La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 19 - 19 giugno 1923

LA RIVOLUZIONE LIBERALE RIFORMISMO E COOPERATIVE B lato socialmente utile, a.w:i progressivo, del fascismo è in qttesto suo rappresentare il capitale produttivo (agricolo ed industriale} contro il capitale e il lavoro improduttivi sperperati nella burocrazia statale procreata dalle statizz~oni e dalle municipaliz1,azioni, nelle false cooperative n.ùnerarie, metal1w·gicbe e chimiche, negli istituti per il c01nmercio con l'estero, per i lavori pubblici nel Mezwgiorno e<l altre botteghe aperte dal cooperativismo speculatore ed affarista, negli islitttti per i cambi, e per organizza.re forme di assict1razioni sociali non SClJtite dagli stessi lnvoralori, contro le quali, anzi, essi banno fatto lo sciopero per non pag~re le quote che la l<cggeimponeva ad essi, riluttanti, cli pagare, e elle intanto serviva.no solo ad alimentare una sconfinata burocrazia (1), la quale assorbe così trna parte note,·ole del lavoro improduttivo eslst.ente nel paese. Ognuno iulcnde che a questo Sperpero ù•ragionevole ed assurdo <XX:orrevaporre nu argine, se non si volevano essiccare tutte le fonti del lavoro naziou<-1.le. Il fascismo ha rappresentato quest'argine; almeuo ]o ba rappresentato nel primo 1nomento, perchè se esso co11tiuuerà ad ingozzarsi cli leghe esattoriali e impiegatistiche, di bancari e di addetti ai pubblici servizi, di pennaiuoli ed emargiuatori di pratiche di ogni specie e qualità; esso dovrà fare proprio lo stesso che ha· fatto il partito socialista, e diventare auch 'esso una vasta e pericolosa organizzazione del lavoro improduttivo ai danni del capitale e del lavoro produttivi. Se i I socialismo fosse rimasto fedele alle ptUe teorie marxistiche, nelJe ·quali è essenziale la differenza fra lavoro e capitali produttivi e lavoro e capitali improduttivi; se e..c:.so avesse capito dal 1\.Iarx che non ogni lavoro produce ph1svalore 1 ma soltanto que1lo che è addetto a1la trasformazione materiale dei beni; e che qu.incli la organizzazione dei ceti impiegatistici commercia.li, statali, bancari, la creazione di cooperative di consumo e cli imprese parassitarie• (l'Istituto per il .comme1·cio con l'estero, ecc.); lo sviluppo delle assicurazioni sociali in paese iu gran parte artigianesco e <loi:e perciò si addossa al proletario non salariato (artigiano, coltivatore indipendente, ecc.) il mantenimento ed il lusso per il proletariato; se il socialismo italiano lo avesse compreso, anebbe fatto esso la lotta al riformismo sociale, al parassitismo riformistico e plutocratico, ed avrebbe -impedito - almeno per questo verso - il sorgere del fascismo. - Ciò volle essere l'antico socialismo rivoluzionario .Jel1'A11anguardia Socialista di i\Iilano, nucleo dei quale iaceva parte lo stesso .Benito Mus- .;olini; ciò sj_ sforzò di essere il sindacalismo rivoluzionario. La dottrina marxistica contiene una chiara denunz.ia del socialismo di Stato e della riforma sociale (2). Il socialismo italiano si pose su di un'altra strada, e di ventantlo esso il maggiol propulsore di interventi statali di riforme_ destinate ad accresce.re la burocrazia statale e di perturbamenti nella privata produzione dei beni, si assunse esso la responsabilità degli inconvenienti che ùa.l riformismo sociale promanava.no. l'-tfa la verità è che l'interventismo sociale è stato ttna politica praticata da tutti i partiti italiani, liberali, democratici e radicali, dalla Destra co1'n.e dalla Siuistra 1 e fu consigliato, suggerito, -impo.sto da tutti i partiti. L'Italia è il paese deo-li eccessi. Venti, quindici, dieci anni fa il rifor- ~smo sociale era 1 'unico rimedio che i partiti sapevano consigliare per ovv:iare ai mali nascenti dalla cosidetta questione sociale. Contro il so- -cialismo, contro 1'anarchismo 11011Si sapeva <:'Onsigliare altro; e da tutti! Oggi npn si può aprire un giornale, leggere un discorso, senia sentire una denunzia della rifonna socìale, dell'interventismo statale, da cui pare che provengano ttttti i mali dell'umauità in generale, e dell'Italia. in ispecie. Non sarebbe nostro • cet· esprit léger, ce caractère e,ffacé et changeant, stigmate de toutes les -races clegenerées , ? (Gobineau - lnégalité des ,:_aces hwm,., 1884, II, p. 257). Ma perchè poi i socialisti pagarono per tutti? L'indagine merita dj essere fatta. (1) L'unica assicuraz.ione _che il lavoratore capisca è quelJa degli infortttm sul lavoro: Le altre gli sono state imposte da una burocrazia, creata dalle assicurazioni e che il loro cessare avrebbe disoccupata. - Clii si è accorto che gli operai hanno fatto scioperi per non subire Je a_ssicurazioni sociali? - 11 riformismo· è stato nnposto all'Italia. della piccola borghesia delle professioni liberali in cerca d'impiego. (2) Il punto di vista 1iffic-iale clella Democrazia Socia.le (marxistico) sul socialismo cli Stato pttò dirsi contenuto nella deliberazioue che il parti t.o socialist..1. tedesco prese al suo congresso annuale del 1892 (mozione Kauthsky} : e La Democra;z.ia Sociale non ha nulla di comune col cosidetto Socialismo di Stato. - li cosidetto socialismo di Stato, nei linùti in cui mira alle statiz1..azioni a scopi fiscali, vuol porre lo Stato al posto dei privati capitalisti. e darg:li Ja forza rl 'imporre al popolo lavoratore 11dopp10 giogo dell_osfruttamento economico _edell:i schiavitù pohhca. - n cos1det~o _soc1altsmo d1 Stato, in qttanto si occupa del 1;111gl_1~ra.mento deJJa con: òizione delle classi ...lavoratnc1, è un sISte~a. d1 mezze verità (Halbeiten) c)te deve la sua ongrne alla paura della dem0<;ra1,ia sociale •. . Il marxismo è un sistema emrnentemente. ltbemle. Jn un suo antico scntto, Engels _defi~tva jt comunismo : « l'organizzazione della hberta "· Le legislazione sociale dei partiti costituzionali La legislazione sociale in Italia comincia con un nome, col nome di un uomo della Destra il Minghelli. Scrivendo egli dei primi incerti m~vitUenti verso un progresso economico dc1la 11.azione, quale si accennava nel 18701 d.iceva: e Bisogna accelerare questo movimento, siccbè l'Italia, da natura privilegiata di ubc1toso suolo e di ogni qua1ità d'ingegni, diventi uua nazione ricca, potente, prospera : possa gareggiare cou le altre contrade civili e rinnovare il periodo statico nel quale le nostre repubbliche portavano le merci desiderate a tutti i paesi ciel mondo ... Ma questo risveglio e questo moto economico non può aver luogo che ad una condizione, cd è che l'economia pubblica sia sempre subordinata al principio morale, il quale deve essere anche informatore della vita industriale pu.rchè duri vigorosa i in.fine il t,rogresso economico deve andare congi,mto a quello della legislazione sociale .. . il cui intento è rimediare ai mali che dal progresso medesimo scaturiscono e di provvedere alla ttttela e al bene delle classi lavoratrici>. E dalla Estrema Sinistra, per opera di Agostino Berta.ni, veniva la proposta, divenuta poi legge (5 dicembre 1871), di una inchiesta sulle condizioni dei lavoratori delJa terra. Per converso la Destra, per mezw ciel Castagnola, attuava la prima legge sttl divieto del lavoro sotterraneo ai minori degli undici anni, cui seg-u.irono altre disposizioni riguardanti l'età e la giornata di lavoro dei fanciulli (legge 21 dicembre 1873, N. 1733). Rispondevano i mazziniani con il patto di Roma del 1871, nel quale si proclamava , la idea della fratellanza generale, 1iaffermando i diritti della fanùglia e dell'individuo e i didtti della libertà: mirando al miglioramento delle condizioni degli operai, morali ed intellettuali, me<liante la cooperazione e I 'assicurazione e ]a trasformaz.ione dei rapporti tra capitale e lavo• ro, per mezzo di una legislazione difensiva del lavoro, d'un ordinamento che permetta al lavoro di partecipare al governo della società, l'ado7ione delle otto ore, 1'istituzione delle camere di lavoro e di collegi probivirali, le casse pensioni, l'estensione del principio èooperativo a tutti i lavori degli enti pubblici, senza lim_iti di cifre>. - Destra, Sinistra storica, mazziniani - i socialisti, come Partito parlamentare, non erano pera11co nati - tutti si pongono sulla stessa strada: quella delJa riforma sociale. La democrazia è nata come w1 regime politico spontaneamente volto a risolvere i problemi contingenti e marginali deJle classi lavoratrici . Quando nel periodo 1901-J913 essa prese delibe· ratamente la via delle rifonne sociali e delle statizzazioni, essa non adottò nessun principio che le fosse estraneo, che ]e venisse di fuori. E non è nemmeno vero che ciò risU.Ìtasse per una pressione che i socialisti esercitassero, perchè questi si mantennero costantemente all'opposizione. Certo, siccome nulla si opera nella società e nella vita vanamente, l'azione di classe dei socialisti valeva come una messa in guardia alle classi borghesi, come un avverti1nento, come ~uggestione di una materia,' che esse 11011amaM vano in guisa speciale. Ma per quanto riguarda la responsabilità politica della politica sociale seguita dai governi d'Italia, essa resta su tutti i partiti costituziouali della Camera che omogeneamente la sostennero. Essi la consideravano un loro titolo d'onore, e la rivendicavano volentieri, ge·nte cli Destra e gente di Sinistra, come documento del lor ben formato cuore, di contro ai socialisti. Di av~r seguito le grandi iniziative dell'on. Giolitti - che la volle con ani,1110eonsapevole e risoluto, e la impose ai conservatori riluttanti - si facevano un chiariss-imo merito. E quando !'on. Giolitti, per un disegno di 1tomo di Stato, giunse sino alla formulazione del controlJo dei dipendenti sulle azie.n- ~le (- idea che rendeva me, socialista, componente del suo gabinetto, molto perplesso -} non una voce di dissenso si levò nelle man<lre costituzionali, che dopo la rivoluzione fascista si sono messe a dichiarare ttttti i peccati d'israello della legislazione sociale, prova se ce ne ht mai altra della viltà, della bassezza, dell'incoerenza e della miseria dei partiti costituzionali italiani, delJa loro abitudine a seguir la fortttna, della loro assenza cli criterio, della mancanza di ogni loro coscienza politica. Il riformismo dei ceti medi Un paese come l'Italia, dove il capitalismo è cosi poco sviluppato da non poter assorbire tutte le forze di lavoro esistenti, che fluiscono all'estero per le vie dell'emigrazione, questo paese deve fare una legislazione sociale molto larga e molto audace, per un triplice ordine di considerazioni : 1° per difendere la specie, che sarebbe attaccata dai bassi salati, i quali seguirebbero ad una intensa concorrenza fra gli operai, non tutti occupabili. Si opererebbe antiitalianamente abbandonando i lavoratori a sè stessi,. facendo precipitare il· loro tenor di vita. 2° In paese cli scarse- iniziative capitalistiche, una legisla-- zione diretta a favorire la cooperazione è strettamente necessaria percbè essa rende possibile utilizzare capitali e forze economiche, le qua.li altrimenti andrebbero disperse. Non c'è nessun dub· bio che la cooperazione funzioni in molti casi come rispimnio coatto e coatta trasfonn.azione di risparmio in capitale, vale a dire come un me-ao di arricchimento del paese. 3° Inoltre la legislazione sociale, col suo parassitario sviluppo della burocrazia statale e mttnicipale, offre ai ceti cospicui delle classi medie e della piccola borghesia, avviati alle professioni liberali, ma non atte a trovare in esse un pane, un mezw dì occupa,Jone e di sostentamento, che non ~ da trascurare. Io cred-0 che se i piani del fascismo e del nazionalismo, avversi alla legislaziouc sociale e alla burocrazia statale e locale, avessero successo, ne seguirebbe una pericolosa. disoccttpaxione dei ceti colti della borghesia, col sicuro risultato di buttarli all'opposizione rivoluzionaria. Fascisti e nazionalisti cbe parlano con tanta leggerezza delle statizzazioni, della cooperazione incoraggiata ed alimentata dallo Stato, della politica sociale della democrazia, mostrano semplicemente d'ignorare - quando sono sinceri - la delicatissima strutttUa dell'Italia, paese densissimamente abitato (126 abitanti per chilometro quadrato, ma se si tien conto del territorio inabitabile, 1g6 per chilometro quadrato!), povero, con w1a popolazione non tutta occupabile, tanto che una parte di essa è soggetta alla condanna dell'espatrio, con un grossissimo proletariato intellettuale, che uon può fare il meilico, nè I 'avvocato, nè l'ingegnere e spesso nemmeno il copista ,ma che pane deve pure mangiarne in qualche modo. In questo paese la < politica sociale > che è un mezw per agire artificialmente sulla distribuzione della ricchezza, cioè per dar da mangiare anche a chi notmalmente non ne troverebbe, è una stretta ed assoluta necessità; e se no un uomo come Giolitti, che non ha fisime dottrinali per la testa, ma è essenzialmen~e un empirico, un politico pratico, un tattico della politica, uno stratega dell'arte di governo, non ci si sru·ebbe posto. A lui importa un fico secco delJo Stato etico ed altre stupidità simili. Ed io stesso, che sono un marxista, ed in teoria sono nemico della e rifonna sociale ,,, come uomo politico, come uomo di governo, ho fatto e faccio del volgare riformismo! Il cooperativismo Se però i socialisti erano limasti all'opposizio- "ne, clw·ante qnel periodo 1901-1913, in cui la democrazia italiana, auspice 'Giolitti, fece i suoi grandi esperimenti ili politica sociale, e perciò non ne portano ttna responsabilità diretta (- del resto le loro forze parlamentari, che non superavano i quaranta deputati, non permettevano ad essi di esercitare un 'influenza decisiva o preponderante sulla legislazione -} ; la tempesta che si è scatenata su di loro ha le sue scafurigini in un fatto connesso allo sviluppo della politica sociale: nella parté che essi presero ali 'incremento e al 1igoglio della cooperazione. - Bisogna infatti tener presente che l'offensiva fascista contro il partito socialista si è accanita specialmente contro le cooperative, che essa ha inesorabi1ment~ schiantate. L'Italia è stata, per varle ragioni connesse alla povera iniziativa capitalistica della nostra borghesia, una terra fertilissima per gli esperimenti cooperativi. Una v~cl.iia_ statistica del Ministero di Agricolttu-a accertava, ai 31 dicembre 1910, ben 5005 cooperative, così ripartite: di consumo 1704 agricole 925 di produzioue alimentare 87 di pescatori 31 di lavoro 1017 di produzioni varie 564 edilizie 375 miste 297 Ma oggi (- mancano le statistiche -) le cooperative - rosse, bianche, gialle e tricolori - non sono meno cli ventimila, numero enonne 1 che, di passaggio, rivela insieme l'artificiosità e un qualche vizio di sistema. La maggior parte di queste cooperative, e, bisogna anche a·ggitmgere, le più serie, diperÌ<lono strettamente dal partito socialista; o, per dir meglio, ne ilipendevano prima della offensiva fascista. La cooperazione è essa uno stnrmento di politica capitalistica o di politica socialista? L'una e l'altra tesi è stata sostenuta (1), e sono entran1be vere. Il critetio col quale risolvere il quesito è' questo. Le cooperative hanno bisogno di capitale. Esse se lo possono procura.re in tre maniere, e ciascuna di esse dà luogo a<l un carattere delle cooperative, le quali appttnto possono essere: n} nentre, b) capitalistiche, e) so· cialistiche. Qttando le cooperative raccolgono il capitale dai risparmi dei propri soci, e sono le vere cooperative, esse non sono nè capitalistiche, nè socialistiche: sono associazioni di capitale e lavoro, i ctù effetti ricadono solo sugli associati. Se fanno buoni affarì 1 prosperano i soci; e se cattivi, sono i soci che vanno in malora. - Quando le cooperative raccolgono il capitale dn estranei (banche o privati), esse hauno 11110 spiccato carattere capitalistico, perchè il frutto dei loro affrui (interesse del capitale} è pagato ad (1) Marx ha sostenuto successivamente le du'e tesi. Nel 1t 18 Brumaio » ne parla come di un fatto che contrassegna la volontà delle classi lavoratrici di rinunziare a rovesciare « d.ie alte Welt ,. (1• eclizione, p. 8). - Nella refutazione di Eccaritts alla Economia di St. Mili, che, iu quèsta parte, fn scritta da lui, attribuisce alle cooperative il còmp-ito di precorrere il comunismo (p. 73). • 79 estranei; e più si sviluppano, e più si sviluppa il mutuo ad interesse, e più si consolida. il regime capitalistico, fondato sulla percezione di nn interesse noo connesso ad un'attività personale, Queste cooperati ve - anche se siano nominalmente sotto la direzione del partito socialista - sono organi della società capitalistica, in quanto la conserva,,Jone dell'interesse puro del capitale è favorito dal loro stesso sviluppo. Crescendo il loro numero, cresce l'appello a.1 capitale privalo, ed il pagamento normale dello interesse assicura la durata e la conservazione del capitalismo. Io ero ministro del Lavoro all'e• poca deila occupazione delle fabbriche. Quanti industriali non vennero a propormi di cedere lt loro aziende ai dipendenti, ptUcbè questi si impegnassero a pagare gl'interessi del capitale e nn tenne ammortamento? Sarebbe stata la perpetuazione del capitalismo e I 'oz.io assicwato " capitalisti ! Vi è ttn terw modo di raccogliere il capitale per le coopErative: mercè anticipi fatti con • fondi pubblici e raccolti dallo Stato. Che C06a accade? Lo Stato adotta una legislazione fina11ziaria, indirizzata a far pagare i tributi soltant,, alla classe capitalistica. Con i mew1 raccolti dall .. classe ricca, anticipa i fondi alle coopErative. La classe capitalistica anticipa i suoi capitali come tributi. Lo Stato ne riversa una parte alle cooperative. fu altri termini, la classe capitalisti,;,, fornisce i capitali alle cooperative non solo senza interessi_, ma senza promessa di restituzione. Lo sviluppo graduale. di questo sistema avrebbe due risultati: 1° tutta l'attività economica passerebbt gradualmente alle cooperative, 2° tutto il capitale della classe capitalistica passerebbe grarlualmente alla classe lavoratrice. - Questo è il sistema della cooperazione statale proposto cl,-J Lassalle e dal Marx, e di cui si trova una traccia nel programma di governo delJ'on. Giolitti del giugno 1920; ed è p~ecisamente quel sistema r cooperazione elle io chiamo e socialistico •· La cooperazione sostenuta con i mezzi dello Stato si è largamente diffusa in Italia. Nell'Italia centrale essa ha completamente soppressa la classe degli appaltatoti di opere pubbliche. La questione se questa forma di cooperazione sia stata più economica dell'appalto privato, pende. I socialisti dicono di sì, ma si può dubitarne. La cooperazione agricola, quella per l'as.5unzione e: opere pubbliche hanno esasperato le classi censitarie dell'Italia centrale e settentrionale, pi· con l'immaginazione del loro futtUo sviluppo che per il danno attuale inflitto ai patrimoni privati. Ma quando sotto l'influsso di altre circostanze si formò un moto di violenta reazione al partito socialista {- movimento che alle origini e nelle cagioni fu indipendente dallo stato d'irrita?Jone antisocialista delle classi ricche -), la borghesia dell'Italia centrale e settentrionale ci si buttò denh:o con veemenza e con astio. Il fascismo era nato da una reazione del sentimento nazionale offeso. La borghesia minacciata dallo sviluppo di una cooperazione, che erroneamente i socialisti chiamano di classe, e che più esattamente deve dirsi statale, e che col passaggio ad un'amministraz.ione socialista della Cassa di Risparmio di ri.Iilano, ormai indeprecabile, per i continui successi elettorali dei socialisti nelle finitime provincie di :Milano, Mantova, Bergamo e Novara, avrebbe ricevuto un potentissimo impulso, trascinando nel movimento anche le altre banche ( -la plutocrazia bancaria ba una psicologia cosl prossima a quella del socialismo! -} ; si buttò ardentemente nel fascismo. E' così dolce credersi pattioti quando non si è che egoisti! La confluenza del fascismo, nato pariottico e che fu ad Oli pelo per diventar. socialista, con la rio.cita borghese contro il socialismo cooperazionistico e riformista spiega le forme cbe ba assunto i..u Italia la lotta delle classi in questi due ultimi anni. Il nemico apparepte era if bolscevismo e la dittatura; quello reale il riformismo social~ e il cooperativismo. Non si trattava di espugnare la rossa bandiera dei Soviet, ma il cacio e le bonifiche dei socialisti più borghesi ... Lo sviluppo parallelo di una legislazione tributaria anticensitaria e della cooperazione statalista avrebbe avuto per fatale corollario l'essiccamento del cap.itale nazionale destinato allo imprese private, Je sole che possono intendere adesso al vasto còmpito ili approvvigionare e nuttire la naz.ione (1). Se oggi il proletariato non è capace di gestire la produzione; tutto ciò che paralizza il processo normale cli arricchimento nella nazione, è conh-ario agli stessi interessi delle classi lavoratrici e del socialismo. Appoggiati a questa verità, i fascisti hanno potuto stroncare e sconvolgere ii partito socialista, quasi come esecutori di una volontà nazionale, quasi come interpreti di una sentenza del progresso stodco. Ma il vero problema è questo: banno essi soppresso il terreno da cui germina il riformismo sociale1 che è il lorò vero nemico, e non il bolscevismo; hanno essi intaccato il valido stnrmento ché da quel ten·eno raccoglie la messe delle riforme, cioè la democrazia politica? - Ed io anticipo con un no, la risposta che dar4 al quesito nel corso di questo saggio. • ARTURO LABRIOLA. (1) Nel mio Nfanuale di Economia politica (2• edizione - A. Morano, editori, Napoli - - cap. XII} bo dimostrato che la cooperazione di lavoro non può riuscire se non nei casi di produzione molto semplici e tipizzabili. Evidentemente tutto il resto deve essere fatto dalJ'impresa privata!

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==