La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 1 - 11 gennaio 1923

LA RIVOLUZIONE LIBJiJltAL~ 1111amnistiati, ma gli animosi che occupavano J<-iume; e si beava perchè la democratica Italia fosse cosi. palesemente avversa a quello che egli chiamava « militarismo,. Succeduto a Nitti Giolitti si ottenne per taluni versi un miglioramento. Così esoso fu lo sgoverno di Ni~ti da rendere tollerabile persinc J I rif,orno di Giolitti. Ma anche il risuscitato num.e democratico Giovanni Giolitti ebbe le sue g"'avissime colpe. L'occupazione delle fabbriche fu ,da lui tollerata e in quell'occasione si risentirono suonare, in Italia e all1estero 1 le camp,,ne a morto sulle sorti del nostro paese. Fu po' celebrata come sopraffina arte del Governo quella di Giolitti, che lasci.ò il poricoloso giuoco ;,scurirsi da sè. Ma se la sapienza di un capo di Gcnrno dern consistere nel contemplare gli avvenimenti dall'alto senza guidarli e lasoianclo cbr• le difficoltà si vincano per virtù e con il natiurale corso degli eventi ... ma allora, santo Dio ~ chi non si sentirà in grado di governai-e l'Italia? Risale a. Giolitti un programma finanziario che è tutto un om:aggio ai pregiudizi delle folle < all'odio di classe. La confisca dei sovraprofitti ha generato assurdi e seminato rovine discepoli. Gli è mancata la conlinuilà del grand'è statista, ma non si è davvero fermato all' ideologia, anzi i problemi che ha visti ha imrpostato e avviato a soluzioni, non abbandonate neanche dopo che egli cadde. Gli è mancato uno stile (certe fine-,ze morali, certe astuzi3 cùi elegante sereniLà, cli dis:nLeresse nella scelta degli uomini), ma chi vorrà parlare di stile politico in un paese in cui si ammeUe che g1i statisti giuochino come i bambini ad imitare Napoleone? li.a avuto il coraggio di prendere di fronte a D'Annunzio una posizione ant,ipat.ica, che però ci ha salvato all'estero e alla quale solo devesi jn sostalilza se Fiwne è rimasta italiana; è stato il primo a impostare la. politica estera del dopoguerra e a ripai;are le malefatte cli Orlando e di , 'onnino; ba superalo la crisi più difficile di politica interna obe mai ] 'Italia abbia attraversato dopo il '49; è stato singolarmente cauto nella politica finanziaria. Gli potremmo ,;volgerè 11na critica decisiva: di aver aiutato la corruzione del movimento operaio, di aver impedito la rivoluzione (del resto egli lavorava col materiale che gli si offriva): ma chi dei conservatori appoggerebbe la nostra obbiezione! Essi dovrebbero anzi nutrire ciella gratitudine. Solo dal punLo di vista della 1/ivotu,ione til,erale è possibile una critica aspra a Kitti: per gli altri, se appena riflettono, Nitti è un maestro di. vita. (4). - Noi possiamo accettare volentieri vari argomenti che U. Ricci espone, ma siamo direl,- fomente agli antipodi jn quelli che egli tace. Basterà denunciare i due equ.ivoci più pericolosi del suo discorso. Il suo liberalismo anziti:lto è troppo astrattamente liberismo, è un principio economico, non un'attività pol.itica, è corroso intimamente da residui di utilitarismo addirittura patriarcale. I riferimenti poi più determinatamente politici sono tutti tendenziosi: Umberto Ricci condivide rispetto al fascismo la it:u~one di certi liberisti. e a temperare il suo puritano ottimismo non basta neanche l' evidente constatazione del ritmo riformista e della politica parassitaria che il nuovo governo sta p:·cseguendo. PIERO GoJETTJ. r che gridano vendetta. La nominatività dei titoli. si giudichi come si vuole, non si. è pctuta applicare se ncn ai titoli bancari e si ò aspettato inYano un regolamento periodicamente anFERRARACONTROCAVOUR per la libertà del credito bancario, nunziato € smentito. E sì che si tratta di materri.•a Per apprezzare i termini in cui ,·eniva la quedelica,ta in cui l'incertezza si' traduce in per- st:cne della libertà del credito bancario in petuc scoraggiamento agli investimenti indu- P1tmonte veniva posta è d1 uopo ricordare stri.ali e in cui il credito dello Stato, attraverso ·che, ancora nel· 1846, il governo aveva rile quctazioni dei suoi tètoli, è pure colpito. fiutata l'a.utorizzazione ad un istituto di Questo spettacolo pietoso di uomini di governo sconto, dicendolo lontano dalle consuete abipe11,less:i e tre,ma,nti, che non se1>però applicare tudini e destinato a certo fallimento. Soluna legge approvata, nè muoverne )ti. modifica- tant6 nèl 1847 il permesso era accordato, in zione rnscita disgusto. L'aumento delle imposte consider'azio11e pure del buon esito avuto dalla s1•ccesscrie fino· al1a confisca è un altro regalo - Banca di sconto, depositi e conti correnti creata cbe dobbiamo alla democrazia di Giolitti. • iu Genova fin dal 1844. Ma le diffidenze ed i E' state sccperto che in taluni casi sull'ere- timori permanevano, in molta pa1te del pubdirà posscno accumularsi tante imposte da rag- blico; nè cessarono qua,ndo, a seconda re le-corgiungere il 103,62% del suo valore. Quale più renti unificatrici e pacificatrici dello Stato dopo efficace dimostrazione dell'ignoranza e facilone- Novara e la rivolta di Genova, i due ist-ituti rie di miujstri e ,deputati, quale più palese convennero di fondersi, e nacque la Banca Naprc;-a del caos che regna nel Parlamento e ziona!e Sarda (1849). Incerte- risultavano d'alnel!a burocrazia 1 tro lato, 1~spetto al miglior ordinamento banV. Conclusione. ca1~0, le conclusioni della dottrina, <lopo le reRistabilire l'.autcrità dello Stato, semplificare cel!ti, clamorose controversie che avevan divisi le ieggi e l'amministrazione, restaura.re la pub- in chie campi gli stessi rappresentanti ciel clasb!ica finanza, ecco i tre compiti fondamentali, • sicismo inglese. E l'asempio dell'Jtto di Peel che tutti gli altri abbracciano. La mano ferma, forniva certo un argomento singola.rmente au1 ·ccchio sicuro, l'animo che non trema davanti torevcile ai fautori delle prudenziali restrizioni. all'impopclarità non si pCY".,sonoattendere dai Un riflesso di tale augusto precedente devesi ,,.. democratici, che abbiamo per troppo tempo tol- scorgere, credo, non meno negli statuti ciel '49 ]erati. Se l'Italia non è più d'ata per moribonda e del 1850, assai vincolatori della libertà della _ __tli:..,;;.t.err., se ancora P...ssa pcssi-ede una civiltà, Banca n.a.zicnale, che nell'autorizzazione conf.epcn lo deve certo ai governi democratici, che rita alla medesima dalla legge 11 luglio 1852 han ccnsentito indifferentemente saccheggi cti di concorrere alla formazione di due casse di n€-gcz.i e occupazione di fabbriche. invasioni di sconto indipendenti, a T01·ino ecl a Genova; terre e confische di pat1~moni. (4) per. tal modo attuandosi, per di ersa via, la separazione di funzioni e di regùne consacrato nell 'issu,e devartment et nel ba.nking departm,e11,t della Banca d'Inghilterra. UMBERTOR1ccr. No-te. (1). - E' semplicismo antistorico il condannare ccsì in blocco e allegramente tutto un movimento d'idee e di popolo. Noi siamo anche più intransigenti del Ricci nel combattere il socialismo ri1:ormista benchè non ci nascondian10 le ragioni storiche che lo giustificarono in nn'Italia immatura in cui Umberto Ricci dov-i:ebbe sapere che il riformismo - come io altrove dimostrai - è stato insegnato a Turati e a Treves dalla sinistra piemontese stessa a partire dal Berti e dal Gioberti. Ma il socia.Ji- ~mo è qualcosa di più, è 'il simbolo in nome del quale combatte da anni innumerevoli il popolo per la sua redenzione; è la più attiva delle idee che abbiano operato nella realtà come impulso all' autonomia, è uno dei più grandi fattori di liberazione e di liberalismo nel mondo mcderno. (2). - Considerar,e il voto politico come un òiritto che include un dovere è l'idea più allegramente a.ntiliberale e teocratica che si possa ,fantasticare. Il voto è una premessa, una pregiudiziale necessaria della personalità: è una ccndizione oggettiva da cui ogni considerazione di bene o di male viene esclusa_ Non si tra.tta di di.ritto al voto: votando si compie una funzione che vorrei' dire fisiologica (almeno nel senso in cui è anche Ull fatto fisiologico :il pensare): si potrà discorrere pc•i ·dei risultati, ma in nessun modo mettere in discn,_<Sionegli antecEdenti necessari, come sarebbe ridicolo fa.ntastica,re di togliere il diritto al pen.siero a chi pensa male. Votar male (pensar male) per il fatto stesso che si vota (si pensa) è già un bene. Il voto anche per chi non sia un fanatico dell'illwninismo, è veramente l'atto fisico di nascita della persona po,litica. (3). - Il n.ittismo e l'antini.ttismo degli italiani è stata una <lelle prove massime di incapacità politica. Sarebbe desolante non far sentire finalmente una parola equa e sp1·egiudicata. Kitti non è un grande politico per due opposte ragicni: per sue deficienze di diplomatico e di pensatore e per certe sue qualità troppo superiori per diventare popolari in Italia. Non ò un g,.·allde politico un umno che cede così viln1-ente di fronte al fascismo. Tutta,~a Nitti è, con tutti i suoi difetti, il politico più intelligente che abbia avuto l'Italia dopo Vittorio Veneto, e Giclitti e MU!Sselini anando non hanno fatto sprcpcsiti sono stati semplicemente suoi modesti Avyva, per vero dire, disposto la legge 9 luglio 1850 che nessun altra banca potesse sorgere in Piemonte, se noll per legge. lV[ail monopolio che così e,ra stato accordato all' ente privilegiato non significava, come parrebbe, privativa di credito; bensi soltanto volontà dello ~ato cli impedire che l'emirnione - considerata al1ora come diritto naturale .cl'iqualunque banca - potssse e.5ercitarsi senza preventivo controllo. Personalmente favorevole a promuovere con tutti i mezzi il' più rapido sviluppo delle operazioni creditizie (fu lui a presentare al ministro il piano di banca del 1846), giusta'rnente valuta.va Cavour la forza d,egli OGtacoli ed il peso delle opportunità, mirando per un verso ad educare grnd:atamente il pubblico in tale senso, e non dimentica11do per altro l' importa1iza preponderante clei fini politici ultimi, a cui tutta la sua az,ione, paJese e segreta, era. r:.gida1nente subm·dinata, e che imponeva di a_ssictu-are allo Stato il concorso della banca m frangenti di supremo bisogno nazionale. A simili precedenti, concetti e direttive s'inspirarono le misure che, proseguendo per g1:acli un piano organico, il gran ministro recò, fra il 1851 e il 1857, in Parlamento; alle quali la critica del Ferrara manifestamente si riferisce. Una p,ri'ma ampia discussione suscita nel 1851 la proposta del piivilegio di emissione alla Ba11ca nazionale, contro la quale parlano Farina, Valerio, Depretis, Pescatore, Bottorie, Fara Forni, BaTbarava e Chiarle, a favore di Cavour, Torelli e Iost.i. ll1:ail di.ssenso non raggiunge la sostanza. Nessuno sostiene l'opportnnità di una bancà unica nello Stato. Tutti anzi, <èdil governo più degli altri, esplicitamente dimOGtrano il desiderio che vi possano a.llignare e prosperare rigogliose le locali e succursali. Temono però gli oppositori che il faire largito al grande istituto escluda virtualmente l'eventualità di concorrenza; onde il vanto di avere rispettato il p,;ncipio della libertà e pluralità delle banche si ridurrebbe ad illusione ed equivoco. E basta tale dubbio percbè la legge naufraghi, 1=ioorrendogli avversari alla manoYra ostruzionistica. di far mancare il numero legale. Ripreso il dibattito nella sessione seguente, Cibrarjo L~1igi, nuovo ministro delle finanze, rispondendo al deputa.to Mellana, spiega come, soltanto dopo aver sperimentata l'impossibili'tà di una libera iniziativa banca.ria in talune regicni (Sardegna), il governo si sia deciso a provvedervi mediante succursali autorizzate dall'Istituto di emissione. Ma l'estrema sinistra incalza, censurando l'obbligo che si vorrebbe fa.re alla banca di accordare anticipazioni allo Stato in date circostanze; sistema che procura al governo m•ezzi estranei al preventivo controllo parlamentare finanziando talvolta conati liberticidi, come avvenne in Prancia, il 2 dicembre. Da un puu-to .dlivista tecnico critica i1ìvece il progetto Giovanni Lanza, trovandoìo ibrido, troppo favorevole al tempo stesso e troppo vincolatore dell'ente privilegiato. Ultimo Camilla Cavour, parlando come deputato, difende il disegno, mostrando con l1esempio inglese, che una grcssa banca non impedisce il sorgere di molte piccole; ma sostenendo ohe la discip'ina delle em:.issioni, quanto alle riserve ed alle garanzie, è indispensabile ad evitare catastrofi in momenti di crisi. La regolamentazione deve però limitarsi a fissare l'entità proporzionale del capitale e della cope1:tura metallica, evitando di fissare il massimo della circolazione, la quale si ragguaglia a.utomaticamente al bisogno del mercat-0. Con qualche emendamento la legge 1~- sulta questa volta approvata. Una più grossa. battaglia la attende tuttavia in Senato, dove giunge poco dopo, insieme ad un altro progetto c.ivouriauo per la delega alla banca del servizio di tesoreria dello Stato. Vivaoe si annunzia subito il contrasto, avendo concluso sfavorevolmente il relatore Ca,·lo Ignazio Giulio, in base alle considerazioni da lui più ampiamente svolte in uno dei più pregevoli fra i suoi scritti economico-polemici. Adeguata alla forza. ed alla nobiltà dell'attacco è però l'eloquenza e la sap{enza c:iella difesa, che Cavour si assume subito, compendiando in una magnifica sint-esi i postulati teorici e la portata pratica delle due oppcste scuole bancarie. Fra i principi assoluti. a· cui S'i ispirano egli non crede si imponga una ' scelta intransigente. La legge proposta in Piemonte étvrà forse per effetto cli impedire, in fatto, la molteplicità degli istituti di emissione, ma ciò risponde alla necessità di accreditare, con la notorietà e l'importanza, un metzo di pagamento di cui la parte più incolta del popolo ancor non apprezza pienamente i benefi.i. Alla Banca na.ziona.le viene così affidata una funzione educatrice conforme ai bisogni di un arnbiente finora non troppo propen~o, come la esperienza dimostra, allo spontaneo sviluppo delle iniziative ballcai·ie libere. «L'onorevole relato.re, ha ricordato come le dottrine di Jie\\-tà applica.te aHe scienze ·economiche riescano pili grate al cuore di tutti gli uomini illuminati, e soggiungeva che questo indizio del cuore è da!La. rr:.enteconfermato, dalla scienza certificato. Certamente non sarò io che contraddirò que- ~t.:-generose parole. Credo aver dato, in pa.recchie circostanze, ripetute prove di quanto io fossi benace fautao·e delle libere dottrine delle scienze economiche. Ma nO-nbisogna abusa.re delle parole. La parola libertà applicata alle operazioni ordina.rie di coinmercio può e deve ricevere la applicazione piì1 larga possibile, ma vi son certe operazioni eco-nomicbe che, per 1'1ndo1e loro, non possono essere lascia.t,e in assoluto a.rbitrio ciel pubblico. Vi sono molte fuuzioni che possono e debbono essere dal goven10 esercitate; a cagion d'esempio, l'ufficio del trasporto delle corrispondenze e lette.re. Io credo che i fautori più decisi della libertà non abbia.no mai proposto di far sottentrare l'azione privata alla gover11ativa in questo ramo, che direi pure di industria e di trasporto. Nella costruzione di strade ferrate nessuno pure, nemmeno gli americani, hanno ammessa la libertà assoluta. Ora le operazioni bancari.e, quelle almeno che si riferiscono alle banche di circolazione, sono di natura. specialissima, non sono se1nplicemente commercia.li». Che sia còmpito dello Sbato ingerirsi nella emissione dei bigl1etti, lo si ammette onnai ovunque. Cobden, Mc-Culloch, Stuart-Mill («che a mio avviso 'è il primo auto,re vivente di economia politica.») non criticarono l'atto ciel 1844. 3 « Io credo quindi di potere, senza disdire ai principi che bo sempre propugnati, sostenere l'opportunità di dare una maggior forza ad una grande banca del nostro paese, di dare in certo rtodo se non un privilegio di diritto, un privilEgio di fatt,o •. 'faceva il ministro, certo deliberatamente, 'il segreto proposito di apprestare pure nella banc;i un valido appoggio finanziario ai meditati ardimenti della audace partita politica d1 cui inte;sseva in silenzio la formid'abile trama. Volontaria. reticenza di cui approfittavano i men per· spicaci fra i suoi avversari (Della Torre, Collegno, lo stesso Sclopis) per ricordargli i pericoli a cui si espone, in tempo di guerra, un istituto di credito troppo intimamente legato alle sorti dello Stato. Si sofferma invece il Giulio a ccnfuti.re il giudizio favorevole dell'atto del Pee', ricordando le deroghe che vi si dovettero ripetutamente ccnsentire. Il ver<lett-0 finale del Senato suona approvazione della tesi più recisamen~ liberista, seppellendo la legge con 32 voti sn 60. Chi, dopo oltre mezzo secolo, legge, non senz1. profonda ammirazione, un dibattito che potrebbe assumersi ad indice della magnifica preparazione di quegli uomini all'ufficio o-nd'erano investiti deve riconoscere che l'opportunismo fa.ttivo-d.el ministro, mentre scientificamente anticipava un punto di vista oggi pacificamente accolto anche dalla dottrina più orto'clcssa, ebbe in pratica la consacrazione del più glori0'"".:,0 successe, allorquando la banca, auspice il Bombrin1, non esitò a prestare allo Stato, in mamenii supremi, un prezioso _concorso. Kella Croce di Savoia del 1851 (6 e 7 giugno) scriveva invece il Ferrara: « Ciò che noi vediamo di più chiaro in quelle combinazioni s~ è l'enorrrJtà di guadagno che, sotto l'ombra del privilegio, gli azionisti della banca non mancheranno di spartirsi fra loro. E non ci fa poca mera-- viglia il vedere come il conte di Cavour, il quale si climcstra tanto propenso a favorire e promuovere il principio della libertà nello svol!(imento della umana industria, si disponga ora coi, tanta 4isinv~tura a recedere da quel principte, in ordine alle istituzioni di credito alle quali, second~hè ci sembra, più ancora che a qualsi voglia altra maniÌestazione dell'umana industria, si a<l<iioel'elemento della libertà; a niun altra cosa ci sembrano convenir meno che al or.edito i priviiegi, il monopolio, ringerenza governativa e l'impero della legge•. A mano a ma.no po-i che da nuovi provvedirr,enti la condizione di favore della bance, parve rinfcrza.ta la severità della critica raggiunse il diapa.son di una vera €6asperazione. Basta il semplice sospetto ohe dalla libertà del saggio dell'interesse potesse derivare u.n -..anta.ggic agi.i azionisti della banca per schierare inattesamente il Ferrara fra i censori del contra__ctatodisegno. Alle repliche del ministeriale Piemo;,te rispendeva infatti l'Economista accusando apertamente il governo di voler corrompere: coi suoi g'ornali la. pubblica opinione per difender"ì, un detestabile tornaconto privato, e denull;l'iando i secondi. fini malvagi che lo inducevano a porre in prima linea delle riforme proprio la più invisa alla· ignoranza del popolo. «Un Governo ceutralizza,tore Quanto 1nai ve ne furono al mondo; un Govern; che non ha il coraggio di sopprime.re i monopoli del porto di Genova; un Governo che vede, impassibile, la perpetuazione di tutti i vincoli alla libertà del lavoro, tramandataci dall 1 antica legislazione; un Go-verno che prende .a dispetto ogni menoma idea ~uggerita. dalla più benevola stampa per operare prudentemente ma fermamente l'emancipazione ecOnomica; ll1l Governo che, coi piit generosi programmi economici sulle labbra, non conta in pratica (all'infuori delle Dogane) u.n att-0 di cui 1-1. scLenu. pr,ssa essergli grata; questo Gcverno è tutt'insieme preso d'amore per la 1ibertà dell'usura:l'ultima che si potesse proporre, la più difficile a fafsi amare, non direm da' partiti ri.aligni, ma dalla più ingenua porzione del pubblico. Era ben naturale il sospetto che qualche cosa diversa dal puro amore della libertà qui si celasse». Gli ufficiosi che si schierano in sua difesa non rag.giungono altro effetto che di screditare la scienza cli honte al gil1dizio volgare. « Ci chiamano uomini di teorie. Noi lo siamo, e dell'esserlo ci facciamo un onore. Ma di teorie noi non ne abbiamo che una: la Libertà: l'abbiamo sopra le labbra con la stessa tenacità e con lo stesso fervore con cui la co\-iamo nel cuore. La professiamo in tutto e per tutbi; mai non l'abbiamo indebolita, celata, e molto meno venduta. In matei;a di credito i fatti che accadono ndla Società sono precisa.mente la base su cui l'abbiamo fondata, non noi, ma uomini che sapevano cli fatti banca.rii, molto più di quelJo clie. si potrebbe imparac·ne alla Borsa di Toòno. E del resto se vi ha, riguardo a' banchi ttna t,eor1a astratta e scolastica, è quella del Piemonte, perchè è la pilt cmnune e antica fra g~i scrit,tori economici. Siamoci pill generosi a vicenda; diciamo di appartenere a duee.cuole diverse; difendi.a.mo ciò che ci sembra la verità: ma eviti"-mO agi.i occhi degli inesperti lo scandalo di discreditare lo studio della sdeuza ... Altrimenti i! pubblico finirà per conchiudere che tutto è v.anità teoretica in questo mondo, e che il solo fatto reale sarebbe la borsa di chi scrive o fa scrivere certe Cronache della Borsa». Ma. a codeste schermaglie succede un attacco formale quando, nel 1856, la camera è chiamata a ,diiscutere un disegno di legge ohe a11torizza l.1 Ba,nca nazionale ad aprire UJ1a.sede succur-

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