La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 24 - 13 agosto 1922

l'AGRICOLTURA OMBARDA .: li una scortese e sleale aJse,·.:lone quella che atu•ibulsce oani cosa fra nol at Jaoo,·e della natura e all'amenità del cielo; e iC il nostro paese è ubertoso e l;etto· e nella re- ;1ione dei laghi forse il pitl 1)ello di tutti, possiamo dire ezlandlo che ncJtsun popolo svolse con tanta perseveran~a d'arte i doni che gll confidò la cortese natura~. Abbiamo accennato a principio io quale stato la natura desse ai primi nostri progenitori questa ten--ache abitiamo : al basso, una vicenda d'acque stagnanti e di dorsi arenosi; all'alto un labirinto di valli iute1-cette da monti inospiti e di lagbi. Abbiamo detto quali popoli ci furono maestri, o almeno fratelli di cultura : i Liguri, gli Umbri, i Pelasghi, gli Etruschi, i Romani, i quali ne furono inciampo su la via della civiltà, la quale tre volte s'arrestò e decadde; oell'èra celtica, nella bizantina, nell'ispanica. Nessuna istoria offre una più frequente alternativ--adi beni e di mali, e una più manifesta prova di ciò che è veramente giovevole, o veramente avverso all'umana felicità; il nosto incivilimento tre volte tornò uno sfrondato tronco; e ogni volta nel rinverdire apparve. più rigoglioso e fiorito. Noi possiamo mostrare agli stranieri la nostra pianura tutta smossa e quasi rifatta dalle nostre mani; sicchè il botanico si lagna dell'agricoltura, che trasfigurò ogni vestigio della vegetazio.ne primitiva. Abbiamo prese le acque dagli alvei profondi dei fiunti e dagli avvallamenti palustri, e le abbiamo diffo_ se sulle aride laude. La metà della nostra pianura, ]'.iù di quattromila chilometri è dotata d'irrigazione; e vi si dirama per canali artefatti un volume d'acqua che valuta a più di trenta milioni di metri cubi ogni giorno. Una parte del piano, per arte che è tutta nostra, verdeggia anche nel verno, quando all'intorno ogni cosa è neve e gelo. Le terre p.iù uligiuose sono mutate io risaie; onde sotto la stessa latitudine della Vandea, della Svizzera, della Tanride, abbiamo staì:,ilito una colti'vazione indiana. Le acque sotterranee, tratte per arte alìa luce del sole, e condotte sui sottoposti piani, poi raccolte di nuovo e diffuse sopra :ampi più bassi, scorrono a diversi livelli con e-al. colate velocità, s'incontrano, si sorpassano a ponte-canale, sù sottopassaoo a sifone, s'intrecciano in mille modi. Nello spazio di S<;°r, duecento passi, presso Genivolta, la strada da Bergamo a Cremona incontra tredici acquedotti, e li accavalca coi Tredici Ponti. Alla condotta di queste acque presiede un principio di diritto, tutto proprio del nostro paese, pel quale tutte le terre sono tenute a prestarsi questo vicendevole passaggio, senza intervento di principe, o decreto di espropri=...io.ne. Non è questo un vincolo che infranga il sacro diritto di proprietà; ma una utile aggiunta al diritto per rendere più fruttifera ogni proprietà senza eccezione. Gli scoli di tutte codeste acque sono muniti ai loro sbocchi di chiuse, che arrestano il rigorgo dei turgidi fiumi. Un canale attraversa per mezzo tutta la provincia Cremonese dall'Olio al Po; tutti gli acquedotti che corrono a fecondare la parte inferiore, lo attraversano con ponti di pietra, lasciandovi traboccare le acque che per avventura eccedano la prefissa misura; e se avviene che diuturne pioggie. rendano superflua l'irrigazione, si chiudono con porte gli acquedotti, e le loro acque precipitate nel sottoposto scavo si deviano tutte nell'Olio e ne.I Po. La provincia mantovana è una terra conquistata sulle paludi; le stesse acque che accerchiano la città, sono una palude trasformata per arte io lago navigabile. Un paese al tutto mediterraneo come il nostro s'avvicina per questo aspetto all'Olanda. I. nostri canali, navigabili ad un tempo ed irirgatori, sono costrutti sopra un principio speciale; ma sono veri fiumi, prima inclinati fortemente, poi progres,sivameote modera ti, per accogliere di tronco in tronco le disuguali masse <l'acqua, che l'irrigazione vie.ne successivamente emuogeodo. .Una volta impresso il moto, quest'ordine di cose si continuò unifonoe attraverso alle più varie vicissitudini dei tempi. Ogni anno segnò sempre per noi qualche nuovo grado d1 prosperità; ogni anno più vasta la rete st~aclale_;o~i an.no più folta la piantagione dei gelsi, pnma riservata ai colli, poi distesa IO ve.n boschi sui piani dell'Olio e del!' Adda e salita fino a mille metri d'altezza nelle valli alpine, prnduttrice di un'annua raccolta di cento milioni di franchi, io un territorio che corris1:011d_ealla ve~tis_eiesima parte della Fra.oc1a. _::iempre pm diffuse, ma più accurate e qu10d1 meno 10salubri, le irrigazioni·; s1 mutano IO buone case i tugur, dei contadini; penetra in tutte le comuni rurali il principio dell'istruzione; tolta cogli asili dell'infanzia l'abbietta ferocia e la rozzezza ai figli della plebe; gli studi delle lettere e delle arti acc11munati al sesso ge.ntìle; e colle solenni mostre di.ffuso l'amore delle bel.le arti LA RIVOLUZIONE LIBERALE n~ poP?lo, e un abito di eleganza negli utili mcst1en. Su la nostra pianura tutti gli abitanti si collegano con buone strade, che ragguagliano 111 circa un chilometro di lunghezza per ogni chilometro di superficie. La rete stradale in volge ormai tutte le colline, sino all'altitudi,ue di ottoce11tometri; trafora con galle.rie le rupi verticali che interrompono ]e riviere dei laghi; s'insinua nelle valli alpine raggiunge i sommi gioghi; difende contro I~ valanghe i più alti passi carrozzabili che siano sul globo. La via del Sempio.oe, che fu il modello di tutte, è opera dei nostri ingegneri che condussero anche quelle dello Spinga e dell0 Stelvio. Ingegneri nativi di quell'antica parte del nostro territorio che aggregossi alla Svizzera, tracciarono le vie del Gottardo e del Bernardino. I nostri imprenditori sono sparsi per le terre dei Grigio.oi de.i Tirolesi degli .Illiri, dei Boemi, dei G;liziani, iose'. gnando loro a protendere attraverso ai monti i vincoli d'una crescente civiltà. Le nostre opere stradali portano tratto tratto i segnali d'_uoa magnificenza romana; il ponte che cougmnge le due rive del Ticino, a Boffalora, s1 stende per trecento e più metri con undici arcate di granito. Le strade ferrate non ci sono ignote; una li.nea è compiuta da quattro anni; due sono cominciate; altre sono studiate e discusse. L'uomo, con tutte queste opere d'acque e di strade, ha preso possesso di tntte le terre coltivabili; e ad ogni condizione di terreno adattò un ordine proprio di coltivazione un più ampio o più minuto riparto nella ~ssidenza, un proprio tenore di contratti. E' assai malagevole porgere una: succinta idea_della nostra agricoltura nelle nostre provmc1e, per la strana sua varietà. Mentre in una parte d'un territorio il riso nuota nelle acque, u.n'altra non può abbeverare il bestia.- me se non di vecchie acque piovane o colaticcie, o tratte a forza di braccia da pozzi profondi fino a cento metri. Un distretto è continuo prato, verde anche nel veroo, folto d'armeoti. ridondante di latticini; uo'altro radu.na a stento poco latte caprino, coltivando piuttosto a giardini che a campi l'olivo e il limone, la più elegante di tutte le agricolture. Ne.i monti si coltiva la canapa ed è quasi ignoto il lino; intorno a Crema ed a Cremona il lino è primaria derrata campestre, e la canapa è negletta. La pianura pavese si allarga, in amp[e risaie, poco cura il gelso; e. la pianura cremonese _neha le più folte e robuste piantagioni. Il vino è la speranza dell'agricoltura in ambo le opposte estrentità del paese, nella boreale e alpestre Valtellina, e nelle australi pianure di Canneto, di Casalmaggiore, e dell'oltre Po. L'agricoltura bresciana solca profondamente a forza di bovi un terre.no tenace; la lodigiana sfiora i campi con un lieve aratro tratto da solleciti cavalli, per non smuovere le povere ghiare, sopra le quali il lavoro dei secoli ha disteso uno strato artificiale. Le circostanze naturalì che vogliono questa varietà nel modo di coltivar le terre la vogliono anche nel modo di possederle. Nella pianura irrigua un podere che non avesse certa ampiezza ,non si potrebbe coltivare con profitto, perchè rinchiude cc,mplicate rotazioni, culture molteplici, difficili giri d'acque ed una famiglia intelligente che ne governi la complicata azienda; quindi ogni podere forma un considerevole patrimonio. La famiglia che lo possiede è già troppo facoltosa per appagarsi di quella vita rurale e solitaria, io luoghi non ameni; dimora du.nque io città; viileggia sugli aprichi colli e sui laghi, e sovente conosce appena per nome il latifondo che la nutre in quel!' w...io. La coltivazione trapassa alle mani d'un fittuario, il quale per condurre. debitamente l'azienda debb'esser pure lui capitalista; e ve ne ha taluni più ricchi dei proprietari, e talvolta possessori essi d'altre terre, confidate ad altri coltivatori. Vivendo nel mezzo d'ogni abbondanza domestica, circondati da numerosi famigli e cavalli, fonnaoo quasi un ordine feudale in mezzo a un popolo di giornalieri, che non conoscono ulteriori padroni. Qui sorge un ordine sociale affatto particolare. Un distretto che abbia una ventina di comuni e misuri un centinaio di chilometri, conta, in ogni comune quattro o cinque di queste famiglie, cbe spesso vivono in casali isolati a guisa degli antichi _Celti. Sono sparsi fra mezzo a loro alcuni curati, qualche medico, qualche speziale, il commissario, il pretore che amministra la giustizia e le tutele famigl ia.ri. Questa è l'io telligeoza del distretto; tutto il rimanente è numero e braccia. Ogni coltivatore vende grani e compra bestianti, e. occupa fabbri e falegnami; ma il commercio e l'industria non vanno oltre; appena qualche bottega serve al rnstico apparato del contadino. Si direbbe che questo è l'antico modello su cui s,i formò l'agricoltura britannica. Ecco gli uomi.ni che sotto le mura di Pavia e appiè del castello di Binasco andavano senz'armi ad affrontar Bonaparte vmcitore di Monteootte e di Lodi. Se dal fondo della pianura saliamo ai monti, troviamo un ordine sociale infinitamente divei·so. Le ripide pendici, ridotte in faticose gradinate, sostenute con muri di sasso, sulle quali talora il colono porta a spalle la poca terra che basta a ferma.re il piede cli nna vite, appena dàooo la stretta mercede della manuale fatica. Se il coltivatore dividesse gli scarsi frutti con un padrone, appena potrebbe vivere. La terra non ha quasi valore, se non come spazio su cui si esercita l'opera dell'uomo, e officina quasi del lavoratore; e il paesano è quasi sempre padrone della sua gleba, o almeno livellario perpetuo; con altri patti le vigne e gli oli veti ritornerebbero beo presto selva e dirupo. Mentre una parte della famiglia vi suda e alleva all'amore del suolo nativo la povera prole, un'altra parte scende al piano ad esercitarvi qualche mestiere, o s1 sparge trafficando oltremonte, e riporta alla famiglia i risparmi che le dànno la forza di continuare la sua lotta colla natura e colla povertà. Un distretto cli questa fatta conta tante ntigliaia di proprietari quante sono le famiglie; ma la ricchezza non viene dal suolo, e vi s'i.nveste come frutto delle arti e del traffico. Laonde si vide una singolar mistura di costumi rusticali e d'esperienza mondana,' l'amore del lucro e l'ospitale cordialità, la facilità di saper vivere io terra straniera, e l'inestinguibile affetto di paese, che presto o tardi fa pensare al ritorno. In alcuni monti la possidenza privata è ancora un'eécezione; il comune possiede vas~amente i pascoli e le selve e le acque e le miniere; nè basta sempre l'esser nato cli gente nata in paese; ma bisogna appartenere ai patrizi del comune, agli originari. Senza avvedersi, essi couservaoo ancora una comunanza, la quale rimonta alle genti celtiche; appena ha fatto luogo qua e là al possesso romano; e non mai sofferse vera signoria. feudale, ma onorò solo negli antichi conti e capitani il nome del principe e l'autorità delle leggi. Alcune di queste comunanze, pochi anni sono, tenevano ampie valli; la Levantina, lunga più di trenta miglia, era un solo comune, e si suddivise p,rima in otto e poscia in venti; il distretto di Bormio era un solo comune e ancora co.nserva indivisa fra i nuovi comuni molta parte dell'antica proprietà. In molti luoghi il comune piccolo si distingue dal col]].uoe. grande., o diremo la moderna parrocchia dal primi.tivo clan.o. Questo regime appare più puro ed assoluto in quelle valli che si aggregarono alle leglre de.i Grigioni, e sopratutto nella Mesolcina, perchè sfuggirono alle riforme dei govem.i amministrativi. Alcune delle estreme valli sono troppo alpestri per l'agricoltura; la neve le ingombra nove mesi dell'anno, ma le trova deserte e silenziose. Chiusi i poveri casolari il pastore discende per le valli coll'armento; gli uomini appiedi; le donne sui cavalli, cogli ìnfaoti nelle ceste, come le tribù dell'Oriente. A brevi gio.rnate di cammino la. carovana si arresta dove il contadino del piano l'aspetta; le vacche alpine stanziano qualche giorno a brucare gli esausti prati; poi, inseguite dalle brine, passa.no a più bassi campi, fino ai prati perenni. Quando la natura si riapre, la famiglia ritorna al suo viaggio, rivede fioriti i campi che lasciò bruni e squallidi; risale lungo i tortuosi torrenti, trova i pochi che rimasero nella valle a diradare le selve e sudare alle fucine, e si sparge sulle a!pi che così ehiama ancora quei pascoli dove la primitiva comunanza non conosce altra disegualità che il numero degli armenti. Fra questi estremi, sono le belle colli.ne coltivate come il ,µonte, ubertose come il piano. Quivi una contadinanza la quale non possiede la sua terra, eppure non emigra, può tributare al padrone il frumento, divider seço il vino e i bozzoli, e serbar tanto pe.r sè da viver colla famigliuola., e allevarla nel semplice tenore dei suoi padri. Quivi un comune è disseminato in venti, in trenta, io quaranta casali di vario nome, che la chiesa, posta sul poggio più ameno, raccoglie io un comune sentimento di luogo. Liberi di coltivare la terra a loro talento, purchè no.n si defraudi del pattuito frutto il proprietario, essi le sono affezionati come se fosse loro proprietà. Se il padrone si muta, il colono subisce la legge del nuovo; e talvolta una famiglia dura da tempo immemora]:,ile sullo stesso terreno. Tutto l'anno è un continuo lavoro; le viti, il gelso, il frumento, il granoturco, i bachi, le vacche, la va.ngatura e la messe, il bosco e l'orto dànno una perenne viceuda di cure, che desta l'intendimento, la previdenza e la frugalità. Lavorando sempre io mezzo alla famiglia, senza comandare oè ubbidire, il contadi.no pur si collega al lontano commercio per il prez,zo dei suoi bozzoli e per il lavoro che la seta. porge alle sue donne. Nei siti meno lieti e pùi ripidi, dove il cittadino non ama investire capitali~ l'agricoltore è spesso il padrone del suo terreno; e rappre89 senta quello stato sociale ch'era così sparso negli aborigeni, quando furono i secoli della maggior for7.,a d'Italia e del più puro costume. Questi aspetti della vita rnsticale nel piano, nel monte e nel colle, si spiegano talvolta in modo aperto e risoluto; ma trapassano per lo più dall'uno all'altro, con varia tessitura, che il commercio e l'industria rendono più complicata. Questa varietà palesa quanto l'agricoltura sia antica fra noi, ed io quanti particolari modi abbia sciolto i singoli problemi che le varietà naturali del paese le avevano proposto. 1884. CARLO CATTANEO. Dalla introduzione alle Notizie naturali e cf... vili sulla Lombardia, il capolavorodi C. Cattaneo NOTIZIE ❖ Gli esuli russi ci ripagano dell'ospitalità di cui godonocon una miserabile produzione libraria di politicanti. Solo un rinnegato meno che mediocre quale Vladimiro Frenkel poteva scrivere un opuscolo come Amore e bolsce·oismo Talmud e Khamstvo (Roma, e La Rapida,, 1922), dove si profana la Russia e si pretende dare giudizi politici discorrendo di oscen.ità. In W. Frenkel c'è l'incultura di un intellettuale con una incoscienza plebea e con la meschinità di un diffamatore. li curioso è che questi traditori della patria, che chiacchiérano all'estero mentre i veri russi si sforzano con ogni sacrificio di çostruire il loro Stato, diventano in Italia runici e ammiratori dell'Idea Nazionale (pag. 70): essi poi sono cosi analfabeti delle cose loro che vedono dei , profondi conoscitori della Russia • in Napoleone Co. laianni e in Armando Zanetti ! Ma neanche i lettori dell'Idea Nazionale leggeranno le spiritosità sgrammatica.te di uno ~ie(;C0 çome W. Frenkel. •!• Giuseppe Prato è venuto facendo nel corso di alcuni anni, nelle sue lezioni alla Università Boctconi, una storia economicacompleta. Perchè non la pubblica? •!• Si costituisce in Milano, sotto gli auspici del Partito Indipendente del Lavoro un Circolo di Studi Economico-sociali per le Classi Medie. Per un Partito, il quale, se abbiamo da guardare in fondo alle sue speranze e ai suoi fini dichiarati, tanto più numerosi quanto men chiaramente determinabili, mira a restituire in dignità e in potenza le classi impiegatizie, dando il meritato posto al • cervello della Nazione , , tentare preliminanne.ute di far pe,,sare questo' cervello è una ottima idea. Vinciamo il nostro scetticismo per augurare che da una profonda meditazione economico-sociologica sorga il pensiero, se non di abolire il partito, per lo meno di snellirne e immodestirue il programma: p~ chi ci riesca sarà già una grande opera ridurre in sindacato economico l'apatica ed eterogenea classe degli impiegati. Quanto al farsi di essa una scala ed un appoggio per l'attuazione di quelle riforme, che io mezzo allo sfasciar~i di luoghi comuni democratoidi e d 1iudigesti sindacalisti, alcuni ispiratori Rathenauiani riuscirono a far emergere nel progra,nma il gioco che non vale la candela. Di inframettenze statali ne abbiamo anche troppe perchè altre ce se ne procurino, auspici gli impiegati, attraverso le ubbie dei governi economici. •!• Lorenzo Viani è un pittore degno di nota; ma come scrittore è un anacronismo; la sua esal ... tazione di Ceccardo è una cosa tronfia, falsa ed esteta: è un'ap1wnata .. Da Ceccardo uomo non abbiamo nulla da imparare: era un garibaldino con la cravache al posto del fucile e la goffa maniera invece dell'eroismo. Viani poi è incorso in una lieve dimenticanza: s'è scordato appena che Ceccardoè un poeta elegiaco e che solo per questo ci può interessa.re, non come caposcuola del-- 1'ege><nchismo e dell'·anarchia. •!• Nella nuova edizione de La 1\1011.archiasocialista (Bologna, Zanichelli : rileggerla) Missiroli sopprime l'ultimo capitolo: C1 è un. ·maestro i.n.fallibi.le. Ossia Missiroli è (ed era già nel r9r4) uno storico: la sua personalità di studioso è abbastanza diversa cl.allesue deduzioni di pratico e resta estranea ai suoi antichi amori con la teocrazia come ai recenti coi socialisti. Missiroli ha ragione di sostenere di essere coerente nelle sue presunte contraddizioni: il torto è vostro. Ma solleYate la vernice (il polemista) e vi troyerete sotto lo storico e il teorico della sto1ia che si fa. "Cuffi devono leggere e d,jjondere FORMENTINI COLLABORAZIONISMO il pi-i, importante l-ibro d·i pensfo,·o pol·itico àel dopo-gnerra. Esce in agosto Ai prei-:i.otatori. - Li.re e'$ Per lo sci.opero La Rivoluzione Liberale non è poiii/"a 11scire la sellirnana scorsa. Il prossi-nw nwnero ,.,scircì pi,re i.n ·ritardo per le ferie esthe delle m.aest ranze t.ipografiche.

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