La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 25 - 27 agosto 1922

~ivista Storica Set:t:ima:n.o le di :E>olit:ioa I Anno I. - N. 25 - 27 Agosto 1922 Casa Editr:;: ~~t;rgi~ Nuove t A~~~nArunn: Per il 1922: L. 20 (pagabile in due quota di L. 10) • Sostenitore L, 100. Eslero L. 3i>. IL BARETTI SUPPLEMENTO L T ERARIO MENSILE fondata e diretta da PIERO GOBETTI ' u N N u ]V[ E R o L I R. E Non ,;I ,·eude seps,ratamcnte b 00 TO l"O I C .P l ) TORU!O - Via Venti Sett'-'m re, N. .• R n (Conto '01·1·e11te osta e -·- ==================---~'===-=-----=--=====--===-==----=~e-..---=--=-----=-=-------=-==--=-==--=- SOMMAR I O: C. LEVI: Arllonio Salandra. - G. SALVEtllNI: Sonnino e Di S. Giuliano. - U. }'OJDlEJ\''rINI: Note sul collabo;razioni,-,mo. - ~. KU'JWNO: NoHzie sugli studi Storici - II Salvemini. - A. MON11I - S. VAHAMELL.A: Note di polHiaa interna. - l!. CORBJ.KO: Note di economia. ANTONIO SALANDRA La pochezza delle idee e la goffa pesantezza dell'azione caratterizzano, come ognun sa, quasi tutti gli uomini politici più in vista dell'Italia nuovissima. La mediocrità dei quali può non rilevarsi da chi guardi alla CTOJllaCa giornaliera, mancando la grande :tìgnra che col confronto la mortifichi, ma non può non apparire agli occhi de..<olatidi chi conosca di ciascuno l'opera e gli intenti. .Antonio Salandra non è sur-.riore ai suoi tempi. Alla generale debolezza egli aggiunge la debolezza sua particolare, non per questo meno interessante. Tra le nostre molte maschere politiche è anche egli maschera dai caraueri comici ben definiti : appare egli il professore saputo tra gli ignoranti, la cattedra tra gli analfabeti, il sapiente tra i privi di senno, il grande teorico tra gli affaristi frettolosi. Il suo pensiero in verità non è nè poderoso, nè originale, foggiato sullo stampo cli quello della Destra storica persino nei particolari. Il suo liberalismo, formatosi alla viva voce di Silvio Spaventa, manca, rispetto a quello degli hegeliani di Napoli cli ogni nocciolo fi1.osof.co: ripetizione accademica, pallida I! falsi:ficatric e. Ciò perchè il Salandra è sopra tutto e innanri tutto conservatore; per indole, per istinto, per posizione sociale. Ricco di quella osti11atezza ferrigna che crea i caratteri di un so} pezzo, i visi di un solo. colore, assertore •tenace dei valori eterni della Famiglia e della Patria, che egli intende naturalisticamente nella loro esterna unità, amante piuttosto delle forme che delle forze, del diritto che della politica, appartiene il nostro a quelle nature astratte, ugualmente e senza rimedio incapaci sia dell'ardua chiarezza filosofica, sia della duttile politica, arte sottile. Perciò egli si accontenta di formule, e non attinge mai la•realtà ribelle. I suoi scritti, prudenti nelle affermazioni, pieni di riserve e di sfumature, senza spigoli e senza asprezze, non mancano di riconoscere le esigenze della libertà e della autonomia. Ma non qui si ferma la sua attenzione, nè queste affermazioni superano un infecondo dottrinisni.o. Chi si pone il problema centrale de.lla nostra politica, quello cioè dello Stato e dell'unità, nei suoi. veri termini : come rendere valida nelle coscienze una macchina statale sorta « per il popolo, non col popolo•? non può risolverlo che affermando la ne=ità della rivoluzione. Salandra è agli antipodi, poi che per lui la rivoluzione non è un futuro da avvicinare, ma un passato da ilifendere e, tutt'al più, da emendare. Nella generale instabilità consecutiva alla nostra unificazione il giovane Sa.landra rico. noseeva essere la nostra società « disgregata e b-isognosadi aiii-to ». Questo aiuto non poteva derivarle se non dallo Stato • vigoroso e possente organismo» capace di farci superare ogni crisi, di dairci coscienza di nazione, di guidarci ai nostri alti destini. Lo Stato veniva inteso come pura organizzazione centrale, cli cci si dovessero sempre più aumentare le ingerenze. Come il risorgimenio fu, oper_a.di Stato, opera di Stato sarà la nostra politica nuova. Allo Stato tutti i compiti, dallo Stato tulte le soluzioni. Quindi problema sostanziale è quello dell'autorità. La questione è risolta a rovescio. Prima conseguenza cli questa concezione astrattista e moralistica dello stato italiano è la negazione cieca di tutti quei movimenti popolari che tendono a superare i gialli schemi cli una organizzazione politica invecchiata. Come è logico e naturale il Salandra non accetta il concetto di lotta di classe • odiosa espressione di un fatto irreale» ma neppure comprende come attraverso la lotta cli classe, l'internazionalismo, lo &eiopero generale, si vada educando a libertà il nostro popolo, che non trova se non in quèSti miti il mezzo di affermarsi. Perciò egli, come non vede la forza conservatrice del riformismo, non apprezza il valore nazionale di ciò che vi è di rivoluzionario nel movimento socialista; cui contrappone un astratto concetto di nazione, immobilmente compiuta. Manca al Salandra la percezione immediata della realtà, la visione aperta del valore dei problemi sempre nuovi che la pratica di ogni giorno ci offre, il vero realismo politico. Non pare che egli senta spesso il bisogno di scendere dalla cattedra. Non segi.ù l'amico suo Fortunato nella continua e trepida anatomia del nostro corpo sociale; nè ebbe mai quella sua quasi religiosa esitazione, come di chi assista a un miracolo, pieno insieme di gioia e di tristezza. Non ebbe la virtù di rinnovarsi con gli anni : la sua mera vigli osa coerenza è piuttosto immobilità, sì che il miile volte professato liberalismo non si traduce mai in pratica liberale. Egli è se-<..npre inattuale e perciò indifferente. A questa cristallina inattualità si deve il suo ritrarsi dalla lotta in disparte, il suo guardare con occhi stauchi al torbido fiume della storia, che potrebbero essere creduti frutto di visione superiore e sicura del termine, o di odio alla lotta piccina. Il suo liberalismo, inaderente alla quotidiana guerra, non cade, no, nell'opportunismo, ma tende a un misticismo politico che trasforma i suoi giudizi in pregiudizi, e lo obbliga per trent'anni a una pratica di opposizione frigida e stracca. I suoi studi di problemi singoli non sono, in tanti anni, numerosi. Coerenti, non riescono a formare un organismo. Pervasi da una cultura soda e sempre aggiornata, non ci attraggono tuttavia, perchè, nella loro tornita compitezoo, hanno in sè qualcosa cli scolastico e <li freddo. Se anche il giurista fosse, per dirla con l'Oria.ni, il politico della filosofia e il filosofo della politica, certo il Salandra, giurista, non riesce ad essere nè grande politico, nè mediocre filosofo. Incapace parimenti di ridurre la realtà sotto le proprie formule, e di adattare le proprie formule alla realtà, è forse, fra i nostri uomini politici quello che più si è nutrito di storia e quello che meno ba saputo riattaccarsi con spirito di storico con 00"...rososcetticismo, o.Ila nostra tradizione, c~ pur così spesso ama richiamarsi. Animo chiuso, mente raccolta, intima e melaconica, lontano dallo spirito savoiardoitaliano fatto di tenacia conciliante, di fermezza duttile, di empirismo sicuro, non può adattarsi al gioco della "piccola politica quotidiana», e le contrappone gli astrattismi cli una « grande politica nazionale • dalla quale soltanto tutto può essere compiuto. Perciò la stessa questione meridionale non trova in lui. di Lucera non solo deputato, ma « figliuolo ed alunno», l'apostolo entusiasta e guardingo. Il risolverla, o l'avviarsi a risolverla, gli appare per la sua generazione, un compito, un dovere ereditato da un'altra generazione di itali.ani intenti all'unità regale, alla con- •quista più che alla pacificazione. Ma il contributo suo è leggero: qualche articolo di eco. nomia, poche parole al parlamento, proposte p,iù dannose che utili, invocazjoni ad una politica scolastica non più concreta che un « disegno di accesa fantasia», rivolta sopratutto alla scuola media « che sen'e alla classe media che per ora è sovrana», e null'altro. Problema de:i problemi è il rinvigorimento del governo unitario centrale per l'attuazione della politica nazionale: questo il rimedio alla disgregazione federalistica di un passato che ancor tanto si prolunga nel presente, alla disgregazione classista ili un futuro che rivela nel presente i primi sintomi. ~\/on comprendeva il Salandra la inadeguatezza del governo centrale ad una politica unitaria liberale: la n,ullità di una «politica nazionale• là dove le conclizioni di tutti i partiti erano così sconfortanti, da giustificare una politica riformista che tutto negasse e tutto dissolvesse. Ama il nostro le posizioni nette, e gli pare che allo ~1:atoconvenga es.sere consapevole: delle sue basi sociali ; appoggiarsi a un ceto e a un partito. Qual sia questo ceto non è dubbio : nella genericità della borghesia i proprietari terrieri rappresentano • quella parte del patrimonio nazionale che è più in- • teressato alla conservazione dell'ordine politico e sociale ». Lo Stato di Saladra è lo Stato degli operai. I quali però, tutti intesi ad un chiuso lavoro cli influenze locali, siandavano sempre più disinteressando della politica romana; serrand06i, come feudatari indip,;ndenti dal potere centrale, nei paesi dove non poteva raggiungerli la legge, tra l'ignoranza quasi barbara dei contadini, che non sapevano essere che servi o rivoltosi. Il loro orizwnte politico non superava i confini del comune o del circondario; e, mentre essci ri- :hiedevano l11lO Stato forte per la difesa del privilegio, non si interessavano affatto alla su.a vita, affare estraneo, romano; nè amavano le seccature ci.ellalibertà. Sopratutto nelle terre meridionali la mentalità dominante era ancora borbonica, arretrata, feudale. La classe a cui il Salanclra voleva affidare la difesa dell'unità ,era certo fra tutte la meno unitaria : perciò tutti i ten.tativi del nostro erano destinati a infrangersi. I1 Salandra non si nasconde le deficienze del ceto ~oprietario, e, intimamente convinto che solo da questo ceto, o da questo ceto sopra tutti possa e debba sorgere una cli fesa reale e atti va del regime e delle istituzioni, confessa melanconicameu. te : « Pare scritto nel destino delle democrazie moderne che le attitudini politiche vi si sviluppino rigogliose solamente in quelle classi nel.le quali sarebbe rneglio spegnerle •. La forza della classe agraria andava di giorno in giorno scadendo : la ricchezza si accumulava nei portafogli degli industriali del settentrione, la cui potenza economica non poteva non L--asfonnarsi in potenza politica, di cui essi approfittarono per farsi scandalosamente proteggere : « I grandi datori del creclito sono i do1n.iniidei nostri stati coutemporane:i ». Cade il valore della ten-a, e il pos. sesso ne è sempre meno sicuro. Giganteggia negli uffici di stato una burocrazia invadente, enorme, irresponsabile, sì che sempre più viene impedito il diretto controllo cla parte degli agrari sul funzionamento dell'organismo statale. Burocrazia e capitalisti hauno interessi opposti agli « interessati nella terra ». E della precaria situazione i maggiori responsabili sono gliagrari stessi, troppo prncl ivi a chiudersi in un egoistico e cieco localismo « abbandonando il governo della cosa pubblica alla borghesia meno abbiente degli avvocati e dei professionisti». Il passaggio compatto dei meridionali all'opposizione ha detenninato la caduta della Destra, del partito « accusato, pur troppo a torto di spirito conservativo» ; i meridionali hanno permesso l'abolizio:ne del macinato: « uno tra i più sakli sostegni del bilancio», "hanno largita la preponderanza elettorale alle plebi cittadine», hanno, le mille volte, agito per incomprensione o per accidia contro i propri interessi. Solo se da parte loro si avrà "uu lavoro Lungo e paziente non interrotto di organizza,..ione e di ris.cossa. » "un gran bene ne potrebbe derivare per tutta la vita pubblica del nostro paese ». Perciò egli si fa incitatore, risvegliatore dei p1gri corpi dei terrieri; cerca di scotere l'animo con la paura dell'assalto socia.lista, della coucorren. za capitalista, coll'esaltazione della libertà: « le cassi dirigenti possono ormai con.siderare i potere non come un retaggio, ma come una conquista che bisogna continuamente fare e rifare, e continuam.c."lltedifendere con grande e costante sforzo di energia. Se non mancheranno di vigore e virtù esse vinceranno, se no saranno irrimediabilmente sopraffatte. Sarà quello un lrisle giorno per il nostro paese, ma date quelle condizioni, è indispen.sa.- bile che esso spunti. Sta in loro, sta in noi l'impedirlo•· La politica salandriana è tutta in questo convinto tentati·,o di servirsi delle forze più illiberali e a.rretrate per un fine di conservazione, attraverso una teorica dj equivoca libertà. Compito contra.dditorio e aspro di difficoltà, acni il nostro resta per trent'anni fedele, rigidamente. Il suo giuoco si fa monotono, i suoi atteggiamenti non mntano, tutte le sue affe.-mazioni sono sicuramente prevedibili. Prevedibilità che non è certo una gran virtù per un uomo politico. L'eccessivo linearismo gli toglie ogni linea perchè lo condanna alla inazione; gli toglie ogni funzione direttiva sugli avvenimenti. Di fronte a una politica di sapienté e preveggente neu tralità, cli dissolvente lasciar andare le cose, trattenendole con insensibili attriti, corruttrice là dove tutti erano corruttibili, duttili e sfuggenti, dalla mano leggera ma dominatrice, dalie fughe tempestive, sicura del punto di arrirn perchè fondata soltanto su non fallace intuizione degli uomini e delle cose e non su programmi o su schemi, ii Salandra, schematico, programmatico, conviIIto, astratto, non corruttibile, ostinato, resu una figura di sfondo, un estraneo. La sua 2rrochita oppos.izione non è affatto pericolosa : ricorda queile tigri da vetrina da confet tiere, che muovono tutto il giorno la testa e aprono la terribile bocca ritmicamente. Nei calcoli lgiolittiani doveva anzi essere un elemento cli sicurezza l'avere una opposizione fidata, sempre sullo stesso tono, da cui non ci si poteva attendere colpi impre,·eduti; che si poteva spingere senza pericolo aJ potei:e nei giorni di stanchezza o di difficoltà, con la certezza di poterla abbattere senza'sforzo dopo cento giorni, a cui si potevano affidar,;:gii ingrati compiti della repressione, le respci;sa. bilità delle posizioni nette. Poichè il gruppo salandriauo ha fatto proprio nn mo'.lo òel m1ùtiforme Giolitti: « In Italia la Ìibertà corre un solo pericolo: la licenza », lo si lascia ogni tanto tlle prese con la licenza, in situazioni anormali, quando la piazza urla. Le tendenze filoagrarie determinano la po.. litica economica del SaJandra, che anche in questo campo è a parole un granck, wa u,,n fortru:ato, amatore della liberti , primo eco nomico » che la piovra burocratica può solta11to soffocare. • L'elevamento delia morali. tà e della cultura, e l'accumulazione del capitale ... sono innanzi tutto opere di libertà •. L'azjone economica dello Stato ha dei limiti oltre i quali diventa deleteria: « Non lo Stato, nè associazioni comunque fondate sulla costrizione e sulla menomazione della libertà, sola creatrice di ricchezze e di benessere, potranno mai sostituire i loro meccanismi pe santi e s.L.-identi:i.Ile feconde iniziative in.dividuali ». Ottimi spunti polemici antiburocratici e antisocialisti. In pratica è poi tutt'altra cosa. Il primo discorso di qualche peso del giovane Salanclra alla Camera., pieno di tutti i possibili sofismi, è, a questo riguardo, istruttivo. Di fronte allo Stato, liberismo e protezionismo sono dichiarati pregiudiz.i : lo Stato deve intervenire a sanare le « ingiustizie » della libera. concon-enza. Se la potenza politica ed economica degli agrari è un grave pericolo di fronte a industriali e burocrati, lo Stato - lo Stato eque~ deve intenenire (sarebbe infatti un'opera cli p1mtello reciproco). Poichè non si tratta di tornaconto ma di ITiusti zia soltanto le Stato deve essere arbitro indiscutibile. Perciò si prnpone un'inasprimento del dazio s1ù grano, (contro cui si schiera-

92 == rouo, piccole nunoranze, Sonnino e Fortunato) pe:r mantenere la giustizia nei riguardi degli iiidustriali g~à tanto protetti ; inaugnrandQSi cosl una tattica di ritirate strategiche, di rinculi che servono di slancio, di don. dolante pendolo di cui deve essere molla lo Stato, intesa ad accordar sempre nuovi dazi agli industriali per poter richiedere in nome della giu:stizia pa:ri:frcatrice sempre nuove protezioni per gli agrari. Di nuovo nel 1901 il Salandra "rappresentante di granicnltori » potrà contemporaneamente richiedere provvedimenti protettivi per il vino e per gli agnrmi, ed annauciare il proprio voto favorevole ai prov,-ed.imenti per le industrie settentrionali ; perchè egli non vuole la lotta, nè si piega al contratto; chiede soltanto si riconosca il diritto. • Con questa base sociale ess-enzialmente reazionaria, illiberale, Antonio Salandra si ac cinge alla ricostruzione del morto partito liberale. Si nuò dubitare della stessa possibilità di un partito liberale come tale, dove compito dei partiti è l'esaspemzione, l'esagerazione di una parziale verità. Ad ogni modo il Sala.ndra risolve preventivamente la questione della coesistenza nello stesso corpo di due anime : radicalismo e conservazione, cacciando per la finestra la funzione ri,-.:;luzionaria, e intendendo il partito come semplice partito conservatore; e tenta di ridargli una tradizione, affermandolo figlio e continuatore della vecchia Destra, del par tito moderato. Ma le condizioni che rendevano necessario il partito moderato, non valgono più per il novello partito, poichè, pur continuando il dissidio chiesa-stato, i cattolici sono entrati a vele spiegate nella politica attiva. Il Salandra si affanna a cercare una "alta idealità », una « anima nuova" al corpaccio inanimato del suo partito conservatore che ha così poco da conse.-vare, ma anche qui la ricerca è vana. Egli non trova di meglio che le solite vacue generalità della "idea di nazione », mentre la nazione non può servire di base o di vessillo ad alcuna parte, risultando essa invece dalle libere lotte delle parti, nazionali tutte anche a lor dispetto. Anche qui la via de! nostro è sbagliata, i tentativi sterili. La politica dei conservatori si riduce a una pigra difesa, non ha fisonomia propria, ristagna e si impaluda. Monarchico per sentimento e per necessità logica, il Salandra è più atto a comprendere la politica umbertina, desiderosa di grandezza e sprezzante delle forze popolari, che quella di re Vittorio, demagogicamente aristocratica. Non a caso fu con Pellonx nel famoso ministero, ch'egli disse poi non aver peccato di intenzioni, ma solo di misura. Nei lunghi anni giolittiani di politica sonnacchiosa non risalì al potere che per volontà d'altri; per poco tempo, e non ai p-.-imi posti. Allorché nel 1914, pel ritiro volontario di Giolitti, egli ottenne la presidenza, era, al pubblico italiano, quasi uno sconosciuto, e fu Totonno. Certo, la sua figura non poteva essere popola.re, così rigidamente chiusa in un cerchio di concetti astratti, così ostilmente conservatrice, così cattedratica; spiacevole agli uni per il trop-po reazionarismo, agli alL.--i per i troppi appdli alla libertà, ai più incognita e nuova. Tra gli italiani tradizionalmente amanti del successo e della astuzia non poteva ia sua coerenza suscitare entusiasmi; coloro che andavano cercando tra i partiti nebbiosi una possibilità di liberazione non potevano trovare nella su.a « politica nazionale » che un generico e falso schema cl;ie sempre più avrebbe allontanato l'« Italia politica» dall'" ltalia reale», inteso a costringere un co1·po in crescenza nelle fredde for- = di istituzioni invecchiate e non sentite. ?--:0ncii qui poteva venire la parola nuova, mentr':'. tutti i problemi ingigantiscono nelle incapacità dei solutori, e l'iudifierentismo, i rifonnis:ni, le camorre, suscitavano in tutti una accorB.la tristezza ,uno sconsolato fastidio. ~a ecco, impreveduta e imprevedibile, la guerra. Fu capovolto ogni calcolo. Pt:r essa nacquero nel popolo i primi germogli di una salda coscienza di stato, attraverso il comune sacrificio, la vita e l'opera comune, i ravvicinamenti educatori; mentre apparve con uua tragica cbi2rezza la vanità delle formule del nuovo ingombrante politicaotism.o prebellico, e la necessità della rinnovazione. Tutto questo moto sc,rgeva per il fatto stesso della guerra, indipendentemente o io violenta contraddizione con le ideologie che alla guerra ci spinsero, con gli scopi eh<: alla guerra furono proposti. ).°on poteva <;Sser<:<: non [u la guerra attU2.zione di un programma. Perciò coloro che l'avevano fatta lt si opposero poi, e la negarono in una disordinata gu(:rr.a civile, attraverso la quale, JJUr con stc:nto, errori e lentezr..a, si va oggi foggi:indo la 11<,- stra vera unità. Antonio Salandra aveva pr<:veduta la guerra come conseguenza della propria « politica na,,ionale ", di qu<:lla politica eh<:dà lu,,g0 a una condizione « di cr,ntinua possibilità di conflitto fra gli Stati che la alluano. Xcn dlinqur; premessa, liberazione, redenzione, ma. risuJtato, compimento, termine. LA. RIV()LUZ!'ONE LIBERALE Non ci fermeremo a giudicare i singoli atti politici del nostro, nè a discutere del momento dell'intervento, o della sua maggiore o minore utilità. Troppo è più facile oggi il dire che allora il fare, nè l'esame di questioni di questo genere ci sarebbe di alcun vantaggio. Ci preme soltanto di chiarire la concezione che il Salandra ebbe della. guerra, cui egli diede tutto sè stesso; distinguendola dalla sua azione politica, che se da questa concezione fu influenzata (guerra alla sola Austria) fu dagli avvenimenti quasi fatalmente tratta, strumento suscitatore di non_ prevedute realtà. Appartiene il Salaudra a quel gruppo assai numeroso di italiani che vedono nel Risorgimento il centro non solo della nostra politica passata, ma anche della futura, quasi la forma predetermi:nata sulla quale la nostra vita statale si debba foggiare; le sacre tavole della legge dalle quali tutti e sempre dobbiamo prender norma. A ciò si aggiunga il suo concetto di nazione, che, come quello dei nazionalisti è primitivo, naturalistico, antidialettico (perciò soltanto si potè parlare di " sacro egoismo»). La guerra non mutò un briciolo negli schemi del Sala.ndra, anzi vi entrò come una mano in llil guanto. Concepita come continuazione e compimento del Risorgimento, da attuarsi con le stesse bandiere per la medesima idea, la guerra deve essere necessariamente guerra cli Stato, o più precisamente di monarchia. La monarchia non è più piemontese : ma se un pugliese se ne fa il maggior paladino ciò non significa ancora che essa sia nazionale : essa è piuttosto neutrale. Ad ogni modo, se la guerra è guerra di monarchia, non può essere attuata che da forze veramente monarchiche, tradizionali, conservatrici; dal partito liberale-democratico. Era finita la lunga attesa, gli appelii senza risposta, l'opposizione paziente. Di colpo venivano rimesse in gioco tutte le possibilità. La guerra doveva ricreare il partito liberale non solo, ma dargli una tradizione ed una gloria; il partito liberale stimmento di guerra monarchica, somma e unica difesa· delle istituzioni, doveva riprendere con mano sicura il tim_one; fi:mdare e definire l'unità monarchica nazionale. Questo sopra tutto importa al Salandra, che la guerra non esalta in nome del principio di nazionalità o di autodecisione, nè delle fragili ideologie wilsoniane, nè del diritto, della giustizia, deila libertà; che non vede quasi la terribile unità della guerra, ma la concepisce divisa in tante guerre limitatamente parziali; che non fu mai irredentista. Il vero scopo della guerra è per il nostro, ripeto, il consolidamento dell'unità monarchica, cioè la defìoitiva con. quista d'Italia da parte della monarchia. Le bandiere d'Italia sono le bandiere del Re : se sotto queste bandiere muoiono gli ex-rivoluzionari, ·ciò « è già una grande vittoria». Non è questa concezione. gretto calcolo parlamentare, infame gioco di politica interna, inteso a resuscitare per interessi personali partiti oltrepassati. Ii Salaodra non ha tenaci ambizioni governative. E' invece il tentativo di attuazione della unica idea salandriana per tanti anni vagheggiata e tornita - per questo il pensiero e l'azione del Salandra in guerra erano facilmente prevedibili da chi conoscesse il suo passato. Egli fece il possibile per attuare con sicureZ?,a e compiutamente la propria idea: nell'astrattismo, nella illiberalità della quale va ricercata la causa della sua caduta e del suo definitivo fallimento. Perciò il Governo si isolò dal Paese co11 la censura, con il poco sviluppo della stampa ufficiale, circondandosi di mistero, lasciando l'incertezza fino alla vigilia; scatenò per l'Italia l'offensiva di un interventismo piccolo borghese retorico e vuoto; nella sicurezza del proprio scopo trovò il Salandra la abilità del patteggiatore pa.rlamentare, attraverso i molti rimpasti e rifacimenti ottenendo una insperata stabilità; servendosi a tempo degli uomini e della piazza, delle ideologie e degli interessi, delle minaccie e della adattabilità. )la quando col discorso di Torino il suo giuoco fu chiaro cd egli si sentì stanco, subito cadde. Fu continuata la sua politica dai successori, non bene; e quando la guerra fu vinta la si esal.tò per ciò che in essa vi fu di peggiore, di inutile, cli vistoso. Demagogia e incapacità continuarono la stessa politica nel dopoguerra, onde la rivolta. Salandra sta ancora con l'ordine, con gli agrari, con il fascismo « provvidenziale: anarchia"· -~fa il suo posto non è più nella lotta; ancorn convinto che il proprio compite, storico non sia /ìnil.o, si sente tuttavia sorpassato; stancn per aver passato l'intera vita in vano ad un ideale non realizzabile:. Egli non sa, come il Sonnino, ritirarsi del tutto e scrivere di Bc,atrice; avendo meno peccato se:nte meno il bis<,gno di espiare. :via siede in sile117,ir,, come: chi ~ e:saurito per sempre dopo aver raccolto ogni prop,·ia potenza cd averla gittata in vane, nel supremo sforzo rli alluazir,- ne del più rhgrnatico illil,erale liberalisrnn. C\1<1.0 f,F.l"l. SONNINO e DISANGIULIANO Rileggendo, nel volume pubblicato quest'anno dai Fratelli Treves, i , Discorsi della guerra > dell'on. Salandra, si è colpiti nel , Discorso del Campidoglio del 2 giugno 1915 da 1U1 accenno all'azione politica dell'on. Di San Giuliano, che nel 1915, in tanta piena di eventi, passò quasi inosservato. « Il Governo italiano - diceva l'on. Salandra il 2 giu.gno del 1915 - la cu.,f li.nea non ha. mu.tato, e mi piace dirlo ad onore del1a memoi-ia dell'illustre runico e coJlega, il cui solo rimpianto innanzi alla morte fu cli non aYer veduto :il giorno 1 da lui ardentemente auspicato, delle rivendicazioni nazionali :n. E l'accenno del 1915 è co1lfe1·mato in Ulla nota al volume di quest'anno ,in cui l'on. Salandra scrive: « Il marchese dl San Giuliauo aveva pienamente com... preso che nella grande conflagrazione i più vitali interessi del paese erano impegnati, e che era suonata Pora storica del cou1piJne11to de1l1opera del Risorgimento: egU aveva iniziata la p·repa. razione diplomali-ca dei fatali eventi futuri)). In queste affermazioni c'è una verità e c'è un equivoco. La verità è che il marchese di San Giuliano vide immediàtrunente, dopo la dichiarazione cli neutralità, che l'Italia non poteva tenersi estranea a11a guerra provocata dall'« ultimatum» alla Serbia, e che il problema della integraiione nazionale era divenuto improrogabile. L1equivoco è che , la linea cli condotta del Governo non abbia mai mutato», quasi che la politica de11'ono- ·revole Sonnino sia stata nua continuazione della politica dell 'on. Di San Giuliano La verità è che l'on. Di San Giuliano, iniziando nell'agosto del 1914 gli scambi di idee con I'Intesa, poneva fin dal primo momento come condizione prelimina1·e perchè l'Italia interYenis• se nella guena, l'impegno den:rnghilterra e della Francia a concentrare il 1nassìmo sforzo rui]i... tare contro l'Austria-Ungheria; e questa ideari· torna insistentemente in tutto il carteggio del settembre 1914. Mentre l'Italia - spiegava l'on. Di San!Giu1ia· no in una nota del 15 settembre - deve consi· derare come suo avvesra-rio l'Austria-Ungheria, per l1Inghi1terra e per L.1. Francia, in,·ece, l'avversario è la Germania: occorrono pe1c10 impegni precisi fra l'Italia e l1Intesa riguardo alle opera-. zioni militari da condurre contro l'Austria. E il 17 settembre ripeteva che « l'Intesa non deve voler risparmiare l'Austria,. E il 19 settembre esigeYa tassativamente che la flotta anglo-francese facesse un grande sforzo per appoggiare la cam· pagna serbo-montenegrina contro l'Austria, dopo di che- si sarebbe potuto avere l'intervento dell'Italia. Inoltre proponeva, in una nota del 25 settembre, che le Potenze dell'Intesa antigermanica si garantissero a vicenda nel dopo guerra, per un con... gn10 periodo di tempo, il nuovo assetto territoriale conseguito nella vittoria, mediante un ac· cardo difensivo per il mantenimento dello « stato quo,. Per 'Italia, nella stessa nota del 25 settembre del 19141 domandava come confine il « displuvio principale» delle Alpi ed il Quarnaro. Su la Dalmazia, di cui si era t:ominciato a parlare da una decina di giorni da alcuni giornali, non aveva idee definitive, nonostante che nell'agosto il ministro russo Sazonof l 1avesse offerta. all'Italia per attirarla alla guerra: voleva eYitare un urto con gli Stati del Sud: era incerto se eSÌO'cre alcune isole dell'arcipelago dalmata, e quali. Ad ogni modo, ritene\·a necessario iniziare con\·ersazioni con la Serbia (nota del 6 ottobre 1914). L'ou. Di San Giuliano mori il 16 ottobre 1914; e dopo un breve jnterinato dell'on. Salandra, Yenne al 1\1i11isterodegli esteri, il 5 110Yeu1bredel 1914, l'on. S011nino. Ora il sistema di idee dell 'on. S01111inoera assolutamente agli antipodi con quello dell'on. Di Sa11 Giu lia110. Infatti l1011. Sonnino 11011 pensant in nesstu1 modo atl nn'alleanza destinata a garantire anche per il dopo~ucrra a tutti gli alleati i frutti della \"ittoria. Per 11011. Sonnino, la guerra fra l'Italia e 111:'\ustria non ave\·a 11essu11legame pennanente con la guerra fra la Triplice Intesa e gli Imperi centrali. Era « la nostra guerra», come faceYa dire chi giornali a lui fedeli, che si combatteva accanlo alla g-uerra generale senza confoude.n:;i con essa. L'Italia era nna « allcatn. prov\·isoria » dell'Jntesa :rntigennanica: alliée ponr le momcn.f, come <1iceYaa Parigi un nostro cliplomntico. E pe_r il dopo g11e.rra si riservava pie.Ha libertà di az1oue. 1\fe110 che: mai 1'011. S0;1ni110 pcnsaya ad csig-egerc uno sferzo dcclsi,·o internllcato conlro l 'Au· stria come: condizione prc:limiuarc all1intervcnto dcll'Halia m.:lla guerra. Era conYinto che la g-ucr• ra ~arehhc finita, al più tanli 1 entro l'anlnnno del 19r5, e eh<: sarebbero baslati all'Italia pe:r condurla a tuml11c 40 milioni di sterline, cioè u1. miliardo, preso n prestito in I11ghilterra: nel fchhraio ½li ycnn<: il sospetto che 40 milioni t1i s.krline: non bastassero, e cl1e fos. .;cmeglio chie:• dcrnr ... i.o! 1',.,.011 occorn::\·a, qnincli, far partecipare ;:;li « alk·at..i prov,·i~ori » alla « no;-;tra g-ucrra ». St' era il caso di proporsi come pro~ram111n cli ½llC:rra 1111ececssin> im!c-lwlimtnlo clcll '.\ u-;lria. Ancora n<:l clicembrc dd "1916. l'un. Som1ino tlc• fìtiiYa ('<Jme 1111a jollì11 il pi,t110 del ge:nc·rale Cadoma e cli Bissolati cli concentr;,re le fone <j.el1 'Intesa per un attacco :i fondo contro l'Austria, perchè , la venuta di truppe alleate sul DQ&tro fronte avrebbe compromesse le nostre direttive di politica estera •. Quanto ai limiti delle , rivendicazioni naxionali , 11011 occorre ricordare il contenuto del P~tto cli Londra. E quanto ai rapporti con la Serl>ia, è noto che l'on. Sonnino non volle mai venire a trattative; anzi si oppose tenacemente ad ogni proposta che tendesse a far conoscere ufficialmente alla Serbia il contenuto del Patto di Londra, anche quando il documento era diventato il segreto cli Pulcinella. Queste fondamentalissime differenze cli orientamento fra l'azione diplomatica iniziata daH'onorevole Di .San Giuliano e quella condotta a termine dall'on. Sonnino, sono rimaste finora incognite. Nè gli accenni contenuti nel voium.e dell'on. Salandra sembrano diretti a far la luce su di esse. Ma l'equivoco merita di essere una volta per sempre, eli1niuato: e per rispetto alla verità storica, e perchè restino ben definite le responsabilità personali di coloro che hanno contnòuito a stabilire il programma diplomatico della guerra italiana nella crisi mondiale. La memoria dell'onorevole Di San Giuliano è gravata con troppi errori per gli anni, che hanno preceduto e preparato la guen·a europea, perchè si debba appesantirla anche con le responsabilità dell'on. Sonnino e dell'on. Salaudra. Il quale, i1n-ecedi af!ennare che la linea di co11dotta del Governo non. ha 11wi 111,u.tato dal1'on. Di San Giuliano all'ou. Sonnino, farebbe opera preziosa per la cultura politica del paese nostro, se ci spiegasse per quali motivi la condotta cielGoverno subi dall'uno all'altro nùnistro m1 rnutame11to così radica.le. Il problema merita di essere riso1to. GAETANO SALVEl\.UN"I. NOTSAULCOLLABORAZION All'invito, fattogli dall' eclitore, di inserire nel suo volume Collabora.zio-n.ismoJ una nota. a proposito dei recenti fatti politici, Ubaldo Formentini ha risposto con questa lettera che noi siamo lieti cli offrire come primizia ai lettori. 11 volume U5Cirà in tempo per il congresso socialista, ove è da sperare possa chiarire ai collaborazionisti una materia di cui molto parlano senza aYen1e fatto mai oggetto di studio profondo. La Spezia, 17 agosto 1922. Caro Gobelti, Confesso che dopo gli ult-im.i a-v-venimcnt; hn sentito ~ùiva.nz.ente la necessità di una nota di cronaca a.l Libro. Essendonz.i -vol.cn1tarianiente disabit1t.a.to da.ll'espri:m.ere, anche ·nel.la più. raccolta. intim.ità, giudizi giornalistici, ho rim.anda.to, sine d.ie, non solo di esprimere un. giu.dizio -nz.aanche di nz.editare s-u.U'argom.ento e, a pochi giorni di distanza, tro- -vo che quel 1nio di.sagio si è press'a poco quietato. Forse t,itlo sta in ciò: che il titol.o COLLABORAZIONIS!\IIO è m.eno opportuno editorialniente di quel che pareva -,in mese fa; i.nfatti, il titolo da me pensato era LA CRISI DELLA SOVRANI!.~, certo assai più rispon.dente al.la. 111.ateri.a.: - ma è il caso ora di fare ·un cmnb-ia.m.ento di q·u.estogenere? Mi parrebbe dar segno di 1J.naresipiscenza che, dopo tutto, non ha ragione di essere. D'altra parte, per accordare il l.ibro con la cro1ia.ca, do·vrei parlare non solo degli 1t.ltinii av-venimenli, nia anche di altr-i di poco p1·eceden.tì, che ho del tu.lto trascurati e voluto trasc1trare, compreso lo stesso 1no1Ji1n.entocol/.aborazio-n.i.sta. in sè come 1novi11z.e11topa.rlam.entare e po-litico. Com; ja·re? Pel nz.omento non rn.i sembrerebbe di poter ca~Jaredalla cronaca recentissima altra concl'ltsi.o. 11c per il niio tema che q·nesta: - che il Jascism,o, là d.01:e si sostitnisce ai socialisti nel proseliti:s1no e 11cll'organizzazio11e sindacale eredita tutti i problenl-'i del coUaborazio-n:isma socialista. Tntt.a1Jia, questa è a-nco·ra nna 1Jeduta sommaria elle '?mo/ essere approfond-ita .. La q·uestione forse va posta in questi ter11ii.ni: - il sindacalismo o_l,eraio 1u1 proposto ·11n problema. di organi:;:::a:::i.011egiuridicopol.itica dello Stai.o, pe11sa11dodi riso/.-uuto co·i p1·opri. me:::zi, co·i propri u.om-i11i, con la propria aristocrazia. A un dato momenf.o ha tro1Jato altri clementi e altre Jor;;c concon·c11ti. alla. stessa sol.1Lzione: fra queste forze bisog·na contare anche sul jascisJJ10. Se 1ni fossi porpost.o cli sf11d.i.are nell'insieme -il moto e la composi:::ione di q·uesti /alt.ori, il mio libro a-vrebbc seH:::a d11bbio il difetto di trasc1-t• rare ~egli elementi che non possono stimarsi inej. ficac1. Ma. io ho sl11di.ato la crisi della so1.·ranità sopra. t11tt.o come cr·isi indi~viduale e soggeltiva; come 1111 fatto _del.lo spirito cioè ci,e co111.prc11dc-nella sua .amp1ezza e spiega a11clie Je ;11a11ifest.a:;ioni fasc1~fc, 11aturaln•e11te, se i 1niei giudizi non sono errali. Veda lei, caro Gobelti, se le -poci,e righe che prcc~do110, bnltate giù in lntta fretta, poss0110 s~rmre i)er 1111a nota, a piè di pagina alle 1tltimis• snne parole del libro; se no lasci pure le cose come si tro~;mio. UBAt-DO Fo1n1.E::-.1TINT. .\ ffrett....1te\·ia mandai~ci la vostra prenotazione pel l' O L L ,\ "R O R !\ 7, I O è< I S ìl[ O di ·1• Formenlini. - T.ire 5 in,·ec<..-di lire 8.

IUTIZIE SUGLISTUDISTORICI II SALVEMINI Dei ca.ratl:eri, dei pregi e dei limiti della s,:uola erouoruico-giuridica, e del posto che essa ebbe ed b.a. nel quadro generale deglj studi storici contcrnpoca.nei, ha già parlato, come si do\·e\·a, il Croce; e non è certo inia iuteuz.ione dassumere qui, mal,an1e.ute, la stLa analisi e i suo-i giudizi. ll mio cotupilo, i.u questa rasscgua, è clc.l 1·est.onon tanto d1 definire le carollcristiche foudamenlali e le tenden 7...e più significalh·e del! 'indagine sto1iogr:16ca, quanto piulloolo di rile,·are le qualità e le attitudini dei singoli studiosi, al <li fuori della ron-eutc o del gruppo, a cui ciascu110 dj essi appartiene. Accettaudo come ptwlo di partenza la base ideologica comune a p:1rec:chi storici, utile sopratutto iu quauto fornisce gli schemi genetici µe,:· LI. classific.a7.ione dei vari indirizzi culturaJi., jl U1ioscopo è di porre in luc~ quelle particolari divergenze che costituiscouo la speciale fi..sorwrnia di ciascun iudi\·iduo. E quaudo l 'opexa stoi;c:a_del Sah-e1uiui sia esamiuala da ques.to plillto di Yista, difficiltnente e solo in lerti liu1iti si potranno ancora attribuire ad e'5-.1 i giudizi che il Croce dedica a1la scuola ecouo1nico-gi uridica presa uel suo complesso, ma in compenso si rive.le.rallllo forse qualità singolati e -riposte, che 11011 pote\·auo essere considerate in uuo studio più comprensiYo e generico. ~on \.: opporhu10, per esempio, g-ua.rdar trop1)0 da vicino al 1narx.ismo del Sah·entiui, che fo.rsc tutb.via sarà ronside.rat.o da taluni il centro e la ba.c;.eUelle sue ricerche; perchè ci accadrebbe moL to p1·obahilmeute di tro\·are uu insieme cli concet~i vaghi e nou se1npre coordinati, auzi talora per5?no apert:.a...--nentecontradclitori, assai più simile aile ideologie den1ocratiche diffuse tra i socialisti riformisti e complicate dai contatti col positivsmo, che nou al materalisrno storico 01;- ginario. Chè se anzi cerchiamo nei suoi libri un-c:t tnetodo generale e un criterio supe1;ore di Yalutazione dei fatti storici, cioè in qualche modo una fi1030fia direttiva ed implicita, ci troveremo di froute a nu uudeo di idee, che si potrebbero agevolmeute riattaccare ai dogmi fouda1nentali dell'illtuttiu..ismo, e ai p1·incipì politici della rivoluzioue francese. Pet" questo lato anche la sua partecipa.Lione al movimento socialista fn per lui, come det resto per moltissimi altri fra i più noti uomini del partito prolet:uio itc1.liauo), più che 1'a.ccett.azione di u11.a teoria filosofica, 1':tdesioue sentimentale a un ideale di giustizia e di libertà. Coll ciò uou s'intende affatto di negare ogni possihi1e infln ... ~ stt di lui del materialismo storico, in quanto que3to contribuJ certamente a dargli quella percezioue realistica e spregiudicata degli avve!.l.i.meuti, e ad indirizzare le sue ricerche, almeu.o iu un primo tempo, in un campo prev-alente-m.euteecouornico. E mantenendo heu fermi i limiti che abbi.amo esposti, polTemo notare in lui anche altre miuori influenze: come quella del positivismo, o. cui abbiamo già accennato, e che &i rivela. 3d esempio nel suo modo di definire il concetto di storia; e finauco quella dell'idealismo, che traspare udle sue discussioni sul problema scol.astico. ù'la llello stesso tempo ci sarà facile scorg~ che ci.a.scuna di queste ideologie riesce solo a. colorire variamente le sue particolari manifestazioni, seuza che mai nessuna di esse prevalga, 11\'.'. t2nto meno penetri a fondo tramutandosi in criterio direttivo, unico o principale, di -ogni suo pensiero ed azione. E se voglia.mo trovare una base dottrinale salda e costa11te che possa verainente giustificare, così come la su1 atti\'ità politica, i suoi interessi storici ; tloYremo anrora dconoscerla, come abbiamo eletto, ia quella parte del pensiero illuministico, che diventò, dopo la rivoluzione francese, patrimonio comune e fondamento primo delle ideologie liberali ·e socialistiche pilt diffuse. Le sue molte e diYerse Esperienze, pratiche e colturali, 11011 ri uscirouo .a ca:ncellare, e neppure ad arric-- chire quella su.a fede originaria e popolare. Come sì può vedere anche esaminando le qualità este- ·r1ori ed appariscenti del suo temperan1ento di stu-- c'.io:'◊, le quali di solito deYono essere assunte come simbolo e parvenza di queile intime e più difficilmente riconoscibili. La maggiore di queste qualità è ! 'aspi.razione alla chiarezza e precisione dei cou.cctti, dote che si direbbe quasi prettame11te [rance.se, e che mentre giustifica il singolare \·alore scie.utifico dei suoi studi, d'altra parte spiega l'astrattezza e quasi aridità di taluni dei suoi proc,edimenti. l.l tatto ch'egli poi riesca spesso a superare l'angustia primiti\·a ddl'impostazione, ed otte11ga cosl risulta.ti insperati e notevolissimi, dimostrn soltanto, più che una presunta influenza su di lui delle correnti ùi colhu·a contemporanee, la ricchezza i111pre\·edibile delle sue facoltà naturali. E' uatu.rale pet'ò che le idee illuministiche, che formano ancora qu.asi immutata la filosofia Ytllgata delle tnaggiorauze, risorgeudo :in un uou10 di studio della fine del sec. X[X e dei primi del XX, assumano aspetti uuoYi e caralteristici. Quali s0110 quelli che si possono studiare analiticamente in un suo articolo su La storia co11sidc1·ata come scienza (Ri---.:.ital. di sociologia, VI, r902, p. 17 e seg_e;.). Prescindendo dalla forma delle argomentnzioni improntata al posith·iLA RIVOLUZIONE LIBHR.ALJJ; de-re, p -r esempio, nello :;ludjo su. La politica estera di F. Crispi. Del resto anche negli altri libri, venuti dopo quelJi primj <: bellissimi che :ibbia.m ricordato più sopra, le qualità mentali del Salnemi11i lasci.an. troppo spesso vedere le lacune e i difclli impliciti in e:,se: 1Jl passione yer la chiarezza e l:i semplicità diveJJta troppo facile :icquicscc.'117.,agli scbcmi, e tra.i;.c~un1nz.-'J. dei dati inlnilivi e im.previdjbili della :;toria, in fa.vore di quelli slrellam.ente logie-i e ragionativi. Abbiamo allora gli Studi storici, il .Wazzini, e sopratutto La 1·i1:olmione francese, ,talla quale troppo evidentemente esulano la ricchczr..a fantastica e: la complicazione e contraddizione: degli avvc.-nimenti, proprie di quei tempi fortunosi, in cui Ja gran<ler...- za della storia si rivel~ con C,Irattc:ri di fatalità. 93 miracol06a difficile a ridurre in ordinamento logico e conseguente. Il cbe non toglie che anche in questi libri siano visibili i meriti grandi e diversi di Gaetano Sal.vem.ini, e sopratutto quell.a coscien7,a. della verità e desideTio dell'obbietti,·ità, più che rispettosi, entusiastici e ricchissimi dì fiducia. nelle proprie possibilità illimitate. TI un omaggio a questo spirito di verità, cbe il Sah· ·mini c.i insegna doversi usare anche con i maestri, vog-liono essere, con gJi elogi, Je limitazioni e 1r~ c.ritic-he contenute in questo articolo, le quali nr.,n \·alKono dtl re::;to in nes.sun mo,Jo a diminuire un'attività, d1e fu feconda e nohilis~ sima, e che non <· giunta ancora al suo termine. NA'[Al,1~0 SAPF.CSO. smo corrente, e dd resto puramente esteriore; l· facile scoprire qua e là in queste pagine il fondo teodco del Sah·emini. Vero è che vi si trova proclamalo con eloquell7...a un concetto del progresso, che .si direbbe qu;isi ispiralo ;illo storicismo roma.11lico: e Da questa conduzione, cbc il presente non è un sistema di forze receuli dannale a s\·anirc di fronte alle tmovissim.c fon·,e de] futuro, ma in equilibrio i11sl;1biltssimo, c:011dizio11aloda tulle le passate e.volur.ìoni psichiche e sociali ùel genere umano, e condizione alla sua volta di lutli gli S\"Olgime11ti futu1·i - da questa cou\·inzionc nas.<;e il fatto che onuna..i qualunque co11osccnr..a del presente astraesse cL-illanozione del passato, ricscirebbc incomplcL-i, e.le.forme e inadeguata ai nosl1i pii't comples~i bisogni i11telleltuali -.. 1vTa se si guarda un po' pili a (ondo, e: si cerca uua più concreta definizione di queste parole alquanto vaghe: e illusorie; quello che ci appari\·a bisogno di c.letermiuarc: sloricamc11le il momenlo prcsellte, si ri velc.rà pili propriamente « sperauza dj troYare con l 'aiulo dei ratti passali la soluzione di acuti~simi problemi pratici proiettanti la loro ombra sul futuro,., e le ricerche storiche clivr::utera11t10 « basi indispensabill alla sociologia,. E se iu questa concetto ritroviamo il crite1;0 di giustificazione cstriuseca della storia ,sussidio e fondamento alle conoscenze antropo1ogicbe, comune in tutto il Settecento; un'~o dei desideri d'erudizioue di quel secolo si può agevolmente riconoscere nell'altro moti \·o che ci spinge, ~ondo il Sah·emini, alle ricerche stodcbe: e la curiosità scientifica di apprendere attraverso la storia la nostra disceudenza psichica e sociale it. Altre proYC, ancJic: più evi<leuti della derivazione <liretta del Sah·emiui dall'illuminismo popolare e dalle ideologie della rivouzione francese, si scoprirebbero seuza difficoltà, se fosse possibile di studiare anche le dottrine e l'attività politica di lui, indagiuc che ci è vietata dai limiti ideali e materiali del nostro lavoro. Del resto, nel campo nella storia, la fede illuminista si risolveva in un amore quasi religioso della scienza, in quanto è analisi, precisione, determinazione di concetti. Pare indub. bio che oggi le opere di storia più pte7iose e durature non possano sorgere altrimenti che da un ctùto siffatto della scienza; almeno fino a quando non penetri nell'animo degli studiosi una diversa certeu~'l dottrinale capace di prender il posto delle fedi, differenti ma tutte fortissime, di Cuoco e di Manzoni, di Colletta e dj Balbo. NOTE DI POLITICfl INTERNf\ E certamente, se dobbiamo credere alla nostra esperienza, tutti i contributi più notevoli della storiografia contemporanea son sorti su questo terreno di fiduciosa adesione e dedizione al sapere, che, attraverso le più dirette, sebbene quasi soltanto incidentali, influenze del positivismo, ritro\·a i suoi più veri e immediati progenitori nel settecento, secolo dei lumi. Poichè veramente nelle prime opere del Salvemini non sapremmo d- .conoscere alcun nesso con le dceude politiche presenti; e ci par altresl scarso e quasi soltanto iniziale }'in.flusso del materialismo storico: e l'in ... teresse precipuo e costante vorremmo trovarlo piutto&to nella definizione esatta e limpida dei termini : volontà di chiarezza che si oppone alla fantasiosa oscurità di alcuni storici romantici : « Se noi cerchiamo di concretare le nostre azioni sulle lotte fra i partiti nei Comuni italiani, dobbiamo confessare che quasi sempre parliamo di !\{agnati e di Popolani come parleremmo di due qn2ntità algebriche astratte; magnati e popolani s0110 parole, sotto le quali non vive nessuna idea determinata, concreta ... Che cosa vogliono dire queste parole? ll. Desiderio di veder chiaro, dissipando ogni possibile confusione, colPi11tento di raggiungere per quanto si può la certezza obbiettiva (onde la necessità pe~ lo storico di « subordinare sempre le proprie idee ai fatti , e di ricordar « sempre che i suoi preconcetti sono delle semplici ipotesi provvi,sorie; che egli verso i fatti ha solo dei doveri e i fatti verso lui hanno solo dei diritti I)): questa è l'o!igine prima oltre che dello studio su La. dignità cm;aUeresca, di quel bellissimo volume: i\tlagnati e popola•11i i.n Firenze dal 1280 al 1295 cbe è ancor oggi l'opera a cui meglio può raccomandarsi la sua fama. La lotta politica vi è studiata nei suoi dati più semplici ed elementari - i contrasti economici - onde ne risu1ta una visione con1plessiva limpida, organica, adereute al processo <le.i fatti reali, e perciò stranamente in contrasto con le fautasie me~'lfìsiche dei romantici non solo, ma perfino con le indagini morali del suo maestro Villari. Que~ta. sna tendenza a risolvere i conflitti storici nelle linee fondan1entali, poicbè l'aveva portato iu questo caso a dare una particolare importaHza ai dibattiti economici, fu confusa con un interesse 1J1.arx.istico,o peggio con un'applicazione alle.idee e sentimenti e alle vicende sociali del tempo suo; mentre nou era altro, nel suo fondamento, che un amore istinti\'O, e direi popolaresco entusiasmo, per la scienza, dal quale miracolosa.mente scaturiva uua interpretazione dei fenomeni storici assai più co'ncreta e politica di quella a cui ci abituavano gli scrittori politici di allora. Perchè: quando ,·crameute nei suoi studi storici penetrò un troppo appassionato interesse per le: lotte politiche contemporanee, e quasi un'eco delle campague e propagande agitate dal Salvemini lu altra sede; e questo unoYo impulso contingeule e qualche po' tendenzioso si sostituì a qne11o primitivo spregiuclic(lto e scientifico, alla sua. storia 11011 ne ,·enne nuova Jor1"'1 bensì qualche fiacchezza e 1111 reale clccacli111e11to.Come è foci le YeFascismo e rivoluzione E' banale I'a/Ierma1ione cbe il fatto villoria ri. suita realmente di d1'e fatti: il fatto bruto, realistico della disorganizzazione o distruzione del neniico, e il fatto idea.le della coscienza di tale superiorità o senso della villoria. i!l Italia si è. avuto, come conclusione della guerra, il primo fatto; invece è mancato, quasi del tutto, il secondo. E' mancato il senso della vittoria uel fante, per il quale i fini della guerra non erano Trento e Trieste e Zara, ma erano la distruzione del militarismo, la pace perpetua e i due iugeri di terreno; è n:iancato il senso della vittoria nei ceti imbevuti di nazionalismo, per i quali i fini della guerra erano la Georgia, l'Asia 1vfinore, la Somalia Inglese, la Dalmazia, o almeno, il patto di Londra più Fiume; è mancato nelle zone grigie dell 'opiuione pnbblica, per le quali la nostra gue.rra si è fermata a Caporetto (Sta1npa, Avanti) e l'impero Austro-Ungarico è caduto per intime debolezze (diséorso Giolitti a Dronero). Tre anni di guerra, mezzo milione di morti, sei miliardi di deficit senza il seuso della vittoria vuol dire, in un paese come il nostro, senso della sconfitta, vuol dire sconfitta. E' banale ancora che prima conseguenza della sconfitta, in uno stato nazionale, è la rivoluzione sotto specie di mutamento dj regime. Ed è banale altresl che conseguenza di tali rivoluzioni postbelliche è la controrivol~tzionè e la reazione. Anche questa volta la legge non si è smentita. Gli stati sconfitti hanno avuto tutti la loro rivoluzione, in tutti alla rivoluzione è successa, o si è tentata, la controrh·oluzione. Lo stesso è accaduto e sta accadendo nei paesi o negli stati in cui si è avuto,se non la sconfitta Yera e propria, almeno il fatto del senso della sconfitta: esempi, l'Irlanda e, purtroppo, l'Italia. Qui da noi la série di tentativi rivoluzionari che vanno dai moti pel caroviveri del Luglio 'r9 alla occupazione delle fabbriche del Settembre '20 rappresentano come intenzione, se non come effetto: quello che fu in Francia la Comune dopo il '70, la dittatura di Bela Kun in Ungheria, la rivolu, zioue del noYembre in Germania, cioè -il classico tentativo di sovvertimento del regime, conseguente alle guerre sfortunate. Come, dall'altra parte, il fascismo rappresenta da noi quelio che fu Versailles :in Francia, il terrore bianco in Ungheria, le organizzazioni Konsul e simili in Germania, cioè la classica reazio11ealla rivol111,io11eo ai tentativi rirnluzionari post-bellici. Se da noi, dopo la guerra, più che ·moti rivoluzionari si ebbero dei tu.mul.ti sediziosi, con sçarso effetto immediato, una delle ragioni-Sta aiiclienel fatto che, insomma, la uosh-a guerra non si era chiusa con la sconfitta vera e propda, e che il senso della sconfitta era, in rarte, creazione artificiosa di partiti e di persone polemizzanti, destinata a SYanire davanti al chiarirsi della coscie111..a della \·ittoria. Però in Jtalia chi vuol essere giudice imparziale non può non notare, iu questo gioco di rivoluzione e di controrivoluzione, una sproporzione enorme tra i 'entità dei mo,·imenti riYoluziouari e l'imponenza e la persistenza della reazione contro-ri \·oluzionar:ia, la quale, come altre volte s'è detto, si è affermata più vasta e gagliarda proprio quando la marea rossa era in deflusso e pare si \·ada esasperru1Cloa mano a mano che tutto quanto sapeva di rivoluzionario, dalla parte opposta, rimpicciolisce e scompare. Il quale fenomeno curiosissinìo e importantissimo ci trae a un altro genere di considerazioni circa il fascismo. Finora abbiamo messo de1 fascismo in eYidenza solamente il lato anti-dvoluzionado, il lato Konsnl; ma, come altra ,·olla si è detto, errerebbe chi credesse che in questa attività si esaurisse tutta la forza del fascismo italia110. Prettamente reazionario e anti-riYoluzionario è solamente uno dei fa..o::.cismi,quello che si è convenuto di chiainarlo agrario-industriale, a cni si possono aggiungere alcuni elementi d'aYat1guarclia del nazionalismo e del liberalismo italia·- no; ma l'altro fascismo, quello della prima ora, quello clic abbiamo chiamalo interYentìsta, cinello se è antisocialista uon è niente affatto antiri,·olnzionnrio, eh~ anzi ~ prettamente c ~i11cern.111c11tc rivoluzionario, assai più rivoluzionario certo dei socialisti di cui brucia i giornali e le cooperative. Que;s.ta corrente di fascismo rivoluzionaria per \·ia si è ingrossata di elementi sindacaiisti e anarchico-comunisti, che abbandonarono Je antiche bandiere dopo l'insuccesso dei moti rivoluzionari di marca socialista, e accorsero al fascismo attirati a lui àalla -sua coreografi.a rivoluziona.ria. Jn questi elementi ri\·oluzionari fermenta an~ cora quel composito senso della sco-,ifitla eh.e io bo descritto sopra come creatore di rivoluzioni post-belliche, ed è questo lievito, secondo m.e, quello che ci spiega il persistere e l'ingigantirsi apparentemente gratuito, dell'azione extra-legalitaria del fascismo. 11 torrente ,·a; la spedizione punitiva è ormai un di messo ferra veccb io, adesso è di moda 1'occupazione: sempre più difficile: Bologna, Cremona, Ko\·ara, Tolentino, Ra'f"enna, D-1ilano,Parma, Ancona. Il torrente Ya : doYe? contro chi? Contro il socialismo debellato? contro il superstite comunismo? Gli agrari, gli ..industriali, gli eser0e11ti dicono e credono che si; i liberali e i nazionalisti incominciano ad avere qua.khe sospetto e, scortarulolo, vigilano il torbido alleato; ma Cesarino Rossi entra in Palazw Marino lanciando il grido di « viva la guerra rh·oluziona.ria • eco delle giornate di maggio e della propaganda di guerra; i fascisti del Lazio, al finire dello sciopero, affluiscono a Roma per impedire e a1la autorità centrale di distogliere parte delle truppe concentrate a Roma per impiegarle ove il fascismo si afferma _nel contrattacco , ; Gabriele D'Annunzio si riconcilia coi fascisti in quella Milano in cui, non molto tempo addietro, pronunciò la frase: , A Roma non andrò che per abolire le leggi infauste , ! Nulla, apparentemente, manca ora al fascismo italiano per fare 1a rh·oluzione, per essere la rivoluzione: denari, anni, numero, cred..ito, arroganza ,tutto gli soccorre. Risolverà il fascismo il dubbio proposto da Mussolini alla Camera, dirà se è si o no un partito insurrezionale? Anzi, i fatti sono corsi avanti da un pezw; senza che altri lo dica, il fascismo è ormai da un pezzo un 1novimento insurrezionale. Ma la mèta quale sarà? Per me, io credo che anche della ri\·oluzione fascista sarà qnello che fn della rivoluzione socialista: cioè niente altro che un po' di baccano. E ciò per le stesse ragioni dell'altra volta. Prima di tutto per la mancanza di idee chiare: il fascismo, in fatto di idee, è più a piedi del social-comunismo, e poi specialmente per l'interno dissidio che lo travaglia. Anche nel fascismo, come nel social-comu.nismo, il lievito, il fen·ore è dato dagli elementi riYoluzionari, ma anche nel fascismo, come già nel social-comunismo, accanto al lie,;to c'è 1a 1nah;a, ci sono i pompieri; e anche nel fascismo i malvoni sono quelli che hanno il potere effettivo, cioè le palanche e il ere-- dito e la serietà e l'appoggio di organi go,·ernativi. E anche stavolta succederà lo ste&.so: quando la riYoluzione fascista sembrerà imminente. quando i capoluoghi di prodncia saranno occupati, quando il governo dirà « insomma decidetevi, le chiavi, se le volete, eccole qui 11, allora i Buozzi e i D'Aragona del fascismo escogiteranno una qualche formula tipo quella del controllo, o do1nanderanno le elezioni, o .. andranno al g0Yen10 insieme con l\1ecla e :Modigliani. E cosl il fascismo, come già il sindacalismo, come poi i] popolarismo, come fra bre,·e il socialismo, diYenterà un altro puntello di questa bmocrazia pseudo-parlamentare che è lo Stato Italiauo. E di buono, nèl senso liberale, non avrà lasciato nnlla dietro di sè questa triennale ,·entata anarchico-fascista in Italia? Forse una cosa: che lo Stato liberale, negato nelle parole e nei fatti, prima dalle moltitudini pseudo-socialisre;- poi clalle masse fasciste, in\·ocato a sempre più grande voce dalle turbe intermedie, cesserà di essere 111.1 concetto filof--ofico,famigliare a pochi solitari studiosi, per cli,·entare un'aspirazione sempre più chiara e sempre più precisa uella mente e nel Yolerc: dì f--empre pili numerosi Jtaliani. 11 che l.· forse 1a più grande e più vera riYoluzione che in Italin - per ora - si poss..1Yaghegg:iare.

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