La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 18 - 12 giugno 1923

76 LETTURE Sindacalismo na:(ionale MARIO VIANA • Sindacalis,no • Later-m 1923. Benchè il Viana dichiari in principio del suo libro che egli vuole offrire una esposizione serena ed impaniale de la storia, de la dottrina, de la pratica dei singoli movimenti, si lascia poi prendere al fascino del sindacalismo nazionale. L'errore iniziale di questo libro sta ne l'inesatta valutazione de le corporazioni medievali. Il corporativismo medievale si differenzia profondamente, ne la forma come ne la sostanza, dalle organizzazioni sindacali odierne. Il corporativismo medievale integrava, anzi sostituiva persino lo Stato, perchè lo Stato era, il più de le volte, debole, incapace ad imporre i suoi diritti a tutti i cittadini; onde 1a necessità di organi che avessero funzioni di imperio, che esercitassero l'amministrazione de la giustizia, ecc., là dove non arrivava la forza de lo Stato. Ma l'organizzazione sindacale odierna poggia le sue basi e la sua ragion d'essere su due fattori sociali creati da la Rivoluzione economica de l '8oo, che non esistevano per niente nel Medio Evo. E questi fattori hanno dato un'impronta caratteristica a l'epoca contemporanea; con la trasformazioue economica che segui la Rivoluzione francese la società nostra ha assunto nua forma industriale-capitalistica. Insieme a ciò bisogna tener conto de l'intervento de la macchina come fattore de la produzione. Da questi fatti essenziali sorge la necessità di organi adatti a le nuove esigenze de la vita sociale; su. questi due fatti germina il sindacalismo. L'individuo ne l'offerta di lavoro viene ad essere isolato di fronte a l'imprenditore, onde la necessità di aggregati professionali, per soccorrere gli individui nei contratti di lavoro. Ed il sindacalismo diventa cosi uno dei più vasti, più complessi ed appassionanti problemi sociali. TI sindacato, nel flusso e ne l'oscillare de la domanda e de l'offerta del lavoro, sul libero mercato, ha una funzione importantissima: permettere agli operai una 1ibera discussione de l'offerta di lavoro, in u.na libera contrattazione. Il sindacato deve difendere gli interessi profes- .sionali d'el proletariato, contro il patronato. Cosi concepito bisogna riconoscere che esso è e resta sempre u.n organo di lotta, di còllisione di interessi; cosi concepito conduce inevitabilmente a lo sciopero, giaccbè e lo sciopero non è una teo.. ria, non è un'idea: è un fatto che non si sopprime altro che sopprimendo le cause che lo determinano • ; ma sciopero economico, limitato tra due gruppi in conflitto di interessi, non sciopero generale e tanto meno politico. Il mondo tra versa un periodo di crisi intensa e di profonde trasformazioni sociali ; ed è solo attraverso un sindacato lfbero che le masse pos-- sono tendere ad una migliore regolarizzazione dei contratti di lav~ro. Non è un movimento antistatale quello che_ noi sosteniamo, ma un movimento unicamente economico. Il sindacato libero può e deve sussistere; esso smlgerà un'opera magnifica ed innegabile cli valorizzazione sociale. Lo Stato deve restare os- • servatore estraneo, pronto ad intervenire nel conflitto solo quando occorra frenare le nocive e pericolose esuberanze di individui e di gruppi; solo quando il sindacato diventa organo politico e distrugge la libertà di lavoro. La crilri che travaglia la società attuale ha sdsata la esatta val u.tazione dei fenomeni sociàli ; dovunque spirito di insofferenza e di insubordinazione, distruzione di disciplina, negazione de l'autorità, k-11tata demolizione di istituti vitalissimi, arbitrio e violen.7..a. Ora la legalità minaccia di essere sommersa; lo Stato appalesa la su.a incapacità a portare la nota unificatrice ne le multiformi manilestazioni de la vita odierna. Cosl è spiegabile l'antitesi profonda che da talu.ni si è vista tra Stato e Sindacato; come il k--ntativo di ricostituzione sindacale de lo Stato, sostenuto dai propugnatori del e Sindacalismo Nazionale '!J1 tra i quali va anno\·erato il Viana. Da una parte si preconizza il Sindacato, • Stato ne lo Stato•, che deve svuotare progressivamente lo Stato de le sue funzioni vitali e tra- ,asarle in sè; da l'altra lo Stato sindacale, o lo Stato dei Sindacati, o lo Stato quale pµnto ,li shocco e di approdo del Sindacalismo. Da queste due cliverse premesse discendono due diverse conseguenze: l'una eh<=il sindacato i: contro lo Stato; l'altra che • il sindacato ... deve contenere la sua azione colletti,·a ed organica dentro la disciplina uazionale movendosi nell'ambito dello Stato e di quc,sto dh·en(are lo strumento diretti\"O e non focolaio di rivolta intento a dissolH:re ogni energia economica e socinle ). LA RIVOLUZIONE LIBERALE La riorganizzazione sindacale de lo Stato ci condurrebbe in epoç_he sorpassate; la unità politica operata in secoli continui di lotta soffrirebbe di nuovo un' processo disgregativo. A me pare che in tal modo l'originaria funzione del sindacato sia snaturata; nel sindacato, ripeto, io vedo, ancora e sovra tutto, un organo di lottà, lotta exstrastatale, lotta che non deve toccare le basi essenziali de lo Stato ma che deve localizzarsi stù libero mercato, tra imprenditori e salariati. Sindacati liberi, concorrenti, organi efficaci di progresso tecnico e di incremento de la produzione. Per ciò non Stato sfo4'icale, ma permesso adoperare una frase che, (mi sia qui pur avendo un sapore paradistico, riesce molto efficace) < li• beri sindacati , in , libero Stato ,. Lo Stato deve rimanere estraneo a le competizioni sindacali. Come la Chiesa il < maggiore fenomeno oggi vigente di sindacalis1no », vive di una vita tutta propria, senza venire a conflitto con lo Stato, cosi il Sindacato deve e pùò vivere libero, quando si limiti a portare la sua bisogna sul- mercato, senza che lo Stato intervenga a snaturarne od intralciarne il cammino, ove esso ripeto, sia diretto a la migliore regolarizzazione dei contratti di lavoro, a l'incremento de la produzione, ed a creare operai appassionati de la produzione. CARI.O AI.VINO. ~evisione liberale III. La. qu.estion.e oostituzio:na.le E passiamo ora alla questione politica e costituzionale. In una parola, quale è l'atteggiamento· politico proprio del liberalismo? Quale è la forma di governo più coerente col liberalismo? Esso deve essere aristocratico, consen1atore o democratico evoluzionista? ' Vi sono dei liberali che sostengono che il liberalismo ha il compito di diffondere la coscienza della libertà nelle masse popolari ossia che il liberalismo deve essere lo stimolo perenne di tutte le rivoluzioni, intendendo per rivoluzione ogni forma di affermazione di autonomia materiale e morale. Da ciò l'affinità fra il liberalismo e il socialismo che appunto tende a dare alle masse ·la dignità di una coscienza autonoma. A me sembra che questa concezione non sia esatta o per Io meno sia parziale. Anche essa non tiene abbastanza conto del contenuto essenzialmente metodologico del liberalismo. Che cosa significa « coscienza autonoma", « coscienza libera • sia individuale che di classe? La libertà, l'autonomia, sono condizioni e non fini. La libertà per la libertà non ha u.n grande significato. Ecco perchè la pura idea liberale ha raramente scosso le masse e provocato rivoluzioni. Ogni affermai.ione di autonomia verso un doima, verso una vecchia verità, non è mai fatta in nome della libertà; ma in nome di una verità e di un dogma nuovi. Ossia il fermento rivoluzionario sarà sem.pre dato, non da una coscienza autonoma, ma da una coscienza nuova la quale reclama appunto l'autonomia verso le vecchie forme di verità per poterne in'staurare una nuova. Il lievito delle rivoluzioni consisterà sempre in un motivo mistico e religioso (ossia dogmatico) che avrà come spu.nto sentimenti sia individualistici che patriottici o classistici. La formazione cli coscienze nuove (e perchè nuove, autonome rispetto alle vecchie) va, secondo me, lasciata ai credenti .di dogmi sostanziali e non deve interessare chi crede soltanto in· un determinato metodo politico. E il liberalismo per se stesso rest,erà indifferente anche alla difesa degli interessi e degli ideali della classe dominante. "Invece possono essere liberali tanto aristocratici conservatori che democratici evoluzionisti, purcbè gli uni e gli altri accettino i principi fondamentali della teoria liberale delle forme di governo. Quali sono, a mio parere, questi principi? E' noto che le teorie giuridiche sullo Stato si differiscono specialmente secondo il modo col quale si è risolto il problema delmismo delle aristocrazie. Il governo dei pm capaci sarà sempre un governo di minoranza per lo meno in quanto sarà composto e rappresentato da una minoraw....ae una minoranza di capaci forma appunto u.na aiistocrazia. Ecco in che senso la teoria liberale è favorevole al governo aristocratico. Ma se la storia dimostra che ii governo è sempre stato in mano ad una aristocrazia, la storia insegna anche che le aristocrazie decadono e che di solito le grandi crisi ri voltizionarie avvengono proprio quando una aristocrazia persiste nel voler mantenere un potere di cui rion è più degna perchè ha perse le qualità nec.essarie per esercitarlo. E la rivoluzione porta al potere una nuova classe dirigente, una nuova aristocrazhi che, appunto per la sua origine rivoluzionaria, é spesso immatura per il suo compito ed ingiusta verso gli insopprimibili· valori del passato. Il torto fond:amentale delle aristocrazie è quello di ritenersi eterne e di chiudersi in una intransigente, ma sterile difesa, proprio quando cominciano a perdere quelle qualità che giustamente e senza sforzi le mantenevano ~ potere ; insomma, non sanno trasformarsi o morire bene e a tempo. Una aristocrazia per mantenersi al potere dovrebbe perennemente rinnovarsi assorbendo e accettando gli elementi capaci di ascendere. dalle classi sottoposte, ma di solito questo non avviene perchè i componenti della vecchia -aristocrazia tendono a monopolizzare il potere e a sbarrare la via cli ascesa alle forze nuove. Ma appunto questo arresto artificiale nella rot3.zione delle~dassi dirigenti, indebolisce ancora di più le intrinseche qualità della vecchia aristocrazia e rafforza invece la nuova classe e cosl il ricambio del • personale dirigente • che forse sarebbe potuto avvenire per lenta infiltrazione, avviene per violenta sostituzione. La rotazione delle classi dirigenti è il fatto storico sul quale si fonda la teoria liberale e l'aspirazione politicosociale del liberalismÒ consiste appunto nel tentativo di regolare la perenne rotazione delle aristocrazie. Anzi si può dire che per il liberalismo -lq Stato non dov-rebbe essere che il supremo regolatore del ricambio delle classi dirigenti. Ed è in questo senso che da un punto di vista liberale non si può parlare di Stato Etico. Il contenuto etico non sarà dello Stato, ma dei Governi, ossia delle aristocrazie che si succederanno. Ogni classe, ogni aristocrazia che ascende al potere deve ave.re un contenuto etico, ossia una concezione propria, ma assoluta degli eterni valori i se non avesse questo contenuto spiri• tttale non potrebbe nè formarsi nè progredire, nè tanto meno governare. Ed una aristocrazia che stia al governo avrà il dovere di difendere tutti i propri valori, ma 11011 con la violenta quanto inutile soppressione e negazione dei valori altrui, bensl accettando e affrontaudo tutti i liberi confronti. Lo Stato liberale concede alle aristocrazie che sono al potere il diritto di difendersi con la violenza da chi violentemente le attacca, ma alle nuove aristocrazie in fonuazione esso deve•garantire la possibilità di giungere pacificameute al governo. E alle nuove classi è vietato cli conquistare con la violenza il potere apptrnto perchè è loro concesso di giungervi per le vie legali. Aristocrazia chiusa e democrazia rivoluzionaria sono i veri nemici del liberalismo che in• vece vuole la continuità e la regolarità del metabolismo delle classi sociali. UASHEONA rEn COLOHO CllE LEGGONO A, F. FORMiGGINl Eccò perchè politicamente è possibile essere catto!Jci liberali, nazionalisti liberali, socialisti liberali, conservatori e democratici libernli purchè nel difendere i propri interessi e nell'attuare la propria eticità ogni partito non infranga le leggi che lo Stato liberale impone per contenere e regolare la lotta ideale e ~iale. Ma appunto quale può essere la legge che ~avrebbe permettere il non violento ricambio delle aristocrazie? Il potere politico. appartiene alla minoranza che sa prenderlo e mantenerlo e questo si p,;ò tenl:are di farlo con la forza armata. Il governo allora avrà per base la sottomissione forzata della maggioranza dei cittadini. Ma è evidente che quando non si riescirà più a tenere sottomessa la maggioranza dei cittadini (il che accade) il potere crollerà violentemente. Cosi avremo il brusco ricambio delle classi dirigenti attraverso continue reazioni e rivoluzio-• ni. Invece di ricorrere alla violenza si potrà anche tentare di ottenere e mant!!llere il potere con la persuasione. Allora il governo poggerà sulla libera e. persuasa accettazione della maggioranza dei cittadini. Quando questa maggioranza -verrà meno, il governo passerà da una minoranza ad un'altra e cosi avremo quella tran- •quilla ·rotazione delle e élites , che è l'ideale del liberalismo. Tutti i governi dunque poggiano sulle maggioranze e non è detto che sia più facile mantenere una maggioranza di sottomessi che ·una maggioranza di persuasi. Il liberalismo crede più sicuro questo secondo sistema e siccome ritiene che il consenso della maggioranza dei governati sia la condizione necessaria per potere esercitare il governo, pone la conquista del consenso della maggioranza dei cittadini come mezzo legale per poter ascendere al governo. Ecco perchè la concezione liberale dello Stato implica il sistema elettorale e parlamentare. Dunque lo Stato liberale non significa governo della maggioranza, ma significa il governo delle minoranze che hanno saputo acquistare e mantenere la fiducia delle maggioranze. Per il liberalismo ha diritto di governare non chi riesce a sottomettere i più, ma chi riesce a persuadere i più. E questo consenso della maggioranza non deve essere mantenuto impedendo con la forza ad altre minoranze di conquistar questo consenso con la pacifica propaganda, poichè appunto la perdita del consenso della maggioranza dei governanti è l'indice del tramonto della capacità e perciò del diritto della classe dominante a mantenersi al governo. Non vedo teoricamente altro metodo per poter garantire il tranquillo ricambio delle classi dirigenti. (Contimta). NOYELLO PAPA.FAVA. f'lERO60BETTI N Editore. TORINO - Ula XX Settembre, 60 LUIGI SALVATORELLI NAZIONALFASCISMO 1 vo1ume di 200 pagine L. 7,50 PRIMI GIUDIZI DELLA STA.1',!PA: « Ltt.iP'i SahJato-relli ha il gran.de 1n.e·ritodi aver ricondolto la sto-ria del fascismo ad una ana!is1 d-i cevi sociali. Più. conseguente e più rigoroso degl-i alt,i osservatori del fascis-nio egli ha condotto fino in fondo i! processo alla piccola. borghesia,». (G·. Ansaldo, Genova, Il la·eoro, 3 gittgno). , Sah•at-0relli è lo scritt.<Jredella coeu,z,za, ckc sa portare nella polemica pratica la solidità ,ti una coscienza storica 1natura, anche se accessibile al pubblico. Questo suo saggio -van·à ce,·tamente a chiarire le confuse idee che d-011>inan-0 nella sit1,azione a.ttuale -». (Roma, L'Azio11e, 3 giugi10 1923). < Un saggio completo di critica serena e obbietti-va al fascismo, (Il Mondo, 31 maggio 1923). • Si tratta di "" esame originale del problema del fascismo, se-riti.o da ,mo dei pochi giornal.isti se,·i e preparati d'Italia.• (Torino, Tempi Nuo-vi, 26 maggio). • A nessuno sfuggirà la singolare importa1tza di questa opera che è la prima critici! org_anica del Jascis1110,scritt.a da 1.nianiente storica dz. prim'ordine e condotta con la serenità e la finezza dì 11,n. osservatore amabilmente ironico e scettico -verso tul.ti ·i progettism-i e i dogmatis,ni id,o. logici,. (Roma, Studi politici, maggio). PIERO GonETTI - Diretton-responsabil, O.G.E.Il. - Corso Principe Oddone, 34 - Toriue. SCRIVE 6UrP1,v.m:syo !IH~SILEATUTTIIPtlll DICI EDI'l'OltE IN ItO!llA ! 'origine e della giustificazione dell'autorità politica. Ora di solito il liberalismo è compreso fra le teorie individualiste in quanto che per esso la sovranità risiede nella volontà individuale ossia popolare, intendendo per volontà popolare l'espressione del volere della inaggioranza nun1erica dei cittadini riuniti in assemblea. Ossia la autorità dello Stato deriva dalla volontà dei cittadini e lo Stato si risolve nella pluralità degli individui. Da ciò le accuse alla concezione liberale di negare la personalità indipendente dallo Stato, di togliergli ogni garanzia di solidità e di continuità e di abbassare la suprema autorità sotto l'arbitrio della maggioranza. Ed essendo la maggioranza degli uomini malrngia ed ignorante (contrariamente " quanto credono gli ingegni liberali, cronici ottimisti) la concezione liberale dello Stato porterà alla peggiore delle tirannie; quella della massa bestiale. Senza dubbio questa critica è in parte giusta, ma tocca più la democrazia umanitaria che il liberalismo. In fatti il liberale più che al governo di tutti (ossia dei pHt) deve preoc• cuparsi della libertà cli tutti, e perciò dovrà difendere le minoranze e i singoli individui dalla prepotenza della maggioranza. Il conflitto fra queste due esigen1,e è: la causa del perenne equi- ,·oco fra liberalismo e democrazia. Jl torto della concezione democratica \umanitaria consiste appunto nella fede della bontà e capacità della maggioranza degli uomini che si considera come un qualche cosa ùi fisso, di statico. Il liberalismo invece tiene conto dell'intrinseco valore e della concreta capa,,ità dei singoli in<liviclui, ossia, se democrazia significa governo dc:i piil, liberalismo significa governo dei migliori. Secondo mc il liberalismo è la teoria del dina- " LA Ul\"ISTA CIRl,IOGUAPICA ITA l,IASA rlO I l\"Al!f. P. rio DU"FUSA ARBONAMl!NTO L. 12,50 - J;SH:t:O I,. 15.00 - SAGGIO A lllCIIIF.sTA DELLO S'J'.ESSOEDl'l'ORE: I'IWFILl • CLASSICI DEL RlDERE

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