La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 27 - 18 settembre 1923

lJO gelo col suo ufficio di Scienza dell'Opposizione, che tramuta l'affermazione lontana nell'immediata rinuncia e fonda la perletta e sicma cat. tedra di pessimis1uo • non e un'eresia io spero quando si dice che ;i yuol essere cristiani pi t\ che aitro per amore della sfida e dell'impossibile, in nome deUa ribellione intima, della lotta contro l'uomo vecchio, de.Ila Sconfitta, della Passione; e in somni.:1.si riconosce il ,·alore della religione dal suo stato di mìuoranz.a e d'inizio dall 1ilnprcYedibile promessa chiusa nel seme. ~ Pace Cristiana, il Regno, se si potesse aYYe.rare sarebbe negata; che si speug-erebbe il suo desiderio e cou esso la Yita; ma fuori di quella non ce n' 0 nessuna. La condizione necessaria per quella futura pace, per la speranza. della pace· e per la sua custodia, come d 'wia purezza che un solo soffio rl'aria appanna, nel cuore ùi ognuno è la lotta i c:be fa l'anima Yigile e di tutte le inganne\'oli promesse diffidente. Xon si fa un discorso diverso qua.udo si guardi ai beni niateria1i. Certo a priori non si chiede, e quasi non si giustifica, nel lottatore il disinteresse, il distacco dai beni che lo attirano, la critica ddlc illusioni di cui si nutre; ove riuscisse a 'presentire 1a corruzione delle cose 2.0-0gnate e \·edesse la più chiara bellezza d'una lot'ta a nioto, che è Yera e necessaria nella sua forma e non nel suo oggetto e questo sposta quasi per artificio logico e quando lo raggiunge l'ha bell'e disprezzato e sostituito, tro,·erebbe - ci pare - in questo senso la sua sodisfazione e s'escluderebbe dalla mischia urlante per star da sè a guardare e a .:a.pire. Il che poi non vuol dire • superare , le parti avYerse, uia meglio abbandonarle e preservarsi dagli ardori della battaglia per riY-h·erla idealmente; che ogni passo e ogni cosidetto progresso implica una rinunzia. Ma questo tale isolato, se ci può essere, nell 'amarezza e nelle titubanze della solitudine sente cli doYer esigere, più che se fosse in ca1npo, che le passioni delle pa1ti s~no bene accese, che gli ardori non siano finti o pnssegged; perchè solo a questo patto può Yedere nello scompiglio le ragioni, i benì che sono affennati in contrasto e s1an·erano per la iede che sanno ispirare, e solo in tal modo il suo bene, che sarebbe la visione, il pensiero, 61i appare. Soltanto in grazia di questa ,;·isione1 che sarebbe tutt'uno con la speranza della pace, ia lotta si giustifica e ba senso. )Ia come è impossibile che ci sia un tale ossen-atore, libero dalle· cure iruJneàiate e dalla pa..1.-tecipazioneYio1enta, o dal rimpianto cli essa (una simile ascesi 1'anebbe condotto infatti fuori di questo mondo); così è ·possibile che accan. to alla passione si educhi nell'animo di chi lotta il senso della ragione e della misura, che gli farà capire la necessità non episodica, ma fondamentale della sua azione, e insieme ]o a,;-yforà a u.na comprensione più larga, oltre i limiti dei possessi contrastati. Se si piglia l'esempio vicino, la lotta tra borghesi e proletari, tra chi difende un possesso di beni materiali e chi lo assalta, si capisce a ,·olo la distinzione profonda tra 1'animo degli uni e quello degli altri. La passione proletaria, la e: fame , cli terra, di strttmenti, di potere, che è come la coscienza della povertà non consolata e il riconoscimento, nel desiderio, della vita, non ha in sè nulla di materi.2listico, nulla, secondo lo spirito, cli pesante e d'ostile. Ma la diiesa del possesso già goduto senza sforzo e fatto passivo dall'uso, cosi corporeo e stabile, al riparo dagli eventi e dalle mutazioni, se è cieca e sconsiderata è materiahsmo puro. Quelli che già possedevano i beni, erano liberi di deaiderarne tanti altri e di lottare per la conquista di terre remote e inesplorate; e a questo modo se li sarebbero garantiti. Mostrano l'istinto di questo dove.re qua.udo si dicono , classe dirigente , ; ma è u.n titolo di cui s'onorano per solito senza merito di fatica personale, per destinazione implicita cli nascita e per mancanza di concorrenti. E' dunque vana la libertà dalle cure materiali che dovrebbe promuo,·ere a a.spiranti al criterio e all'intelligenza? o ogni possesso affermato senza bisogno di rinnovarlo (;; una schiavitù irreparabile che am. mazza il tempo con l'uso e crea un'oscura psicologia senza nÈ: sfondi nè speranze? Per ciò è un triste sintomo che i borghesi si metta.no a negare le funzioni dei proletari; negando la necessità della lotta, ribadiscono le catene cbe li avvincono ai loro b<.-nie dimostrano di non aver saputo approfittare della loro libertà per arricchirsi di quel che senr..a molto }ayoro nessuno possiede, la coscienza de' suoi propri atti e la comprensione degli atti altrui più ostici e più offensivi; ma negano in oltre penino l'essenza dei loro beni : se nessuno se ne curasse, che valore e che consistenza avrebbero mai' Qua.udo sono più avveduti ammettono negli altri questo appetito, ma fanno u.na quistione di metodo, eleYando a regola per tutti la regola della loro condotta; ma come la borghesia si strappa da sè le sue radici e si dà la zappa su i piedi quando non tien fede al metodo liberista, cosa che accade come si vede tanto cli rado, cosi il proletariato, pena la decadenza e l'annul1amento, deve escog-itare un metodo suo, cioè dar la prova di possedere un suo proprio carattere, non confondibile e non copiato; e a capir questo ci sono arrivati pochi borghesi solitari. Per tanti rispetti si può dare un severo giucli1.,iosu la condotta del nostro proletariato negli ultimi torbidi anni, ma il peggio che se -ne Pt .L A R I V O L U Z I O N E L I B E R A L E dire è che ba coutiibuito a far sì che da quell 'espericn2<.1.la borghesia non ne ricavasse nulla. Era il momento che sarebbe potuta do,·entar legittima; nella saggez.za sta,·a la sua forza e, avesse antta la persuasione del suo ufficio, non ayrebbe temuto sconfitte; oppressa e domata a,-rebbe conosciuto la gloria. L'unità della nazione, nata su i campi della guerra, sì sperime11ta,·a per la prima Yolta, m.a prendeva un aspetto pericoloso e seccante e l'avrebbero strozzata nelle fasce, per far tornar tutto come prima. Nell'incoscienza dei proletari - la loro fedeltà ai capi borghesi, il loro romanticismo, la loro mitologia sentimentale, sopra tutto l'unione ancora estrinseca e anzi la scissura profonda fra il Nord e il Centro sollevati e il Mezzogiorno tranquillo - era per lei tll1 grande aiuto, una facilità della lotta, ma anche la più forte ragioue e il miglior diritto per imporsi; contro le insurrezioni caotiche, mal dirette e provinciali la borghesia aYrebbe dovuto mostrarsi vera classe dirigente che ha superato le divisioni locali e faziose e afferma. I 'Italia; difendend() i suoi in. te.ressi di classe in quel momento l'avrebbe trascesa; studiare e r:apire i loro maH sarebbe stata la sua miglior tattica. i\'la siccome i mali sono il patrimonio n1eno diverso, è uu esame che costa fatica perchè fa venire a galla e tiene sotto gli occhi i mali propri, di cui ci si dimentica o che s'ignorano tanto volentieri; e finisce sempre a w1'introsp,ezione. In questo caso poi tra i mali opposti c'è identità completa, e il male forse più grande di tutt'e due le classi, cioè dell'Italia, è la negligenza di fronte al do,·ere di farsene consci, l'incuria della storia; la paura di guardarsi nudi. La manìa delle cose facili e vistose c'induce in un eITore cosi naturale che quasi non ci se1nbra imputabile : ci fa vedere una fiuta storia piena di gesti e cli parole, di solito ridondanti e felici, che abelliscono e quasi redimono la Yita cli tutti i giorni, così che essa pare più che non sia misera e vaclla. Una storia diYersa, cioè una di,·ersa coscie11za, stava sptu1tando: gl'impazienti Italia11i si sono affrettati a soffocarla. Si sarebbe tratti a pronunciare 1i.n giudizio pur peggiore: la incapacità della storia, la incapacità di apprendere e trasformare i dati delle esperienze quotidiane -- che è, in fin de' conti, iucapacità di porli - significa, per una Nazione, assenza dalla vita. La fobia delle prove, l'allontanamento fittizio deg-1i ostacoli, la tesi del superamento e della chiarificazione; l 'ido1atria dell'unanimità, la corsa Yerso i consensi e il dispetto per le ultime riluttanze, sarebbero altrettanti segni, non che à 'immaturità, di totale rinunzia e di forzato esilio di fronte al necessario ordine della vita sociale. I cinquanta proletariati e le cinquanta borghesie onde· si trae van~ e da cui si •Yuo1 rica Yare non so che legge .di composizione armonica invece che la patente dimostrazione ùi una perfetta anarchia non hanno di fatto in sè stessi alcuna identità e dimostrano che gl'indiYidui Italiani non sanno esser nè borghesi nè proletari, se nou a episodi· e a strattoni. Si riesce però a giustificare questo stato di fatto ponendo mente alla nostra deficiente unità, alla vita ancora anazionale; al grave con1pito che s'è avuto di sorgere a ~azione, e anzi a , potenza , per pura necessità formale, per la immediata e romantica creazione che ci ·ha fatti, di regioni tanto separate per loro natura e per gl'imposti reggimenti, di segregate e in sè contente unità comunali e parrocchiali, Regno d'Italia. Per un altro verso la storia delle nostre esperienze è mirabile; si addensa, non nel secolo decimonono dove il moto all'unità fu più che altro virtuale e, direi, nominalistico, ma in questo secolo e meglio in questi ultimi dieci anni, il groviglio dei problemi e delle esigenze che la civiltà occidentale ha elaborato e matmato nel corso di centenni; l'esercizio intellettuale troppo vivace, la conoscenza astratta di tali esigenze e problemi, la trattazione critica senza base realistica e come a vuoto, che dipendono da quella nostra condizione, han contribuito a farci adoperare una retorica di concetti per suscitare, o anzi per sostituire, i nascosti bisogni concreti. Per ciò si conchiude che la lotta fra borghesi e proletari, prova e misura di questa concretezr..a, era w1 bene per la Xazione; dopo l'esterna consacrazione della guerra, in esso avrebbe fondata la sua certezza int.ima; e comunque sia stata fallace e inutilmente violenta si vede, se si tiran le somme, che ne ha tratto profitto. Chi ci ha perduto di molto (per ora) è la borghesia in quanto classe detentrice del potere che non ha trovato in sè forze di resistenza e dopo d'aver alimentato con tutte le sue corruzioni lo stato debole ha dovuto capitolare in potc.-stà del momentaneo Stato forte che per il suo imperioso desiderio di consc-nsi è antitetico alla sua auton01nia; il proletariato resta sicuro del fatto suo, appena possa liberarsi dalla tutela cui lo assoggetta la disoccupazione e, fatto di nuovo prorom,. pente, trarre ai suoi fini le forze dello Stato. UMBERTOMORRA DI LAVRIANO. "h'EC!O DEbbA STAffiPA ,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste fondato nel IC)OI, ha sede F.SCLUSIVAME!'ITE in Milano (12) Corso Porta Nuova, 24. Chiedete opuscoli esplicativi e tariffe con semoe biglietto da visita. "Servirsi dellaChiesa,, Genova., 12 scttei;ibre . Dopo la processione de/. Congresso Eucm·istico. I cortei socialisti erano tetri. Sapevano di sobborgo. Poca varietà di cori e di canzoni. Raucedine generale. Parole lanciate dall'alto, volanti via come grandi uccelli neri, sopra le piazze che non vogliouo pensare, ma solo essere addormentate dalla musica che fanno tutti i grandi tumulti. Poi si ripiega nmo le « rosse bandie1:e >1, e ìa folla nera 1ipigliava la strada verso i quartieri operai, colle gambe rotte; perchè, è incred:ibile, le ginocchia della poYera gente si piegano sotto tantO dopo uu giorno che si è strumenti del capitalista sfruttatore, come dopo una giornata cli dimostrazioni, in cui si è auspicato l'av\·ento della redenzione sociale. 11 fascismo si valse la1·gamente di questa deficienza coreografica del socialismo. Inventò n110vi ordini di schieramento e di marcia, naove uniformi e nuovi salati, noli tut.ti pri\·i cli fierezza e cli grazia. Si vantò cli aYer ricondotto sulle piazze l'adorna faziosità tosca ua e romagnola, cacciancloue a nerbate la monotonia delle folle disprezzate. Ci furono dei « riti fascisti », alcuni escogitati in una redazione e poi attuati dai gregari obbedienti, altri scaturiti sotto il sole, espediente istintiyo di un grttppo cli Yi'ncitori che Yolevano staccarsi dallo sfondo opaco dei vinti e concedersi la lusinga di un cerimoniale guerriero. L'educazione coreografica degli italiani era cominciata. . * * Ora si pei-feziona. Pare che la Chiesa abbia preso essa in niano l'educazione coreografica degli italiani. Inedtabile. Il Pontificale Romani.in racchiude tali segreti di. sednzione per le {olle, tale secolare esperienr..a di apote.osi e di sagre che a tale concorrenza non resiste nessun fantasioso escogitatore cli riti nuoYi, fascisti o non. Leggete il Pontificale Romanu:n1,: è un errore credere che sia riservato ai vescovi : anche i laici lo possono leggere senza peccare. ImpratichiteYene: se andia1110aYanti così, sarà più utile la conoscenza del Pontificai.e Romamvn, che quella dello Statuto A1bertino. Posta la sagra come fu:ndam.entu:rn 1"egni, i'entrata in vigore del Pontificale Rom.a,. 1i1un come testo di tutte le cerimonie di piazza è fatale. La maestà della Chiesa soggiogherà sempre le folle educate e blandite dalle coreografie di partito o di go\·erno. Dove una processione snoda i suoi anelli di porpora, non vi è corteo fascista che possa reggere il confronto. Come padronanza e dominio sulla moltitudine, un cardinale supera qualunque espertissimo m.atad.ar di partito. La Chiesa non ha mai cercato e mai avuto, in Italia, dei credenti : essa ha sempre vinto, pttr di avere intorno degli spettatori. Da qualche anno, si lavora intensamente a ricondui:re gli italiani ,ad essere ùegli spettatori disciplinati, plaudenti a comando, appassionati per il fasto dei cerimoniali e per gli schieramenti sapienti. La Chiesa è servita: cinquecentomila spettatori accorrono a veder passare cinque cardinali. Ch!' i fascisti non s'illudano: con le anni della coreografia, la battaglia è perduta. • •• Xella processione di domenica, appeua si avanzavano, non dico i laba1·i sacri, non dico i primi crocifissi, nou dico le pti1ne bandiere di società di mutuo soccorso: ma semplicemente i primi drappe11i di ragazzetti acconciati da cow-boys, la lolla era già tutta a testa nuda, Yolenterosamente sottomessa. Kon credo che ci sia paese al mondo, dove la gente si leva il cappello di testa così presto, dinanzi a qualunque si1nbolo, come in Italia. 8i vede che il « braccio secolare » è in azione da due anni su questi spettatori umili. E percbè non dovrebbe venire il e: braccio spirituale 11? . •• Lo schieramento degli armati sul percorso della processione, ai fianchi della processione, ad latereni degli Eminentissimi, e al seguito, era imponente. Il cardinale De Lai pensava: e: Tutto ritorna a l'ietro, anche gli zuavi pontifici. Questi armati sono attorno a me Pro Petri Sede, come sta incise sulla medaglia pontificia di Castelfidardo , . I capi degli armati pensavano: , Cosa possono fare questi cardinali, questi vescovi, coi loro discorsi? Siamo noi che valorizziamo la religione, noi che abbiamo ricondotte le processioni in piazza. Essi trascinano un bastone ricurvo, che le loro deboli man.i stentano a sollevare: tutta la processione sarebbe sbaragliata da un solo manipolo di camicie nere•. I prelati replicavano: • Dove troverete: voi dei re, più re di coloro che regnano e che comandano, e non portano spada? San Cipriano era come noi, circondato da annati diffidenti ed ostili : e diceva: Un vescovo che tiene in mano il pastorale e il Vangelo può essere ucciso, e non vinto». Un fascista, accanto a. me, diceva ad un gruppo di suoi compagni, segnando un parroco che prQCedeva nella schiera dei suoi colleghi: • Quello là, no, non è un «amico>. Lo abbiamo rispettato per l'abito che porta. n altro, per aver detto quello che ha detto lui, ne ha fatto sessanta giorni di ospedale. iV!a-l'olio, quello là, se lo sarebbe meritato>. Il parroco segnato a dito dal giovanotto anda,·a a,·anti a testa alta, tutto compunto nella candida cotta, e canta\·a con una· voce da brutale decim.atore di contadine: « Cor fin1Za1ul:u1n, cor sinceru.ni ... ». Dialogo che dura da secoli : ma per oggi pare cbe l'ultima parola resti al prete. * * Sapiente è la Chiesa, signori. Prende il sale del mare, il succo delle clive, ]a resina. che goccioia dal pino profumato, la gemma clell 'issopo, le fibre del lino, la cera delle api, il tosone degli agnelli, I 'oro, l'argento e l'..! pietre preziose, e ne fa altrettanti strumenti del culto: li fa spargere sulla sua strada, li arde nei suoi incensarli, li fa distendere alle alte finestre patrizie, li fa indossare ai &uoi adepti. Poi dice: ora mi redrete. E fa avanzare i drappelli dei laici, cui l'assistente ecclesiastico che la mattina li ha confessati, intona nel pomeriggio, bacchetta alla mano, le strofe del Vogliam Dio : le donne, che non possono, no, calcare Ie lastre dcl Sancta Sanctorwn, ma che giovano a temperare, coi loro \·eli, la vista dèi glabri volti che seguono. Poi fa balenare i rocchetti canonicali, le croci dei cappellani crociferi, la mozzetta cardinalizia fra uno stuolo di armati, affinchè la folla non dimentichi che il sacro splendore della porpora de,;·e essere ,·enerato in ginocchio: poi ... Poi, scegl'ie accortainente tutti i preti decorati al valore dal re d'Italia, e a quelli, per l'occasione, non fa indossare cotta e stola, ma bensi appuntar sulla tonaca la medaglia dal nastro az. zurro : e li incarica cli essere ordinatori delle sacre schiere, e così li obbliga a mostrarsi il più possibile alla folla plaudente. Come il sale ùel 1nare e il succo dell 'uJjyo, anche questo nastro e questa medaglia sono strumenti di cullo: essa degna raccoglierli - null'altro. Quale ingenuità quella di voler insegnare alla Chiesa come si dispongono le processioni ( ** * I cinque cardinali incedevano lentissimamente. :\'on be:nediceYano. Tenevano congiunte le mani sotto il paliio, in uno studio solo: rispar1niare le proprìe forze. • .-\Ila stessa ora, a Thfonza, alcuni guidatori di automobili, correvano colla velocità di 150 chilon1etri all'ora. _t\..nch'essi cercavano di risparmia.re le proprie forze, per arrivare primi in una gara mondiale. Chissà che tll1 giorno gli uomini che incedono lentissimamente non vietino agli albi uomini ài c01Tere colla Yelocità di 150 chilometri all'ora : e che sulla pista costruita per correrYi colla velocità di 150 chilometri all'ora non accampino iu avYenire dei pellegrini accorsi a vede.re degli altri cardinali incedere lentissimamente? • Eh, questi ingenui italiani se la ridono! Credono di scherzare, loro, colla Chiesa. . * * Incontrato, fermo al largo di via Roma, l'architetto D., massone dichiarato, democratico bloccardo, fratello potentissimo. - Ebbene, ebbene? E' giobertiano. « Ricorsi storici ... E' l'ora di Gioberti ... La Chiesa è una grande forza italiana ... ?\ella Chiesa ci sono degli italiani che eomaudano al mondo ... Si tratta di sapersene servire ... Wiussolini se ne vuole servire ... ». E' incredibile quanti italiani ci sono in giro che Yogliono « servirsi » del1a Chiesa. Contraccambio al potentissimo fratello queste espansioni neo-guelìe, con qualche osservazione sulla necessità della ce.usura sulla p.ubblica stampa: -Si, ingegnere carissimo: si potrebbero, a rigore, anche comprendere i provvedimenti restrittivi della libertà cli stampa. Ma a patto che i censori siano quelli legittimi, i preti. L'idea della censura o della soppressione esercitate da u110 scagnozzo di prefettura, o da un servile commissario cli publica sicurezr..a del Regno d'Italia, uLi ripugna. ì\1a se la censura viene fatta in Curia vescovile, è già più rispettabile. C'è dello stile, della coltura, dei principii, delle traclizioui : della teologia, egregio amico. La teologia, è meglio delle circolari ministeriali credetemi. Meglio congegnata. Essere giudicati da un buon teolog<>non può offendere l'amor proprio cli nessun scrittore. Io mi inchino. La clif!ida prefettizia è un goffo espediente di polizia: l'imprimatur della Curia riassu.me un sistema di Governo, che può essere grande. Siate integrali, signori: dateci la censura - ma la cens1ua pretina ! La censma ecclesiastica.! Dopo tutto, la Chiesa è _ voi lo dite - una forza italiana: l'on. Mussolini vuol servirsene! Io aspetto dunque volonterosainente di sottomettere i miei scritti all 'esan1e del Preposto Generale: e sarò lieto se potrò adornarli della formula sacramentale : , Qua,ntum est in nobis l11benter concedfrwus ,. L'architetto D. mi guarda stralunato. Crede che fac-cia dei paradossi. _'on ho fatto altro che esprimere con rigore l'informe neo-guelfismo dei suoi ricorsi storici ,e svolgere nelle sue inesorabili conseguenze il suo piano ridicolo di , servirsi della Chiesa , . La Chiesa non •serve,, signori: la Chiesa schiaccia. GIOV.\N!'II AssALDO.

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