La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 31 - 25 ottobre 1922

CONTO CORRENTE POSTALE Rivista Storica Settimanale di Poli tic a ESCE OGNI GIOVEDÌ Diretta da PIERO GOBETTI '.oi&J Redazione: Torino, via XX Settembre, 60 fi2&J Amministrazione: Pinerolo Abbonamento per il 1922 (con diritto agli arretrati) L. 20. fi2 Estero L. 30 &J Sostenitore L. 100 ll1l Un numero L. 0,50 Anno I - N. 31 - 25 Ottobre 1922. SOM~IAR!O. Per una Societa degli Apoti: - A. Mo 'TI: Il Creare una. 8cuola liuera _ P. Gomorr1:Hl. Difendere la rivoluzione - E. R<,ss,: ::,,'otedi legiolazione ~ocial~ - P. Golizr1:: La filo-ofia politica di V Alfieri (Ili) - m. f.· Esame d1 stato e scuola libera. Per una Società degli Apoti Creare una scuola libera. Caro Prlz:ulini, CfJ11ti11uare per cominciare è s.tato il mio mut.. to di dopo La guerra, e mi pare che Yeramente non fallisca, pe.rchè rieccoci, quattro anni dopo la gueua, ,a ripetere le stesse cose che quattro anni prima. Anche allora ci si tormenta,·a con l'eterna. domanda: che /art! e anche allora le ·vie che ci si paravan davanti erano o parevano due: o l'ascesi o La battaglia, o la medita.1iione o la politica. Ed ora riprendiamo su Hivoluzio- "< Liberale il discorso della T"oce. Ma adesso è più urgente definir qualcosa, perchè noi abbiamo quarant'anThl., e i nostri amici di venti non stanno pit1 alle mosse. Riprendiamo dunque il discorro, ma che sia breve sta,~olta, e che sia, sopratutto, concludente. « I nostri sforzi devono esser diretti a educa1·e, scrivi tu a Gobetti, e Gobetti risponde il1eomma « educazione e cu.ltur.a sì, ma anche azio1.e e rivoluzione». E avete tutti e due ragion-e. E adesso vi spiego perchè io con voi prenda la posizicne dello Schiavo di Bari, e vi dirò insieme qual sia la mia idea sul nostro immediato programma d'azione. Qu.ando si farà, con la. storia della terza Ibalia, la storia della Scuola della terza Italia (che è poi tutt'uno) si vedrà che i1 fatto più notevaJe cli tale periodo è stato questo: mm classe dirigente che riesce a, fare per sessaut·ann1 una pCYlitica scolastica prettamente di classe. Non è mica vero che la nostra borghesia non abbia a- •vuto una politica scolastica; chè anzi ne ha ayuto una propria, di un ri~ore e di una logicità meravigliosa. Meta: 1'università; scuola media àdito all'università; ,scuola primaria àdito alla scuola media; scuola elementare 'e scuc~... media scuole di cultu:ra gene.raie; centro e simibolo il componimento retorico,; le scuole tecniche e professionali (nonnale e istituto tecnico), istituite via via per indulgere ai tempi, deformate e ridotte anoh'esse nei fatti a scuole cli coltura generale; gratuita per t,itti la scuola elementare frequentata per un pezzo solo da borghesi e fatta tuttavra per loro soli; semigratmta la scuola media e l'università col sistema. della moltiplicazione all'infinito di tali scuole :statali. Il popolo, la plebe, il proleta1·io, ,se vuoìe e se può, va a questa scuola, e, ne percorra auche 'Ull grado solo, il risultato è sempre quello: vi ent,ra popolo, vlebe, proletario e ne esce, per via di quella tal coltura generale, borghese. Pensa alle note particolari di codesto sistema,, misurane gli efietti, e dimmi se codesta politica scolastica non è politica, di classe, e se codesta. politica di classe non è un capolavoro cli abilità, e se in codesta politica non si trova il segreto di tanta parte, della vita politica. italiana. La classe dirigente che ha fatto cooì aveva tutto il diritto di far così. L'Ltalia se l'era fatta lei col' proprio pensiero col proprio sangue col proprio danaro,; la plebe non c'era e11trata per niente in· quel travaglio ,di.ritti a, spartire non ne aveva e se le le.sciavan le briciole era gran degnazione. Ma le briciole eran per lei in queste <Jasopeggio che l'inedia, perchè con l'inedia culteraJe la plebe, almeno, ,rimaneva se stessfl ; con ~_1.ellebriciole si trasmutava, come pei lacrimoSl farmach1 di C'i.rcei soci d'Odissea,, e diventa- ~'a... altra, cosa da se stessa, tradiva sè e la causa sua.. ' Adesso le cose si son mutate. Oltre a tutto il ~·esto che noi sappiamo, c'è anche stata la, guerra, e a fare, a vincere questa guerra ci si è tro- ,'ata ~che la plebe, ed a pagare il conto adesso pare che ci si voglia lascia-re solamente lei. E coé anche la ,plebe ha diritto di sedere a tavola con quelli che finora sona stati i dirigenti, e i <:a.sisoino,1~ue: o s.i mangia tutti o non mangia a1essuno pm. E nel campo della _scuola, come in quello della politica (che sono poi tutt'uno) lo stato di cose di avanti la guerra no.a può più durare. E' vero che a, un certo pu;.1to, visto, che il gioco era troppo soanda.loso, si è inventata la fornmla oscuoJa e vita,: la-scudla è la stra.da, la, scuola è J'officina, la aouola. è il cinematografo. Ma que5ta può essere una conslatazione, magari una i<:on.solaziono,rna non un programma: perchè, a !ragionar così, dove si finisce? Si finisce che la strada resta la strada, il cinema resta il cinema, :e la scuola non è più scuola; e co•nJa scusa che, tanto e tanto, c'è Ja, vita e che la scuola non è nulla, si pensa a vivere (tir11, a compà) e lw scuola si lascia che vada a rotoli. Adesso, davvero, i• ora di finiamola. Adesso davvero il popolo, il popolo come classe dico, -deve avere non u..tna scuola ma la .sua scuola: un.a scuola in cui .entri pro,letario e da cui esca pll"oileta,rio,in cui entri contadino e da cui. esca ,contadino e così pastore e cooì pescatoa-e e così operaio, migliore operaio, miglior pescatore, mig}ior pastore, ma pastore pescatose operaio sempre e non una mezZiacalz.a e UJl aspirante impiegato; lui e mon U11'altro. E poi a.v.a.nti.No11 basta a ciascuno il suo; la fo.rmula va bene per un catechismo li ber ale, ma per un programma di azione 110,n basba. Dunque avanti, rivolta!!" la trincea, rovesciar la posi~ione. Anche alla borghesia., per il bene, dopo tutto, della borghesia, strappare via codesta iuu.tilissimai scuola. d,: cultura. qenerale, eA darle invece una scuola che sia anche per lei .una scuola db lamoro e no O' UJla scuola di retorica, una scuola interessata e nnn u11a scuola disi.ut,eressa.ta",cioè campata in aria, cinè inutile, cioè dannosa. Questa n1.t0va. scuola, questa scuola riform·ata, non -esiste solan1ente come aspiraz,ione 10ia o di qualche amico: mio; c'è per la sua istituzione un copiosissimo «materiale» ; ci sono programmi, istruzioni, disegni di l,egge; tutto è pronto; vi han lavora.ta attorno, guidati da. Salvemin~ e da Lombardo Radi'<:e, studiosi più insigni 1 studiosi più modesti, prima per mezzo della Fedeu-azione, poi, in gruppi isolati, per mezzo di riviste e giornali che tutti conosciamo. Ma, quel che più conta, ci sono, per l'istituzione e la gestione di questa scuola riformata 1 anche gli uomini, fra di nari. Se vogliamo definire nelle sue note caratteristiche ,l'Italiano del Risorgimento noi lo dovremmo ichiaJnare « }'uomo ma-estro»: Settembrini, Tomma.seo, De SanCtis, per dir di. alcuni dei massimi; e anche dopo la tradizione non s1 è persa: Carducci, Abba: e sulla fine del secolo scorso con tante altre figure di allora, torna la figura dell'«italiano maestro,: Crnce. Gentile. E noi, piccola gente, che respiriamo cli quest'aria, che cosa si1am.o in.somma~ Pensiamooi bene, se siamo qualcosa siamo appunto dei maestri. Ho nominato Salvcmini e Lombardo-Radice: ma tu stesS'Y Prezzolini che cosa sei1 pure senza laurea e senza cattedra 1 i buo amici cl i Firenoo non ti! cbiamavan per celia pedagogo 1 E i piì1 giova111,i: GobeLti, Caramella, tan,ti altri, regolari o irregolari, 11011 son maestri anch'es$1? E la. Foce e !JJ'Un.ità e Rivolu,zione, Liberale non sono esse anche scuole libere, scuole alla greca.! Dunque, riconosciuto! il nostro vero esse,re, non è con ciò già risolto il piroblema d.el nostro agire 1 Amici nostri, quelli cieli'Associazione· del i\.'.f ezzcgibrno, mentre noi si discute, già ci han 1>recerluti nel!' azione: Lomba.rdo,, ZanottiBianco, Isnardi son la~giù, ,in Sicilia, in Calabria a far scuole e asili per pastori, pesoatoni, minator:i. Essi ci mostrano la via. C'è tanto Sud :in tutta l'Italia, e non sono so·lamen,te i pescatori di 111.azza.rao i pasto,ri cieli'Aspromonte che aspettan la loro scuola, ci sono anche i maestri •di tnttii i contadini del Norcl e gli operai dei snbuo·bi di 'l'orino e cli 'Milano,, e i piccoli borghesi di tutta Italia che aspettian, qualcosa. in questo senso, e tanto più attendono ora che capiscono come tante loro speranie sono andate deh.\se per manco di cultura autonoma, e di preparazione tecnica. E noi dobbi'amo dare a. questa gente la ]ol'O' scuola: noi dobbiamo essere gli Scolopi della scuola riformata; noi ci dobbiamo, costituire in wna corporazione, in un ordine, sì in un ordine religioso, per la fondazione e gestio<1e di queste scuole. E' la mia idea antica. Ricordi, Prezzolini, i miei due articoli sulla questione della Scuole Media su.)la, Voce ciel '131 Conquistare la libertà della scuola, e valersene per crea.re 1a scuola libera laica. Allora la chiamavo laica pe1cbè non mi soccorreva. altra parola, all0ra variavo con te di ~inistero libero della Pubblica Istruzione, ma, insomma, allora pres-entivo quei che ora dico. • Adesso l'idea mi-a si è precisata. così: dichiarnrci costituiti in ordine per la fondazione di scuole e, naturalmente, fondare queste sc-uole. Fondarne II ntt, di quE:ste scuole, una tecn1ca o una normale o una popolare complementare, 1111r1 sola, ma 11ostr1t e con gente 11.ostra. Se s.rrivi-a.mc-a farne una, il problema sarà risolto, poi ne faremo anche cento. Io ho provato da solo: ho provato a Breno, non ci son riuscito: sto ritentando con un amico a Colo~a-Veneta, ma la cosa è già pregiudicata da un pareggiar mento avvenuto di questi giorni; e poi da solo 110n si può; bisogna essere in parecchi, essere un gruppo, una società, un ordine, un ordine •rflirri,01Jo. :Ifa la fed.e? Eh! la fede, in noi, c'è. Fede è bisogno di credere, è volontà di credere, e noi sentiamo questo bisogno, noi abbiamo questa vo!on1à, quindi abbiamo La fede. Così l'avesse,ro ;tutti quelli che port:an chierica, chè le cose andrebbero meglio anche per loro. llfa quello che ci impedisce di agire nel modo ch~io dico, oltre al fatta di non essere ancora <:ostituiti in ordi11e, è la <resistenza passiva delle istituzioni attuali (parlo espressamente delle istituzioni scoLastiche) e degli interessi, vastissimi) che vi si incrostano attorno. Se anche noi domani ·si dicbiaras..c;e formato l'orrline dei nuovi Scolopi, ed avessimo per l'attuaricne del nostro programma tutto quello che .occ6r:-e,. noi non, riusciremmo, col regime attua.- le, a creare UJna sola scuola che fosse vitale. E tu sai perchè. Iu qu€sto dopoguerra ci sono stati in Italia du.e tentativi per conquistare la libertà di azione nel campo scolastico: uno è riuscito, l'altro è fallito. E' riuscito il tentativo fatto dal!' Assoc ciazion:e del Mezzogiorno e dalle altre associalzioni delegate per Ja lotta contro l'analfabeti- .ismo; è fallito il tentativo fatto dal Partito Poa,ola-re 1;er la conquista del cosìdetto Esame di 1Stato. Il tenta.tivo del]' Assooiazione del Mezzogiorn10, mercè il quale' Lombardo, Isnardi e gli alt.ri, da due a.uni creano ne1 Mezzodì, in regime tli libertà e di regionalismo, scuole elementari ~ asili, è ·duscito perchè per esso si è fatto ricorso a dei mezzi. rivoluzionari, cioè all'emissione del Decreto-Legge 28 agosto 1921, n. 1371, cosLit,uente l'Opera contro l'analfabetismo. Il terntativo del Partito Popolaire per la libertà della scuola è fallito ,perchè peT ottenere il suo ,intento il P.P.I., da buon partito di governo, ha. dovuto ,i·icorrere aj mezzi legalitari e costi tu-' zionali; tre volte don Sturzo ha tentato la prova, tre volte l'ha fallita, e ora, dopo il teno inc successo, il Corriere d'lta/io,, dioondo che nelle condizionii attuali parlar di libertà della scuola in ItaJ:ia ò far dell'accademia, ba tutta l'aria di voler diro che l'idea, anche in quelle sfere è 11bbandonata. - ' A questo punto tu hai già capito, dove io vada a finire. Tu Prezzo lini insisti sulla. necessità di legarci tra di nari. com legami anche esterinri, an- ~i già pao:li della « Congregazione degli Apoti]): Gobetti ribadisce il chiodo del , mito di azione, • e della «profezia rivoluz?onal"Ìan: io trovo che l,ivete tutti e due ragione e dico ohe gli Apoti devono esser per ora immedjatamente degli Scojopi, e aggiungo che, perchè questi Scolopi-A poti possano agire, bisogna che essi od altri. faccian la. rivoluzione. Dopodichè mi pa,·e che la qu<>- stione si potrebbe porre così: dobbiamo fare 1)rima La Congregazione o prima la Rivoluzione? o, in altri termini: dobbiamo intanto costituirci in Congregazione, e, quanto alla rivoluzione, acoontentarci di ... pregare per essa 1 oppure ci cl.abbiamo metter<i definitivamente in u.n _movi- 'JT1entopolitico rivohrnionario, com l'intesa. di vaJe,·ci poi della rivoluzione per attua.re il nostro programma... c0J1gregazionista 7 Che ne dici I-Io prevenuto quel che tu pensavi 1 o son fuori di strada? o mi perdo in inutili farneticamenti 1 Rispenderai tu, o risponderà Gob<>tti, o risponderà qualche altro: ma la mia idea. fissa è quella: , creare una scuola libera». Addio. Tuo aff.mo AUGUSTO MONTI. III. Difendere la Rivoluzione. :.\lio car'J 1Ionti, mio caro Pr~zz'Jlini, L,1 N,- rr,/1t21r11,,., L &, rolt- è ieJid.céma di di.s.<... -uter-:=c,.,n, Yci di « Congregazione df:gli a.poti~ & di q ;y:uo:.a libera,. 1Ia quando dal probl~ma partic'>:ar,; rr:.stro, dall'idea concreta in cui esrJrirrH::teuna v0:.tra esperi~nz.a, venite a teorizzare un programma e a porvi J'a.strattissima domanda (,.'J,,e far~ I aJlcra dovete permettere che; io v-i intk.rrompa anche a C-OStodi pa.rlare rud<=ent~. -:\"oi non, ~iamo dei disO<'.,cupati: noi sappiamo benissimo che fare. Sappiamo risolve~~ senza incertezze nE:1nostro ·spjrito pratica E: ie,Or.,a_ Xon abbiamo fatto la guerra, ma l'abbiamo respirata nascendo, ne abbiamo imparato un rtJJ- /i;mo '[ft'egiudicato che liquida per sempre : romanticismi dei precursori, di voi che siete anr,;0,- ra i nG5tri compagni, i nostri fratelli maggiori, ma terribilmente malati della vostra ares,;a precocità. Xvi amiamo troppo Lo r9ce ·yera, per non saperci distinguere e per non saper rinnEgare i oogni ingenui della r oce, che iurono beili e fecondi, non pe,r sè, ma come illusioni suscitatrici cli risultati, e che oggi sono inutili, e segno di un'inquietudine malsana. Xon già eh~ si ria diventati saggi e composti, o ohe abbiamo rinunciato a fabbricare nu.o\-i mondi. ma sappiamo di doverli costruire con disperata ra~ gnazione, con un entusiasmo piuttosto cinico che €.Spansivo, quasi con freddezza perchè ci giudichiamo inesorabilmente 1a\·orando, e conosciamo be.nissimo i nostri errOr:i prima di compierli e li facciamo deliberatamente, di propOEito, sapendone la fatale neces..,cità. Costituendoci ogni :~ stante l'o!!g-etto nuovo della nuova fede abbiamo impa/a..,to l'ineluttabilità e insieme rinutiJità della fede. Disprezziamo i facili ottimismi e i facili scetticismi : ci sappiamo distaccare da noi stessi e interessarci all'autobiografia come a un problema. L'azione diYenta dunque una necessità di armonia: noi abbiamo un-a sola sicurezza: la responsabilità, e un solo fanatismo: la coerenza.. Preferiamo Cattaneo a Gioberti : Marx ·a Mazzini. Siamo estranei allo spirita del Vangelo: Cristo non ci ha insegnato nulla: se non 11 .i;;acrificio; ma noi vogliamo un sacrificio più disinteressato (dite pure, se vi pare, più inutile), senza speranze. Ci sentiamo più vicini alla disperazione del Vecchio Testamento: la sicurezza di €sser condannati, la crudeltà inesorabile del peccato originale, volendo usare forme mitiche di espres.sione, è la sola che ci possa dare l1eutusiasmo dell'azione, con la responsabilità, con i1 elisioteresse. La nostra ,·olontà è serena, la nostra moralità necessaria perohè non abbiamo più bisogno d, 1I€s.sia. Tutto è crudelrr.ente uguale, ma perchè la tragedia sia perfetta bisogna pure che ci sia obi si sacrifica, chi insegue, con arido amore, il suo ideale etico. Y oi capite che qui al pesto del dilettantismo e dell'iugenuìt?-i incamtata e del propagandismo noi abbiamo messo il pessi1n'ismo del1'organicità; non siamo più degli erci, fosse pure con la malizia ottimistica di Don Chisciotte: ma degli storici disinteressati (artisti) nel senso di 1Iachiavelli che sa trornre la ste._<saeticità (praxis) in Calli~1acc, in Castruccio Castracani e nel Duca Valentino e discutere con lo stesso impegno e la stessa serenità indifferente l'impresa della Mandragola e le sue legazioni : trattandosi nell'un caso come nell'altTO cli far prevalere l'astuzia e attività, (serena, eroica, etica) contro l'inerte ottimismo di qualche messer Xicia (non vi siete mai accorti che frate Timoteo è per M. un perscnaggio simpatico~). On. nella Voce accanto al realismo da cui è nato, peniamo, Amendola, c:era ancor troppo Lemmonio Bo-reo ed è inutile ricordarvi ohe • Lemmonio Boreo, è diveILtato con perfetta cocre;nza l'Iliade del fascismo. Quando ci si incominci.a a chiedere: che fare? bisogna proprio convincersi che si è 'in quella posizione di disoccupati, astratta, fo·ammentaria, immorale, uma'llistica., che definisce l'ù,te/lettuale ii, Italia e presto o tardi bisognerà andarsi a ritrovare in qualche garibalclinismo, o legionarismo, o fa~•!lsmo. Io temo, da qualche tempo che nel gentili.smo (non in Gentile uomo che è così simpabi'co, rude cattolico, intransigente, settario; ma nel Gentile dei ])iscors·i d·i l/ehgione e di Gnerra e fede e di Dopo la vitto,ria che è poi una sola cosa col G,mt.ile nazionalist.a.) ci siano tutte le

116 premesse per il pe:rfetto· danuun:cianesimo. Se si dovesse, caro Prezzolìni, risalire a certe respo1I1sabilità della Voce del '141 Io ti confesso ohe norrume ne sento il coraggio tanto mi son abituato a considera.rtii insieme con gli altri tTo miei ma€Stri Cr.oce, Einaudi e Sa.lvemini, la p~ì1 perfett,a antitesi del dallllunziauesimo. Tutto questo disoorso può forse sembrare ge.- uerico ma spiega perchè le proposte di costituirci i11 congregazione o di pregaire per la rivoluzione, fuichè s01·gono così a oaso, ci lascino più stupiti che curiosi. Creare una scuola libera 1 ,Ma q•.1estoè un altro problema, un altro proposito che nn un uomo come A. Monti si può considerare con qualche fiducia sinchè egli ci descri-.. ve le s:ue espe.rien~e (ve&ete il suo libro Scuola cla:3sica e vita moderna, che stiamo stampando), ma che incomincia a non esser più evidente appena si fanno progranuna per l'avven.i,re. Ven·à l'esame di Stato1 Potrebbe. anche darsi: ma per me e per il progetto di Monti l'esame di tSa.tc non è nulla finchè non si sopprimono metà delle .attuali scuole medie: e a questo certo non si verrà. E dove sono gli uo1nini maturi per insegnare nel modo nuovo~ Ha ragi,one Monti; Prezzolini è uno dei più singolairi educatori ·1Ilostri, e con lui Ansaldo, Papafava, Emery, Formelftini, Caramella, Fubini, Sapegno e cento altri; ma educatori, almeno per quel che se ne può gJu-. dica.re sin qui, ilzl quai1to facciano ci,ò che fanno, studino, pensino e scrivano articoli, librj, conferenze, ecc. La Voce, L'Unità, La Riv'Oluzion,: Liberale sono scuole libere, scuole alla greca, ma finchè :restano La Voce, L'U11.tità, La RVVoluzionie Liberale e in questi organ..ismisi limitano le esperienze di maestri di molti di noi. Sapremo fondare utilmente delle scuole1 E' un'altra ce5a: possiamo provarci, appena ne sentiamo vivamente il bisogno: ma sia ben inteso che il cimento è tutto diverso da quel di prima; si tratta di fare U'llia. cosa nuova -e bisognerà ben va.gliarne l'utilità, e gli effetti, che potrebbero anche essere tutt'altro che felici.- Io, per es., non ho nell'istituto scolastico tutta la fede che ha Monti, forse percbè non ho, come Monti ha, il mio liceo, frutto di vent'anni di lavoro: e Prezwlini, Ansaldo, Emery e tanti altri saranno per l'appunto d'accordo con me. Ad ogni modo fondare de)le nuove scuole, checchè ne pensi l'amico Monti, non è più rivoluzionrurio che il far u11arivista nuova; 06Sia non è che un elemento del processo delle iniziative e bisogn:a tenerlo al suo posto, neì. suoi limiti, senza attribuirgli nessun significato palingenetico_ che lo trascenda, altrimenti tutti i nostri sforZ1 di autonomia si distruggeranno da sè medesimi. Discutiamo di scuola j vediamo se si•amo capaci di fondar noi le nostre scuole riformate: il tempo ci mutererà: i risultati verranno, ma queste sono soltanto le premesse dell'elaborazione. Ecco il pnnto: bisogna smetterla oon le inqu.ietuc:Lini e le conolnsionii ed enuncia.re delle premes.se, invee.e che dei programmi. Starno nvoluzionari in quanto creiamo le concùilzioniobbiet: t.Ive che incontrandosi con l'ascesa delle cl.assi proletarie, indicataci della storia, genererau!ll? la civiltà nuova., il nuovo stato.: ma non perche ci mettiamo a bandire la riYoluzione, a darne ii se"110 ,m un articolo di ,,.im-naJ,, o in uu, discorso alfe masse: anzi la nostr.a posizione è così delicata e curi06a che noi ci guardiamo beue dal parla,re alle masse, temendo che per es.se le nostre parole diventi.no unia rivela.zu>ne illum1rustica d.aJ.l'alto che ne interrompa il salire autonomo Potremo formare la congregazione degli apoti? E una propcsta che non sapp~mo respmgere, ma nemmeno accettare senza diffidenza. Bisognerebbe prima che Prezzolini ci dicesse bene che cosa vuole: noi non abb1amo nessuna smania di coe:titu.irci in ordine chiuso anzi vogliamo essere più aperti che mai e l'inventario si farà tra cent'anni; i frutti li raccoglieranno gli altri e saranno diversi per fortuna da quelli che oggi operiamo. L'ordine chiU50 per noi sarebbe una posizione di difesa: la potremo a.5sumere, ma in un caso SJJP.....Cifi.co, in una n~...sità concreta. Per eoempio di fronte al fascismo. Mentre a,.sistiamo ali{}più vi"liaccbe dedizioni degli intellettuali ai fase! neri.non ci siamo mai &entiti ta!Il/t,oferocemente nemÌ<,~di q1J.€6t'"i-ntkllettualità delinquente, di questa eia""" bastarda, boll.ata così definitivamente da Marx e da Sorel e in Russia dai bolscevicbi. Sapremo mostra,re come ci dist~u.iamo da questi parassiti anche a cr..;;to di ricorrer~ a una tattica anarchica di. irumrrezionismo armato, se pure il fascismo ,;i.onsi risolverà allegramente in un.a pa1t11genesiottimistica di d~- mocTazia e di riformismo. Di fronte a un fa,;c1smo che COll l'abolizione della libertà, di voto e di stampa volffise soffOcare i germi della nosbra a.zione formeremo bene, non la Congregazione de"li Apoti, ma la compagnia della morte. Non ~ fare la rivo]117..ione,ma per difendere la rivclur.ioue. Mi scrive Papafava dalla Germania k ste,;se cose: per una poosibilità di tal genere, dice, è pronto a ritornare per menar le mani: vedete, noi sappiamo beniS8imo che fare. Ci 90· no oltre queste altre vie aperte, altre poe,sibilità 1 Benissimo; limitata in questo seru;o la ricerca è utilissima e rinf!Taziamo Pre-zwli.ni di aver cominciato la <lisc~cme e preghiamolo di e,-on~ tinuarla. Przno GoBE'fTI. b10 10 eca LA RIVOLUZIONE LIBERALE notedi legis_lazione s ciale. L'assicurazione per la invalidità ,e la vecchiaia viene fatta in Italia col sistema delle marche d" applicarsi dal datore di lavoro su tessero personali di ciasctm lavo-rato.re. Solo per le famiglie colonich-e e degli affittuari la tessera è unica per tutti i loro componen,ti. I lavoratori che possono provare di avere versato un minimo di contributi, in caso di invalidità, o a,rrivati ai (35 anni, banno diritto ad una pensione. Il datore di lavoro applica periodicamente sulla tessera la, marca cli più o menQIvalore a seconda del sa1aTio che cor,risponde al lavoratore. Egli stesso sootiene. la metà di questa spesa) l'altra metà la. sostie.ne il lavoratore, in qt.anto e.gli se ne rivPle trattenendone l'importo sulla sua, pa.ga. Il datore eh lavoro è però respons1,bile della incompleta o mancata assicurazione anche se il lavoratore non n.e vuole sapere. Questo sistema dà molte 110ieai datou·i cli lavoro, ha. parecch.i inconvenienti e costa, eccessivamente. • Si· immagini di quali complicazioni è causa questo sistema nelle aziende agra;ie a conduzione diretta, in cui il la vo-ro dei campi è fat,to i_n prevale11za da giornalieri. che cambiano 1n continuazione e le mairche vanno applicate in rapporto all'effet_tivo lavoro, prestato talvolta. a frazioni di settimana o di giornata. I lavoratore perde spesso la tessera, la sciupa focilmente, ed occorrono lunghe pratiche p<è! ottenerne un; duplìca.to in cui si riporti il numero delle marche pagate nella ve<:chia tessera. Quando j[ bracciante presta la sua opera fu pa~ecchie aziende successiva.mente, riesoe impossibile di t.l'ovare il datore di lavoro responsabile se uno. di essi non abbia pagato l'assicurazione dovuta. Per le famiglie coloniche le marche vengano applicate una sola volta l'anno su m1'unica tessera. Ma le marche da applicarsi sono di diverso valore a seconda del sesso o dell'età di ciascun componente la famiglia colonica. Il ·dat◊re di lavoro deve quindi téner in regola tutto u110 stato di famiglia, non essendo obbligato all'assicurazione peT i ra.gazzi fino ai 15 a~ni, dovendo pagaTe una data somma per l'assicurazione dei lavora.tori dai 15 ai 20 alllli, ed una somma diversa per i lavoo-ato-ri-dai 20 ~i 65 -alllli. Se nn membro della famiglia colonica va a lavorare fuori del podere per un certo periodo, egli non è obbligato a fare per lui l'assi<:urazione, poichè ad essa deve pensare il .datore di lavoro presso cui. quello. si reca. Il proprietario terriero deve t;,n.'er conto di chi muore, di chi parte, di chi si spOsa, di chi nasce, di clii l~vora fuori del podere~ , Infine siccome i oolon.i in genere non ne VO,.. glion sapere della trattenuta su.i saldi per la metà della spesa d'assicu-razione, ed il proprietario secondo la legge ne è l'esattore, responsabile anche per la loro parte cÒn diritto di rivalsa, ne sorgono questioni ed attriti, che ancor più rendono difficili i rapporti fra proprietari o ccloni. Un agricoltoTe, 11 eriig. Orazio Tamburini, in nna lettera che dirigeva ali'< Agricoltura Toscara 1, scriveva te.rnpo fà con ragione a questd prop0sito: « Noi proprietari agrip-01toni vogLiamo cose chiare, semplici, precise; noi siamo occupati, cari signoroni degli uffici, nott abbiamo tempo da perdere dietro le vostre circolari e sui vostri moduli. Nei nostri scrittoi non c'è pooto che pe, i libri colonici, che per le riviste agricole, e voi continuate a soffoca.reicon regolamenti e decreti, con ogni sorta di carta stampata. Se volete del dena;ro, avanti, coraggio ... noi si paga a pronta cassa•· Quello che indispone gli agricoltori, più aJlcora del nuovo aggravio fiscale per l'assicurazion-e, .è il modo della sua riscossione. La vendita delle tessere e delle marche, la rinnovazione annuale delle tes3ere1 i controlli, i visti, le ispe½ioni, le contravvenzioni, le controveraie che ne nascono, importano una spesa sproporzionata per il mantenimento di tutta la burocrazia riecessaria. Crediamo che i contributi riscossi finora non eiano stati neppure sufficienti a pagare gli impi€gabi. Sarebbe una cosa buona avere delle cifre precise che di mostrassero quant'è costato realmente ,[a,!la sua costituzione ad oggi l 'ordinamen Lodelle a•seicurazioni per J1invalidità-e la vecchiaia, e quali rooulta'.:,isono stati conseguiti. Ammef.C.,om, a non concesso, che lo Stato, ,] quale in Italia non riesce ad assolvere i suoi compiti essenziali e sbarca il lunario gioocnoper giorno aumentando continuamente i suoi delri.iti, debba provvedere ad assicurare il minimD cli rendita ai lavoratori quando per invalidità, e vecchiaia non siano più capaci di guadagnare, a c-iò si dovrebb0 provvedere, come si è già provveduto per l'assicurazione infortuni in agricoltura, col sistema delle 60Vrimposte invece che con quello delle marche da applicarsi sulle tessere iLdi viduali. Lo Stato dovrebbe cioè assicurare per suo conto questa rendita aumentando le imposte per sopperire alla Jruova spesa. Senza bisogno di creare 11uovi.organi di riscossione e di intralc:i.El. re le i11izi,ativep.wduttrici, Fa ridere il sentire che la complicata riscossione dei contribuiti è conseguenza della vok,nfa educativa che informa la nostra legge. Lo Stato, si dice, non vuole da.re a.i lavoratori un'assistenza e basta. Vuole educarli alla previdenza e al risparmio. Invero da un 'buon pulpito viene la predica! •Ed il metodo di questo educatore, che ritiene di potersi così poco fidare dell'educa.udo da obbligare un· terzo ad essere responsabile dei pagamenti eseguiti per suo conto, ci sembra assai saggio ... L'assi~urazione per la vecchiaia è fa.tta a traverso l'assistenza dello Stato, e non con una frnta cli assicurazione. Ar,iv-ato a 65 ,anni il lavoratore belga ha diritto ad u.ll'apensione; minore o maggiore a se~ . I conda, se abita in un Comun;, di prima, seconda 0 terza categoria, ed a s~onda se ha più o mBno ,·i.sorse finanziarie per suo conto. (Da noi anche un colono che ha qualche centinaio di migliaia di lire alla banca, per il fatto di essere colono è obbligato alla assicurazione e riscuote la pensione come se nrnn avesse alcun altro provento). Le spese necessarie per il pagamento della pensio,D'e sono nel Belgio per cinque ottavi a carico dello Stato, per un ottavo a carjco delle Provincie e per due ottavi a carico dei Comuni. Nient'altro. Ma .... allora non ci sarebbe bisogno di un' a.pposita e< Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali», nott oi sarebbe bisogno degli « Istituti Provinciali di Previdenza Sociale», non ci sarebbe bisogno di man.tenere in vita. quasi appositamente un Ministero ... ERNESTO ROSSI. STUDI SUL RISORGIMENTO La filosofia politica di Vittorio Alfieri. III. La gnoseologia. La metafisica della Libertà si fonda, nell' Alfirui, su aJcuni espliciti presupposti gnoseolog,j:ci, coscienti ·e oiJ.·igin.alin, on mai organizzati in una vera e propria logica e tuttavia rimasti a ispi- ;rare ogni sviluppo ideale, come costanti convinzioni. Per questa gnoseologia, immanente e professata., l'Alfieri partecipa in .mod.o originale, nel gran qua,dTo della storia, della cultura europea ,rue[ '700., a.Ila creazione delle correnti di pensiero romantiche. La logica intellettualistica è tutta negata e superata nelle affermazioni con%t-tuali che qui riassumiamo ed -enunciamo e che po;i. cercheremu di intendere 'e valutar;, nel momeruto storico che rappresentano, e nell'unità dello -spirito da çui sOrgono. I. Limiti del sapere umano: negazione della metafu;ioa dell'essere e delle relig,ioni riveJate. - 2. Spon<taJ1ità e ne<:essità dell'attivita spiritua, le: lo spirito come conoscere. 3. - Unità dello spiiito come unità di giudiicare "' di sentire. - 4. Carattere creativo del sapere aoientifico : Limiti dell'astratta attività intellettuale. - 5. Valore 'pragmatietico del conoscere. N ecessità dell'azione. 1. - L'.a.rui,mae la divinità so= per Alfieri cose che l'uomo non intende e intorno a cui si è lasciata fare un'opiruoùe da altri (Della Tàrannide, libro I, cap. VIII). Per altri devesi intende.re i tiranni ci quali dalla, superstizione e totale <ignorano:a dci popoli t.l'.aggolllpartito per ing1annarli e impau.ri:rli ottenenclone cieca obbedienza. La religione come strumento di tirannide è iruvero un concetto tradizionale dell'anticLericalismo. :P,,m, tuttavia che I ',Alfieri ne intenda con profondità, il fondamento psicol()gico e filosofico perchè lo attribuisce non alla forza e alla violenza dci tiranm, m,a alla loro astuzia nel conoscere il cuore dedi uomini. L'asserzione nel suo valore sillogistico riconduce dunque alla premessa necessaria, qui lasciata sottintesa., che nel cuore degli uomiirnila religione &iva di una certa realtà, corrisponda ad un'esigenza, a,nche se la soddisfi i11 modo illusor"". Il concetto è affermato altrove in modo ben più singolare: , Donde wn error si svelle, a/tro s,m, pumti •· (L'anti:religioneria. Satira VIII). E qui la frase scultoria m,irabilmente. ripro-- du.ce il pensiero •a.lfieriano nella sua doppia sfurr:atura. La religione come sistema., come rivelazione metafisic.a è un errore:, ma il mondo se me vale e non può farne a meno. FalS:e sono 1le religioni, falsi i dogmi, vera la religione, vero la spirito ,religioso. All'esperienza etica, all'esperienza umainia.,si cLeveri,durre il criterio di va1ut;izione e di giustificazione: per la logica e per la metafisica la conclusione è, ,anche nel Misoga!lo: « lndaua,· non dessi - Di Iddio mcvi ,vulla ». Questa duplicità di atteggiamenti caraitterizza limpidamerute un Alfieri anticattolico e antivolteriano. La misura e il significato che ba pre- . so per noi il suo .antidogmatismo ci consentono di interpretarlo come posizione di critica contro il vecchio mondo .medioevale. D'altra parte avremo agio cli comprendere meglio le esigeinze religiose nettamente moderne sentite dall'Alfieri se le ripo.rteremo al valore etico cbe eglri.attribuisce, come abbiamo. visto, al fatto della religiosità. 2. - La negazione stessa della metafisica rivelata reca già impliicita in sè l'esigenza di una altra forma del conoscere a cui l'Alfieri possa credere deliber:tamente. Sarebbe ingenuo, tuttavia, attenderci a questo punto da lui un'affermazione panlogistica che non troverebbe terreno spirituale adatto a uu adeg-uato svoli1mento. La sua forte ind,ivi.dualità reagisce anzi vò.o1,mtcmente alle costrizioni del formulismo razionalistico e cerca cli tradurre in valori spi.rituali le a,.pirar.ion,i del sentimento. Tornerebbe per qne:sta via il pericolo cl<lllametafisica, della metafisica del cuOre, della credenza, schietta.mente mistica e ineffabile. Ma ,i[ ritorno non ha .minore irc..portanza del punto. di partenza perchè ci fa ~edeTe l'Alfieri sollecitato dai motivi spe,,ulativi più elevati del suo tempo, incerto tra una posizione dà ci·itica che Teca qualcosa cLipiù profondo che non. sia negli enciclopedisti, qualccsa, di ciamo la pa:rola, di Kantiaino j e una posizione di pragmabista che riecheggia, originalmente, Rousseau e J aòobi. Da questi dissidi non riso.tti nascono le contradd-izioni notate dai critici: eppure in questa perell/nità dci contrasto (tra l'esigenza anarchica. e l'esigenza sociale j tra sentimento e ragione) risiede ù! segreto della sua, grandezza libe,ra dalle esclusivistiche intemperanze cli due momenti antitetici, 1e qua.li docum.entano una rna.lattia del secolo mentre egli supera. la crisi e Oscuramente i·ntravvede le soluzioni deU1 avvenire. • Questi concetti sairanno più chiari quando avremo spiegato in qual senso si discorra qui dì U:ll. pragmatismo alfieriano. Facendo sua una lucida visione del i\fachiavelli l'Alfieri :Y.iconoscenel tir-anno un uomo superiore, capace cli conquistare il dominio solo in: quanto abbia iruiz.iaJmentemaggior capacità intellettiva~ ossia sappia penetrare e conosoo.re le inclina.zionn degli uomini (Della Tirannide, libro I, cap. VIII). Altrove si dà del tiranno altro giudizio: ma la oontradclizio-rne è solo apparente. Poichè accanto all'odio sacro l'Alfi.eri non .r:iesoea soffocare una certa sfumatura cli simpatia quando- -çede il tiranno nel suo sforzo di affermarsi, nel momento in cui crea la propria. superiorità. Si speg1nequesta ammirazione dove la tirannide affermata diventa un'abitudine che la sola violenz.1basta a manten,,re: a eiffa.tto tiranno l'Alfieri oppone lo scritto,re, vindice di libertà ,in pagine che paiono addirittura contr,asta.re con il suo costante amore per La pratica (Del Principe e del- ],, L<,t,t,;re, libro II, cap. VII), ma di questa lllloortezza già s'è cLata una ragione a priori. La necessità di scrivere per uno sfogo dell'anima • può spingere l'uomo ad essere quasi che un Dio, (Il principe e le lettere., libro II, 00,- pitolo I) ossia seri vere per l' Alfiertl è lo stesso ,che pensar-a, e pensare è agire. Ne La, vVrt-ù scrfn1 osciuta ta1e conclusione rimarr-ebbe dubbiosa. Nella 'ftirannùle è limpida e sicura. Ripugna al11 Alfieri, .artista, ogni concezione estetizzante dello :spirito: sentimento e ra.gione; pratioa e teonia sono le forme dell'umana attività,, ma tanto unite e coerenti che insieme prOSperano in ,regime di libertà e insieme si corrompono sotto l 1 protezione del pri-11cipe. Poéchè nel principato si può raggiungere l'eleganza del dire, ma IIlOll la sublimità e forza del pensare (Il Principe e le Lettere, libro I, cap. III). 3. - Anche all'affermazione alfieriana deU\,. nifa dello spirito no.o:bisogrta att.l'ibuire un valore tecnico: il problema dell'wJità, e dei distinti non s'è posto ancora nei termini teoretici e col significato preciso che oggi vi annettiamo: enciclopedist.i, e cattolici muovono spontaneamente senza discussione, dall'unitli indistinta ., im,;ediata del senso o dò.Dio . & tratta di uua intuizione che scaturisce di- ;rettamen te dalla forte iudividualità dell'Alfieri e eia oui egli si sforza cli dedurre tutte le conseguenw etiche. L'unità di sentimento e di pensiero ristaWendo come cnteno di valutaZLOne morale la categoria della ooerenza costituò.soe il presupposto teorioo dell'agire secondo una concezione di intolleranza. All'esame intellettualistico che considera lo spirito secondo artifieiali d; visioni e rigidi casellari sottentra il concetto del giudicar;, come atto mDrale, il concetto dell'errore come immoralità. E' vero che l'Alfieri non ha dedotto dalla sua ocoperta chiare conclusicmi, ma vi sono impliciti 1tuttavia i pre:suppos\Ji. per una nuova etica cOstru.ita intorno al concetto cLiazione come espe- .rienza interna invece che intorno agli schemi di una precettistica tradizionale. « Il giudicare e il sentii.re, rono uno: nè senza ,affetto alcun giudizio sussiste, poichè ogni cosa, qualunque O vista o sentita, deve cagionare nell'uomo, o piacere, o dolore, o meraviglia, o sdegno, o invidi,a, od altre; bai che su la. ricevuta

mpre_ssione si_ venga_ ad appoggiare il giudizio; e sara _retto 11 gmdiz10 degli appassionati pel retto, rruquo al contrario quel dei malnatL,. (lVlisogallo, Prosa seconda). Proposizion,i ambigue, che implicano problemi filosofici non adeguatamente risolti: ma attraverso molte incertezze ,si esprime ch,i,aramente la negazione così del sensismo 0ome dell 1arido e freddo dogmatismo cattolico. E' una passione nuova che postula e intravvede una nuova filosofia. Nè è senza importanza che paco prima del passo citato l'Alfieri abbia un accen,no ricco di efficacia contro i Filosofi, o meglio « quegki im- ,passibili egoisti, che oggidì questo sacro nom-e s1 usuxpauo •· Nella negazione c'è un deciso intento filosoiìco. Nell'entusiasmo poetico s'è introdotto un principio di coscienza riflessa. 4. Sulla questione del sapere scientifico sono importanti i capito.!,>III e IV del libro III del Prin.ci pe elle il Bertana, tra.scura. e fraintende qua1ido accusa l'Alfieri di non avere cap~ta lru importanza delle scienze e di aver negato ad esse ogni effiaaoia sul pensiero morale e su.i destini deJl'uorno (16). I suoi entusiasmi per il divino e grande Newton, la venerazione per Euclide e Archimede, l'ammirazione per Galilea e Cru:- ~o ic_dalla ~i_vil~e, rel~giooa, potenza perseguitati e 1mped1ti p1ù aesai che protetti» testimoniano clecisamen!te il contra.rio (Il Principe e le lettere, Libro III, ca.p. III). Sublime chia.ma altrove la geometria, d'ogni altra scienza base e radice (id. libro II cap. IV). E tanto lo turba il pensiero dell'immeru;ità. delle conoscenze scientifiche_ dell' astronomi~ sopra tutto) che gli nasce 1u cuore uru commosso accento òi scettica ironia v~rso le cose ter,rene, non diverso da quello che ritroveremo in Leopardi: • Cose tutte invero grandiose, e per cui i Romani, credutisii signori del mondo, assai piccioli si troverebbero -GepotesseTo ora ccmv.i:noorsico' loro occhi qual menoma parte di questo globo occuparono, e qual minima dell'universo è dimostrata essere questo globo stesso dalla. investigazione rettiiìcau della universale armonia dei corpi celesti. Gran pascolo alla insazlabile umana curiosità ; la quale pu<re, per quanto ai fonti della verità. si disseti, vede e tocca ogni giorno con ma.no, ~he qu.an~ più si sa, più tD:erimane a sapersi» (Il Pnnc1pe e·le lettere, libro III, oap. IV). Accanto .a, questo poetico entusiasmo troviamo un'a notevoh, defi.nizione alfi.lmana delle scienze che attesta in lui lo sforzo di determinar raZlionalmen:teil suo interesse: « Gli arcani a le leggi de1la natura dei corpi investigate e spiega.te peii quanto .il possa l'intelletto umano». Invece non si parla più di intelletto quando si defi.niaco.n.ole lettere: <Gli arcani, le leggr e le p·a.ssioni del cuore umano, sviluppat&, commosse e .alla più alta ubi.le-e vera via tindiriz.. zate» (Il principe e le lettere, libro III, capitola III). Questa antitesi è specialmente importante quando si chiarisca che cosa significhi per Alfie,~ la pru:ola- lettere: ,i] problema è sfuggito al Bertana ignaro di •studi speculativi: eppure qui è il seg,:-eto j,er intendere i due concetti enunciati. Tra gli esempi di cultori di lettere l'Alfieri n001€Sita a porre acca-nto a Omero Platone: più che a valori artistici egli pensa dunque a valori fi.losofici ohe nella sua. concezione attivistica nooessariam-ente si tmaducono in norme <l'azione e contano in quanto si inserii.,sconO' in una. praxis sociale. Dove il Bertana vede una incomprensione c'è una limitazione cosciente che muove da una. <>hiara gnoseologri.a: la <:ritica del sapere scientifico è una vera. e propria critica dell'intellettualismo. Della scienza l'Alfieri coglie mirabilmente il duplice limite e l'ò,nsuperabile relativismo a cui la con_osoenzad. ella natura pet lo stesso processo da. cm scatunsoe è sottoposta. Il limite del sapere astratto in un sistema dell'unità morale è limpidamente determinato quando l'Alfieri nota che le leggi fisiche non offendoino 11 prmc1p_ato e deduce da questa ,as- .serz1one la ,sua teona dei rapporti tra scienza e governo di principe. Notando il seconclo limite l'Alfieri nega l'assolutezza del sapere scientifi.co • al criterio oggettivo della verità sastituisce it rapporto tra soggetto e oggetto come distinti e diversi, €SC1udenti un termine superiore che li inveri nella prop-ria. assolutezza: spunto iniziale di una teoria ·essenzialmente J:"om.anticache rìto:nerà ancora, rinnovata., nel sistema crocia.n.o. Di fronte al dogmatismo scientifico settecentesco il concettoalfìrriano riesce a una vigorosa af-. fermazione del!' autonomia è dell' assolutezz& del sapere fìlooofico contro tutte le riduzioni della filosofia a una serie di aatr·azioni sui dati della soienza. . Nella concezione attivistica del!' Alfieri a.nche· il sapere scientifico conserva tutta.via un suo va.lcre assoluto: occorre meditare perciò diligenten,cLte la sua dist~nzione tra il momento· oreativo deHa scienza e il momento del successivo -pr~gredirn e diffondersi. Nel qual concett.o si puo l~1ttima1:nente scorgere un principio gnoseologico ds differen21a~101netra il sapere sciemtifìro come risultato, come materia come cO'll.- gene di_cognizioni e l'atto d!'llo spirito che Id crea. Vittoria Alfieri ha così vivo e profO'll.doil senw dell'attività., della spiritualità. del crea.re che rotto tutte le sue oscure intuizioni si avverte una fervida e <>ostante -a.desione intima alla concretezza del fare, alla realtà. dello spirito come <Spenenza, e quoota riesce feconda anche se ma.nca una ba.se scientifica. u LA RIVOLUZIONE LIBERALE Sapere per lui è veramente inventare, creare: e creare \Don si può senza libertà.. Infatti, le <scienze, come ogni altra egregia cosa, ùi derivano an1ch'esse dai Greai vale ,a dire da uomini liberi. E pru:e_infatti che al ritrovamento dei principi nascosti e subluru delle cooo, si richiegga un coeì grande sforzo d1 pensare, che nel capo di un tremante schiavo .sì a.lta e difficile curiosità non ,;a1·ebbe potuta en.trare giammai, (Il Principe e le Lettere, libro II, cap. III). « Ma :il semplice aggiu.ngere akuna cosa ai già scoperti e dimostrati sistemi e i( far progredire le scienza, prmc1palmente nella n.atura dei corpi, a parte a parte pigliandoli, in tutto soggiace alle vicende annesse al coltivare le verità '10'11offendenti l'assoluto potere, come quelle <>hein nulla influiscono sopra_ lo stato politico e 1n nulla migliorano la proibita, scienza. ciel cuore dell'uomo,. La distinzione posta è dunque tra l'intuizic,n)i) sintetica dell'universo e l'astraltta analisi dei dati empirici. Qui l'Alfieri è persino clispasto ad ammett;,re l'utilità. del principe in quanto eali aiuti lo .scienziatoi per le « necessarie infinite spese, invenzioni ed esecuzioni costose di ma-e.- chine, infinite esperienze, sterminati viaggi,. Ma per il pOctl rigore con cui i due can>cetti sono séeverat.i, l'intellettualista (e anche in parte il critico equo) si trova di, fronte a contraddizioni infinite appen.a vogl-i:a valutru:e integralmente questi spunti di teoria. Si può precisare la, distinzione e togliere alcune incertmze rend.endo più €6plici:ti i concetti del signifi.oato pi,a,. tico e del s:ig111ificattoeo!I",eticode11a scienza dialetticamente intesi. La scienza è attività. teoretica in quanto è <>reazionee libertà. (libertà. di pensiero, superiore all'empirila politica, che si afferma contro gli osta.coli, a!llchesotto la tirannide: il pensiero dell'Alfieri già nella. Virt1ì ScO'floscv«ta è in a.ntitesi con lQ scetticismo del Gori e ha dinanzi con piena chiru:ezza gli •esempi cli Cartesio e di GaliL leo). Il principe aiuta (o può aiutai,e) 110!11 quest.o processo di creazione ma il momento pratioo in: cui la scienza viene orgauizzaita e a,pplicata secondo I.a sua utilità sOciale. Questa seconda affermazìone non è senza oscurità e non segue semprn coerentemente la Limpida visione specula. tiv,a prim-a raggiunta della scienza come cono- • scell/la creativa. L' Alfi.eri non ha visto il processo di obbiettivazione per cui la libera ·creazione spirituale si irrigidisce e s-ilimita in un organismo di risulta.ti scllematici per la loro necessari·a '1Strattezza. E' così di lacerato di duhi;; e di fotuizioni_ non -rigorose e ancora il capitolo III del Pnnc1pe tutto ,anòmato invero di dialettica drammaticità che riproduce .anche nel movimento ritmico e stilistico del peniodo il corso "di un pensiero torbido e chiuso illuminato a un tratto· .per una sforzo i!nteriore ,attraverso: stridenti <:ontraddizion\, dalla luce di una verità carpita con entusiasmo e stupore in.si.eme al dubbio e non ancora dominata e svolta. < Mi viene ora osservato che parlando lo dei capi-setta !innovatori :ruellescienze·, me li conviene ,in gran pa.rte sottrarrn dalle leggi, a c·ui ,ho sot,toposto le scienze ste6se ;" e chiaramente .vedo, che le ]oro vicende accomunare si debbono 1a quelle dei letterati ; -poichè, oome filosofi, un <JOSÌ splendido loco riempion.a degnamente fra· essi. QuestJi.pochi innovatoci-creatori si aebbono dunque in tutto eccettuare da quegli altri tubti, che nelle scienze e,sa.tte, dotti solta.nto dello scibile, e facendo pure alcuni benchè impercettùbili passi -più ÒJ11 là. del di già -saputo, si debbono quindi ripu-tare come le vere ruote dei pro- ,gressi delle scienze, Questi SOiilO gli scienziati protcggibili e protetti: ed a questi, l'esserlo può sommamente giovare. Ma gli àltri, come Euclide Archimede, Newton, Galileo e Cartesio, interamente corrono la vicenda dei letterati•· Neanche qui il Bertana confesserebbe soddisfatta la candida pretesa di una base scie,ntifica ·e di una organizzazione sistematica delle idee. Non c'è garanzia di fredda oggettività. in questa frammentaria i·ntu.iZl~antgeenerata da un violento moto sentimentale: i limiti pSIÌcologici suggeriscono ,d, definirla mera fantasia poetica senza filosofica lirnpc,rtanza, Invece l'aff-ermazione del carattere inventivo e creat.ivo della scienza .in un secolo dì formulismo e di astr,attismo basta da sola alla. gloria speculativa di un pensatoa:-e, aù.che se l'affermazion.e non risolve· poi, per UJ1anecessità che altrove abbiamo chiarita, tutti i problemi suscitat1. Coesistono, è vero, accanto alla scoperta mi- ·rab.ile residui dii dogmatismo scientifico, ma talmente lievi e sovrapposti che non turbano la visione generale, e in taluni errori si avverte talvolta fremere quasi nn presentimento di verità. Si ponga mente per esempio quando l'Alfieri parlando dei movimem.tmdei pianeti dice che ·« le cagioni di/ tai moti furono assoggettate a inalterabili leggi dall'ingegno dell'uomo,. V'è in questo «inalterabili• qualcosa cli rig.ido che pare in rontrasto· con l'< affermato relativ.ismo •della scienza e col ca~attere creab>'vo del sapere soientifìco. Ma .a domi'llare il contrasto ecco l'idoo poderosa, profonda quant'è vivid.a l'imagioie, dell'ingegno dell'uomo che titanicamente assoggetta a una legge liberamente creata e inidagata i movimenti d8lle stelle. Imagine così forte non poteva scolpire chi non fosse tutto invaso dal pensiero dello spirito come perennità cE orea.ziooe. Di pa.ri efficacia e di natura identicam€111tespecula.tiva è il contrasto tra l'entusiasmo per il disinteressato sapere (opera di libertà cream.va) e il dispre-u/40per l'utile empirico elle dal sapere può <lerivare (lusso e arti cli raffinate-,za). Ma la sterminata empiria dell'ineaa.u'ribile sa. pere scientihco non lascia pace se non si instau- ,·a_l'impero di una tra.scenct.entale unità, che si alrnu,nti, nascendo, dei primi dati naturalisti.e.i e venga pmificarsi nella serena e compreru;i va assolutezza della metafisica. . < Che so le leggi dei moti dei corpi, scoperte e dimostrate, lusmgano pur tanto la superbia. dell'uomo, la ignota cag10ne cli esse leggi e la sola terrestre generazione delle piante e degli animah, nascoste entrambe negli arcani di u:na profondis.sim.a notte, assai più lo lascia.no avvilit.o e scontento,. Il mero sa,pere scientifico non può liberare l'uo-mo da questo p€S8imismo. 5. - La risposta decisiva spetta all'az.ione e in ,;ede sistematic"' alla teoria del!' azione. Ma il pragmaijismo del!' Alfieri non è una confusione ili elementi mistici, volitivi, sentimentali, psicologistici come la dottrina moderna che V& sotto 'l. uesto n,ome. L'attività co110SCitivaconclude all'az.ione; l'azione poi non si intende come esperienza frammentaria, come fatto, ma è l'ultJi.mo grado perfetto e nec€>SSariodella conoscenza; la conclusione di un organico processo razion.al.e. Si tratta di un'interpretazione attivistica della conoscenza e di un'interpretazione razionale dell'-atbività.. Il pragmatismo resta ai suoi primi ingenui e validi motivi, alle prime spontanee e in.sopprimibili esigenze. Sorge nello spirito dell'Alfieri come convinzione immediata e quasi impulso di psicologia individuale e so-lo,a poco a poco perva.de e informa di sè, attraverso un prOcesso, <li coscienza "°ncrescente, tutti i momenti della sua. rifless10ne. Nella <V,oloutà.» di Alfieri, uno dei più· di13cussi e tormentati problemi di psicologia bio,. g,:-afica, c'è come il presupposto e il dato primo su cui si elaborerà questa convinzione. Ma non importa a noi a.ccertare i ]ùniti e i risultati della famigerata volontà alfieriana perchè il problema biografico si è toccato. quri.solo in qu-anto è materia di speculazione filosofica e rivelatore primo degli impÙl'ili originru:i della _riflessione. La linea di perfetta coerenza dello sviluppo spirituale dell'Alfieri, la feroce :intolleranza oon cui dt>duce dalle proprie esperienze gli effetti p.iù rigidi e più chiari, lo stato di incomprensione e di solitudine in cui egli deve brovars;i di fronte alla cul_tura contempora:nea, come noi abbiamo rigoTosamente dimostrato. - danno argomewto allo storico per a.ccetbare questa, nuova metodologia. L'equivoco delle vecchie indagini non si abbattè per pregiud'izi di natura. letterai,ia e di metodologia erudita: invece le fonti valide del pensiero alfi.eri.ano si penetrano solo attrayerso uno studio misurato e parco degli impulsi che defruiscono k,. sua personalità.. La sua cultura non è fatta. di libri. E la vali<lità sto~ica. delle sue osservazioni non si deve fissare con richiami erucl.'itil, ma con aperte e ingegnose disamine delle sue contraddizioni. La Vita ci documenta esaurientemerute il concetto che qui' ci importa: ossia non la sua volcntà, ma la. volontà. di volere. Il primo sforzo cli teoiira, il primo momento in cui la rifl~ssione divenba. un prnpoeito speèulativo si legge nella Virtù Scorwsciuta (17) un vero pic,colo trattato di' etica, un .saggio di morale eroica. Il conce.tto dominante del dialogo è preciso in queste parole di Francesco Gori: a: A ciò ti aggi u:ngea.; che ufficio e dovere di. uomd aìtamente pensante egli, era ben altrimemtj il fare che il dire; che ognli ben fare essendoci interdetbo dai nostri presenti vili governi, e il virtuoso e bello dir-e essendo, stato così degnamente già preoccupato da ljberi uomini che d'insegna,re il da loa:-pratiicato bene aveano assai maggio,- di.ritta di noi, temerità parea.nù il vo-lere della feccia nostra presente sorger puro ed iHibata d'esemplio, e che viltà. mi pru:ea lo imprendere a d.irn ciò che fare da noi non si, iardirebbe giammai, ecc., (La Virtù sconosciuta in scritti po1'itidi e filosofici, Para.via, pag. 200- ·20l). Le CC!l1S0guenzepratiche cli questo pensierQ pessimistiro (la rinuncia) non sono accettate dal- !' Alfieri che '\erso l'amico Gori e in atteggiamento di ammirazione polemica. Ma attraverso le sfumature della. poetica es-- pressione si avvertono qui quattro momenti concettuali che l'Alfieri -accetta come agevolmente si può scorgere dal r-iscontro dii altri passi e di altre opere. 1) la superiorità. del fare sul dire esp<ressa> come mera tesi lettera.ria e qu:asi cooferma. della sapienza popolare: ia questo primo momento il .p'ragma.tismoè poco più che un'immed:iata condizione senbimentale benchè sia riflessamente esprwso. 2) l'idealizzazione trascendentale del risultato empirico, la concezione eroica (iibermenscb) dell'uomo liber:amemte operante che ha per ter, mine la vaga lusinga della gloria e pm· intima realtà il forte sentire, che per ogni nostra vena e fi.bra trascorre e a tutti i S€'nSIÌsi affa.ccia (id. pag. 203). Il superuomo alfieriano ha una re;ltà. etica e 117 concettuale nuova in cui il patriarcalism.o d.ell'eroe greco e romallX>è direttamente superato nella figurazione di un'infinita e assoluta attività, che trova in sè il proprio fine: e nell'ascesi è anoora più puro ohe il martire -cristiano da elementi utilitaristici e particolari. Tuttavia il concetto deve essere altrimenti in- ~erato e r~vvivato per generare una nuova etica rntegrale: 11ripensamento si esprime in due sviluppi di razionale ampiezza e di conscia indipencleooa, , 3) il fare c?me conoscere: oocura possente intwzwne che s1 spng10na dalla affermazione fortissima, al.6.erianamente incisiva: « ufficio e dovere d'uomo altamente peroante wli era ben. altrimenti il fare che il dire,. 0 4) negazione della conoscenza che non è ~-reati v-a. Così soltanto si può intendere e limitare il pensiero « che de' libri benchè poehi sian gli ot.- -timi bastanti pure ve ne sono nel mondo, a. chi volesse ben leggerli, per ogni cosa al retto e 5Ublime vivere necessaria imparare, (id. p. 200). La nostra esegesi di questo pensiero che, accettato grossolanamente alla lettera sembrerebbe invece bizzarro, è colllfermata cl~lla negazione della cntioa d'arte che l'Alfieri vli fa sevuire • e che si deve intendere come cO&C;ntesvol;imen~ to del paradosso iniziale: « benchè corra ~desso questa sma.nia di belle arti, ed a-lcuni, nulla potendo essere per sè stessi, n.è far del loro abbi.a.- no cr;,ata questa nuova arte di chiaccherar sull'altrui; tu sai che io sempre ho reputato esser questa una mera impostura; perchè il vero senso del bello si può assai più facilmente provare che esprimere, (id., pag. 203). Dove l'ultima conclusione parrebbe addirittura aderire ,a un misticismo del sentimento Parrebbe - ma in, realtà il e provare, è pe; !'Alfi.eri (critico egli stesso e, del resto, deferente .al Calsabigi) un modo di esprimere, è la ric;eazi= fantastica contrapposta alla divagaz10ne erudita,; la sua polemica s'appunta contro la pedantesca critica acritica che già .iel Sett.ècento (nel secclo di Baretti) rappresènta.va un mondo sopravvissuto - oon contro quella .moderna critica filosofica che ancora non era nata E chi pensasse a possibili contesta.zioni per l'a..: senza di un preciso linguaggio tecnica dell' Alfieri, rimediti i criteri metodologici già esposti e non .c.hmentichi che nella Virtù Sconosc11Uto. abbia.mo I;,. dialettica fusione di due esigenze e l'Alfieri continua ad essere in posiziQile di polemica verso 11 Gori, anche se consente con le sue premesse sentimentali, pessimistiche e ne esalta l'ardore pragmatista.. Tutto il passo del resto è da esaminarsi in rapporto con la limitazione alfieriana della validità del sapere scienrt1ifico(utilitario o astrattamente analitico)·: ne riesce ancora più decisa.- mente illuminato il vi_gor"'-"◊ concetto del sapere come fare che esclude inesorabilmente il sape.re come passatempo, come divulgazione superfi.- ~iale, erudizione disgregata o ricerca di vantaggio pratico; e per i nuovi chiarimeruti è fatto più preciso il presupposto su cui la polemioa si fonda: l'affermazione dell'unità. morale. Nella 7'Ìlram1,de e DeJ. Principe gli sviluppi della dottrina conducono a tre nuove concezion" esplicite che, del resto agevolmente si deducono dalla Virtù Scorwcsiuta. Le posizioni e le antitesi sono troppo inesorabili perchè nel!' Alfieri non si trovi la più chiaxa coerenza e la più netta continuità. di pensiero. , . 1. Il concetto del letterato come propagan- .d1Sta (non in senso illuministico, ma. rivoluzionario) di libertà.: che è il Ml.eleo centrale del Principe e ha una forte espressione di carattere autobiogra.fico nel sonetto conclusivo del Misogallo. 2. La riduzione della scienza della natura, dell'indole e delle passioni umane alla loro validità politica, In, caso di r,ivoluzic,ne gli à.tali.a.n.i « che avran megl.io studiato e conosciuto nelle diverse storie e nei diversi paesi dello stesso lor secolo la natura, l'indole, i costumi e le passio- ,ni de.gli uomini; quelli solo potranno allora con adeguato serino provvedere a ciò che operar allor si dovrebbe per -il meglio; cioè, peI mell/J male» (Della Tira.nnide, L. II, cap. 8). E consiglia. a tal fine ai pratici La lettura di Platone. 3. Infine l'ap-profondòmento del concetto del letterato -propagandista, riesce al concetto del letterato attore, che, se ubbidisce a una possente esigenza autobiografica, mn è meno valido tooric?mente in quanto presuppone una cosoi<enza dell'unità dello spirito così profonda che .appen-a sa<rà.conquistata qualche decenmo più tardi dalla speculazione romanbi.ca tedesca. L'affermazione alfierian-a, recando con sè una. viva esperienza creativa, consente inoltre una valutazione adeguata dei valori individuali e del concetto stesso di i-mdividualità. Unia citazione chiarirà la nostra eseg.esi: « E Bruto! e Nurna e Romolo stesso, erano, sovra ogni altra c~a, conoscitori profond,; e scaltri commovitori del cuore umano e delle sue tante ipassion.i; ciò vi:ene a <lirreche dOS'toro,in altre circosta'l1zetrovatisi, sommi scrittori si sarebbe ro f.a.tti. A pochi uomini concede il destino di poter operare, e d!igiova,: al pubblico in atto pratico col presente lor senno. Quindi, se alcuni di quei pochi a. c~ò "-tJti, ed .a, ciò non ,eletti, si trovano dalle loro circostanze impedilti di operare questì colla locr-'))<minainsegnano agli altri ciò ch'essi eseguir rum potevano; alle vacillanti pubbliche virtù soccorrono con diletteYoli aiuti;

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