La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 18 - 12 giugno 1923

.quello municipale, quello clelle cooperative per parecchi lttstri. Non è certo un governo borghese, il governo d'Italia,. Però non solo Giolit:i è bolscevico {percbè è il padre delle municipalizzazioni, del monopolio delle assicurazioni, delle assicurazioni sociali e del disegno di legge sul controllo delle aziende), ma anche Nitti ed anche Miglioli, e poi Micheli, senza parlare, si capisce, di Turati, di Treves e di ... Labriola. Che cosa significa questo pan-bolscevismo l Significa che bisogna abolire il regime delle assictuaz.ioni sociaii, delle municipalizzazioni, delle statizzazioni, dei monopoli; e ritornare alla proprietà priYata asso!uta, a1la libera concorrenza più sfrenata, all'iudividnalismo cco11omico più schietto. Codesto regime si completava nel concetto degli antichi economisti cou la più ampin Jibertà di opinioni, di associazione e di riunione. Invece i nostri fascisti invocano Josepb De Maistre, cioè la doctri11a dell'assolntismo regio e<l ecclesiastico, la dottrina che nega essenzialmente ·i diritti della persona e della libertà. Glissons. L'on. Mussolini in un discorso ali' Augusteo (8 novembre 1921) dichiarò: « In economia noi siamo decisamente anti-sociafo;ti. Da auni uoi viviamo iu regime soffocante di socialismo, di collettivismo. E' bene dire che, in materia economica, siamo liberi nel senso pi1ì classico della parola. Le ar.iencte non possono essere affidate ad enti collettivi e burocratici; l'esempio della Russia è troppo significatiYo. Se dipendesse da me, restituirei alle aziende private i telefoni, -ì telegrafi e le ferrovie, quel mostruoso organismo insomma che ha reso lo Stato vulnerabile da tutte le parti. Lo Stato deve tornare alle sue fondamentali iunzioni politiche e giudiziarie b. Qnale interpretar.ione dare di queste tendenze e di questi fatti l -- In un paese naturalmente povero come l'Italia, il riforn1ismo sociale che insieme alla plutocrazia rappresenta il lavoro e il capitale improclnttid, distoglie certamente dagli usi industriali masse cospicue di capitali, e proYoca quindi una forte reazione da parte dei capitalisti e degli agricoltori dediti alla materiale trasformazione dei beni. Credo che il momento critico della lotta della borghesia industriale erl agraria contro il riformismo sociale fu il pericolo da essa corso che la Cassa di Ri- .spannio cli Mi1ano, e-on i suoi ingenti capitali, dovesse cadere nelle"'"manidei socialisti. Già l'e• stendersi dell'Istituto nazionale per la Coopera- .zione aveva molto preoccupato il mo1~do industriale italiano. Il governo aveva portato a due- <::entomilioni di lire il capitale di quell'Istituto, i cui affari superavano il miliardo. Che cosa sarebbe acca<luto se anche la Caasa di Risparmio à..i ?ifilano fosse caduta nelle mani del socialismo? La Cassa di Risparmio di Milano, .essendo un ente morale, è amministrata da tre -delegati del comune di Milano, tre della . pr'.'"" vincia di Milano e un delegato della provrncia ,di Pavia, di Mantova, di Novara, di Bergamo e di Como. I tre ·delegati della provincia di Mantova, e quelli del comune-di Mila.no appartengono al pru-tito socialista. Fra poco i socialisti avrebbero avuto la maggioranza nel Consiglio di Amministrazione dell'Ente. La Cassa di Rispar• mio di Milano ha, in Milano, una circolaziom" di 230.487 libretti con un credito di 299.023.493 lire e nelle casse filiali 510.474 libretti con un credito di lire 593.440.735. - I socialisti avevano già presentato il loro solito pian:' di • ~nanziameuto » per le cooperative ... S1 può immaginare che cosa sarebbe accaduto quando avessero poste le mani sopra il miliardo di depositi della Cassa di Rispsnnio cli Milano. E per evitare questo maliuconko dimaui la borghesia industriale oro-anizzò, in nome della patria, le e spedizioni pt~1itrve » contro i comuni so::ialisti e le provincie amministrate dai socialisti in Milano, llanto\'a, Novara e Pavia I (Continua). ARTURO LABRIOLA. O.ARISPOSTA MIGLIORE Roma. 1 1° giugno 1923. Caro Gobetti, il 1niglior modo di protestare wntro le supposizioni della Questura è di mandare cento Lire alla Rivoluzione Liberale: lo faccio con la presente. Tu.o G. P. PIERO EiOBETTI ~ Editore TORINO - Via XX Se!lembre, fiO MARIO VINC!GUERRA Iu FASClSJVlO VI;; YO Of.l UN SOul 1.HRIO L. 5 ;?rimi giudizi: « Esa1;1.ina con. serenità di studioso la forma• zione e gli sviluppi del partito do,ninante dell'Italia d'oggi•· (Genova, Il Lavoro, 19 maggio). a E' un.a 1nonografia che contribuisce alla doci<me;,tazione dei diversi atteggiamenti_ degli spi- -riti italwni in questo fortunoso periodo della .11ostra storia .1. . (Milano, Civitas di F. Meda, g,ugno 1923). , Una descrittiva del Jascis11u1acuta e netta >. . (Bergeret, Napoli, Mezzogiorno, 3 giugno). LA RIVOLUZIONE LIBERALE LA PICCOLA BORGHESIA Da un articolo di Giovanni Ansaldo (Genova, Il Lavoro, 3 giugrw) sul Nazionalfascismo di L. Salvatore/li, togliamo questa analisi della piccola borghesia, in cui il nostro amico riprende e svolge concetti che già aveva accennati nella Rivoluzione Liberale dell'ottobre scorso (n. 30). Per saggiare fin dove la diagnosi del Salvatorelli sia esaL~a, sceglierò due tipi medii dell'Halia moderna. 1° - Sia il primo il figlio di un «galantuomo » pugliese o abruzzese, o anche di un borghese gingillino toscano. I suoi studii si fanno attraverso la trafila dell'inaridilo Liceo di provincia, dove, s'egli ne ha voglia, la pedanteria slorica del professore o del canonico gli decanterà le glorie vuoi dei Vestini, che dei Marrucini e di quante a!Lre popolazioni dal nome di insetti hanno vissuto fra le patrie valli: ovvero farà i suoi primi esperimenti di retorica pura scrivendo qualche dramma patriottico per il teatro dei Rinnovati, degli Avvalorati. o comunque si chiamino i lasciti della pedanteria bellettristica sulle piazze di Toscana o di Umbria. La vita sociale si concreta per lui molto spesso nel « Caffè grande» o nel «Casino di Lettura », detto anche « Stanze civiche» o « Circolo dei signori»: dove si discute di politica, si gioca a biliardo, e si dànno due balli per stagione. Il suo avvenire si riassume nella laurea di avvocato, e nella trafila dei concorsi, ovvero nella Via crucis del praticante, qualora egli voglia dedicarsi alla professione. Poniamo che gli vada bene: il nostro piccolo borghese riesce a quarant'anni ad avere uno studio legale avviatino, sia nel Vicolo delle Animelle dietro San Ferdinando a Napoli, sia altrove: ha il fratello commendatore a Roma, sa star sul- !' avviso delle novità politiche, si tiene al corrente della letteratura leggendo la terza pagina del Giornale d.l talia. 2° - Sia il secondo discendente di un ragionat lombardo, nato a Milano. Il padre lo avvia per tempo alle scuole tecniche, rammaricandosi solo che siano troppo poco tecniche, che diano poche nozioni «pratiche » : tutta la famiglia è sradicata da ogni tradizione che risalga più in là di una generazione: nessuno ha mai avuto una curiosità storica rudimentale, la madre brontola perchè i libri di testo dei figli - gli unici che entrano in casa - « portano tanta polvere"· Il nostro piccolo italiano si forma sui campi di gioco domenicali, sulle piste dei giri d'Italia: e, purchè arranchi la promozione, il ragioniere padre non è malcontento di ciò, perchè si sa, lo sport è una cosa moderna, ed è anche tanta salute. Dopo generazioni di sonetteggiatori, il nostro piccolo italiano non fa neppure poesie: il pimento della sua vita «standardizzata» è costituito dalla esaltazione della «vita strenua», della «civiltà meccanica», della «ebbrezza di felicità », e da altri spunti di americanismo brodoso ammanniti dalla Gazzetta dello Sport. Appena può si impiega in una banca, o in una fabb1ica: per usare la espressione del Salvatorelli, si sforza di « aderire intimamente alla struttura della civiltà capitalista». Il suo orario di lavoro, i suoi divertimenti sono press'a poco quelli di un piccolo borghese di Londra o di Berlino-. Dichiara ùi non occuµarsi di politica, o che la migliore politica è quella che fa il Touring, con le sue carte stradali: nelle arti belle, va pazzo per Fraka, che ha tanto spirito. Ecco i due tipi medii, di cui ciascuno di noi conosce una infinità di rappresentanti. Ora chiedo io: Quale dei due si avvicina di più alla «piccola borghesia umanistica ,, che il Salvatorelli descrive? Certo il primo. Ma quale dei due ha minor senso critico, e maggiore propensione ad essere colpito dalla Schlagwort, dalla parola d'ordine, dalla formula indiscussa e indiscutibile? Chi è più ingenuamente infante dinanzi alle propagande condotte con grandi mezzi o dinanzi alle predicazioni suggestive dei grandi demagoghi? Chi oppone maggiore resistenza alla conquista del proprio cervello, un piccolo borghese umanista meridionale, o un tecnico milanese? Chi, dei due, è più predisposto ad abbandonarsi all'ondata fascista, intieramente, di buona fede, fondendo il suo amor di patria con i suoi entusiasmi sportivi, i suoi sentimenti sportivi con la sua passione di essere ben moderno, il più americano possibile? Certo il secondo. Milano è là, con la sua piccola borghesia che davvero non corrisponde alla descrizione del Salvatorelli. Milano è là che insegna. La città d'Italia che i.a certo una percentuale di capimastri, di ragionieri, di impiegati di industrie, di piazzisti più cospicua e più vicina alla categoria della piccola borghesa tecnica, degli italiani del secondo tipo medio, è quella in cui l'entusiasmo fascista si è manifestato più unanime e perduranle. Nella polemica remota, fra il Popolo d'l talia ancora direti-O da Mussolini, e i fascista emiliani in cui allora era parte cospicua l'on Barbato Gattelli, all'epoca del patl-0 di pacificazione, una curiosa questione si dibatteva in sordina: se il fascismo fosse nato a Bologna o Milano. Nessun dubbio: !'on. Mussolini aveva ben ragione, dal punto di vista storico e tattico, di affermare ch'era nato a Milano. A Milano, in piazza del Duomo, dalle folle degli italiani tecnici, sportivi, pratici, dispregiatori degli avvocati e dei commendatori romani, grandi odiatori - per sentito dire - della burocrazia, e terribilmente adulati da cinquant'anni in qua da quella bella trovata della Capitale morale. Rivendicando la milanesità del fascismo, l'on. Mussolini intuiva che cosa essa volesse dire: apoteosi dello sviluppo industriale del paese, coincidenza con l' entusiasmo giovanile diffusissimo per gli sports, tanto meglio quanl-0 più violenti, liberazione da tutti gli scrupolosi, da tutti i cacadubbi, da tutti gli scettici e da tutti i faziosi sì, ma ragionatori e lungimiranti calcolatori che popolano i «Caffè grandi » e le «Stanze Civiche,, delle provincie del Regno. Il fascismo nato a Milano voleva dire precisamente 1' atteggiamento sportivo, meccanico, futuristico, l'azione su larghi ceti che ostentano di essere anti-umanisti e civettano con un americanismo che non sa andare se non in automobile, e non sa fare della politica se non con recisi apoftegmi. Tutte le infarinature storico-letterarie della piccola borghesia umanistica, che a Milano quasi non esiste, non sarebbero certo bastate a dare al fascismo l'impulso formidabile che lo spinse a Roma. Occorreva, sulla retorica generica e scolastica della piccola borghesia italiana, un innesto di mentalità tecnica, o diciam pure per intenderci, milanese. Questo non è sfuggito all'intuito finissimo dell'on. Mussolini, che da tempo ha reso omaggio alla mentalità milanese con dichiarazioni e con gesti che paiono singolari e bizzarri ai piccoli borghesi umanisti delle città di provincia e di Montecitorio, ma che hanno uri valore politico di captazione e di adulazione. S1 ricordi, per esempio, la esaltazione « dinamica,, del Circuito di Milano nell'estal€ del 1922: rappresentato ·come un avvenimento politico superante di gran lunga tutte le discussioni parlamentari, come una sfida trionfante contro la vecchia Italia retorica, letteraria, •umanista». Sotto la categoria della « mentalità milanese» sono da ricondurre anche le proteste dell'on Mussolini, diventato Presidente del Consiglio, a un intervistatore straniero: « Io, in tutta la mia vita, non sono stato più di due volte in un Museo». E' indubitabile che parecchie centinaia di migliaia di italiani avranno applaudito a questa astensione artistica dell'on. Mussolini, e avranno pensato essere il capo del Governo veramente un uomo tecnico, moderno. Cosl, i progetti e le inaugurazioni delle grandi autostrade M - !ano-Laghi e Firenze-Mare. E' ridicolo fare la critica di queste iniziative come l'hanno fatta taluni socialisti, alla stregua delle necessità del bilancio, ovvero rinfacciando che si costruiscono le strade per i piaceri dei ricchi• che posrnggono un'automobile, e ~i lasciano senza strade i comuni abitati ,,. poveri proletari, ecc. Chi argomenta così, nòn si accorge che le autostrade piacciono assaissimo a larghi strati di piccoli borghesi che non sono ricchi, non possiederanno mai una automobile, ma vanno in visibilio quando si parla ad essi ,del!' « ebbrezza della velocità,,: i ragionamenti poveristici non intaccano la loro mentalità sportiva, tecnicizzante. Così, i voli frequenti dell'on. Mussolini e dei suoi collaboratori, che apparentemente possono sembrare rispondere solo a un gusto personale del Presidente del Consiglio, sono in realtà un ben calcolato omao-o-ioa tutti i numerosi piccoli borghesi i~liani ossessionati di modernità, e soddisfattissimi quindi di essere governati da un Presidente che va in areoplano più spesso e più disinvoltamente di tutti gli uomini di Stato del mondo. Parimenti, i telegrammi di incitamento e di lode al box~ur Spalla rientrano nel novero di queste accorti~sime e sottili arti di governo - tanto sottili che la critica grossolana fatta in nome degli « oppressi da~li scherani del capitalismo» la critica tipo Lazzar1, manco se ne avved~ - dedicate ai piccoli borghesi te~- nici, sportivi, agli italiani che ho cercato di descrivere sotto il secondo tipo med10, e di comprendere sotto la designazione cli mentalità milanese. _ Su tutta la picc,ola borghesia umanistica, su tutti gli italiani del primo tipo medio, 75 questi spedienLi fanno assai minore presa, precisamente perchè nel fondo dei caffè di provincia, nelle cittadine meridionali inchiodate in cima ai monti, si è conservato - contrariamente a quant.o scrive il Salvatorelli - sotto una vernice di retorica scolastica, maggior senso critico. Ciò spiega la natura e le vicende del fascismo nella piccola borghesia meridionale. Ci sono in Italia almeno due fascismi, creati a immagine e somiglianza della piccola borghesia tecnica: c'è il fascismo del Mezzogiorno e il fascismo di Milano. GIOVANNI ANSALDO. ~OTEDIPOltlTIGA I~TE~JA Per essere un fatto politicamente zivoluzionario - e conseguente - la marcia su Roma d<>- veva sboccare nella repubblica, poicbè in origine e nell'essenza il fascismo non è che un movimento repubblicano. Essersi fermata a metà strada ,vuol dire: o aver temuto che il popolo non fosse preparato ad una soluzione di tal fatta; o non aver avuto suiliciente fiducia nelle proprie forze; o avere infine obbedito più che ad un impulso, ad un compromesso. Forse tutte e tre le ragioni sono valide, e l'ultima è la principale. Effettivamente la marcia su Roma, in quanto espressione dell'estetismo dannunziano, ha più l 'appareuza che la concretezza d'un fatto storico; e si riattacca più alle gesta garibaldine, fiu mane e insurrezioniste che non allo spirito profondamente rivoluzionario del liberalismo piemontese; percbè, malgrado possa aver suggerite azzardate quanto anacronistiche speranze dittatoriali-imperialistiche, ha nondimeno lasciata invariata la realtà democratica della vita sindacale e politica italiana. Come la rivoluzione fascista non è stata che una rivoluzione giudiziaria., dovuta all'indisciplina apportata nell'esercito colla spedizione di Fiume; all 'abdicazioue della vecchia classe dirigente e alla incapacità, sostanziale o volontaria, poco importa, della piccola borghesia socialista di sostituirla; e non trova la propria espressione che nella dittatura larvata di un partito, ma effettiva dell'esercito, e il proprio limite che nella generosità dell'<><LMussolini: cosl ciò che di sostanziale ba storicizzato la democrazia trova la propria difesa - e l'imperialismo il proprio limite - nell'equilibrio economico-politico internazionale. Esempi tipici : la prosecuzione della politica estera e rinunciataria •; la ratificazione del trat• tata di Washington. A ben considerare i fatti, il solo problema che meriti seria attenzione oggigiorno è il problema delle riparazioni (più esattamente: l'estrinsecarsi dell'imperialismo francese coll'occupazione della Rubr) : di lronte al quale i singoli problemi nazionali passano in via subordinata, e !"orientarsi delle Nazioni verso la sinistra e la destra non è quasi altro che scegliersi una posizione diplomatica (e strategica) per l'avvenire: il gravitare verso l'uno o l'altro gruppo di Potenze, che oggi sono in contesa, ma che domani potrebbero anch 'essere in guerra, qualora una per litica di moderazione non avesse a prevalere. Che poi la rivoluzione fascista sia stata solamente una superficiale rivoluzione politica lo dimostra il fatto già da noi accennato che il sindacalismo operaio nonostante tut'.o vi~, colla sua ti-pica mentalità conservatrice tendente a creare un'aristocrazia chiusa mediante il monopolio, non rifuggente nemmeno dalla pratica violenta contro la quale s'era tentato di creare un mito, delle occupazioni e degli scioperi. Se nasce legittima la convinzione che tanto il bolscevismo quanto il fascismo sono il portato della lamentata mancanza di una consapevole classe dirigente, il continuo parlar d'impero e scagliarsi contro il Parlamento, potrebbe voler dire che tale mancanza comincia ad essere sentita anche dai fascisti. Una conferma di ciò si può vedere nel discorso dell'on. Mussolini agli studenti universitari padovani; come dimostrazioni delle debilitanti conseguenze del ricordato compromesso, potrebbero essere le polemiche g:ornalistiche sul rimpa.-=-to, suscitate dalla nota intervista della Sta,npa, dal1'abboccamento Mussolini-De Gasperi e dalle parole del Popolo d'Italia. L'inutile verbosità del Presidente del Consiglio non sen1e 1 secondo noi, cbe a confermare la o-ravità del dilemma inevitabile. L~on. Mussolini è troppo intelligente per non capire che il ritorno alla legalità vorrebbe dire }a liquidazione• sua e ~lei fascismo; ma d"altra parte il compromesso ogni giorno p~ù lo sfibra, giustificando lo scetticismo che può sorgere sulla opportunità d'un nuovo tentativo insurrezionista facente capo a lui ed al fascismo. ARMANDO CAV~LLI. "b'ECO DEbbASTAillPA,, il ben noto ufficio di ritagli da giornali e riviste, fondato nei 1901, ha sede ESCLUSIVAMENTE in Milano (12) Corso Porta Nuova, 24. Chiedete opuscoli esplicativi e tariffe con semplice biglietto da visita .

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==