La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 25 - 4 settembre 1923

b LA RIVOLUZIONE LIBERALF. IlpadrEnobiled lgiornalismo italiano fiorentini o romani, contro il Corriere, S1 nasconde soltanto quell'antico odio delle oneste tra,- dizioni storicbc, che abbi.am descritto più sopra. Il moralismo di certi Italiani spesso è tanto, ehe degenera in pedanteria. Chi volesse un'altra prova cli questa verità, ogni giorno controllata e dimostrata, ripensi soltanto al modo in cui fu trattato, da quei benedetti novatori ultrarouiantici del gruppo cli Fire1v,e, un organo benemerito -e venerabile, com'è sen7.a dubbio il Corriere della Sera. Il giornale di tutti, lo definirono: vale a dire qualcosa come un'impresa puramente commerciale, priva d'ogni tradizione di pensiero e clignità <l'azione. A forza di predicare, certa gente s'accieca, e finisce <li vedere il cliavolo dappertutto. Perchè veramente se c'è U11uomo in Italia che sia riuscito a impon-e un'istituzione in. compatibile col carattere allegro transigente e bona1io del uosl"ropopolo: se c1è un uomo che abbia preso sul serio la sua • missione , giornalistica, il suo ideale di dignità, la traclizione di pensiero cui si rifetisce : se c'è UD uomo <li fede, insomma, in Italia, che crede fermamente a tutte quelle parole grosse che si lascia sfuggire ne' suoi articoli di fondo, e ne' suoi discorsi parlamentari, e alle idee che i11quelle parole son rappresentate: quest'uomo è senza dubbio il Seuatore Albertini. li quale è anche uno spirito apostolico : cocciuto e quasi feroce. Ha voluto clii. fondere la sua fede fra gli italiani: ed è riuscito se non altro a far vendere il suo giornale. Vero "è poi che nessuna voce inco11tra nel fondo del cuore d'ogni Italiano ben fatto tanto secreto e implacabile odio, come quella del quotidiano milru1ese, che è - secondo la statistica - il più diffuso periodico politico della penisola. Quest'odio nascosto di tanto in tanto affiora alla superficie, e fa nn po' più rumore del solito: si giunge talora persino a minacciare una ribellione, un boicottaggio. Ciò succede quando il sen. Albertini perde le staffe e ne fa qualcuua delle sue: •come fu per. es. al tempo della politica bissolatiana e rinunciataria, e come è oggi per la polemica antifascista in nome della libertà. In quei momenti è visibile a tutti la battaglia costa11te e sorda dell'apostolo contro i catecumeni -ribelli. Ma anche quando paion d'accordo, non fidatevi: si tratta sempre di un'amicizia equivoca. Come accadde nel maggio radioso e poi duTante la guerra, che il Corriere parve venisse incontro ai desideri e alle simpatie di tanta gente nuova e malfida, e pan1e confondersi nel gran gorgo dell1interveutismo; e invece l'ideale di Albertini era, come si vide poi, un 'altra cosa n10lto più aristocratica e difficile. In vero bisogna proprio avere tutta la fede d'Albertini, per poter durare, com'egli ha fatto, una lotta cosl lunga, ·tenace e aspra, e non senza certi segui, se non altro apparenti, di vitoria. L'ex-direttor-e del Corriere ha avuto occasione poco tempo fa di c9nfessare apertamente sul giornale i suoi p.ropositi e le sue credenze. J1 documento è importantis~dmo per lo storico e va esaminato attentamente. Vi è d~finita e svi1uppata in succinto la teoria del , giornale galantuomo ,, : quello « che aspira a fondare la sua prosperità sulla buona riputazione•· Tanti tipi si danno di carta stan1pata1 quante sono le diverse :fisionomie dell'animo uutaDo : almeno per l'osservatore profondo che non si limiti alle apparenze esterne. E come tra gli uomini ciascuno tende a raggiungere una sua forma cli distinzione, cosi anche il gion1ale1 se ,·uol farsi sentire con autorità nel gran pubblico, deve acquistare agli occhi di tutti una sicura foru1a di rispettabilità. Non solo rispettabile moralmente <leve essere, per l'indipendenza economica e la serietà e coerenza politica dei suoi scrittori; ma anche ri- -spettabile tecnicamente, per. la capacità intellettuale e culturale e la competenza specifica cli ciascuno di essi. Per coltivare propositi siffatti 1 bisogna vera• Jnente credere, come crede il Sen. Albertini, che il giornale sia una « catt~dra » 1 la quale « se non h;,. da essere quella cli un ciarlatano, se deve richiamare attorno a sè gli uomini migliori della città, della provincia, della regione o del paese, è necessario che sia tenuta con tu.tti i decori>. Se si tien conto delle aLitudini e delle capacità del pubblico cui si rivolgeva, il programma d'Albertini, quando assunse la direzione dell'organo de' moderati lombardi, era in qualche modo rivoluzionario e certamente ispirato a una concezione protestante della vita. Galantomismo, rispettabilità, decoro son già per sè stesse cose che gli Italiani han l'abitudine di guardare con diffidenza, venerandole si, ma da lontano : e non a torto, pe.rcbè vi si associa subito }'idea d'un formidabile regime della noia. Ma se si pensa poi al contenuto assiso in queste nobili forme, alle idee e teorie politiche che Luigi Albertini si proponeva cli diffondere con tanta dignità d'eloquio e di coscieuza, c'è da inorridire. La tradizione liberale pura, cavouriana, fondata essenzialmente e quasi unicamente sul liberismo eco11omico ! Questo intanto vuol dire aYer contro di sè quasi tutti; non in teoria, perchè delle teorie così generiche e scientifiche cia~cu110 ~ pronto a rispettarle senza discuterle : ma lll pratica sl, pe1:- chè si viene alla lunga a turbare una quantità d'interes~i e di clientele. Senonchè la verità più vera la vide AlberHni stesso in un suo articolo dell'n marzo di quest'a1,1no: « Oggi, chi pensa . a q-ueste cose 't :o. . . . Non diciamo i socialisti o _idemocratici, 1:13-achi dei sedicenti liberali it:.1.lianipensa sul serio alla C1 libertà economica e alla tradizione cavouriana? Non i co,idetti liberali cli Destra, che si son <lati in braccio al nazionalismo protezio11istico, aUeati dei siderurgici, dei cantieri, deg1i zuccherieri; non i cosidetti liberali di Sinistra che propugnano la collaborazione con gli operai orgauizzat.i e son pronti a far qtialsiasi concessione alle CO(). perative socialiste. E se nessuno ci pensa, allora perchè parlarne? Tant'è, se tutti sappiamo che Cavour è un grande nome da mettere nei discorsi di parata, il liberismo economico un'ideologia ogni giorno smentita dai fatti, e ciò che davvero importa è il riuscire a farsi un posto piccolo o grande nei parlamenti nazionali, provinciali o cittadini: perchè poi venir fuori a ricantarci quelle vecr:hie canzoni? La verità è che Albertini ha presa sul serio la sua • missione , , e vorrebbe trattare il popolo <l'Italia come quello cli utia grande uazione euro. pe.:'t.Si sa come vanno generalmente a finire questi conati protestanti nella nostra penisola : c'è uno che predica e molti che fan finta <li starlo a sentire : e alla fine, nel nùgliore dei casi, si è riusciti a Io:ridareuna nuova istituzione pedagogica. La rivoluzione liberale è diventata una ca.ttedra, e può rientrare con facilità nella generale e gloriosa tradizione delle nostre accademie. L'unica fornia di lotta politica concepibile in Italia è quella tra m.aestro e scolari : dove naturalmente gH scolari non imparano nulla, e il maestro spreca, come si suol dire, i] fiato. Perchè certamente, come da noi le folle nou son facili a cate. chizzare, cosi i nuovi pastori protestanti sono piuttosto che condottieri, pedagoghi. O anche cittadini di rango, ottimati, che guardano alle interfe,renze, alle sommosse, alle ire e alle fedi, a tutta la grande e turbolenta ignoranza del volgo, insomma, nou sen7.a un certo sdegno scettico e signorile. Questo spiega anche i rapporti ora di rispettosa lontananza ora di aperta guerra che intercorrono fra il Sen. Albertini e i lettori del suo Corriere. li quale poi, da questo punto cli vista e in questi 1imiti1 è veramente una bellissima cattedra o, che è lo stesso, per usare 1 'espressione di tutti, il più serio dei giornali italiani. Lasciamo stare che questa serietà può giungere sino al fastidio degli articoli aurei di Luzzatti o alle cronache igieniche del Dott. Ry: e che in quelle gloriose colonne ciascuno è obbligato a prender sul serio la s1-1.amissione, anche Janni i suoi trafiletti quasi umoristici di terza pagina. Ma c'è Einaudi: che basterebbe da solo a far la gloria d'un giornale accademico come il Corriere. Quelle sue pagine decorose e secche, che nella Stam.. pa del Roux prendevano un colore troppo provinciale e bigotto trovan nelle rispettabili colonne del quotidiano milanese un posto vera.mente degno. La predicazione dei principi fondam-entali della scienza: quelle idee asciutte e sottili esposte con l'aria di cbi sa che non gli verrà dato ascolto e non vuol tuttavia rinunciare ai suoi consigli e alle sue previsioni; quell'amore del suo paese e della sua rana, l'bnesta voce del gentiluomo di campagrìa., che ama il suo ceto, le abitudini, I.a fede, la modesta nobiltà degli avi; quell'aYguto e raro sc0nfinare1 fuor dell'arida economia, nei vasti campi dei cos.tumi umani, con l'esperie1v..a.dell'uomo cli studio e di borsa ; il 1 ucido e sicuro argo1nentare, il discorso chiaro stringato e succo...c;o:son tutte qualità troppo note e famigliari, agli ammiratori, perchè paia opportuno disconerne più che cli passata. Famigliari come il suo stile·: dove, con l'ttso degli scrittoti inglesi, si risente (e molto di più) il ricordo dei vecchi studi di retorica ed umanità. L'educazione classica e accademica del resto dev'essere una virtù comune a quasi tutti i redattori : e le citazioni virgiliane e oraziane, e in genere Peco d1una solida conoscenza dei classici, si ritrovano, con naturale piacevolezza, ne' discorsi politici d'Albertini. Il quale, a parte le sue qtialità di clirettore, è anche per conto suo il tipo più eccellente del giornalista all'antica colto e signorile, alieno da tutte le improv- ,,isazioni, insofferente del parlar frettoloso e convenzionale dei moderni, abituato alle pacate d.isse.r'i:azioni e alle polemiche astratte e fonnali de' nostri nonni. Accanto a questi professori autentici, residui d'un'altra più nobile età, Borgese ha già una faccia un po1 1u1.ova, e solo Ojetti forse riesce ad adattarsi perfettamente alle abitudini del luogo. Comunque il forte ingegno, la multiforme coltura, e la robnsta elegan1.a. del siciliano; l'avventurosa retorica di Jan11i; leone. ste dissertazioni e i bozzetti del prof. Piero Giacosa; con 1'8.rguta discr:eta e nobile prosa di Ojetti, compiono degnamente la fisionomia Jetterada e cattedratica del Corriere della Sera. Nella qtial fisionomia, a taluni frettolosi e maligni spiriti fiorentini o romani, parve riconoscere non so che lineamenti piatti borghesi e mediocri, eh'essi defìniron senz'altro, dal luogo di provenienza, milanesi. In realtà, se c'era bisogno ancora cl 'una prova, gli avveni1nenti t~ltin~ si son, incaricati di dimostrare anche a' ciechi, che tra le prediche del Corri.e-re e gli interessi di certa borghesia media, sportiva e tecnica, non si posson stabilire legami. E se proprio quella gente ha bisogno d'un 01gano 1nUanese per bersaglio, dovrà appuntare piuttosto i SltOi strali contro il Popolo d'Italia e la Ga.zzeita dello Sport. Senonchè dietro a questi lazzi e motti satirici, Pensate un po'! Un giornale che osa parlare per parecchi mesi <li seguito d '= libertà e <l'una legalità alle quali nessuno s'interessa, e con un atteggiamento professorale insopportabile: che vuol essere nemico giurato d'ogni entnsi.asmo ideologico: che s'appoggia sul fondamento cli precetti anticbi, ragionevoli e chi.ari: sfugge i paradossi, le dottrine nuove; anche nel linguaggio s'ostina a tener lontani certi modi e abitudini ormai consueti. Un giornale cbe, anche negli scrittereJli umoristici di ter7..apagina, vuole introdune senza pielà la morale della fa, vola, e 1iesce a renderli definitivamente illeggibili. Confessate che una gazzetta cli questo genere dovrà suscitare nel nostro pubblico le più universali antipatie. Era naturale che anche quella brava gente della Voce lo giudicasse un giornale « con molta pancia, senza vhi1ità, ma• gnanimità, libertà, audacia d'azione, .. Belle parole queste che non van prese alla lettera, ma voglion soltanto significare il dfritto di proclamare dei generosi propositi, cli metter fuori delle teorie avanzate e pericolose., ma eroiche i dei giuclizi arrischiati e falsi, ma ingegnosi e ameni. Perchè insomma questo gioruale di vecchi esperti e prudenti, cli signori attaccati alle loro tradizioni provinciali, <li letterati e di uomini di scienza, non è adatto al gusto degli Italiani. Le consuetudini di serietà e cli disciplina che lo rendon simpatico a noi, gente solitaria e spassi0nata, son proprio quelle che più spiacciono a' nostri compatrioti. I quali, sl, han saputo e san.- no riconoscere il merito delle informazioni più larghe e più esatte, e cli tutto l'or<liuamento tecnico più accurato e preci~o : e perciò comprano ogni giorno il gioruale; ma è giusto poi che si vendichino in qualche modo di chi li ha costretti a percorrere un articolo cli fondo ragionato in tono astratto e cattedratico, o uua dissertazione d'economia o cli diritto pubblico; è giusto che si vendichino e minaccino magari al sen. Albertini la distruzione della sua • indegna baracca>. Leggendo nel N. 23 cli Ri-voluzione Liberale l'articolo di A. Di Staso , In clifesa della mezzadria», mi son domandato se esiste realmente un tecnico agrario cbe voglia la distruzione di questo tipo di contratto. Perchè i tecnici agrari sanno che il contratto agrario, il modo di conduzione dei fondi rustici, è come il riflesso dell'ordinamento dell'azienda; orclb.ameuto dell'azienda e sistema cli conduzione formano un tutto armonico che non può essere artificialmente diviso nei suoi componenti. La inezzadria (più propriamente: mezzeria) prospera dove la proprietà foncliaria è appoderata, cioè divisa in unità colturali aventi una superficie di pochi ettaii a 50-100 ettaii a seconda dell'attività colturale, dotata cli caseggiato colo. nico, bestiame e macchine propor.tionate. Condizione essenziale perchè essa prosperi è che la famiglia colonica abbia una capacità cli lavoro propo1~zionataai bisogni del podere, e che nel podere medesimo vi siano colture come quelle arboree, ortensi o simili, elle richiedono mano d1opera accurata e abbondante. In agricoltura, a differenza delle industrie meccaniche, ecc., malgrado i grandi progressi della meccanica agraria, l'uomo rimane ancora il motore predonùnante, specialmente in quelle aziende dove vengono fatte coltivazioni come quelle suddette; basta accennare ad una sola cura colturale~ la potatura, che richiede cure e intelligenza grandi per comprendere qua.le importanza ha la mru10 d'opera nell 'inèlustria agraria. Di più in agricoltura la sorveglianza del lavoratore è resa clifficile dalla natura dei lavori e dalla estensione del fondo. Si. aggiunga che possiamo parlare solo in limiti ristretti cli specializzazione della maino d'opera, per il carattere di stagionalità delle operazioni carnpestri. Tutto questo mostra che anche per considera• zion.i strettamente economiche, non possiamo par. lare cli abolizione della mezzadria, di un contratto cioè che lega il lavoratore all'andamento dell'llnpresa, dove essa ti:ova l'ambiente adatto, o, per dirJa col Serpieri, il suo luogo economico. Faccio osservare qui che anche nel caso della 1nezzadria, la sua riuscita dipende in gran parte dal modo di applicazione, e principalmente d'alla preparazione tecnica del proprietario o cli chi dirige l'azienda e dalla disponibilità di capitali. In Toscana è raro il caso che il p1·oprietario d.idga personalmente l'impresa; di regola la direzione e runministrazione della fattoria sono affidate ad un fattore che rappresenta il proprietario nei rapporti col personale e con i terzi; il proprietario in questo caso si limita. a sorvegliare il fattore, ad occuparsi a titolo i11f01mativo dell'andamento della sua proprietà, -quando no11se ne disinteressi completamente. Ora, spesso, il fattore, assorbito dalle cure delPamministrazione, della compra-vendita, ecc., non ha tempo cli occuparsi della direzione tecnica dei fondi affidatigli, la quale cosi rimane cli fatto ai singoli coloni. Ho visitato fattorie nelle quali il fattore 11011 ha saputo dirmi quale rotaz.io~e si seguiva nei 103 La nostra opuuone, noi l'abbiamo detta, pur sapendo che non conta nulla. Koi siamo un'esigua scbiera cli pedanti: e per esser grati ad Albertini, se pur non ci fossero molte ragioni più gravi, basterebbe anche solo il fatto, di veder bandito da quei suoi articoli impalan<lranati ed onesti ogni traccia del gergo filosofico corrente. Ma chi dirà poi degnamente il merito d'aver creato, con Barzini, la stirpe dei conispondenti <lall'estero misurati, discretamente ameni e abbastanza veritieri, nonostante quel che si dice in contrario? Vero è che oggi questa qualità non è più facilmente visibile: e, sem:a dire d'Ansaldo, che li vince tutti, Pettinato e Cipolla per es. non hanno nnlla eia invicliare ai loro colleghi <lei C,rrriere, a Cevenini, Fraccaroli, Zingarelli e gli altri. Come <lei resto in tutto l'orclinament:o tecnico, nei mezzi e negJi uomini, la Stampa è cosi press'a poco al livello del Cor• riere, e in certe parti anche gli è superiore (si confronti, poniamo, Marcello Prati con Oreste Rizzini). Ma c'è una virtù almeno per la quale il C<rrriere supera poi il giornale torinese e tntti gli altri: ed è l'uso onesto serio e regolato degli uomini e dei mezzi. Nel giornale d'Albertini, per es., nessuno avrebbe mai pensato a far scrivere a Pestelli degli articoli d'economia, cosa che pur accadde nella Stampa cli questi ultimi anni. (A Pestelli, il quale è d'altronde nna degnissima persona. E non l'abhiam ricordato qn.i per dirne male, bensl piuttosto per riparare a una dimenticanY.a. dell'articolo precedente. Assente Frassati, è stato in qualche modo il disinteressato garante deUa continuità del giornale, ed oggi continua - con Banzatti - quest'opera, lasciando fare Salvatorelli, sacrificandosi e magari aiutando con la crouaca). Ma nel Corriere, dicevamo, certi errori cli gusto non avvengono, e si può esser sicuri che non avvenanno. E' forse per questa nobiltà di carattere che noi l'amiamo. E vogliam dire che, se bastasse la nostra povera voce a far <la contra{>- peso a tutte le ingiurie e a tutti gli ocli che si riversano da qualche tempo e <la ogni parte stùla Gazzetta lombarda, siam disposti a deporre francamente il nostro voto di favorè. S. poderi posti sotto la sua direzione, nè quanti membri componevano la famiglia colonica. In questi casi il mezzaiolo gode di una. posizione cli indipendenza, può adoprare tutta. la sua abilità e intelligenza; si avYicina più ad un piccolo affittuario che ad un salariato. Devo subito aggiungere che le fattorie così condotte lasciano molto a desiderare sia dal punto cli vista tecnico che <la quello della produzione. Ma accanto a queste vi sono le fattorie ben condotte, i proprietari delle quali si occupano direttamente della direzione tecnica dei loro beni, oppure I1affidanoad un tecnico abile, ben pagato, accanto al quale mettono il persouale necessario perchè egli possa occuparsi anche dell'andamento tecnico della fattori.a. In questo caso il mez7.aiolo non è più indipendente, deve seguire, entro certi limiti, la volontà del proprietario o del fattore, non si assomiglia più ad un piccolo affittuario, ma piuttosto ad un lavoratore fisso a salario variabile a seconda della produzione. Sono queste, di regola, le fattorie meglio con• dotte, in molte delle quali vediamo usate le macchine più moderne, i criteri più razionali, do,·e l'elevata produzione assicura ai laYoratori dei campi buone condizioni economiche1 fattorie che stanno a dimostrare c~e la mezzeria conservi la sua ragione di vita percbè non è d'impaccio al progresso a.gTario. Se non vi sono ragioni economiche che stiano a. dimostrare la necessità di distruggere la mezzeria dove essa trovi le condizioni necessarie per la sna prosperità, vi sono tutte le ragioni morali e politiche illustrate dal Di Staso, che ne consigliano la diffusione. :Ma questo non vuol dire che essa possa estendersi ovunque. Come sarebbe possibile voler introdurre la mez. zeria o un contratto simile (dato che col nome di mezzeria o mezzadria· si comprende gran numero di contratti diversi fra loro) per es., nella pianura irrigua Lombarda? Quivi le unità colturali hanrn una estensione media di circa 80 Ea., hanno per base la coltivazione di prati irrigui e l'allevament.o del bestiame per la produzione del latte, o, nella zona risicola, la coltivazione del riso: mancano tutte le condizioni di ambiente percbè la mezzeria possa vivere. Impiantare la mezzeria in quelle condizioni vorrebbe dire rivoluzionare la meravigliosa struttura economica di quella regione con grave danno dell'economia nazionale e degli stessi lavoratori dei campi. La differenza che passa fra la struttura agraria della Toscana e quella della Lombardia irrigua fu bene avvertita dal Partito Popolare quando, llelle aQ°ltazioniagrarie da lui promosse, mirava a trasfo~e il U:~zaiolo toscano in piccolo affit-. tuario prima, in piccolo proprietario poi, mentre nel Soresinese col progetto )1-iglioli si cercava di sostituire nn'a.sscx:iazione di lavoratori all'affittuario imprenditore nella conduzione dell'azienda. Considerazioni analoghe potremmo fare ove si volesse introdmre la mezzeria nel latifondo clel1'Agro Romano o della Sicilia: bisogna, prima, appoderare la proprietà terriera, Costruire case, strade, pozzi, impiantare colture a1·boree 1 siste· mare .e dissodare tene ... Bnu:-10BRAscm.

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