La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 16 - 29 maggio 1923

LA RIVOLUZIONE LIBERALE L-a. rellglon.e e il oa.rattere degli i.ta.lia.n.i PAOLO Della maggior ricchezza d 'informazioni recente.- mente raccolte intorno a F. P. Sarpi, noi andiamo debitori ad un sagace filosofo finlandese, il Rein. Egli, giovandosi segnatamente di corri- ,;pondenze di legati pontifici e veneti e di stranieri protestanti, conservate negli archivi di Venezia, di Roma, di Monaco di Baviera, di Londra e di Parigi, ha raccolta e coordinata, sull'argomento Paolo Sarpi e i Protestanti, tale messe dj documenti che si integrano e si confermano a vicenda, da rendere vana ormai la polemica sul- ] 'autenticità delle lettere del Sarpi, che erano siuòra i soli documenti, sempre sospettati, del suo vero pensiero in fatto di religione. Ma ora1 se anche tutte quelle lettere non esistessero, avremmo di che sostituirle. Venezia Venezia fn la città d'Italia, che più presto e più forte senti l'influenza della riforma protestante. La ragione principale di ciò stava nell'essere essà quel grande centro dei traffid, dove convenivano cittadini di ogni nazione, d'Oriente come d'Occidente; ai quali tutti il Governo della Repubblica, per quanto cattolico, consentiva indistintamente la libera pratica delle rispettive re1igioni : come agli Ebrci ed ai Maomettani, cool evidentemente, tale libertà, non potè non essere ricollosciuta agli stranieri protestanti. I propagandisti protestanti potevauo dunque guardare a Venezia con buone speranze per la propria causa, date soprattutto le circostanze politiche dell'inizio del secolo XVII. Venezia si trovava stretta da più lati da dominii della Casa d'Absburgo o da Stati ligi a questa. Per non restare soffocata da un accerchiamento totale, era perciò inevitabile che essa coltivasse amicizie ed alleanze con le potenze nemiche del blocco cattolico absburghese: con la Francia di Eurico IV e con gli Stati protestanti. Gli intetessi politici coincidenti prevalevano sulle tendenze religiose antagonistiche. Successivamente, tali relazioni con nazioni protestanti o non aliene dal protestantesimo gioveranno a11a propagazione di questo in Venezia, specialmente per mezzo degli ambasciatori, residenti o temporanei, inviati dall'una e dall'altra parte. Quanclo poi, a questi dati dell'indirizzo politico generale, venne ad aggiungersi la posizione di battaglia assunta da Venezia contro Roma ne1la contesa dell 'Interdetto, nuove speranze arrisero ai protestanti nell'azione della Repubblica, anima deIJa quale era il suo grande Consultore. Di qui, un attivo 1avorìo per far progredire lU causa protestante fra ·1a cittadinanza di Venezia. Questo lavorìo trovava il suo fulcro appunto in Fra Paolo Sarpi. Una numerosa serie di emissari protestanti svolge la sua attività in Venezia. Dal 1604, re Giacomo I d'InghiltetTa vi manda un Legato stabile, che fu una notevole figura di diplomatico: sir Henry Wotton. Era il primo diplomatico pro~ testante in Venezia. « Legatus - scrisse l'arguto e letterato· gentiluomo nell'album di un_amico - est vir bonus~ peregre 1nissus ad mentiendirni reipublicae causa». E seppe così bene applicare questa massima, che 11011 solo assicurò alla Re-- pubblica ch'egli non avrebbe fatta opera di propaganda anticattolica; ma al gesuita Possevino, col quale aveva frequenti conversazioni, fece credere addirittura di essere un éattolico, che si celasse sotto spoglie di protestante! Il Wotton organizza \·a in vece la propaganda protestante, in~ troduceva libri protestanti, e cercava di far venire a Venezia Giovanni Diodati, il celebre traduttore della Bibbia in italiano, per fondare una comunità religiosa. Col Wotton, oltre che col suo predicatore protestante, il Bedell, Fra Paolo Sarpi aveva frequenti e lunghi collogui. Poi fu il principe di Anhalt, fondatore del1'Unione Evangelica tra principi luterani e calvinisti (1608) e grande nemico degli Absburgo, che 1na11clòa Venezia un emissario, Cristoforo burgravio di Dohna, per rendersi conto delle possibilità dei protestanti in Venezia e per consigliarsi col Sarpi se fosse il caso di offrire al Go- . vento veneto l'aiuto dei protestanti contro il Papa. Dei colloqui col Sarpi ci rendono conto note scritte del Dohua medesimo, certamente genuine, le quali hanno l'aspetto di rapidi appunti formulati subito dopo la conversazi0ne. In tali collo- .qui, il Sarpi manifestò nel modo più esplicito, le proprie simpatie per il protestantesimo, sl che le note del Dohna sono d1importauza centrale per la conoscenza del pensiero sarpiano a questo proposito. Uno spirito guicciardinia'no Parlando col Dolrna, il Sarpi spiega che nelle prediche era bandita la verità evangelica, senza tuttavia che vi dichiarasse che la Chiesa cattolica professa altre dottrine e seuza opporsi apertamente ad essa. Cosi i prote~tanti intendevano· benissimo lo spirito di tali prediche, e i cattòIici, dal canto loro, 11011 se ne potevano scandalizzare. Tutto ciò è discretamente gesuitico, per un simpatizzante del protestantesimo! Il Sarpi insisteva anche sull'Utilità di avere in Venezia agenti auto1ùzati di Stati protestanti, per aiutare la religione evangelica, con propaganda orale e per mezzo di opuscoli, confessioni di SARPI lede in italiano, e cosl via. Una o due volte al mese, il Sarpi avrebbe anche potuto comporre un breve scrillo di propaganda, da diffondersi per mezzo della stampa, con l'aiuto del Wotton. Quando poi si fossero illustrati al popolo i mali della Chiesa cattolica, allora si sarebbe potuto proclamare come essi tutti procedano dal Papa, e scbierarsi apertamente contro di lui. Ad ogni modo, il Sarpi dichiara preferibili i rne%7.icauti e graduali ad un'azione clamorosa e repentina, tanto più essendo passata ormai l'occasione della lotta col Papa. Una volta poi ottenuto di poter predicare liberamente l 'Evangclo, si sarebbe pensato a formulare una confessione di fede, col consiglio delle Chiese d'Inghilterra, di Svizzera, del Palatinato e di Ginevra. Intanto, bisogna va aver pazienza e sopportare le cerimonie della Chiesa cattolica, cosl come egli - Fra Paolo - si adattava a celebrar la messa, benchè contro le proprie convinzioni! In queste dichiarazioni c'è tutto il Sarpi. Inutile, dop0 di esse addurre passi di lettere sue, od analizzare i rapporti di lui con altri agenti protestanti, quali il Liques, il Bioudi, il calvinista Lenck inviato dell' Anhalt, l'olandese Van der Myle, il Von Hutten inviato del luterano Duca cli Pfalz-Neuburg, cui il Sarpi dichiarò che ravvisava nella Confessione d'Augusta veram et sanctam theologicam simplicilatem. Ma si badi: l'approvazione alla Confessione d'Aug;sta non va intesa come un'adesione a questa sola professione di fede protestante, ad esclusione d'ogni altra : è un 'approvazione generica, data più allo Sf•irito informato.re, che alla precisa lettera cli essa. Infatti in una lettera del Sarpi troviamo lodi anche maggiori alla Confessione boema. Ma con quali argomenti è motivata la sua ammirazione! Essi, se mostrano nel Sarpi un acuto spirito politico e un certo desiderio di conciliazione, non discaro alle nostre menti moderne, lontane dai tempi dell'ardente conflitto della Riforma, sono certamente tali da scontentare ogni appassionato protestante, cosi luterano come calvinista. La Confessione boema - scrive il Sarpi - , è composta da persone molto dotte e molto prudenti, prechè tratta tutti gli articoli in tal maniera, che li Luterani possono dire esser secondo la loro dottrina, e i Calvinisti similmente secondo la loro, con parole, e sensi così bene accomodati che nessuna parte può dire che vi manchi niente della dottrina sua, nè alcuna si può dolere, che l'altra sia avvantaggiata. Io cou,. fesso di non aver visto scrittura cosi disereta e prudente, e veggo che codesti Dormiglioni vi• gilano però nell'importanza: per me gli am• miro. Mi è stato molto caro d'intendere come abbino composto il lor Concistoro di ambe le parti (luterani e calvinisti) ... e concludo che a governar il mondo con quiete sii più ne<:essaria una grossezza mediocre, che soverchia sottilità >. Si sente, in queste parole, come in tanti altri spunti sentenziosi del Sarpi, uno spirito carat~ teristicamente ita1iano1 una cert'aura del nostro Rinascimento, un che di Guicciardiniano, acuto, serio, ma un po' scettico nel fondo. Ben altro era il Sarpi che gli amici protestanti avevan desiderato, che s''erano anche un po' raffigurato a modo loro, e non sapevan rassegnarsi a non iitrovare nel vero e vivo Sarpi ! La II superflua cauzione,, degli Italiani Ebbene, a noi, uomini moderni e osservatori lontani, sarà più agevole non mescolare, come essi fecero, le nostre passioni al giudizio sul Sarpi. Estimatori della coerenza ideale, qualunque sia il contenuto ch-'essa affermi, delle posizioni nettamente assunte, restiamo perplessi noi pure, anche senz'essere nè protestanti nè catto• lici, di fronte a questo eccesso di tolleranza, a questa fiacchezza ideale. No davvero, il Sarpi non fu uno spirito religioso, per il quale la intolleranza è manifestazione deila forza, del calore intimo dell~ fede, e come tale è sacrosanta e ammirevole a\ pari dell'ardore del guerriero. Ben facilmente si comprendono le impazienze, i rimproveri, lo scontento dei suoi amici protestanti che invano lo spingevano all'azione: del Duplessis-Mornay, il , Papa degli Ugonotti», del Diodati e di tanti altri. A tutti costoro, nei quali la volontà prevaleva sull'intelletto, il Sarpi opponeva una forza d'inerzia e una lucidità di giudizio da far disperare. Al Diodati egli protestò, quasi piangendo, di esser costretto dalle circostanze a non prender partito apertamente per il protestantesimo, per non abbandonar Venezia, la quale sarebbe così caduta in mano del partito del Papa e dei Gesuiti. Parve al Diodati che l'intimo convincimento del Sru·pi fosse: non esservi bisogno di una pubblica confessione di fede, perchè Dio considera l'animo e la mente dell'uomo. E il Diodati riassumeva il giudizio, che s'era formato del Sarpi, in questa frase incisiva: je ne juge point qu'il soit janwis pottr donner le coup de pétard ». Ma queste sono valutazioni negative. Quale era, nel fatto, il Sarpi, caro o non caro che tale s_uo caratteré possa riuscirci? Non tempra di apostolo, di riformatore religioso: troppo riflessivo per infiammarsi d1U11a idea sino a perseguir questa contro ogni ostacolo anche insuperabile, egli stesso si conosceva tanto bene, da definire, parlando col Diodati, la propria indole come adatta essenzialmente ad una continua, silenziosa operosità, come quella che poteva svolgere nel suo ufficio di Consultore. Alle esortazioni del De l'Jsle ad agire, egli rispondeva: • La pregherò di considerare, che in considerazione molte cose sono da noi chiamate buone, che n.ell'esecuzioue sono cattive, mancandoci l'opportunità, la quale sola produce la vera bontà nell'azione. Sarebbe molto bene l'adoperarsi in servizio di Dio senza ne.ssun rispetto, se tutte .le circostanzie vi consentissero: ma questo, fatto senza opportunità, non sarà degno di nome di bene; anzi potrebbe esser d'impedimento a quello che n<:i tempi futuri, fatto opportunamente, potesse partorir qualche buon effetto,. E poco dopo: , Quando Dio ci mostra 1 'opportunità, dobbiamo credere esser la sua volontà che ci adoperiamo : quando no, che stiamo aspettando con sik:nzio il tempo del suo beneplacito ,. E' impossibile ritrarre la psicologia di Fra Paolo Sarpi meglio di quanto egli stesso fa con queste parole. C'era ben di che far cadere le braccia ai suoi amici zelatori della fede protestante! Questa quasi fatalistica inattività era il difetto correlativo alle sue qualità di politico : mente d'apostolo e mente di politico sono per eccellenza antitetiche. Mente politica, egli aveva dunque l'occhio al possibile, al praticabile; non alle chimere, per generose e care che potessero essere. « Gli uomini - scriveva al Foscarini - reputano vero quello che de.siderano , ; non egli, s'intende, elle così sentenziava. Era un possibilista, o - come si dfrebbe ai giorni nostri - un attivista. Aveva l'ardire delle azioni necessarie, percbè non era un timido; non lo spirito dell'avventura, il gusto del rischio evitabile; e, personalmente, aveva dato prova, nell 'occasione del! 'attentalo famoso e d 'altre macchinazioni posteriori a suo danno, di una intrepidità che faceva meravigliare e pareva aver persino un po' del fatalismo. La sua prudenza, egli l 'attrib11i va un po' alla propria nazione in generale: e Noi italiani voglia.mo fare le cose nostre tanto sicure, che perciò perdiamo molte buone occasioni, onde fa bisogno accompagnarsi con perEone veementi, che scusano un poco la nostra superflua cauzione,. Così scriveva al De l'Isle, quasi a giustificare se stesso. La tenclen7,a personale prevalente nel Sarpi, sino a che Ja circostnnza dell'Interdetto non venne a dargli una di quelle scosse decisive, che, rivelando capacità nascoste, indirizzano a un determinato scopo impreveduto le energie latenti ,Ji un uomo, fu una tendenza all'osservazione :;cientifi<.:a.Creato Consultore della Repubb1ica vE:uda, il Sarpi fu invece tutto assorbito dalla politica. Questa fu la sua seconda \·o<."a: zione: la più importante, dai frutti ch'essa rlie- •de; quella clte egli, date le circostanze storiche nelle quali si trovò a vivere, considerò come la propria missione. LUIGI EMERY. PIERO Ei □BETTI - Editar~ TORINO - Via XX Settembre, 60 Secondo i precedenti annunci sono puntual. mente usciti i primi nostri volumi che saranno spediti· solleòtamente, franchi di porto, al prezw di copertina sottoindicato Paccaoinoviltiàbrarie Nell'intento di rendere il più agevole possibile ai nostri amici la conoscenza delle nostre opere sped.iiremo a chi 'èi manderà cartolina vaglia di L. _28 invece di L. 38 - il seguente pacco di libri : N. PAPAFAVA: Badoglio a Caporetto U. FoRMENTINI.: Gerarchie sinàacali . L. 4.- . L. 3.- P. GonETTI: Dal bolsce7!ismo al fascismo L. 3.- 'G. STOLl'I : La Basilicata senza scuole L. 6.- P. GQBETTI :La filosofia polit. di V. Alfieri L. 6.- A. Dr STASO: Il Problema _italiano . . . L. 1,50 M. VrncrGUERRA : Il fascismo 1Jisto da im solitario L. SALVATORELLI: Nazionalfascismo L. 5.- L. 7,50 Numero di Energie Nuo7!e sulla Scuola L. 2.- ù. 28 inYeee di ù. 38 Jmminenfi: ENRICO PEA: Rosa di Sian . . . L. 4TOMMASO FIORE: Eroe S7!egliJJto asceta perfetto . . L. s - Felice e_ asorati, Pittore . . L. 30 - 97 0.HitT.HGQOI~O nI POGOGURR~TE Dopo l'articolo mussoliniano della Forza e consenso e del!' • Ordine, gerarchia e disciplina• (fine marzo), che segni> il climax di illusioni dello spirito aggressivo e d'indipendenza del fascismo, fu tutto un fiorire di variazione snI tema : • Il fascismo fa da sè •. La sbornia ha portato ad un tentativo poco felice di boxe col Partito Popolare. I più avveduti cominciano a risentirS<:ne, gli altri dicono che don Sturzo è un jettatore; Mussolini sarebbe portato a dare ragione agli avveduti, ma non sa sbarazzarsi degli altri, precisamente =e avveniva a Treves, Turati ecc. cci • bolscevichi , . Nel momento dionisiaco un giornale di giovani imperialisti dimostrava la necessità storica della dittatura (anticamera imperiale), la quale avrebbe portato i seguenti frutti : • Una dittatura darebbe un orientamento ancor più deciso al Paese, e quindi una maggiore disciplina e una conseguente più fervida laboriosità. La dittatura, infine, permetterebbe quella riforma della Costituzione che si rende necessaria e che servirebbe di modello all'Europa ed al mondo, ammalato di •democrazia,. I giovani imperialisti pensavano con cupidigia ai succosi frutti autunnali; sono venuti, nn po' aciduli, frutti primaverili: r. - I dispiaceri piemontesi dell'on. De Vecchi; 2. - I cocci rotti del fascismo umbro; 3. - Le chiassate romane; 4. - Gli scandali napoletani; 5. - (Omissis) ... Naturalmente, est la Jaute à la démocratie. Patologia L'on. D.é Vecchi mi ricorda un passo del suo famosissimo discorso di Torino dell'aprile scorso (un altro frutto acerbo, mai più digerito) e che merita di passare alla storia insieme col Quo• usque tandem. Merita, perchè se domani accenneremo a memoria a queste cose, non ci crederanno: « Noi - egli disse - ed io... sapremo ancora riprendere le arnù per ripulirci all'interno (del fascismo)... All'esterno assai più facile riesce la bisogna. Hanno tutti paura: basta comparire con lo zucchetto nero e la dmicia nera perchè ovunque si vedano delle schiere prostrate, delle ginocchia a terra e delle mani in atto di resa ,. Speriamo che pochissimi stranieri abbiano lette queste cose tanto ingiuriose ed avvilenti per la fama nostra. Strane aberrazioni! Sono sicuro che, se si andrà a parlare col De Vecchi, egli non permetterà che lo si metta secondo a nessuno in fatto di amor di patria. Chi sa se egli non immagina sè stesso nelle spoglie ili un Armando in stivaloni a :fianco ad una Margherita Gautier, che ha rinunziato a morire e che fa la vi vandiera della Milizia nazionale, onestamente? Anime morte La Stefani 17 aprile: e L'on. Albanese ha conferito oggi col Presidente del Consiglio,- al quale poi, come d'accordo, ba inviato la seguente lettera di spiegazione e di scusa : « Eccellenza, - Come bo scritto nelle mie dichiarazioni lette domenica 15 corr. alla Federazione Istriana del partito, delle quali le mando una copia, faccio ammenda per tutto quanto nel mio discorso al convegno dei sindaci istriani vi può ·essere (adopero due parole sue di stamattina) di insussistente e di insultante per il Governo fascista e per la sua opera. e: Chiedo scusa a Lei ed ai suoi colleghi ..di Gabinetto per la forma poco riguardosa del ~o discorso, dovuta al fatto che non sapevo che c'era la stampa e che le mie parole sarebbero state date alla pubblicità. Prendo atto del suo riconoscimento della vera realtà della situazione de li 'Istria. Devotissimo : Luigi Albane.se , . Se dalle prossime elezioni uscissero eletti trecento Albanese, ci pensa !'on. Mussolini quale nemesi pel fascismo (e lasciamo stare il hell'aifare pel paese)! E dire che l'ipotesi è la più vicina al vero! Il fascismo stesso affretta il passo verso Io stagno dei ranocchi, attraverso manipolazioni della legge elettorale, che puzzano del più stantio giolittismo. Colei che non si dtn-e a111are Dopo il grido scandaloso di • Viva la Libèrtà ! , emesso dal comandante Rossetti, mi hanno detto che un giornale di provincia ha intitolato un articolo: , Abbasso la libertà I>. Quando l'ho sentito, mi è venuto in mente il grido fatidico di noi scolaretti - tra un vetro rotto ed un pugno di questurino alle reni : - « Abbasso Senofonte I,. • Sincerità, Ne1Plnipero, 12 maggio: titolo a sei colonne: « Essere prima nuissolin.iani e poi fascisti è la più alta professione di fascismo,. Meno male. In questa frase finalmente è stata abolita la parola Italia. Pa~·lanientari&?no senza Parlamento L'on. Farinacci in Creniona nuova, 15 ntaggio: « Ha ponderato il Governo, profondamente, le riforme proposte da.I senatore Gentile; meditando ad esempio sull'attuabilità e sulle conseguenze i=ediate e lontane dell'Esame di Stato, di cui - decaduti i patti di collaborazione popolare - veniva meno l'occulta e principal ragione?>. Ahi! C'erano ragioni occulte, in patteggiamenti di partito? Cose inaudite... dal 1° novembre 1922.

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