La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 17 - 5 giugno 1923

72 LA RIVOLUZIONE LIBERALE LI:SERALISMO C MESTATOD'ANIMO laddove il settarismo nega cotesta tutela ad ogni altra fede, non dimostra forse che è essenziale al liberalismo la fiducia nel frionfo del bene come prodotto della libera discussione di tutti i principii, quelli settarii non esclusi? Ringra'Zia:nioAlessa11dro Levi, di aver vol'u,to partecipare alla nostra discussione. Come noi intendiamo e accettiamo iL LiberaLis11ioquale stato d'01iimo, com.e tuttavia la passi<>neper la Libertà e la. concezione rivohtzionaria ri·manga il concetto centrale e dominante del nostro pensiero, spie• ghere11io con più agio nel prossime nuniero ri• spondendo insieme al Pa.pafava e al Levi. Caro Diretto1·e, Permett~temi d'iniziare questa lettera con una confessione: mi è mancato il tempo di seguire il vostro periodico con tutta l'attenzione eh 'esso indubbiamente merita: non so, pertanto, se le idee che mi accingo ad esporre soneranno talpoco stonate nella Rivoluzione Liberale o se, invece, saranno giudicate dai vostri lettori come una. conferma, se non una ripetizione, cli altri scritti già apparsi, ed a me sf4ggiti, nella vostra Rivista. Alla quale mi dirigo, a preferenza di altre, per la simpatia che desta in me, a prescindere da inevitabili punti di dissenso, il gioYanile movimento d1idee ch'essa rappresenta. Il liberalismo sarà ... tutto quello che voi volete: tendenza economica, partito politico, tradizione rivoluzionaria, retaggio Storico da consen;arsi nella su.a forma costituzionale e da impinguarsi di nuovo contenuto, parola d'ordine per oggi e per domani. Ma oltre e forse prima di tutto questo a nie sembra che il liberalismo sia uno stato d'animo. Il quale può essere proprio di alcuni che non hanno mai militato, non militano e probabilmente non militeranno mai nelle file dei così detti partiti liberali (a proposito: quanti sono?), e può invece, a dispetto delle coccarde e delle insegne, non essere nè pos~so nè conquista cli tanti altri, che pure fanno professione poli.tic-a di liberalismo. Lo stato d'animo liberale può essere, appunto, un possesso od una conquista. Merita. maggiore considerazione quest'ultimo, poichè il primo, il quale è tabolta l'indizio di un temperamento equilibrato, può, altresl equivalere a fiacchezza d'idee od a gretto amore di quieto vivere, laddoYe la conquista di uno stato d'animo liberale, appunto perchè con.q1tista, cioè prodotto di una lotta interiore, rivela una consapevolezza critica del bene spirituale raggiunto non senza :resistenza o contrasti, del valore di esso e delle situazioni già in sè stesse sperimentate che gli si contrappongono, dei doveri non solamente passivi, ma attivi che esso bene impone a chi lo ,oglia sen·ire. Ardirei aggiungere che tale stato d'animo è un requisito di quell'aristocrazia morale, che ricliiede rarissime virtù cli pensiero e di azione : padroneggiamento delle passioni, disciplina del carattere, riconoscimento dei limiti della personalità propria, rispetto della personalità altrui. Questo è, infatti, a mio avviso, il contenuto del liberalismo come stato d'animo: l'ossequio, non professato a fio; di labbra ma schiettamente sentito, alla dignità della coscienza umana; una sincera tolleranza, o -· meglio - una do- \erosa defeienza per ogni altra onesta fede e per la condotta che a questa sia coerente. Che se tale stato d'animo si analizzi più dappresso, nei motivi profondi, e non sempre consaputi, dai quali deriva, a me pare si debba giungere alle seguenti conclusioni : Stato d'animo più che portato di un ragionamento, il liberalismo, così inteso, poggia assai più su motivi sentimentali che non su rigorosi fondamenti logici. Pur tuttavia esso implica una concezione della vita morale la quale, da qualunque fonte derivi, si alimenta di queste convinzioni: che la vita etica (ed anche la politica, jntesa nel suo più puro significato, è moralità pratica, non soltanto perchè il giudizio morale investe tutto H campo dell'attività Ulllana, ma altresl perchè l'azione politica, più che soddisfacimento d'interessi od esercizio di diritti i:, o avrebbe ad essere, compimento di doveri) che la vita etica è l'espressione di una fede, cioè, .i;empre la creazione o l'accettazione di un valoro amato come buono in sè, che tale fede, rampollando dalle più intime sorgenti della personalità umana, è sacra per gli altri soggetti perchè sacra è la personalità, la tj_uale dev'essere rispettata come fine e non considerata come mezzo; che, se i: formalmente identico ;n tutte le coscienze umane il principio della moralità, e cioè precisamente l'adesione ad un valore da cui deriva l'auto-imposizione de] dovere, varii sono gli aspetti che esso assum.e nelle cliverse coscier.7..e;vari.i tali aspetti, ed insindacabili, solo che da quc-sta fede morale non siano giustificate attività le quali possano mettere in pericolo la Yita sociale, e ciO<! siano giuridkamente punibili. Il principio della libertà di coscienza ,·uole che si dspetti, come 11n santuario, la coscien1.a stessa, fonte dell'agire umano, sempre che, per necessità sociali e nei rigorosi 1imiti in cui queste sono tradotte nel!' ordinamento giuridico, non ne derivino atti contrarii alle leggi. Nè questa concezione formale del principio etico, o - che è forse lo stesso - questa convinzione della formalità di esso principio può confondersi con lo •cetticismo o legittimarlo. A1 contrario. Pere hè tale concezione o convinzione nè mette al la pari tutte le fedi nt, tanto meno, viene ad escludere ognuna di esse. Kon esclude la necessità della fede, ma anzi l'afferma, dimostrando come la moralità sia sempre fede; e non legittima, ma anzi esclude, ogni professione d'indifferen,a cli fronte alle varie fedi, prima di tutto per la ragione anzidetta, che secondo la stessa concez~one non vi può essere moralità senza una fede, e inoltre perchè, nei limiti giuridici imposti alle attività per necessità sociali, concepisce la vita morale della società come una lotta civile, e cioè una libera concorrenza fra le varie fedi, si ovpone, come a sua netta antitesi, ad uu altro stato d'animo, donde deriva un'altra forma cli attività umana: e cioè al settarismo o,l intolleranza. Anche questo stato ù 'animo può dipendere da diverse cause; personali e sociali, e,11otive ed intellettuali: disconoseimento del principio formale della moralità, adc,razione fanctka della propria idealit:) che serub!'a g-iust::ficare od anzi esigere h violenta. imposi2ione che di essi si tenti alle altrui coscienze, dispregio delle altre idealità concorrenti o -addirittura negazione a codeste del carattere di idealità; e via discorrendo. Tale stato d'animo - oggi, a prescindere dai bassi motivi egoistici che ne simulano l'apparenza, mqlto diffuso - è mera antitesi, od è anche, come alcuno sostiene, superamento dello stato d'animo liberale? E' facile la risposta a tale quesito, solo che si pensi che il settarismo combatte il liberalismo e ne disconosce la legittimità, laddove il liberalismo, che conosce e riconosce il settarismo come una fase per la quale passa quasi ogni coscienza e quasi ogni idealità, lo spiega, e cioè storicamente Io giustifica, ma gli si oppone a ragion veduta, lo risolve in sè, e quindi lo annulla, dimostrando che, a dispetto di un diffusissimo luogo comune secondo il quale la vera fede sarebbe intollerante, non è dar prova di fid11cia nella propria fede, ma anzi dimostrare -nw.ncanza di fiducia nella stessa il volerla imporre con la violenza, soffocando, e non discutendo, le fedi diverse e concorrenti. Vero che, secondo il notissimo esempio, i setta.rii possono chiedere ai liberali libertà per la prop.ria fede in omaggio ai principii di costoro e negarla, invece, agli altri per ossequio ai principii proprii. Ma questa medesima più larga tutela che il liberalismo accorda a tutte le fedi - anche alle intolleranti, quando non eccedano i limiti che l'ordine giuridico impone alle attività pratiche - Percbè, infine, a me pare che lo stato d'animo liberale ben lungi dall'essere una condizione di inerzia mentale, o di cosiffatta tolleranza che indulga a tutte le fedi e di tutte accetti qualche cosa nel suo sfiancato eclettismo, e diventi un sinonimo di quell 'accomodantismo che è la negazione della moralità, imponga, anzi a eh.i vo• glia essere degno della intima serenità ch'esso promette a chi lo conquisti, una dura milizia. E cioè l'adempimento di questi non facili doveri: un austero controllo su sè stessi, _un rispetto scrupoloso per le sincere fecli altrui, un'attiva vigilanza, che in certi casi può divenire lotta assai aspra, in servizio di quel bene spirituale, da cui trae nome ed ispirazione : la libertà. Certo, la libertà non è il solo bene dello spirito· è anzi, come diceva ..il Mazzini, mezzo per f~re il bene. Ma è un mezzo dal quale non si può prescindere, solo che si accetti il postulato che la personalità umana va rispettata come un fine. E se anche altri possa, a traverso e non contro la libertà, mirare ad ideali che ritenga ne11a propria coscienza ancora più alti, e cioè consideri la libertà non come il culmine supremo dell'ascesa umana, ma soltanto il valico per altre cime - io, per esempio, credo che più alto ideale della libertà sia la giustizia; e per ciò sono socialista - pure la libertà è tale bene, la cni difesa può accomunare quanti, discordi in altre convinzioni, credano che solo per mezzo della libertà possa raggiungersi durevolmente ogni altra più elevata conquista. Se io non rn 'inganno, caro Direttore, la vostra Rivol11zione Liberale, campo aperto alle cliscussioui, mira appunto a sostenere ed a diffondere tali convinzioni, e cioè non ad addestrare giovani reclute pei così detti partiti liberali, ma ad un fine assai più alto: a promuovere specialmente tra i giovani tale stato d'anùno liberale. Per tratteggiarne alcuni aspetti ho preso la penna. La depongo, esprimendovi la speranza che la vostra coraggiosa Rivista contribuisca a prepara.re al nostro paese una generazione che torni a sentire tutto il valore del principio di libertà, fondamento sicuro cli una sana educazione morale e politica. ALESSANDRO LEVI. IL PROBLEMA DEL LATIFONDO A bbiam.o insistito presso il nostro atnico Eu• genio A zimo11ti perchè egli ci parlasse in R. L. di poUtica agricola. E. Azinionti, a.utore di un f.ibro 1nfrabi!e: Il Mezzogiorno agrario qual'è, sellentrionale innaniorato del Mezzogi-orno e 1·i111.astoin. Rasilicata come agricoltore a dirigere L'Azienda agricola dell'Alta Valle dell'Agri è, prima di tutto, una figura singolare di uo·mo. La sua fisionomia di scrittore e di agricoltore ricorda Stefano Jacini: il suo liberalismo a.gra• rio, la sua esperienza di pratico hanno una linf!a spirituale che s'inserisce nella tradizione ca-vouriana. Siamo lieti di pote,· offrire ai lettori, per sua cortese concessione, u.na lettera inedita che egli sc,risse a Luigi Einaudi nel _gennaio dello scorso anno sul problerna deL latifondo. « Il senatore Eirnatu.ài, ci dice l' Azinionti, a-ve• -va fatto anche il 1nio nonie in uno degli articoli che in quel tempo scrisse sul Corriere della Sera, sostenendo la tesi che le terre dei latifondisti si dovessero pagare, espropriandole, al prezzo di mercato, contrariamente all'opinione nosflra (mw di Serpieri, ecc./. La questione deL latifondo è pe-r ora seppellita, ma non è morta, rinascerà per forza, ·massima se continueranno gli im.pedimen• ti alfemigrazione. Lei sa la n-iia convinzione in materia. Credo poco all'utilità di un intervento diretto; credo molto all'efficacia di misure indirette; ma quando mai si dovesse intervenire una legge di pochi articoli che demandasse ad Enti locaU (queUi esistenti o altri da crea,·si la facoltà di operare credo sia per essere la niigliore soluzione. lo sono - da quando scrivo ed opero nel 1\-iezzogiorno - 'itn convinto regionalista. Noi altri italiani, purtroppo, non riuscimno ad intenderci, perchè non ci conosciamo, il Pae. se nostro essendo p,-oprio come l'abito di Arlecchino. Ora la questione deL latifondo non può avere che soluzioni regionali e direi quasi localmente anche più ristrette. Ma, a parte la faclenda della terra. c'è ora sul tappeto la questione doganale, la quale ha pure molti nessi con la questione della terra neL M czzogiorno. In materia doganale, è inutile nasco11• derselo, il dissidio incompatibile tra nord e sud esiste cd è chiaro per ogni persona di b11011afede. Il Mezzogiorno ha tutto da guadagnare da una politica Liberistica, e purtroppo, forse, non ne beneficherà mai •· Chiarissinw Senatore, Vuol consentire anche a me di interloquire brevemente nella dibattuta questione del latifondo dal momento che Ella ha voi uto far cenuo cli me come persona che potrebbe dare qualche lume nel generale interesse? Ecco io mi limiterò a questi sommi capi: la trasformazione del latifondo tipico meridionale è un brutto affare per chi vuole compierla o vi sia costretto. • Il contadino meridionale non pensa alla gravità ciel problema: vorrebbe la terra senza passare attraverso a tutte le forche caudine alle quali sempre finora, nove volte su dieci se non sempre, è stato costretto a sottostare per averla. AYu.tala, se la goderebbe a modo suo, anche - anz:i sopratutto - egoisticamente. E di avere riconosciuta e proclamata questa verità, di cui occorre tener conto, va data lode incondizionata al Gorni, perchè c'è voluto del coraggio per affermarla pubblicamente dal posto di Direttore delle cooperative socialiste di produzione terriera. Popolari e socialisti - per scopi elettorali - hanno dato affidamenti al contadino nei riguardi della sua bramosia per la terra; ma senza valutare esattamente la portata delle promesse. I popolari non hanno tenuto ben presente che per dare soddisfazione ai desideri degli uni - i contadini - era necessa1io scontentare gli altri - proprietari e affittuari non coltivatori -, quelli che speculano sulla pelle ciel contadino meridionale e che pure ingrossano le file del partito. I socialisti non hanno mai - come partito - studiato sul serio il problema agrario meridionale. Il Governo poi, non ha mai saputo che pesci pigliare; preoccupato di tirare innanzi schivando i grossi scogli, ha finito con lo scontentare gli uni e gli allri lasciandosi rimorchiare ora dai poJilicanti, ora _dai burocratici. La realtà si oblitera. La lerra nuda nel Mezzogiorno vale ben poco per ragioni di c1ima che 11011 si miitano. 11 va• !ore grande è delle scorte e cli tutto ciò che occorre per rivestire la 11i1da te1'ra; ma peggio di quello che ora si fa dal Governo, non si potrebbe fare per impedire al :Mezzogiorno cli rivestirla la propria nuda terra. Gli attuali proprietari goclcrn:no troppo spesso di una rendita eccessiva per effetto della'pressioue demografica: ora gridano per tema, dicono1 ùi essere spogliati e Lei li appoggia. Ma la nuda ter·ra si ùcvc pagare poco per poterla vestire: senza sacrificio soverchio per chi la deve migliorare; se no, occorreranno le fatiche poro o nulla ricompensate di due generazioni per consentii-e alla terza di godere i frutti del suolo migliorato. II Governo potrebbe con una politica saggia, liberistica e non opprimente fiscalmente, favorire il progressivo miglioramento e invece fa proprio il contrario. Ella, Illustre Senatore, dalle colonne del Corriere ha reso ii pi tì grande servigio al Mezzo~- giorno con .la campagna liberista che nè popolari, nè socialisti hanno voluto risolutamente affrontare. E di ciò dovrebbero i meridionali esserle grati. Io mi permetto di dirle: continui gli autorevoli sforzi in tal senso e lasci invece cbe la nuda terra dei tipici latifondisti meridionali sia effetti- ,,amente, od anche so1o si minacci di espropriar• la, a basso prezw, purchè si dia a chi voglia, sappia e possa redimerla nel generale int<;resse. Vedrà che molto varrà anche la sola minaccia per decidere - là dove manca del tutto uu mercato della terra - i proprietari latifondisti assenteisti a cederla ad eque condizioru; ciò che altrimenti non faranno mai e poi mai. EUGENIO AZIMONTI. PIERO 60BETTI - Editare TORINO - Via XX S2!!2mbre, 60 SONO USCITI: GIUSEPPE STOLFI LABDBILICDTD 5ENZD SCUOLE Lire 6 - SOMMARIO: Pregiudizi e realtà - Lo Stato e la Scuola - Nel1' Appenni"..o Lucano - Il diritto è di chi non dorme - La scuola di Ghiastro - San Cataldo delle Caldane - Celsae nidum Acberontiae - Sottovoce - Gerarchia - De1izie indigene - Conversando col cav. Piacentini. -------~------ NOVELLO PAPAFAVA BADOGbIOA <!APORETTO ' Lire 4SOMMARIO: Premessa - I precedenti - Il compito assegnatoal 27° Corpo d'Armata - Gli ultimi provYedimenti difensivi - L'impiego della brigata Napoij - L'azione della artiglieria li.A. CRITICA POlkITICA DIRETTORE: OLIVIERO ZUCCARINI Non v'è altra Rivista in Italia che agiti il problema del regionalismo proponendosi di risolverlo in una radicale trasformazione delle attuali istituzioni. Nel suo programma nettamente antiburocratico e antiparassitario· si esprime una tendenza che nel nostro Paese va facendo costanti progressi La " CRITICAPOLITICA" è una Rivista organica, completa, interessante che in due anni di vita si è solidamente affermata. Hanno collaborato alla « CRITICAPOLITICA, i seguenti scrittori: avv. Fa.itsto Andreani; dottor Eugenio Azimonti; dott Cam.illio Bellieni • dott. Carlo Caciorrr,vsk-i; pr;f. Carlo Cantimori~ A lighie.-o Cfottini; dott. Angelo Crespi; professore Gio-va11ni Crocioni ~· av\·. Angelo Corsi; avv. Mario Ferrara; prof. N. M. Fovel; prof. Arca11gelo Ghislcri; Edoardo Giretti; dott. Ettore Lolini; prof. Gino L1izzato; avv. Gi1tseppe Macaggi; dott. Paolo Mantica; avv. Saverio Merli110; Roberto Mirabelli; dott. ilntonio Monti; Romolo Mmri; prof. FeLice Momigliano; professore Sergio l'a111<1tzio; prof. Vilfredo Pareto; avv. 1!. F. Perri,: dott. Giz<Lio P·icrangeli; professore Cam,lle Pitollet; Odon Por; prof. Gaeta• 110Sal1Je·nii11i; dolt. Gino Scarpa; prof. Femando Schiavetti; Angelo Scocchi; prof. Guido Se11sini; prof. Michele Viterbo. L'abbonamento costa per un amw L. 20 _ Per un semestre L. 11 - Un fascicolo separato L. 2 - Per l'estero l'abbonamento aumenta di L. 10. Inviare vaglia alla "CRI'flCA POLITICA": Via dei Serpenti, 116 - Ro:.\1A PlF.ROGOBE'fTI- Direttore-.-esponsabiLe 6.G.E,B, - Corso Principe Oddone, 34 - Torino,

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