidentemente tendente alla conservazione della neutralità. Però quest'avversione ai neutralisti non avrebbe legittimato nessuna forma di violenza contro di essi, finchè non fosse stata presa nessuna decisione circa l'int-ervento. Fino ad allora ognuna delle due parti aveva il diritto, e magari anche il dovere, di far propaganda delle proprie idee, per ottenere che l'Italia seguisse la linea di condotta creduta più utile; ma non doveva spingersi più in là. La violenza delle giornate di maggio fu originata non dal proposito di costringere l'Italia ad entrare in guerra contro la volontà di gran parte della Nazione, ma dal fati.o che gl'interventisti avevano saputo, o almeno avevano intuito, che il Governo dell'Italia, si era ormai impegnato ad entrare in guerra e comprendevano che ritirarsi dopo quell'impegno, sarebbe stato un atto rovinoso per la dignità e per il prestigio dell'Italia. Le giornate cli maggio, pur nella loro torbidezza, non furono dunque, o non furono soltanto, una manifestazione di leggerezza, d'immaturità o d'inciviltà; esse furono anzi, essenzialmente, una prova di sensibilità politir.a. Infatti, dato che il trattato di ~ndra era già stato firmalo, se Giolitti fosse salito al potere al posto di Salandra, avrebbe potuto seguire due vie: o far annullare il trattato, e ciò avrebbe disonorato l'Italia ,perchè il trattato era stato firmato dal GoYerno legittimo, al quale la Camera aveva dato la sua fiducia, oppure avrebbe dato lui stesw esecuzione al trattato, e allora avremmo avuto lo spettacolo, nel momento più solenne e decisivo della vita delLa..nazione, di un giochetto parlamentare di sostituzione di un uomo di Governo a un altro, senza alcun legittimo motivo, dal momento che la linea di condotta non doveva essere cambiata. La legalità e la piazza Giunti a questo punto sarebbe comodo fermarci. Perchè mi pare che difficilmente possa essere scosso il fondan1ento di quel che ho detto finora, si potrebbe deplorare gli èccessi della giornate di maggio, ma ricono-. scere che essi non bastano a far condannare quelle manifestazioni, se esse ebbero per effetto di salvare la dignità dell'Italia. Ma per giungere allo scopo di dissipare gli equivoci e i sottintesi, di oui parlavo in principio di questa lettera, bisogna ayere il coraggio di porsi un'altra questione, che si potrebbe formulare cosi: « Ebbene, ammettiamo pure la necessità dell'intervento, ammet,tiamo anche che, dato il punto a cui erano le cose ,sia stato bene che Salandra sia tornato a capo del Governo p'er iniziare la guerra da Iui preparala; sta però il fatto dell'illegittima pressione sul Parlamento e sta il fatto che da quella prima azione illegittima sono discese tutte te altre che hanno in seguito originato il fascismo e la marcia su Roma». L'accusa è certo formidabile per chi non approvi i metodi e la mentalità del fascismo. Vedian10 di esaminarla un po' addentro, perchè dalla solLIBionedi questa questione dipende il giudizio sulla responsabilità di gran parte dell'azione fascista. Nel maggio del 1915 la Camera dei Deputa li era nella sua maggiora,nza per Giolitti e contro Salandra, cioè per la neutralità e

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