La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 38-39 - 28 dicembre 1922

144 LA. RIVO LU.ZI ONE LIBERALE i't ]a vista della sua profezia realizzata da estra- STUDI SUL RISORGIMENTO ti principati e debolissimi tutti, avendone u1 o roe,·. non ebbe più la forza, di 11.1a nuova naf .. nel suo bel centro che sta per Jìlllie, e che c;c- , ' bb • :ermazione eroica e precisa che lo .avre e _n. La filosofia poli tic a di Vittorio Alfieri. cupa la miglior p&rte di essa! non_ potrà cerc,3 dotto a un isolamento ideale sub_hme. ma m- ir.ente andare a lungo senza nm11.rs1almeno eot1 t d cli • • 1 di'spen.sabile, e S' -ipiegò n_ella so 1 u me m - to due soli principi che o per matr1mom cap- • · viduale. I] compito da reahzzar-e non si Poneva VIII. La politica. e ai concittadini n_on Possa aver luogo in _chi nato nella tirannide, è inoperoso per forza civile; nessuno tuttavia può conknde.i..'t, a _c.:hi_n'av~e il nobile e ardente desiderio, la glona d1 morire d" libero, a.bbenchè plll' nato servo. Que,;ta_gloria, quantunque ella paia inutile ad altri, riesce nondimeno utilissima sempre, per mezzo del sublime esempio ». Poi, o J)er conquista si ri_durranno_in uno D. t tte 1 ene Più a un individuo ma a u e nuove g - Quc:sta è la prima rivoluz10ne: ed 10 non sa- Nel pensiero alfìeriano si può trov~re e spiegare u.n propos_ito politico, anz_ia~d1nUura ,ma costruzione politica. Ma perche I esegesi sia valida occorre tener presenti i limiti da cui sorge questo sviluppo del sistema e della pra.··-cisdel1'Alfìeri. Gli interpreti che al nostro toccarono i:1 sorte sin qui s'apprestarono al c@mpito loro con illusione cli letterati mal nascoste tra fo,:- mule giuridiche cli costituzionalismo che in loro rimanevano estranee e di cui non avveruvanu perciò i limiti, che i gim~sti stessi già inizi_almente vi stabiliscono. La sicurezza pos1t1 il~t1c<.1. del Bertana, inquieto soltanto cli impartire lezioni di 6Cienza e di precisione tecnica al_suo. au: tore e la sicurezza ancor pill dogmatica ct~~ll altri letterati entusiasti di enumerare pregi e di ritrovare intuizioni di enciclopedica ge111alità perchè teneri della candida concezione chò v<uol trovare nel genio una rivelazione quanti~.~-.t.,·a di sottili scoperte - non potevano svelar<>cc,~1 precisione un pensiero tutto fatto di_chtarosc.tn, di lampi improvvisi, di tempestosi fulgori. prei vede.te d1 quale astrattismo qui v1 su ~)('C- razioni. ca.to. Questo è più o meno schematican1r-1.le, 11 pr-0cesso cli cui Vittorio Emanuele II è F.ta,.o protago,nista da.I '48 al '70: . e forse l' Alfìen APPENDICE Non è seria la pretesa di 1iferire e °?mrnl~:U~ rare le intuizioni alfìeriane ai problemi prat1c1 contino-enti. E occorre proprio ripetere ch:3 la politic; non si riduce ai problemi costituzionali! Poichè negli scritti politici non riuscivan, a trovare il cercato costituzionalismo conservatore vollero vedere le Co,n.medie come un sisti!-ina legislativo; il testamento cli Alfìeri divent,a,o conservatore. Invece le commedie alfienane rap • presenta.no un mom,ento di ;scetticismo, ~uuo scherzo dove coesistono le incertezze più t•ontraclditorie e dove non è possibile ritrovare un criterio organico di chiarificazione interna. Alfieri non è !egislat-Ore e. quando ci si prova lo f:i. per gioco e non riesce a dissimulare il ~mo estetico disinteresse. In realtà gnoseologia, morale e religi0ne io conducono per una linea di coerenza inesor~- bile ad affrontare centralmente, unicamente, 11 problema dell'azione. Se tutto nel suo spi.rito è aziene, se tutto si risolve e si sacrifica nella praxis, nell'impulso volitivo, la sua politica dovrà dare una forma sociale a questo impulso, d0vrà essere la traduzione obbiettiva della ,;,,e, religione. Perciò non programmi, ma leggi di prax1.;; non la preoccupazione del problemismo tecni·:o, ma la fìlosofia, la prepa.razi?Ue della prat'.ca stessa. Ricorre spontaneamente un nome, un insegnamento 0 .\.!fieri si aflretta a notar'o • '.Machiavelli. Del resto la tecnica della prao<:s non si predice, non si teorizza su.i libri,. ma si deve commisurare all'esigenza di ogni 1stanto per opera di uomini eduoati a realistica fine<ea e oomprensione. Tutto il capitolo otta.vo del 11bro secondo Della T·irarvn;d, è. nervaso da questa netta coscienza di relativismo Politico. L' A'- fieri si rifìuta cli precisare maggiormente il su~ programma pratico perchè, secondo lui, _l'~perienza storica può indicare soltanto degli mc\1rizzi e delle intenzioni, ma a quegli ordini che convengono ad uno Stato disconvengono spessissimo all'altro ,, « quelli che bene si adattano al principia.re di uno Stato novello, non op~- rano poi abbastanza nel progredire e alle. voi,., anzi nuocono nel continuare "'e :: il cangiarli a seconda col cangiarsi degli uomini, dei costumi e dei tempi ella è cosa altrettanto necessaria quanto impossibile a preveder•i e difficilissima ad eseguirsi in tempo , . L'insegnamento dei Discorsi sopra la Prima Deca è qui ripreso _co:1 vioore e torna una potente figuraz10ne realisbca 0 dell'Uomo di Stato. Ma a rovesciare la tirannide occone che questa. virtù di pochi si faccia spirito animatore di tntt,i: occorre che tutti sentano la tira,11~tde. Le forze su cui bisogua edificare sono la :-.:a~ zione, il Popolo, la Clas.se politica. Il_ Bertana s'è affannato con molto impegno a d1mu.s1:r<.1.re che l'idea di patria, di Italia era. diffu.-:a.e clo- !I'Ìnante an0he prima del!' Alfìen per d•n secoli almeno. Ciò è pacifico. Bisogna ved0r0 come nell' Alfìeri questa idea sia diventata uua a,-1 ebbe voluto soltanto maggior coerenza ncll'c-.:~:;u11 ere una posizione ideale di fronte a~ _1 1;t~ pato. Così si sarebbero realizzate le. condn10m materiali e quasi i presupposti obb1etbv1 p,·rchè si suscitasse l'iniziativa popolare la C[l'ale udi' Alfìe1i doveva concludere necessariamente forza. . , L' Alfìeri pensa il Popolo eteniamenté n.1ncvato da un'operosa lotta interiore, eia dialettiche dissensioni (Tir.; libro I, cap. VII), un popolo aristocratico, forte « e una volta per tut,.. te mi spiego, chè io nel dir popolo non intendo mai altro che quella massa di cittadini e ccètadini più o meno agiati, che posseggono propri lor fondi o arte; e che hanno moglie e figli e parenti, non mai quella più numer~a iorse, ma tanto meno apprezzabile classe di nullatenenti della i;fìma plebe. Costo,·o essendo avvc, • zi di vivere alla giornata; e ogni qualunque governo essendo lorn incliuerente poichè non hanno che perdere; ed essendo massimamen•..,·"! nelle città corrottissimi e scostumati ecc. ecc. 11. Non altrimenti pensava Carlo Marx il suo popolo rivoluzionario. Il popolo ha la sua volontà. e la sua forma nella classe politioa che esso stesso esprime. 11 vjzio della tirannide « interamente risiede in quei pochi che il popolo ingannano_': Anche la libertà deve avere la sua classe poht1ca, strumento e guida alla volontà popolare; e questa appunto non si pobrà creare con un'opera di propaganda, ma solo attraverso le forze storiche oscure creatrici di obbiettive realtà. Quasi divinando il processo marxistico cli arrovesciamento della praxis l' Alfìeri nota che una volontà di redenzione liberale sorgerà nel popolo per opera stessa delle intollerabili condizioni che Li tirannide avrà determinato. S'incontreranno nella ]oro pura intransigenza due principi, due azioni. La lotta contro la tirannide sarà redentrice perchè avrà rinunciato per la sua coerenza ad ogni disgregazione individuarltìca e ad ogni utilitarismo. La mo,ltitucline « non istigata, non prezzolata, ma per naturale sublime impeto, dalle ricevute ingiurie commossa a sdegno e fu.rare, agisce all'improvviso con entusiasmo, energia e schietto coraggio , .(Misogallo prosa seconda - Avvenimenti). Contro le formule galliche a: libertà, uguaglianza, frat€llanza., l'Alfieri vede le cose realisticamente nella loro dinamica cli lotta. Così il popolo diventerà nazione. « Nel dir nazione intendo una moltitudine cli uomini proragione cli clima, cl luogo, di costumi e cli lingua fra loro non div.ersi; ma non mai due Borghetti o Cittaduzzc di una stessa provincia, che per essere gli uni pertinenza ex gr. cli Genova, gli altri cli Piemonte, stoltamente adastiandosi, fanno coi loro piccoli inutili, ed impolitici sforzi ridere e trionfare gli elefanteschi lor comuni oppressori ,. Insomms. il criterio di nar zione va riportato ai suoi fattori storici. Attraverso lo stesso processo dialettico che crea una volontà nel popolo anche la nazione diventa u1, fattore insopprimibile di sviluppo e di spirituçtlità. « Gli odi di una nazione contro l'altra essendo stati pur sempre nè altro potendo essere che il necessario frutto dei danni vicendevolmente ricevuti o temuti, non possono perciò esser mai nè ingiusti nè vili. Parte anzi preziosis.sima del paterno retaggio, questi oli soltanto hanno operato quei veri prodigi politici che nelle storie poi tanto si ammirano , . a darsi ordine di repubblica. E qui egli attingeva ancora dalla stari~ un'altra osserva:-i:10ne c!i opportunità: « L'Italia ha sempre ra:cn,us_~ ir se stessa (più per noli Scòtdats@e allatto 11 nome che per goderne i vantaggi) alcuo, re1 ubbliche, le quali benohè affatto. lonta.n& da cgni libertà, avranno· però sempre insegnato agh italiani che esistere pur si può senza re, cosa., di cui la colta ma troppo g:1-asta Fra 1 r:ci_a no.e. ardirà forse mai persuade.rs1 ». Ma 1 Hllziativa non si sveglierà senza i « bollenti a•limi, che spinti da impulso naturale la gloria » c•~rcano « nella altissime imprese » e senza. la. « giusta e nobile ira dei drittamente rinferociti. e illuminati popoli D. E' insomma la rivolut.icne di '..Mazzini,anzi il mito centrale di az1;1~c che ha ispirato tutti i più profondi tentativi politici in Italia dopo il '700. Que,;ta è la vera profezia dell' Alfìeri, il suo pensiero riconquistato nella praxis. Anticip~ndo la rivoluzione francese egli assegnava alrItalia, lucidamente e originalmente, la funzion,._ che nel nuovo ciclo ,della storia europea eL'be la. Francia rivoluzionaria. Solo in qè'ustA!pr(.:- messe si può trovare una giustificazione dek~11·1 ~ profonda dell'atteggiamento suo di fronte :il1a iivoluzione h·ancese. Infantilmente parlarono gli esegeti dove, smaniosi cli sorprendere un'effusione o uno slanqio ialfLeriano ma,g.ari v,olutamente esagerato, teorizzarono un Alfieri irritato sino alle bizze o al capriccio, attribuendovi cagioni dei t ·1t to sentimenta.li ie tavolta acldirittnn·a l!na bm:sa c;rigine cli calcolato utile o cli lesi interc.ssi. il processo della scuola positivista ebbe . sd !ir;t. tura le forme e lo spirito di un tentat1vc>, non e$1c:c da malizia e ingenerosità, di sorp!.·"'nJt•re h b,10na fede e la franchezaa dello ,cri'.>.,re aella Vita. La dimostrazione di ciò va r.iman data in sede di biografia. Ma non era possibile r:eanche qui rinunciare a porre il criterio secondo cui noi crediamo che la famooct storia dell'uslll'pazione di libri e çarte dell' Alfìeri debba ridursi a un fènomeno d'illusione simbolica degli interpreti, favorita da un'incertezza del nostro. In realtà nella negazione che l' Alfìeri ha opposto alla rivoluzione francese c'è una tragedia personale, ma vi è impegnato tutto il suo spirito, si tratta della sostanza stessa del suo pensiero e della sua azione. Con la meravigliosa lucidità e la perspicacia del creatore che vede, sgomento, la sua creazione stessa in pericolo, egli intuì che nei moti rivoluzionaii d'oltralpe si rivelava e si affermava obbiettivamente con chiarezza e ampiezza europea l'immaturità dell'It-alia a!La divinata funzione storica. Incapace di dominare e di precorrere lo sviluppo mondiale, l'Italia si trovava condannata anche com.e nazione a non poter trovare la sua armoni·• interna e la peculiarità della sua iniziativa rivoluzionaria: anche la sua unità sarebbe nata da un artificio, da un'imitazione. Di qui l'intransigenza fiera, l1incomprensione voluta. La storia gli diede ragione anchf qui. Se la conquista napoleonica dell'Italia ebbe un valore d'impulso nell'aspirazione all'unità, essa non fece poi all'ora cl.ella soluzione che aumentare l'equivoco e un Risorgimento italiano, anche in proporzioni ridotte, si ebbe solo da una reazione al sensismo e all'Enciclo1,edia chi; riaffermò una tradizione specifica e una ' originalità nazionale. Letragedie nomefontedelpensiero p liticoalfleriano, La nostra indagine non ooteva non prescindere dall'esame delle tragedie alfieriane. E questo non. -perchè noi ,crediamo ad una ~,._gorosa distinzion°e di arte e pensiero, di intmzwne e di teoo.ia 1 quale è dogmatica.ment.e applica.ta dagli ultimi fanatici dli quella prima estetica crociana, apparentemente fatta "l'P°"L" per gll storditi dell'estetismo dilettantesco, che 1[ çro.- 00 stesso ha o,rrnai superato clefìnitivalllèliUì e a cui attribuisce soltanto il valore di un necòSSa.rio momento polemico. Ma nelle _tragedie di Alfieri, in particolare, noi non poss1amo ntrovare un momento di effll.8ione lirica nè sorprendere una confessione o un principio_ di teo: ria. Le tragea.ie pii1 lunghe superano d1 poco.' 1500 versi: il dialogo è sempre travolgente, 11 soliloqtt..io, in un momento <:li ansietà. intensa, fissa un proposito o un esam'e di coscienza ma essenzialmente adattati al fatto che si sta per compiere, all'incalzare dell'avvenimento ~ragi~o. In qua<sto senso manca nell'Alfieri la _nfless10-- ne: o•, per essere più precisi, c'è quella. nfless10ne che ·è connatm-ata coll'azione stessa e non la. si può astrarre perchè è essa stessa sforzo operoso. Percorre la. tragedia alfieriana un senso tormentoso della concretezza creante della praxis: ma il poeta lo contempla e domina in una sovrana impersonalità di serena realizzaz.ione nella quale poi consiste di fatto la sua vera individualità che è individualità insostituibile e singolare appunto in quanto è uno spasimo realistico verso il divino, presente. FJ.SSare mtellettualisticamente oon precisione di esegesi qual sù l'atteggiamento pratico dell'autore di fronte ai suoi fantasmi non sarebbe nè saggio nè fecondo: qui vive l'obbiettività stessa del mondo alfieriano e vi si deve cercare non l'autobiografia psicologica ma, s'e così si può dire, wi'autobiografì.a cosmica. I/ analisi dell'interprete de: vo mirare a stabilire- l'unità e la coerenza d1 quesLa travolgente fantasia la quale per la sua natura stessa è fuori della storia empirica, in un ciclo ideale cli eroicità. Ferma.te questi e.roi, porbateli nel mondo quotidiano, interrogateli, fateli confessare: e concluderete col Bertana che sono astratti, che il loro peru;iero, i loa:o propositi non sono politicamente realistici. Ma voi avrete ucciso questi fantasmi sovrani riducendoli a uno schema che pe.r essi è menzogna. )fa dello Stato]' Alfìeri non potè dare mai uu concetto valido e chiaro, non perchè il suo pensieru non ne accettasse l'esigenza, ma perchè sempre doveva apparirgli come un risultato cui egh s'era profes.sato già inizialmente incompetente. Tuttavia l'idea dello Stato, anche taciuta, pervade i suoi propositi e iì suo pensiero come idea clefìnita di un organismo che dà una libera disciplina ai suoi liberi cittadini fondandosi appunto sull'antitesi ideale dell'organismo chiesastico (vedansi gli accenni alla sua ideale Repubblica - mai come in Alfieri la parola ebbe il suo sen.so etimologico romano - nel secondo libro, capitolo ottavo Delta Tiran- • nide). Il problema centrale era di crearlo, quest 1 Stato, e non ci si poteva baloccare con formnb tecniche o con piani fantasiosi: bisognava s:; • scitare delle forze, opporre delle vù·tù alla ti rannide; elaborare idee che div<;ntas.--,eroforz'•. Con duro travaglio 11 Alfieri riesce a superai·~ il suo istinto letterario e a vederle il realismo nece8.c;ariod<.:1lanuova posizione. Inizialmente opponeva al tiranno il suicidio o il tirannicidio attraverso la congiura. Sono i due modi dominanti nel sentimento dei suoi personaggi tragici: diventano l'esalta1,ione di una coerenr.a rioida e lineare sino al clis.'SOlvimentorli se me- ~ima. Anche la congiura è eroica solo in quant.o è un suicidio dettato dalla disperazione attraverso il quale il protagonista libera la sua libertà in una incontaminata catastrofe (Della 'l';ron,nùJ,, libro II, cap. V). Jn realtà , benchè la più verace gloria, cioè quelJa di farsi utile con alte imprese alla patria (Misogallo, prosa prima). , Il bisogno di superare le intemperanze ana~·- chiche che erano state necessarie nella polem,cs contro la tirannide conduce qui l'Alfieri ad nna professione che può parere cli nazionalismo. In realtà l'Alfieri parla di narione pensando a un elem€nto di dinamica e cli sforzo operoso, ma il suo concetto è molto vicino alla teoria dello SLato-Potenza. Per l'esigenza insopprimibile che egli sente di svegliare virtù e di imporre una direzio1~e ali'« implacabile sdegno contro l'opprassore , si indugerà an<..:henell' 8,'<;crcitazionea liberor l' /- folio dai, baròari ad affrontare. in termini di pratica contingenza la cleLenninazione ùi un -Jiscgno particolare capace di realizzare l'unità cieli' ftalia « che - come dice nel Jlfisorr1ll0, prosa prima - la Na.Lnra ha sì ben comandata, dividendola con limiti pur tanto certi dal rimanente d'J~uropa JJ. E' noto come egli tcn. ta&se di precisate l'effettuazione del sogno secondo un proces.50 che resta gcniahncnte re.... 1:- stico anche se non trovò ind ulgem,a nel BPrtan a e negli altri critici. Era affermato dall'Alfie•i con potenza ben nuova il ooncctto, che si stava ormai maturando nell'ari& ma cl1e solo nel 13,tCi fu realisticamente riprr•so della fine ne,,e1,~ri1. del dominio pontificio. L'Italia « divisa in rnolRinunciate invece a questo ultimo residuo veristico che v'induce, ragionando con le creature della poesia (le quali non hanno sesso nè passioni nè interessi perchè sono armonie e concretezze della irrealtà), a portarle nella vita quotidiana e a ceusura:rle o lodarle q=i fossero uomini: riportatele invece al centro e allo spirito che le ha determinate, ubbidendo solo alla sua r<>altà e spontaneità che è anche la sua assolutezza. Allora le tragedie alfieriane saranno una. conferma a posteriori dei princip che noi abbiamo determinato prima nella Jo,-o genesi conoettuale e il mondo che in esse si agita non sal'à che la praxis dell'affermato ideale. Giunti a questo risultato, se il critico pur volesse ad ogni costo cimentarsi in un'opera di astrazione, avrebbe dei modelli di azione, degli esempi di fantasia eroica in quelli che pm s'ostina a chiamar personaggi. Ma tale azione indicherà - come indicava la filosofia alfieriana nei suoi motivi piè1 o,·iginali - la genesi della volontà, la lotta interna, non un ipotetico fine o una determinata linea di azione contingente. Questo processo critico è il solo che possa dare risultati estetici alle premòSSe politiche. Perseguendoli nel lorn valore autonomo avremo la vera unità, riusciremo a conclusioni perfettamente corrispondenti. Valga no come modello di analisi quBSte considerazioni sul Saul. L'Alfieri combatteva con tanta ferocia p0rchè combatteva contro se stesso, contro le idee che esseD,do 11 suo sangue steGSo, gli rinascevano dinanzi diventate insuperabile ostacolo per lui. L'antitesi poteva perciò sembrare un'antite.si personale, sentimentale: era solo piè1 l'opposizione <li due volontà, e le imprecisioni ideali o teoriche dipendevano dall'immediatezza del contrasto. Ma non perciò si dovri\ ritenere valida l'interpretazione reazionaria e conservatrice in cui hanno voluto cosiringerr i suoi scatti sino a ccst ruirne un sistema di liberalismo pacifico, ne:mico di ogni violenza, costituzionale - che è in rC"altà il sistema della sua antitesi obbicUiva. Egli non si cullò mai in sogni di pacifismo e di idillio sociale. Non lo spavenLò la violenza se a.l es.c;aavesse dovuto sboccare la realizzazione delle suo idee. La previde. Jdentificò acldiril1.,urainiziativa e originalità con violenza e intolleranza. « E giunge avveniuratamcnte pure quel giorno in tui un popolo, già oppresso e avvilito, fattosi libero, felice e pol,cnte, benedice poi quelle' stragi, quelle violenze e quel sangue, per cui da. molte obbrobriose gencrnzioni cli servi e corrotti individui so n'è venuta a procrear finalmente una illustre cd egregia di liberi e virtuosi uomini ». La critica non è riuscita a dar ragione del capolavoro dell'Alfieri finchè ·è rimasta alle foo·mule patriottiche o romantiche e vi ha cercato la tra.gedia dell'odio politico o la tragedia della follia. Invern se l'Alfieri è il poeta d€ll'intuizione v-iolenta, come approssimativamente lo definisce il l\[omigliano, o meglio, il profe·a del superuomo, l'arlista dell'~roico furore, come appare al Croce, gli e!emenli politici e i remantici imvulsi di cieoa spontaneità creativa non saranno -il contenuto di una traaedia ma I? spi..rilo o ~a .forma ,del suo stesso sfo~zo es~ress1vo e _pa1-ra._ingr1n~o ed arbitrario ad ognuno astrarli q.uah gcnenci motivi cli pensiero dalla vivente sinte8i estetica :Meglio s'avvicinava· al vero il Sismondi che ce1cava nel « Saul » la fataliLà non del destino m, dèlla 1iatura umana , e vedeva nel re mo'. i-ente la vittima dei suoi rimorsi (non dei suoi deliLti) « aumenta.Li dallo spavento che un'immaginazione nera ha gettato nella sua anima .,, E inclipenclèntemente dal Rismondi. il Gioberti 0011 questo giurlizio: « Egli è riuscito a dipin'. gerci un tiranno, che sente ripiombare su di se stesso la propria tirannide, che n'è il primo schiavo :o. Nel suo realismo egli provò uno schianto al-

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