La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 10 - 17 aprile 1923

LA RIVOLUZIONE LIBERALE dato (e non concesso, perchè le generali1,zazioni a11gl<>-rnssoni dell'autore sono più che disctttibili) che il contenuto delle due politiche sia vero, -e cioè alla compattezza inglese corrisponda la cli· spersionc francese, è mai possibile che proprio oggi si riesca a 'creare quella miracolosa unità eh.e àu.enllla anui non sono riusciti a comporre alla vita politica francese? Vediamo, in altri termini, risorgere prepotente il concetto (non mai abbastanza deprecato) di blocco, di cementar-ione artificiale, Si tentano di storcere le mutevoli correnti della storia (cioè lo spontaneo organiLzarsi dei fatti) a beneficio dello sfruttamento della realtà pratica. Dimostrata l'infondatezza della prima parte del libro, ~saminiamo quauto di accettabile contenga la sccoucla: « Politica di equilibrio europeo e politica di equilibrio continentale,. La tesi del Juge è la seguente (p. 219) : « Il sedicente eq1,ilibrio europeo era in realtà nn cquilib1io a11glo-ettropeo fondato sullo squ.ilibdo continentale. L1ultimo conflitto non fu una guerra europea, iu un conflitto a11g/o,en1'0peo cli ctù la. roYina continentale segna l'esito,. La soluzione (pp, 227-229) è in una alleanza anglo-francese, « La Francia sòpra\·yive gloriosamente all'indebolimento ma.te1iale del suo impero e il stto genio conduce ancora i popoli verso l 'avveuire perch~ esso non si è fermato alla consacrazione di uua supremazia 1nate1iaJe co1ne a uno scopo definiti\·o » : pertanto, essendo sto1icamente all'aYanguardia dei popoli etu"opei essa può unire , i mezri di azione morale di cui dispone l'Inghilterra•· Insolllllla., il ·, blocco anglo-froncese basta a. far da contrappeso a. qualsiasi gn1ppo contiuenta}e ». Quindi, poichè -,- nota con la medesjma tremende semplicità il Juge -· la Russia si volge ali 'Oriente, la Germania è avvilita e preoccupata deile proprie condizioni di sussistenza e non può a, er interesse a un 1alleauza russa (la quale trascina con sè elementi cli disorganizzazione), l'Italia è fis.<a a controbilanciare la Jugoslavia nell'Adriatico, non tro,·ano luogo obbiezioni o motivi d'allarme, e la cosa è fattibile, liET1'BRE SCOliH8TICHE (Incidentalm,ente, osservo a p, 259 particolari curiosi e nuovi - il Jugc visse lungo tempo in Russia - sulla Corte degli D-.,are a p. 28o rilevo una singolarissima - e per me inaccettabile - interpretazione dell'intervento russso nella guer· ra, presentato come mossa affettuosa al seguito della Francia), Anche qtù gli spropositi del Juge sono enormi, L'occupazione della Rtthr ha palesato anche ai ciechi volo11tari 1'iucsorahile dissidio fra11co-i11glcse. Occorre - e nù sembra difficile - che la Francia si persuada che nella politica. di destra essa è isolata. L'Inghilterra uon avrebbe con· venicnza alcuna ad adottare le ideologie reazionarie correnti in Francia, e tende anzi a una direzione opposta. L'otientamenlo intellettuale francese (e per riflesso quello politico) 11011 è con· diviso che da una minoranza tedesca (di antifrancesi ad oltran7.a, però!) e, purtroppo, da coloro che reggono il nostro Governo e ispirano la nostra <civiltà• attuale, Carattctistica del Juge è la costante astrazione dai fatti: rilevammo or non è molto sulla R. L. come faticosamente si cominciavano in Francia a comprendere le differenze della mentalità e degli interessi inglesi. All'autore di questo libro è mancata completamente questa sensibilità internazionale : prese alcune posizioni rigi<le (genio individualista della Francia, supre1nazia universalmente ammessa del pensiero francese, necessità di unificare le tendenze politiche della nazione) corrispondenti a dogmi, egli ha architettato il suo piauo, senza. tener conto della realtà quotidiana che lo andava logorando punto per punto. Salvo alcuni tratti di limitato interesse, il libro del Juge manca di perspicacia: è notevole soltanto come attestazione dell'infatuazione del pensiero francese. Ivia è, ripeto, sopraggiU11ta - a sventare gli artificiosi progetti elaborati a tavolino (ah, diplomatici, perchè non cercate di. essere un po' gion,alisti !) - l'occttpazione della Ruhr. BRlGHTON. IV. Esiodo, il maestro del villaggio Cm·o Gobett,i, Tra monti e palucli, fuori dalle vie del mare, una miser"8.bile terra, trista d'inverno, tremenà.a d1estate, buona in nessltlla stagione. .:)U questa terra, :figlia di questa terra, uua razza di gente umile e rozza, che un'antica maledi.?jone ha condannata a vivere del suo aspro 1avoro: oziosa e intemperante per natura, laboriosa e sobria per necessità, egoista più che avara, sordida più che previdente, nemica del potente pitì per invidia e paura che per istinto di ribellione, credula e cliffidente, misogina e sensuale~ superstiziosa più che religiosa, disperatamente pessimista e ferocemente individualista come tutti eoloro che Yivouo a eterno contatt~ con le forze elementari e brutali della natura. Questa razza è qttella del contadino beota contemporp:ieo di Esiodo, ma potrebbe anche essere quella del contadino calabrese contemporaneo del comm. Michele Bianchi] perchè è1 insomma, la razza del contadino di tutti i tempi. Su quella terra nacque e su quella terra visse non meno di otto secoli prima di Cristo, Esiodo, il primo e perfetto maestro di villaggio, autore delle Opere e giorni, il primo e perfetto libro di lettura per la scuola rurale, Veramente -Esiodo 01iundo non era di quel miserabile borgo sotto 1'Elicoua: ci si era stabilito suo padre, -capitato- lì da Cnma. di Eolia, varcando gran tratto di mare sulla nera nave, per sfuggire la triste povertà; ed Esiodo era venuto su fra quella gente, simile a loro ma diverso da loro, Beota ma Cumano, contadiuo ma Omerida, e si fece da sè il maestro di quella gente. ìVIa a quei miserabili pl.ù bruti che uomini, 11011 andò 1nica .a narrare, per anm1aestrarli, la favola cli Achille o di Odissea che i rapsodi ricantavan per le chiare città del, litorale, ma gJi. argomenti al suo ragionare più che cantare egli trasse tutti e soli dall'abbietta e clisperata vita dei contadini fra cui egli Yiveva. Anche 111it-inarrò : ma quelli scelse che clesse:o a quella gente la ragione della loro triste esistenza: la vendetta di Zeus per la colpa dt. Prom~t~o reo di aYer troppo amato, lui Dio, g-1: ~omiru; e la successione de11e età rlegH uo• mini : da quella d'oro quando o-li uomini vivevan~ come Dei, spensierati, sener,a fatica e senza p1anto, e la terra produceYa da sè oo-ni frutto e 1~ ,~ta era una continua ribotta, e balla fine li p1ghava sonno e n101iYru10così senza neanche sa- _perlo_;fino a quella del ferro, quella d'oggi, che meglio sarebbe stato o viver prima O nascer dopo, e tutti son nemici a tutti, e la gente si fa giusti1.,i:1 cli sne nrnni, e più è onorato chi più niaJ fa, e la pudicizia e la giustizia sono salite al cieJo, vestite di bianco, e qui non c'è rimasto che inYidia e maldicenza e iniquità e miseria. Ma Esiodo, dopo essersi con la sua gente disperato di tanti mali, non li lascia alle prese col Joro tetro pessimis1no, ma li conforta e li sorregge: li ammaestra, cioè li umauizza, li ainta a disfarsi bruti ed a rifarsi uomini. «· Zeus ha posto alle bestie la legge cli mangiarsi fra di loro, ma agli uomini ha dato la Giustizia •· Ecco il riscatto: la fede in Dio, la. pratica e l'attesa della Giustizia. Gli uomini dell'età argentea, per esempio, sono stati sterminati perchè non rendevano onori agli dei beati ; noi preghian10 e sacrifichiamo agli dei con pietà e purezza, essi ci da.ranno del bene; l'occhio di Giove vede tutto se vuole, e Giove drizza lo storto e ingobbisce il superbo; e ci sono per la terra almeno tre volte diecimila angeli di Zeus, custodi degli uomini, e vanno dappertutto e spiano i giuclizi e le azioni dei potenti: e poi, o tardi o tosto, l'eccesSo stesso dei mali, tichiama in terra la Giustizia, che viene e 1nuove procellosa, vestita di bruma, per città e popoli e dà male a chi fece male; ed ecco allora torna, cou la giustizia, l'età dell'oro che •Si piangeva perduta, « :fioriscono città e popoli, e per la terra non è più guerra sinistra ma pace che ci risparmia la gioventù, non più fame nè disperazione, ma festa e abbollda1iza di tutto, ghiande, miele, lane, figli che assomigliano ai padri, e ogni bene, sottomano, senza che la gente si debba affidare al volo delle navi malsicure,, E per avere giustizia praticar la giustizia. La pratichino gli umili in casa fra figli e padri, tra fratelli e fratelli, e fttor di casa fra parenti e pa· renti, tra vicini e vicini, ma la pratichino soprat· tutto i potenti, i principi, i basileìs. Non è solo l'antica vendetta di Zeus che ba fatto tanto male agli uomini, 1na è anche ]a imminente oppressione degli uomini potenti sugli uomini umili, dei principi sui sudditi, dei basileìs stil kalioi.. Questi signorotti, prepotenti e vili coi deboli, come lo sparviero con l'usiguuo]o, Son venali con chi può spendere, e nel rendere giustizia si fan comprar dai doni, e spesso causano con la loro malizia la rovina di tutta una città, e per la loro stoltezza chi ne va di meno è il popolo. Esiodo 1 il contadino caro alle :Muse, il niaestr0 della hò?JLe beota, in que!Ja primordiale lotta fra ]e classi, prende naturalmente le parti degli umili, che sono anche le parti sue, perchè anche lui è vittima della iniquità dei grandi, e insorge arditamente contro i potenti, e li chiama stolti e venali, e denunzia ed enumera le Joro malefatte, e parla a loro senza. riguardo: « O re, tenete conto anche voi di questa giustizia: chè vicino agli uomini ci sono gli dei che spia.no chi rispetta la giustizia e chi no; e la Giustizia, figlia di Zeus, quando alcuno in terra l'offende, fa suoi piati in Olimpo seduta a lato del padre, e alla lunga chi fa male ad altri fa male a sè, e la cattiva azione ricade su chi l'l.ta fatta». Non però Esiodo dà per consiglio alla sua gen· te cli mettersi contro i potenti : « djssenuato chi pensa di porsi contro il più -forte: vincere non potrà, e avrà con la vergogna il danno». Esiodo resta. perciò pessimista; ma. mentre si attende che torni il regno di Dike, ~ con questo la CO'lllposizionedell'aspra e ineguale competizione, 1tn altro modo addita. Esiodo a suoi villani, per risolvere i; questione, e liberarsi dalla soggezione dei poteuti e dei ricchi: quella di divenir essi ricchi e potenti a loro volta; e con che me-tzo? col lavoro. « Se lavori, presto sei ricco e invidiato : e alla ricchezza s'accompagna vhtù e rinoman:;,_,a:e allora ttt sei simile a un Dio». Ed ecco dove Esiodo, come ma.estro rurale, è originale e grande: nell'aver posto a base di tutto il suo insegnamento il fatto •lavoro,. E' risaputo che la parte più caratteristica di quel suo libretto i: una serie di precetti stù lavori agricoli, stùla loro esecuzione e distribuzio~ ne, una specie di Pescatore di Chiaravalle scritto da un abate di genio; ma anche all'infuori di questa parte ,che ha dato il nome all'opera, tutto il resto del poemetto è, in sostanza, un inno al lavoro. « Le opere e i giorni,. di Esiodo sono 1a esaltazione del lavoro, anzi la riabilitar-ione del 1aYoro, e il motivo dominante ne è questo: « somma felicità è il vivet'e senza. lavorare; ma questa felicità fu di tempi passati, sarà forse di tempi futUii; per adesso lavorare bisogna, e fuori del lavoro non c'è nè vita nè salute,. Fin dai primi versi, dove parla delle due Eri.- cli, la cattiva e la buona, dice che la buona. è buona perchè • sveglia al lavoro anche l'uomo infingai·do ,, E tutta la parte morale, i famosi ammonimenti a Perse, si assommano effetti vamente nell'imperativo e lavora• : ]avora quando si levan le Pleiadi e lavora quando le Pleiacli tramontano, e lavora quando l'aurora guarda Arturo, e quando nascono le Iacli e Orione e quando spariscono, e lavora quando il sole dardeggia la sua vampa sudorifera, e quando Giove d 'autunno piove, e qua.udo primavera mostra il capo spolverato di bianco; il lavoro tien lontana la fame, la fatica è via alla virtù, il lavoro fa I 'uomo caro agli Dei I il lavoro fa dell'uomo un Dio. E'il perfetto tipo cli umanità è pet' Esiodo , un pezzo d'uomo cli quarant'anni, che, mangiatosi a colazione in quattro bocconi un pane d'otto quadre, se ne va dietro ai bovi, e quand'è sul lavoro traccia dritto il suo solco, e non si distrae a guardare i compagni, ma tutto il suo animo è nel lavoro,; come il tipo più abbietto è quello di « colui che vive senza far nulla, simile ai fuchi ottusi e inerti, che consnman la fatica delle api da miele, scioperati, buoni solo a niangiare •· « Per il lavoro ~gli uomini diventano ricchi di greggi e di roba ... : e se lavori presto di arricchirai e la gente avrà invidia di te » : ecco il pregio più evidente del lavoro e più persuasivo per i conterranei di Esiodo : ed Esiodo lo sa e insiste su questa nota. Fin dai primi versi dà di questi consigli alla sua gente : , badate prima a far roba poi v'impaccerete di litigi e di beghe » ; e a metà torna a dire : « Se l'animo tuo davvero aspira a ricchezze, fa a modo: lavora, lavora, e lavora»; e alla chiusa del poemetto 1ibad.isce: « beato e ricco chi, seguendo questi miei precetti, lavora.... ,. Intorno all'equazione « lavoro= ricchezza , Esiodo « organizza » tutta la vita de' suoi aluniti. La produzione della ricchezza e la difesa della ricchezza. acquistata sono la base dei rappotti fra uomo e uomo: cent0mila miglia lontani dai parenti, « in un'occorrenza i vicini son già H a soccorrerti anche svestiti, i parenti si stanno ancora stringendo la cintura» ; ma anche coi vicini andar guardinghi : « dona a chi dona, e a chi non dà, non dare •; e della donna diffida, chè ti viene intorno « con la veste stirata sul culo e ti fa girar la testa colla lusinga del suo cing11ettìo, e intanto ti spia per tutta la casa, e chi si fida di lei si fida dei laàri »; e aver un figlio unico non è male « perchè così s 1alimenta la sostanza paterna, e la ricchezza cresce nella casa )I : ma se la famiglia è numerosa, meglio, « perchè Giove più dà a chi più è, e in più si lavora, e più si risparmia». E la preoccupazione della ricchezza è qtteJla che presiede ai rapporti, non solo fra uomo e uomo, ma anche fra uomo e Dio: « Come pii'1 puoi onora gli Dei immortali con niente santa e pura : propiziali con libagioni e sacrifici e quan-· do vai a letto e quando spunta, la sacra luce, perchè ti tellgano sereno il cuore e 1'animo, e tu possa comprare il pezzo dell'altro, non /.'altro i.l t1w •· Pratiche religiose, accanimento al lavoro, lotta con la 1niseria, invidia ai « signori -, ecco i motivi dominanti della vita del contaclino beota dei . tempi di Esiodo (e non solo di quello, nè solo di alloraJi ed ecco anche gli argomenti essenziali dell'insegnamento di quell'antichissimo (e modernissimo) maestro cli villaggio. Il quale parla a11a sua gente come si parla agli umili, per proverbi e parabole, e mutando in mito tutto quel ch'egli tocca nel suo discorso. Perchè egli è anche poeta: una volta su11'Elicona gli si soù rivelate le Muse e l'hanno assunto alla regione dei canti, e come ex-voto per la grazia egli in quel luogo consacrerà il tripode orecchiuto che avrà vinto con un suo inno a Cakide d'Eubea di là dall'Eu1ipo; realmente egli aveva in sè la semente del cantore, perchè suo padre veniva da Cmna d'EoÙa, la culla di ogni poesia, ed egli era venuto su fra quei Beoti, indigeno ma forestiero, villano ma poeta. 43 Forestiero e poeta, ma. indigeno e contadino. Egli incomincia il suo poema, la sua lezione, nel nome del Padre degli Dei, perchi: egli crede e teme e confida nel Dio, nè più nè meno che i suoi uditori; e si scaglia contro Perse, contro l'altra umanità, poltrona, viziosa, pettegola, parassita, perchi: quel Perse non è l'uomo cattivo in astratto, ma è suo fratello, e da lui non ha avuto che dispiaceri; e insorge contro i potenti, perchè quei potenti l'han rovinato con la loro venalità, la loro dorophagia; e teme la miseria e la fame perchè fame e miséria ha. provato, e preclica il lavoro perchè anche lui è artiere d'ogni arte, e anche lui sa tracciare, a esempio d'altrui, un solco bello dritto, e accomodarsi l'aratro da si:, e mettersi insieme un carretto con cento pezzi di legno. E cosl il poeta contadino assiste il suo prossimo nel travaglio del suo e umanarsi ,, « ttmanandosi • con lui: nomo lo fa, ma lasciandolo contadino, perchè nomo egli è divenuto, restando contadino: superstizioso lo trova e superstizioso lo lascia, solamente volge la sua superstizione a pietà, da nna parte, a proprietà e ad igiene dall'altra; ta.cca.gno e diffidente è quei contadino, e il maestro non si incaponisce a togliergli taccagneria e diffidenza ma intende mutarle in ragionevole prudenza e in previdente risparmio, non disgiunti l'uno da tempestiva liberalità, l'altra da ponderata fiducia in chi la merita; e anche pel lavoro, martella assiduo il ritornello del faticare e dell'operare, ma egli sa bene cb.e l'ideale del suo uomo è l'ozio, e concede pure delle pause a quel diuturno faticare, e la sua poesia non è mai tanto suadente come quando canta. il dolce far nulla: « quando il cardo è in fiore - ricordi? - e la strepitosa cicala posata sull'albero versa il suo arguto canto fitto fitto di sotto !'aie, nel tempo del caldo snervante, quando più grasse sono le capre e più buono il vino, e più lascive le donne ecc. allora è bello bere del vino rubinoso, sedendo all'ombra, rimpinzato di mangiare fino a rècere, con la faccia rivolta da.Ila parte della brezza, mentre l'onda del rivo trascorre via continua e pura,. Tale m'è sempre parso Esiodo: il tipo perfetto del maestro di villaggio. Ed anche oggi il maestro classico per la nostra scuola rurale, è un Esiodo moderno, è un Ascreo visitato dalle Muse, è "n co,ttaàino che sappia di lettere. D'accordo che questo ma.estro nessuna. scuola magistrale ce lo farà mai : un maestro così, se si fa, si fa da sè. Ma è certo che se una scuola magistrale sarà in grado di meglio preparare un maestro così fatto, questa non sarà una scuola che sia classica. o umanistica perchè dentro ci si sia messo come materia centrale il latino, ma sarà una scuola in cui insegnamento fondamentale sia quello che ponga in grado il maestro contadino di rispondere ai grandi perchè dei fanciulli grandi e piccini che vivono in contatto con la natura: il perchè dell'andar degli astri, e del soffiar dei venti, e del correre delle acque, e del mutarsi delle stagioni, e del nascere e del morire di tutte le creature; i perchè intorno a cui si affaticarono i poeti-filosofi della scuola ionica, e intorno a cui s'affaticò Socrate, :finchè fu giovane, prima cioè d'esser Socrate; i perchè dei quali mi assedia la lllia Lu.isotta e davanti ai quali io resto cosi spesso reticente e imbarazzato e dolente di veder sprecata, per 1 'ignoranza mia, tanta bella e buona curiosità. Ma questo insegnamento non istia da sè nella nuova scuola magistrale « classica 11011 classica :,, ma vi sia tutt'uno con l'esercizio dell'arte di cui cloYranno vivere gli scolari del futuro maestro; sì che la nostra scuola magistrale e classica , sia una fattoria, un'officina, una bottega, doYe an• che si insegni la storia della natura. E insegnamento di lettere non Ye ne sia affatto, o quel poco vi sia ridotto tutto alla lettura, continuata e fatta per d'iletto, a Yeglia, dei grandi libri del popolo. Ma una scuola così, sta sicuro Gobetti, nessun goven10 di nessun filosofo ce la darà mai : se la darà il popolo da sè, appena potrà. Ma perchè possa, occorre a noi, che vogliamo essere di questo popolo gli illuminatod, la \"Olontà di dargli questa scuola e la libertà di farlo. 6 gennaio 1923. AliGUSTO n'1oNTL ::Jn vendita ffomettiunieitratti DUMERO DIEfffR61E noYEDEDl[ATO LLA UOOLA Sommario: E. CoDIGN0LA: n problema d~lla no.st,·a1 scuola media • P. GonETTI: La letteratitra italiana nei licei • G. GENTILE: La filosofia • L, GALA1'"TE: n latino • M. VALGIMIGLI: 1l greco - F, SEVERI: L!J, matematica • A. GARBASSO: La fisica, Prezzodelfase,di 32pag,8°gr,su2colonne Lire 2 NUMERO DI lfOLOZ. LIBERALE DEDltAlPARTITO POPOLARE con studi di M: BROSIO,M, LA>IBERTI,A. GRa>1scr, P. GonETTr, A. MONTI,N. PAP.U'AVAe bibliografia. Lire I UOMERO DIRIYOLOZ. IBERALE DfDl[ATO AlnAllOnAUSMD con studi di V, ,CENTO,P. GonETTI,M. A, LEVI, L, E,LElRYe b1bhografìa Lire I ffllMERO DIRIYOLOZIONE LIBERALE nrn1moA6.~om con studi di E. BERTH, S. CARAMELLA,A. LAN· ZILLO,N, SAPEGNO, c. SPELLANZONe bibliografia Lire I Dirige1·e vaglia PIERO EiOBETTI• ViaXXSettembre, 60 TORINO

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