La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 17 - 5 giugno 1923

7 _o____________________ L_A_R__· r_v_o_L_u_z_r_o_N_E_ L_I' ,:::B_:E:_,;R:::_:A:._L:::_::B:__ ___ __ ,-------------::-- ) niare ancora una volta tutta la mia ammirazione per il ramo primogenito dei Borboni, rigermogliato a Napoli e in Ispagna, tutta gente generata per il trono, e che sapeva molto bene distinguere tra talamo e alcova, tra le virtù di un droghiere e quelle di un re. < Dei bellissimi nomi dei Borboni di Napoli 1. - Ma costoro procedevano troppo spesso da un macchiato letto a un addobbato altar: e poi avevano il vizio di dormire poggiati a un bianco seno, col pugno all'elsa, e sulle teste il piè. M. - Questo è un figurino di monarchia come la può immaginare un sovversivo, che nei momenti di noia sognacchia di Nana Sahib. I Borboni di Napoli, in particolar modo, così maltrattati dai liberali, dimostrano tuttora di essere sempre una speranza della causa dell'ordine: e sai come? Nell'unico modo che a principi il) esilio, sia concesso: nella scelta dei nomi per gli ultimi nati. Il nome di un principe: avete mai riflettuto voi, uomini della nuova restaurazione, a tutta la sua enorme importanza? I Borboni di Napoli, nella loro residenza di Cannes, continuano ad imporre ai nuovi nati i nomi lazzaroneschi che un tempo furono imposti, nei battesimi regali di Caserta. Prima della usurpazione, i principi si chiamavano Vincenzo, Pasquale, Gaetano e Francesco di Paola e Gennaro, le principesse si chiamavano Annunciata e Immacolata. Come i cafoni e le cafone del Reame. Adesso, l'ultima generazione, cacciata dalla rivoluzione, porli!- ancora in giro per la Costa Azzurra proirio quei paesani nomi onorati di Gennaro e di Gaetano, tli Lucia e di Maria Addolorata. Come i cafoni e le cafone del reame cacciati dalla miseria, li portano in giro per -le Americhe. Qualunque altra famiglia italiana se ne vergognerebbe: e tutte ce;- cano difatti di rinnegare i morti pigliando a prèstito i nomi dai libretti d'opera. Per mio conto, chi al suo primogenito non impone il nome di suo padre, e foss'anche il più zelante partigiano del governo, lo farei tener d'occhio dai miei emissari, come testa balzana e curiosa di pericolose novità. Tutto si combina, « tout se tient " : un governo restauratore dell'ordine, nel vostro paese, non può non sentire molia considerazione per i Borboni di Cannes, gli unici prinQipi che nell'alta società internazionale portano i nomi del popolino napoletano. Dei matrimoni prèncipeschi I. - Ma dopo aver pensato al battesimo, un governo di restaurazione dovrà pensare anche a tutti gli altri sacramenti, matrimo" nio compreso ? M. - Mio caro, mi hanno voluto dire che regnano oggi dei re che si pr.oclamano pronti a lasciare il trono pur di rispàrmiare un dolore alla «patria», re che carezzando la testa del loro erede in presenza di ministri malfidi, dicono: « Quest-0qui, beato lui, non conoscerà le seccature delle crisi ministeriali", dei re che quindi non sanno neppure imporre alle loro figlie un matrimonio di alta convenienza politica. Nessun dubbio che. re di quest-0conio vanno dolcemente sorretti verso una più esatta concezione degli interessi della dinastia. Il matrimonio dei principi è cosa di gabinetto. Quando una principessa fa « un matrimonio d' amore», come volgarmente si dire, vuol dire che sono vicini i progettisti di brefotrofii che vogliono sbarazzare le madri dall'onere dell'allevamento, vuol dire che sono in marcia i sovversivi che vogliono fondare la republica dei cani. Una donna naia sui gradini del trono, dev'essere prima di tutt-0madre di re: per l'amante, in essa, non c'è posto degno. Te lo ripet-0: l'amore per la dinastia è conquista faticosa del dolore di tutti giorni e di tutte le ore: impone rinuncie e sacrifici; un principe che vi si sottrae, vuol vivere gratis. Neppure i principi vivono gratis. Quando Sua Altezza la duchessa di Parma andò a nozze con Napoleone, v'era chi volle accusare me di cinismo; perchè, nel solito cerchio di intimi, avevo detto che l'orco chiedeva una vergine, e che la vergine doveva essere consegnata per il bene della dinastia. Ma lasciai dire. Erano le solite consorterie di corte liberaleggianti, patriottiche, giacobine: vèntole della politica. Il popolo - il popolo in nome del quale costoro parlano - comprende molto bene gli interessi, le combinazioni, le nozze della politica dinastica: le parole del vecchio Goethe sono sempre l'unico riassunt-0 delle variazioni nelle opinioni politiche popolari: " Un giovane principe rinfranca le speranze dei sudditi, fa germogliare nuova vita: un vecchio le prostra». L'unica forma di femminiSIJ'lOche il popolo apprezza, è quella della figlia del re, che, vergine e sola, lascia la patria piangendo per andare a regnare su paese lontano ed ignoto: tutti sentono allora che vi sono sacrifici riservati, che vi sono privilegii anche nel dolore, che vi sono disegni lungimiranti, combinazioni ,, elevate, arcani •di stato,. alla cui consacrazione occorre una figlia di re. Ifigenia e la leggenda del suo sacrificio - ecco qualche cosa. che respinge davvero - dall'alto, le turpi ciarle sovversive della republica dei cani. Dell'aristocrazia dei fabbri di villaggio I. - Ma un uomo di stato moderno, uno dei giorni nostri ... M. - Un uomo di stato dei giorni tuoi, può essere che non possegga le arti di ragno che io ebbi ai giorni miei: ma si occuperà anche lui, di dinastia e di tavole genealogiche. Egli si vanterà dei suoi nobili antenati, che sono, a parere mio e di Giuseppe de Maistre, assolrutamente indispensabili per poter governare ... I. - Ma no, Eccellenza: il mio più _gran Cancelliere, che si proclama fortissimo uomo, è nato di plebe: ed egli stesso lo dice, gloriandosi di essere figlio di un fabbro. M. - Figlio d'un fabbro ... Comprendo assai bene eh' egli lo dica forte: scaltro uomo dev'essere costui. Non lo direbbe, no, sta pur certo, se fosse figlio di un- cuoco. Su un plebe di ragionai, di piazzisti, e di toz'l'litori di officina, il fabbro di villaggio è una figura distinta, ricca di tradizioni, grata al ricordo dei figli arri:vati. Il fabbro del villaggio non è plebe: perciò il tuo gran Cancelliere lo ricorda. E visiterà anche la casa -paterna, no? Vedi! Ne erò sicuro. Una piccola casa di artigiano rurale non è plebea : un cancelliere può compiacersene, di fronte alle coppie che si congiungono, una sopra l'altra, nelle caserme opera~e, come conigli accoppiati ai varii ripiani di una razionale conigliera! Da q,uesti accoppiamenti coniglieschi, sarà ben difficile che un qualunque arrivato tragga motivo di compiacimento : e il tuo gran cancelliere non avrebbe condotto i suoi fedeli ad ammirare il luogo dov'ei nacque, se invece d'esser nato nella casa del fabbro di villaggio, fosse nato in un qualunque volgarissimo casermone d'affitto, in un polveroso sobborgo delle nostre città. Anch'egli, vedo, è a,matore di genealogie, secondo che può,_E con la grande nobiltà italiana, in che rapporti è il tuo gran cancelliere, nato di plebe? • Di certi ricevimenti al Circolo della Caccia I. - Eccellenti. La nobiltà lombarda, riunita al Cova, è uno dei saldi appoggi del suo cancellierato: la nobiltà romana, :ri~ nita al Circolo della Cç;;ccia, lo proclama solennemente suo socio onorario. Il sovrano Ordine di Malta lo adula, offrendogli, come - a un Cardinale, le insegne di Balì. Egli le accetta. M. - Dei principi ro·mani non mi stupisco. Sangue di preti: non è possibile aspéttarsi da loro quegli aristocratici bronci, quelle esclusioni provvidenziali per far comprendere all'uomo d1 governo ch'egli può, sì, far muovere i poliziotti e i reggimenti, ma che non può, non potrà essere mai accolto da pari a pari in un grande salotto. Mi stupisco di lui. Un figlio di fabbro, un plebeo, può essere, se non nobile, di sangue aristocratico: a patto che si tenga ben càra la sua schietta plebeicità, e non la contamini. Un uomo d'ordine, un « restauratore", deve avere il gusto, il piacere di queste distinzioni: la disciplina sociale più rara è quella che arresta il plebeo potente dinanzi alle soglie del gran mondo, lieto di aver ritrovato nella distanza delle abitudini la distanza della nascita, timoroso di offendere Dio, col troppo chiedere al successo politico. Lo spirito, il profumo di qualunque restaurazione è tutto in queste rinuncie. Difendere il capitalismo senza avere un soldo di capitale, la proprietà senza possedere un pollice di terreno, l' aristocrazia, quando si è circondato da principi romani, la monarchia, quando si vive in un suolo senza re: ecco qualche cosa di degno, di aristocratico, per un plebeo che comanda, per un figlio di fabbro che ha l'orgoglio di avere un solido cervello di uomo d'ordine. Ma se costui va a prendere l'assoluzione al Circolo delta Caccia, è un sintomo di intimo sovvertimento. Che mi rende pensoso. Della dolcezza dei modi necessaria all'uomo di stato I. - Eccellenza, per favorire l'avvento di una nuova mentalità influenzata dalla modernità meccanica veloce e imperialmente costruttiva e conquistatrice, ci vogliono dei giovani capi, duri e inesorabili. Per affermare la reazione sul liberalismo putrefatto, bisogna schiacciare, con durezza ed energia giovanile ... M. - Questi avverbi mi dànno alla testa. l. - Eppure, eccovi l'ultimo discorso pronunciato da uno dei nostri cancellieri, a Padova. M. - Vedo, vedo. Cosa vuoi che ti dica?· Io assunsi il potere giovanissimo, ma mi guardai bene dall'accennare venti volte in un discorso alla mia « anima giovanile adusata più all'entusiasmo, ai cimenti che non alle regole precise del protocollo e del governo », alla mia « esuberanza giovanile ", agli « anni felici della vicina gioventù che solo si bea di tranquillità ». Io nascondevo la mia gioventù come una involontaria offesa ai principii dell'ordine: età terribili, età di sovvertimento sono quelle in cui i figli pretendono di convertire i padri! Costui invece mette in mostra la sua gioventù, come un giocoliere esibisce i s1:1omi uscoli. Sarà. Non parliamo poi della esaltazione della durezza. So che nei libri di testo dell'Italia democratica si dipingeva anche me come un Cancelliere imperiale duro e inesorabile. Per via: degli equivoci occorsi nel1' amministrazione del Lombardo-Veneto. Che dei partigiani del « régime de la gueule » amino rappresentare i loro caporioni in pose titaniche di ferreo imperio, l'ho sempre veduto. Ma che dei pubblicisti ufficiali di un governo reazionario facciano ogni giorno l'esaltazione della durezza e della inesorabilità dei loro canceHieri, è inaudito. I miei pubblicisti, il mio carissimo Gentz - qualche cosa come il capo dell'Ufficio Stampa - vantavano sempre, al contrari.o, la mia benignità e la mia piacevolezza. Se mi avessero spacciato per duro e inesorabile, li avrei licenziati. La reazione è nelle labbra sottili, nÒn nel gioco dei muscoli facciali. Di giochi di muscoli facciali ne eravamo stufi, dopo venti anni di rivoluzione e di impero! Nel sovversivismo, io odiai sempre la posa. Detestai sempre i Prometei con la puzza di piedi. No, no: io fui run assolutista nell'arte di governo: i,ia appena un sollecitatore, poniamo un borgomastro, veniva introdotto alla mia presenza, nascondevo il mio assolutismo sotto le belle ma- • niere. Quando il mio buon <}IDicoCapefigue voleva difendermi dalle accuse dei liberali italiani, io gli suggerivo di scrivere così: « Si potrebbe paragonare il. governo Austriaco a un padre di famiglia amorevole, inquieto, un po' difficile per tutti i suoi figli, con dei primogeniti pacifici, dei cadetti un po' turbolenti, ch'egli tiene con amabile severità, per risparmiarsi" il dolore di doverli castigare». Non è forse ben delicato, per fare compr.enderè che qualche liberale lombardo lo avevamo mandato allo Spielberg? Un tòno più alto, c'era l'ostentazione della faccia feroce. Orribile. Così invece va bene. I. - Ma qruest-0è lo stile del Mondo! Della faccia feroce, ·e della sua volgarità M. - E tu compra gli scrittori del Mondo. Vuol dire che sono i soli commentatori decorosi di un governo reazionario. Non dico che poi, in ristrettissimo circolo, i tuoi Cancellieri non possano argutamente motteggiare sulle stoltezze dei liberali. A' tempi miei, il Pellico, il Mazzini si prestavano bene a qualche osservazione garbata. Nel Pellico, per esempio, tanti lamenti per una camera al quarto piano, nel palazzo dei Dogi: una camera che Lord Byron avrebbe pagato qualche centinaio di zecchini, solo per la vista splendida sul Canal Grande! Ma queste cose spassose, un uomo di stato le tiene per le sue geniali conversazioni ... Oh, ma nei dooumenti ufficiali, solo lo stile di CaJ?efigue I L'arte della conversazione, la concordia di una società elegante, aborrono dalla simulazione della faccia feroce... Quella che nei miei viaggi alla Corte di Napoli udivo denominare volgarmente «incassatura a freddo " è uno spediente di governo desolatamente democratico, « gueulard "· La mia civetteria si compiaceva di altri artifizi, era più raffinata. Della civetteria dell'abito nero l. - E come? M. - Caro mio, la dolcezza di certe mie serate di cerimonia alla Hofburg era inAsprimibile. In mezzo alle divise candide dei Feldmarescialli, ai mantelli rossi dei Maltesi e alle porpore dei Cardinali, in mezzo ai principi polacchi e ai conti dell'Impero, che avean studiato per tutta la giornata il modo di gettarsi sulle spalle il dollman o la pelliccia ... tante chincaglierie che per protocollo erano più vicine di me alla persona dell'Imperatore, e io comparivo fra tutti gli altri, fra gli Exzellenzherren, con il mio abito nero e il mio collare del Toson d' oro, semplicemente. «Semplicemente", comprendi tu ancora tutta la vanità squisita di questa semplicità? I tuoi cancellieri, non ne dubito, se sono reazionari, vorranno gu- :,tarla nelle cerimonie della vostra Hofburg. No?... Non sono stati sedotti dalla squisita civetteria degli innamorati del potere, dei virtuosi dell'arte di comandare: i quali si compiacciono di nascondersi sotto le apparenze innocue, e dinanzi aUe folle brillanti e docili, si godono pensando: tu, tu solo, piccolo uomo vestito di nero, possiedi l'orecchio del sovrano? Non hanno mai gustato il diletto di comparire un po' come pipistrelli in mezzo alle feste volgari della Corte, e di sbattere per un minuto sul volto di tutti i servi dorati e incordonati l'ala fredda della ragion di stato? ... No, mio caro, io fui sempre di lieto aspetto, e adorno del più gentile sorriso: ma. che_ solletic?, quando passavo, alle Tmlenes, a "Fontamebleu, a Compiègne, fra i marescialli dell'Impero e tutta l'altra barabberia corsa ... Veramente, mio caro: non avevo neppur trent'anni, la principessa Lieven m_idistr~eva dalla soverchia applicazione agi! affart di stato: ero un uomo à borines fortunes ... Ma quelh, erano des hommes à. femmes. Apprezzi tu la distinzione? Eppure, ero per loro già un pipistrello: ed eravamo .freschi di Austerlitz. Io lo leggevo nei loro occhi di sovversivi divenuti duchi e ministri, baroni dell'Impero: la mia sola presenza, la presenza di me, distinto.e sorridente ambasciatore dei vinti, uomo senza pennacchi e senza scimitarra, uomo di gabinetto, diplomatico di alcova, nascosto suggeritor di sovrani, era una offesa per loro ... Un frack nero è sempre una offesa per chi ama le sciarpe e le coccarde. Di alcune persone viventi I. -. Strana cosa! Le stesse ragioni suol dire talvolta, nelle cene notturne al Cova, un giornalista di Milano, discepolo di _San Domenico e di Proudhon. M. - Che fa costui a Milano? I. - Un nemico, è un nemico dell'Italia rinnovata. Dirige un giornale di fama e di /tradizioni democratiche. • M. - E tu compralo, anche lui. Non badare se sostiene- il suffragio universale o la proporzionale: questi son ritrovati meccanici che anch'io avrei messo in opra, se a' tempi miei fossero stati di moda ..Ma se veramente colui ha così parlato, compralo: egli è nelle mie tradizioni, e sulla mia linea. I 1 filosofi incutono soggezione soltanto ai sovversivi: più d'un imbonitore di folle, accaldato dal sole e dal successo, io l'ho veduto imbarazzato dinanzi a chi gli regala delle idee e dei sistemi. Chi è il filosofo di professione fra i nemici del tuo governo? I. - Adelchi Baratono. M. - Spero bene che nessuno dei tuoi Cancellieri lodabilmente reazionari, ascolterà le sue parlate con intente mascelle: bensì con la sorridente disinvoltura del salottiere. O è diverso? I. - E' diverso. Delle pure gioie ascose dell'uomo di stato M. - Non comprendo, in fede mia, la v..ostra restaurazione, il vostro reazionaris1110, - i vostri Cancellieri. Temo che essi non posseggano il signorile riserbo di lasciarsi credere beoti, gaudenti, curialeschi o cinici, insensibili àlle nuove, come si dice, « correnti spirituali », noncuranti delle nuove come si dice, « forme di arte dinamica». Io mi ricordo di Mazzini, e di tutte le strampalerie ch'egli scrisse sull'arte individuale e sull'arte sociale a proposito del miò poeta prediletto, Byron: e di tutte le insinuazioni contro chi non apprezzava l'intenso grido della greca libertà risorta: che sarei stato poi io. Pover'uomo ... Essere a Portici, in una comitiva di magnati ungheresi, mia figlia, Karoly, Esterbary, Grillparzer: essere a Portici, in visita presso un Borbone, e un Borbone spergiuro e perciò più piccante: essere a Portici, dopo Lubiana, dopo Verona, mentre cominciava proprio tutta la cagnara li!Jerale contro di me, beota, gaudente, curialesco e cinico: e divertirmi io, io Concelliere dell'Impero d'Austria, a recitare dopo il caffè il quarto canto del Childe Harold ... Lo sapevo a memoria, mio caro: era uscito allora, e fu per Grillparzer una novità. Fu mai Byron recitato da un byroniano par mio? Cosa capiva Mazzini di Byron in confronto a me? Non trovi tu il tiro assai fine? Lasciar credere ai liberali di tutta Europa di essere un baston da pollaio, in fatto di arte e di poesia, e poi dilettarmi di Byron e delle sue invettive in uno dei viaggi che mi fruttarono il nomignolo di Prevot de l'Europe ? I tuoi cancellieri si procurano di queste rivincite squisite e segrete? Noi, della prima Restaurazione antiliberale, noi Metternich, Talleyrand, Pasquier, Hardemberg, Nesselrode, CasUereagh, assai le amavamo. Gli uomini della seconda Restaurazione antiliberale hanno certo anch'essi questa discrezione pudica ... O non l'hanno? I. - Non l'hanno ... Non l'hanno sempre. M. - Comincio a credere che io abbia poco da spartire con voi. Il profumo della reazione è in questo disdegno degli uomini di stato di spiegarsi e di giustificarsi dinanzi a qualche assemblea di pagliette e di causidici. Se qualcheduno ha detto: « C' est beau, le coup d'état, cette grande main noire qui descend dans la nuit », io ti dico che fu bella anche più la Restaurazione, questa grande mano inguantata, ma sotto al guanto talvolta sporca di sangue; la mano lunga e bianca di un gran signore: come la mia, guarda. La vostra, vuole essere una mano inguantata ... o una mano nera? I. - I miei avversarii dicono che è una m'ano nera.

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