La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 16 - 29 maggio 1923

68 I POPOLflRI (I) Chi osservi spregiudicatamente i risultati e i motivi pratici dell'opera di Sturzo nel partito popolare deve ammettere che alle domande che gli erano state affacciate dagli sviluppi della sua stessa dialettica e dagli eventi, egli si è sforzato di rispondere, con logica costante, come si conveniva allo spirito di un liberale conservatore. E soltanto la sua abilità e la profonda onestà personale seppero evitare all'equivoca azione del partito i due scogli dell'eresia, che gli avrel:I be tolto ogni importanza pratica, e del confessionalismo che l'avrebb.e ridotto a un'inerte contraddizione. Il suo spirito di tolleranza si rivelò in pratica il più adatto a chiarire il problema delle relazioni tra Stato e Chiesa soffocando ogni rinascita del pericolo clericale. Il partito popolare confermò in ultima analisi l'infallibilità della politica ecclesiastica di Cavour e di Jacini; poichè la questione romana non mette in pericolo la religione e la nazione soltanto se permane un dissidio ideale tra Stato e Chiesa, una separazione di intendimenti, che può giustificare internazionalmentll l'esistenza dei due poteri, mentre impone all'Italia l'obbligo di una dignitosa politica di libertà. Giova ricordare l'importanza del chiarimento recato dai popolari nella vita italiana con l'esempio di un partito cattolico che non subì in nessun caso la influenza del Vaticano. Sturzo fu l'antitesi più eloquente dell'equivoco neo-guelfo e del do~a giurisdizionalista: di fronte alla Chiesa le sue abdicazioni e concessioni furono tutte meno gravi di q'U,ellealle quali si adattò Mussolini. Nè la politica ecclesiastica fu il solo esempio di pratica liberale nel partito di Don Sturzo. Metodi e organizzazione si risolvevano in un senso schiettamente conservatore. Il libretto-professione di fede del deputato Stefano Jacini può parere una ripresa dei motivi economici e morali del ministro di Cavour. I contadini e i piccoli proprietari partecipando al partito popolare entravano per la prima volta nella vita pubblica portandovi un caratteristico spirito di avversione verso la politica megalomane e le preponderanze plutocratiche: si deve alla novità di questi interessi apertamente dichiarati la revisione tecnica della cultura clericale. Gli antichi clericali non si erano preoccupati di proble- - mi pratici: risolta la questione essenziale con una professione di ossequio alla Chiesa non vedevano nello Stato la risultante di tutte le forze economiche e contingenti, nè pensavano di penetrarne le esigenze. Suggerivano non dei problemi ma delle pregiudiziali, come la negazione del divorzio e la propaganda contro la pornografia. Suscitati i nuovi problemi, i tentativi di risolverli secondo un metodo semplicemente problemista hanno una funzione politica e conservatrice e Sturzo se ne è fatta un'arma contro le intemperanze dogmatiche e retrive dei destri e contro la palingenesi demagogica dei sinistri. Il richiamo alla realtà rompe le aspirazioni in frammentarie esigenze concrete, ma riesce pure ad assegnare al partito popolare un'adeguata missione e lo induce a farsi eco dei bisogni delle classi medie e agricole, impotenti a una rivoluzione, ma non più disposte a continuare nella politica parassitaria del collaborazionismo. Collaborazionisti poterono sembrare, in un difficile momento della vita italiana, i popolari, per il naturale istinto democratico che li moveva e perchè la situazione del dopoguerra favoriva ogni professione demagogica. Ma la logica di Sturzo fu sempre chiara nella dichiarata avversione a Giolitti per la sua politica finanziaria e nella difesa delle autonomie e delle libertà scolastiche contro l'invadenza burocratica favorita dai ceti medi socialistoidi. Soltanto la politica sindacale potè sembrare il punto oscuro ed equivoco del programma. La moda della difesa degli interessi professionali, l'illusione che -un parlamento del lavoro potesse risolvere le più difficili questioni, era invero in forte contrasto con l'istinto democratico e le aspirazioni liberali connaturate con la difesa di interessi largamente diffusi, pacifici e tolleranti. Ma l'errore fu scontato con la passione portata poi nella difesa del sistema parlamentare. Sturzo si assimilò il concrelismo di Salvemini recando nel costume parlamentare almeno la parvenza di discussioni leali. Riproponendo il problema del regionalismo egli seguiva uno stile di singolare misura e di moderazione psicologica, riattaccando gli uomini alle tradizioni e agli interessi precisi, mentre tutta la politica si veniva facendo intorno a formule messianiche e a rivendicazioni retoriche. Disinteressandosi delle questioni più artificiose di politica estera proposte dai nazionalisti mostrava di intendere la necessità per gli italiani di dedicarsi a una politica di raccoglimento e iniziava con singolare precisione il suo compito di LA RIVOLUZIONE LIBERALE rieducatore delle medie borghesie, guarendole dall'infantilismo retorico, dall'illusione dell'avventura, dall'irrequietudine propria degli spostati. Sfuggì a Don Sturzo, tra tanti problemi visti lucidamente e affrontati con amministrativa ponderatezza e gretta modestia il problema centrale della vita italiaria, che condizionava tutti gli altri: il problema delle forze capaci di creare e sostenere una classe dirigente. Le simpatie della classe ecclesiastica verso il nuovo partito, mentre furono in un primo tempo il segreto del suo successo, ne irrigidirono le manifestazioni· contrastando il formarsi di organismi tattici corrispondenti alle sempre più incalzanti necessità di lotta aperta. Il sindacali- _smobianco mancando di uno spirito battagliero di classe fu sfruttato dagli industriali come un espediente della resistenza, agli operai estremisti, alla stregua dei krumiri. Tutte queste debolezze si rivelarono irrimediabili nel momento dell'off.ensiva fascista che se non riuscì a eliminare il partito dalla vita italiana ne diminuì tuttavia la funzione moderatrice -e chiarificatrice. Non sapendo quali forze opporre ai vincitori la tattica più proficua parve allora a Sturzo un collaborazionismo guardingo e coraggioso che accanto alla demagogia retriva dei guerrieri disoccupati tendesse ad affermare la legittimità di un atteggiamento conserva- 'tore e rispettoso delle tradizioni. La proporzionale fu difesa appunto come uno strumento di pacifica democrazia e come il metodo più adatto per frenare le illusioni degli arrivati. Lontani dal fascismo e non più responsabili dell'esperimento di Mussolini la salvezza dei popolari per il futuro potrebbe consistere appunto nella loro attitudine a tener conto non soltanto delle proprie organizzazioni, ma delle esigenze vitali della media borghesia agraria che si è consolidata nel decennio giolittiano e che costituisce una delle forze conservative permapenti anche contro la nuova situazione del fascismo. La fortuna e la necessità della pratica liberale moderata di Don Sturzo in questi anni consistono appunto nella sua capacità di continuare i compiti del giolittismo preparando, da buon conservatore, le condizioni favorevoli alla libera lotta politica. P. G. (r) s. }ACINI: / popolari - Milano, 1923. I RISULTflTI DELL' INCHIESTfl flBRflRlfl Cultura di rapina e cultura estensiva L'Italia agricola si trova in un periodo di transazione perchè trascina seco il suo passato, sorto, da circostanze affatto diverse, ed è incalzata dai problemi dell'avvenire. Ci sono due tipi di agri. coltura, la primitiva, semplice, patria.reale, esten. siva, che si fonda soltanto sul lavoro e sul suolo e l'agricoltura intensiva, ridotta a vera industria che si vale dell'intelligenza e dei capitali dell'intraprenditore. li passaggio dalla prima forma di agricoltura di rapina e spogliatrice alla seconda avviene a man mano che si presenta il tornaconto. Ma in Italia benchè tutte le coltivazioni vi siano possibili non si è migliorata I 'economia mrale per l'orizzonte ristretto delle idee e dei bisogni che durante l'antico regime dominavano nei governi e nei privati, tu'tti :fiduciosi nella naturale ricchezza della penisola. Non bisogna stupirsi elle, come reazione a questo ottimismo, si venisse determinando una completa sfiducia nelle nostre possibilità. Ora se per ricchezza si intendono i doni che la natura porge spontanea al1 'uomo è evidente che I 'Italia è un paese povero ed esaurito. Due terzi della supe!=fi.ciesono montuosi e di questi due terzi 56.000 kilometri quadrati incoltivabili percbè nevosi o rocciosi. Il resto dei due terzi contiene magri pascoli naturali utilizzati dalla pastorizia nomade nell'estate e foreste d'alto fusto, destinate a tramandare una ricchezza permanente alle future generazioni e ora distrutte dalÌ'avidità dei contemporanei con grave danno del clima e del regime delle acque. La sola ricchezza di queste nostre montagne rimane il castagno. I colli e gli altipiani soffrono di siccità. Nelle pianure l'agricoltura è affatto artificiale, il suolo non regge il confronto di altri terreni europei per ricchezza di depositi alluvionali. Manca dunque in Italia per un'agrico)tura estesa e patriarcale il fattore essenziale, cioè il suolo; il lavoro, che vi è invece attivissimo 1 può essere meglio utilizzato in un'agricoltura di tipo intensivo. La quale ci permetterebbe : r) di iniziare con l'intervento del governo il rimboschimento e le bonifìche. 2) la possibilità di avvicendamenti più razionali con strumenti più adatti e concimi su più larga scala. 3) l'aumento delle piante arboree e degli ortaggi con il miglioramento della irrigazione e lo sfruttamento del nostro sole. 4) la migliore utilizzazione del nostro contadino intelligente e laborioso. La siccità si potrebbe vincere coltivando prevalentemente piante da foraggi che vi resistono (erba medica e certe leguminose, per es., le fave). A chi, contro queste speranze, ricordasse come insuperabile la naturale sterilità del suolo provata dalla bassissima media di produzi~:e del frumento, si può rispondere che gran parte della coltivazione è promiscua e che il frutnento si suole colti va.re anche in terre meno adatte. L'industrin dell'agricoltura Un paese puramente agricolo non può essere l'ideale dei nostri tempi, anche perchè in una economia esclusi vamente agraria ~ difficile la forntazione d.i risparmio. Ma i commercianti e gli indui;triali arricchiti impiegano volentieri iJ loro denaro nell'acquisto di terre e sono più accessibili alla novità nei sistemi di coltivazione. Per escmpiò, le opere di irrigazione in Lombardia sono costate assai più delL-t somma corrispondente al valore presente del complesso di quelle terre, e si dovettero all'opera di gente arricchita dai commerci cittadini. Uno dd fattori utili può essere per questo aspetto il credito agrario. La formazione di capitali mobili sarà il solo rimedio al pericolo della formazione di un proleL tarlato di proprietari e detenninando l'applicazione delle macchine abolirebbe il personale avventizio che si trova ora in condizioni tristissime e migliorerebbe il tenore di vita degli altri operai rurali. Alla diminuzione del numero degli operai agricoli resa per ciò inevitabile riparerà l'emigrazione. Un periodo nuovo incomincia per l'Italia con 1'apertura dei Canale di Suez che può detertninare un forte iisveglio dei commerci e delle industrie. Ma si tratta di abolire gli ultimi resti •di feudalismo che rimangono nelle coscienze. Bisogna che gli Italiani s'interessino alla vita agricola senza confondere, come sogliono, questo jnteresse con l'amore per la villeggiatura. Tale interesse risulterà effettivo e fecondo se si tradurrà in una rinuncia alla politica dispendiosa, che pesa sotto forma di imposte stùl 'agricoltura. Vedremo allora sostituirsi ai contratti di appalto l '(ngerenza diretta -dei proprietari agiati nella gestione dei loro beni rurali. Col miglioramento dei costumi e delle condizioni economiche sparirà l'usura1 che è una fonna della speculazione di mercanti agiati sull'ignoranza e sul bisogno dei contadini. Insomma I'agricoltura italiana non ha altra via per il futuro fuor che la lotta che la trasformi in Ulla vera industria. Se }'economia seguirà questo suo ritmo naturale non avremo una questione sociale specifica della campagna. Il pauperismo campagnuolo non sarà diverso nè più grave del pauperismo cittadino. Nella vita agricola si ha facilmente il senso che la proprietà non è un privilegio e che i proprietari non sono una classe. Nella piccola proprietà si vedono realizzati insieme il principio liberista che la terra deve essere di chi fornisce i mezzi che la fanno fmttare e il principio comunista che la terra è di chi la lavora. Soltanto nella grande cultura intensiva rimangono distinti i tre fattori" della produttività : proprietario (suolo) conduttore (intelligenza e capit ..le) operaio (lavoro manuale). La parola del socialismo di fronte alla crisi agraria viene in tutti i casi insufficiente; infatti oggi le vittime del pauperismo sono: i proprietari coltivatori troppo piccoli, i coltivatori mezzaioli negli auni di fallanza, i coltivatori che vivono )llolto addensati in territori di mediocre fertilità, i coltivatori salariati incaricati di lavori ai quali si potrebbe supplire colle macchine, i salariati avventizi esposti alla disoccupazione. • Solo l'emigrazione salverà durevolmente questi ceti dalla miseria. Il compito del governo Resta a pru-lare dei compiti del governo rispetto all'agricoltura dal punto di vista giuridico1 ammi11istratiYo, econo1nico. Basterà enumerarli. Il Ministero dell'interno deve: 1) repriinere i furti campes lri; 2) sorvegliare e ttttelare l'emigrazione difendendo i cittadini dagli accaparratori di emigrauli e costituen<lo apposite agenzie; 3) curare l'igiene del popolo rurale e avviare ad una soluzione il problema delle abitazioni. La mh;<:riadelle abita:,,ioni di troppi ceti contadini è invero desolante e cosliluisce un perpetuo pericolo per la salute degli individui. Occone accordare un condono d'i111posta per i fondi destinati alla fabbrica,,ione di dimore: e aiutare con prestiti della cassa depositi; 4) porre un freno alle eccessive spese dei c0muni; Il Ministero di grazia e giustizia dc,·e: 1) instaurare una procedura per le cause civili meno costo!;a e più spiccia,_; 2) accrescere !_a competenza dei giudici conciliatori; 3 ) liberare la proprietà rurale dai vincoli e gravami che la inceppano (enfiteusi, canoni, censi e l!velli, decime, condominii e diritti promiscui, servitù d'uso, erbatico e pascolo nelle proYincie venete, ecc.). IJ Ministero degli esteri deve curare nelle stipulazioni dei trattati di commercio gli interessi rurali tenendo presente che noi siamo imp01'tatori di merci manu_fatte ed esportatori di materie agricole. Il Ministero della guerra deve, nel chiamare soldati sotto le armi, tener conto delle epoche di lavoro nei campi. 11 Ministero dell'istruzione pubblica deve abbandonare a quello dell'agricoltura le scuole agrarie superiori. Il Ministero clelle finanze deve diminuire l'imposta sul sale, sopprimere le tasse di registro applicate alle pennute, abolire i decimi di guerra sull'imposta prediale, non tassare le case rustiche come qualcosa a parte. dei terreni, fecondare gli istituti del credito agrario, trasferire al ministèro dell'agricoltura lè acque demaniali che servono per l'irrigazione. Se si separerà il Ministero dell'agricoltura da qt1ello di industria e commercio sarà anche più agevole affrontare il problema del rimboscbimen· to, con criteri organici e direttivi; senza notare che un Ministero che si occupi esclusivamente c;li agricoltura saprà curare l'insegnamento agrario, migliorare i servizi d.j statistica e preparare gli studi indispensabili. PlER□ 60BETTl - Editare TORINO - Via XX Settembre, 60 SONO USCITI: LUIGI SALVATORELLI NAZIONALFASCISMO I volume di 200 pagine L. 7,50 SOMMARIO: INTRODUZIONE. Autodefinizioni fasciste - Diagnosi avversarie Analisi critiche - La rivolta piccolo-borghese - Il mito di classe dei piccolo-borghesi - Piccola bor~ ghesia umanistica - Demagogia antistorica. I - L'INCUBAZIONE FASCISTA. Sovversivismo consen·atore - Radiosomag!ti.smo - Nullismo massimalista - Massimaliascismo" Anar. chia statale - Anarchia morale. II - LINEAMENTI DEL NAZIONALFASCISMO. Premesse nazionaliste - Patriottismo anti--0peraio - Riscossa plutocratica - Nazionalismo anticlassista - Attivismo sovversivo - Antiliberalismo - Assorbimento nazionalista - Naz.ionaklericalismo. IIÌ - LA MARCIA SU ROMA. Per lo Statuto e per lo Stato - Dopo_ lo sciopero legal1tano - La Monarchu1 - La v1ttona del Quinto Stato - Perchè fu sconfitto il liberalismo IV • IL FASCISMO AL POTERE. La vera libertà - Dittatura di parte - Contro la lotta politica - Il partito unico. V - FASCISMO IrALIANO E REAZIONE EUROPEA. L'eredità di Metternich - Reazione europea . La Quarta Internazionale - Il futuro di un'idea. MAR.IO VINCIGUERRA Ilì FASCISlVIO VISTO DR Uf,I. SOùlT.R.1~10 L. 5 SOMMARIO: Un po' di luce sul fascismo - Il fascismo att•- verso le elezioni - Parentesi dottrinaria - }I Mito della Destra storica - Come siamo arri vati alla rivoluzione fascista - Il fascismo e la minestra di lenti. In questo libro si cerca di individuare alcuni momenti caratteristici della storia del fascismo e di valutarli entro il quadro della no~tra storia nazionale. Chi scrive è un solitario senza cipigli, per salutare abitudine di studioso; non si diletta in ruggiti leonini nè in apocalittismo, ma guarda la realtà politica con occhi suoi, con animo scaltrito all'esame dei fenomeni storici " b'Eao DEbbA STArnPA " Corso Porta Nuova, 24 - Milano (12) Questo nf/icio legge per voi ti.lti i ooiornali e le riviste, i11.Jor111andove11e sollecitmne1~te ed invfondO'Uene i ritagli relativi. _Chiedete il listino dei prezzi con semplice b1fwllo da visita. PIERO Gon~-rn - Direllore-responsabi/ e 0.G.E.B. - Corso Principe Oddone, 34 - Torino

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