La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 24 - 13 agosto 1922

88 le prime pagine - dopo una breve ma acuta discussione - cli voler adoperare il tennine Comunismo in tu1 significato molto largo, intendendo con esso abbracciare quella che a noi piacerebDe di più chiamare_. in generale 1 concezione sociale, in contrapposto alla concezione individualistica che, con Protago1·a. dponga 11ell'individuo la mis1..ua di ogni cosa. Cosi, indipendentemente da ogni preoccupazione che non sia di pura dottrina, l'A. \'iene a pone nettamente l'antitesi che l fondarne11tale1 raggiungendo un criterio sicuro ed assoluto di giudizio. Le conclusioni? Se desideriamo una nuova conferma di ciò che per noi è utì punto acqttisito, non possiamo che rallegra.rei dei risultati della s.:1.piente ricerca àello Schlund. Il quale, esaminata la questione rifefendola agli aspetti che, fondamentali secondo lui per la Yita umana, Io sono anche per il comunismo, l'aspetto economico, sociologico-politico, religioso, e, infine, etico-filosofico, perviene a una conclusione pieuamente e assolutamente negath-a. L'impossibilità di vedere iu Kant un precursore del comunis~o balza viva e palese dalle conclusioni dello Schlund, il quale, negando che Kant abbia potuto o Yoluto essere un comunista, rile\-a necessariamente che la coucezione kantiana del diritto, della società e dello stato è, malgrado tutto, da chiamarsi individualistico-liberale, e che e bei Kant im.mer noch clas Individuu1n im Vordergrund steht • (p. 278). La ricerca è, come dicemmo I condotta cou una notevole profondità ed accuratezztt; cop·iose le fonti; ricchissime le indìcazioni bibliografiche; la precisione e la minuzia spesso tali da riconfePmarci ancora una volta nella nostra opinione su certi metodi tedeschi. Tralasciando di discutere l'opportunità dei termini e della partizione adottata dallo Sch., a noi premerebbe ricordare certi punti in ctù l 'aual isi delle parti salienti della filosofia giuridica e poli" tic.a kantiana (tali il significato della communio originaria, lo stato, l'individuo, la libertà, l'eguaglianza, il criterio teleologico), ça particolare interesse per i nostri problemi. Se inYece dobbiamo limitarci a un breve resoconto, gioYerà ricordare solamente che i vari risultati si mantengono press'a poco su di una linea costante: ch'è qnel tante volte lumeggiato e non mai abbastan7..a rilevato Formalisnio, in cui è ad un tempo il valore eterno e l'incompiutezza della speculazione kantiana. Vediamo questo là do,·e lo Scb. mette in luce che l'individuo, in cui sta il fondamento ultimo del diritto per Kant, è individuo inteso astrattamente e razionalisticamente, che potrebbe altrettanto bene esistere isolatamente (p. 105). Perciò la libertà presenta due aspetti : uno interno e l'altro esterno: e, anche in quanto principio esteriore, è puramente formale : una possibilità che si con- \·erte in an limite, un diritto che è un do\·ere (p. 245 e segg.). Abbiamo cosi il valore dello Imperativo Categorico. E' assurdo volere da esso (particolarmente nella sua seconda formulazione), dedurre 1.lllll filosofia sociale: « appunto il carattere formale dell 'I. C. di.mostra che, se anche la costruzione di un sistema etico-<:omunista su fondamento kantiano è possibile, pure a questo la filosofia kantiana non de-ve necessariamente condurre. Su fondamento kantiano è possibile anche un'etica individualistica e dualistica., come ·dimostra la storia, ... e meglio di tutti Kant ste&- so costruendo nella seconda parte della Metafisica dei Costumi il sistema di una etica individualistica , (p. 245). A questa conclusione noi possiamo sottoscrivere interamente, consci che il principio formale dell'etica kantiana potrà essere stiracchiato in tutti i sensi fintantochè in esso si vorrà ricercare un contenuto inesistente, mentre il suo valore, come ha dimostrato il D1artinetti, è appunto questo: il Formalis'mo che ne fa una misura a cui si potrà sempre con certezza ricorrere. Ma noi sappiamo anche quésto : che superamento inevitabile del formalismo di Kant, altro non è se. non integrazione del suo insegnamento. Questa integrazione fu compiuta da Hegel : ed ecco perchè se si deve ricercare una base filosofica ad un marxismo speculativamtnte vacillante, t a Hegel che si deve e si dovrà ricorrere: e Clò non soltanto per le note connessioni crcnologie, e JX:1" la indiscussa paternità della sinistra hegeliana, ma, dottrinalmente, sopra tutto r..er qlli:sto: che la battaglia che Marx combatte sul terreno pratico è quella stessa e identica che Hegel, contro il formalismo ed a.stratt{.smo etico e giuridico, sostenne in sede speculativa. Chi non abbia presente questa mirabile correwzione non speri intendere il valore ideale del ~laterialisrno Storico, valore che permane anche se si tratta di una posizione superata. Mentre invece al] 'intenditore avvertito, si palesa que.<;t'intim.a corrispondenza, fra Hegel schernitore dell'« intell<:ktlli:lle .-'\nschauung, e del « diritto astratto , , e Marx ribelle contro .allo , stretto orizr.,OTitedel diritto borghese,; in entrambi comune j] reahsmo, fierissimo nemico di ogni S<"issione della realtà; il desiderio ardente di una visione integrale dell'individuo, che più non sia separato artificialmente in un astratto cittadino e in un reale 1,w1no. Ed ecco, per ultimo, ::.ipparire che si tratta di una vera e propria nuova concer,ion<cdella libertà affacciata dalla sp<oculazione begeliana, e di questa libertà la realizzazione, :\1arx addita come compito al proletariato, , er~de della filosofia classica tedesca•· Questo fugace accenno ad un'opinione; che vogliamù un 7ion10 (listesamente ragionare, affinLA RIVOLUZIONE LIBERALE chè non possa credersi che si yoglia per parte uostra proclamare un'identità che non esisterebbe se non nel nostro cervello, ma anzi, in un con le simiglianze, si precisino le differenze sostanziali e irdducibili fra i due peusatori, ci conduce a discorrere dell'ultimo dei« Phi.losophische Vortrage » pttbblicati dalla « Kant-Gesellscbaft , , lo studio di S. l\1arc.k., Hegelianisnuis -nn. Ma.rxisnrn.s. E ciò tanto più che già il tiolo è pieno di promesse, tanto che da esso potremmo aspettarci qualcosa di simile a que1l1ecc-e1lente la\·oro del Plenge (J. Plenge, Marx und Hegel. Tubingeu, 19n), in cui è magistralmente trattata la questione di cui ci occupiamo. Per vero, dice l'autore di essersi proposto con questo scritto, nou tanto di recare un contributo alla connessione storica dell 'hegelismo e del l\1arxismo, che egli ticonosce essere oggi « dominio comune della coscienza scientifica », ma di vagliare i rapporti intriused, oggettivi, delle due dottrine. Vanta l'A. • die Venvickeltheit und zugleich der unerschopfliche Reiz des Problems ,, sul che siamo perfettameute d'accordo. Passian10 al contenuto. In uu primo tempo, 1'A. si propone di co1npiere alcune considerazioni « formali e metodologiche », e cioè uu confronto dei presupposti teorici, fra cui pri1neggia la dia~ lettica; e iu questa pritna ricerca, avverte l'A., fatalmente dovrà venir in discussione lo stesso contenuto sistematico dell'hegelismo, discussione in cui im,po?'teranno senipre i suoi rapporti col. criticismo filosofico. A compiere questa prima ricerca terrà una parte seconda, che traccerà uu parallelo fra le due dottrine in quanto filosofie politiche. Ed ecco il Marck si fa ad analizzare la dialettìca hegeliana, a rilevarne i caratteri e 11essenza, mette.ndo in luce - piace a noi, fra le varie sue considerazioni, questa sopratutto ricordare - il valore di questa contro ~gni romantico Rousseauanismo e conseguente apologia dell '111genuo. :Ma a questo punto ci imbattiamo in una sconcertante contrapposizione fra dialettica hegeIi~na e ilialettica « critica », ed in una polemica che tutta si svolge nelle se.iene ina gelide regioni della logica pura, ove noi Yolentieri seguiremmo il Nostro, se vedessimo chiaramente dove egli ci vuole condurre. Non che con questo si voglia lontanamente negare che il problema dell'interpretazione della dialettica non sia fondamentale, e di quelli con cui bisogna tosto o tardi fare i conti: e ciò sopratutto ove si tratti della famosa opposi ... zioue fra il e sistema chiuso» e quello «aperto», fra una dialettica ortodossa e una riformata. Ma confessiamo di non essere riusciti a veder chiaro in questo concetto di 1.lllll dialettica criticamente intesa che il Ma.rck qui introduce, e meno ancora a discernere· di quale g:iova1nento possa riuscire una L--iledisputa nella trattazione del tema proposto. Si passa quindi a r-i-Iarx,ed a lumeggiare l'uso che della dialettica vien fatto nel materialismo storico. A questo riguardo seguono giuste, per quanto già note, osservazioni; così è della CTitica che il M., con poco merito personale, co1npie delle applicazioni che Marx fece in vari sensi della dialettica, e di un giudizio complessivo sulla posizione del mat. stor. come filosofia rispetto all'Idealismo .hegelia.no. Sorvolando sul modo in cui viene spiegata la concezione marxistica dell'individuo, per non dilungarci più oltre, veniamo alle più importanti quanto gratuite affermazioni del nostro A. Eccolo infatti a rivendicare in Marx il metodo critico contro , die Einkleidung des Hegelianismus, (p. 19). Il pensiero cli :Marx viene rappresentato co1ne moventesi fra i due poli dell 'hegelismo e del positivismo : esso raggiunge la sua fot·ma perfetta. soltanto quando s.i trova nel mezzo, nel Criticismo. Ora questo è contrario alla più intima essenza del pensiero di Marx: per il qu·ale la realtà è praxis, costnizione Yirn e salcla dell'uomo (si tratterà poi di vedere <li quale uomo). Premessa teorica questa cui 1101.1 fu sempre conseguente lo stesso Marx, onde le frequenti deviazioni in senso ingenuo-realistico (più evidenti ancora in Engels), ma che porge un criterio unificatore indispensabile e foriero di viva luce all'interprete, i1 quale altrimenti, ingannato dalle facili apparenze, brancica nel vuoto, arrancando invano dietro a un inti1no nesso che gli sfuggirà scm pre. Data questa pregiudiziale, ci spieghiamo facilmente le seguenti osservazioni del Marck. Il quale. concede - bontà sua! - che: « accanto a queste grandi opposizioni si trovano punti cli contatto fra hegelismo e marxismo sul tentuo della filosofia dclla .storia, (p. 20), e prilllD fra questi nel fondamentale realismo. Ma anche qui differenze non mancano, ed anzitutto la concezione della storia, intesa da :!\1arx come svolgentesi secondo una e evoluzione lineare,., , puramente causale> ( !). In. secondo luogo, - e qui è il più bello! - l 'A. ravvisa nel Marxismo un forte residuo di gius-uaturalismo, e una specie di ptssimismo nella critica della civilizzazione, per cui Marx potrebbe essere collocato nella linea dei pensatori che va da Rousseau a Nietzsche, e si contiJJua in Simmel, Somhart, Schelér, Speng-ler, Rathenau ... (p. 2.5). Ond<: conseg-tt<: q11e:staec11ficante conclusione: essere Rousseauanismo <'he, nella visione ,lella storia marxistica, si riveste. di terminologia hegcliana. Cosa rispondere i Se i· appunto qui rer noi uno dei punli cli co1Jlalt0 fra ITcgel e Marx : lo scherno del diritto naturale, (costellazione di Termidoro, diCE:YaAntonio Labriola !), la condanna di qu;,nli rimpiangono 1a feli<'ità dc·llo 5tatù cli natun:i, mentre invece la vita è lotta aspra e' incessante, dura conquista la civiltà: , duro lavoro contro la setnplice soggettività del comportamento, coutro l'immediatezza degli istinti, rome contro la vuotezza soggettiva del sentimento e contro 1'arbitrio del libito » (Hegel, Fil. de/. Dir., § 187 ann.). Ma per questa via soltanto - Hcgel e l\1arx proclamansi concordi - è possibile la J.iberazione; liberazione che è per Hegel nel raggiungimento dell 'i<leale della « bella Eticità », per l\1arx, nell'avvento della società futtu·a. Poche parole ancora a proposito della filosofia politica. Qui il contrasto è sintetizzato dal Marck come quello di una filosofia riconciliatrice con la realtà, e 1111 pessimismo eccitatore di rivolta. Senza dubbio, è proprio in questo campo che l'analisi urta nelle più gravi difficoltà, e dove nn parallelo fra Hegel, filosofo di Stato e conservatore indurito, e Marx rivoluzionario, pare un'impresa disperata. Ma il critico deve anzitutto aver presente la visione filosofica centrale, per poi poter vagliare nelle particolarità del sistema, ciò che è irriclttcibi!mente antitetico, ~ ciò che invece riesce storicamente spiegabile. Non staremo peraltro a ricordare come sia invece proprio qui che, malgrado le apparenti opposizioni, riesca cli scorgere quella concordia nella spietata critica di una concezione astrattamente individualistica che abbiamo per lo inna.nzi ricorclata. :Ma qui non ci si. 'contenta di star paghi di quello che sell7.a fatica si può dalle apparenze ricavare, ma la critica dell'idealismo di Hegel procede da una desolante incomprensione. Poichè quest'idealismo vien presentato come l'elevazione di tutto -il reale alla dignità di raziona1e, con conseguente « apologia dello stato contingente ed empiricO ». A questa deifica7,ione degli aspetti storici in cui naufraga « un assoluto idealismo che 11011 conosca il dualismo del Sollcn »; viene contrapposta la violenta critica pra.xistica del presente Of\- dinamento della società, come salutare reazione. Ed al nostro A. non passa nemmeno per la mente il dubbio che una simile interpretazione della proposizione « tutto il reale è razionale » ecc. meriti un po' di discussione; che valga 1a pena di domandarci quale sia la realtà che Hegel spaccia per razionale, e se in un.a proposizione come questa, che pOne come somma realtà l'idea, non ,sia contenuta la più potente arma rivoluzionaria, il giorno in cui la formula magica (del He~ xenmeister goethiano), dal tranquillo laboratorio e dalla cattedra universitaria \"enisse nelle mani di spavaldi quanto inavvertiti discepoli, ai quali sarebbe facile giuoco dimostrare che una realtà più vera e più alta è sorta a contendere l'esistenza. di quella che è irrazionale e superata. F~nniamoci qui. Poichè non s'addice dire cosi di passata cli qttello che è il problema Yitale dell'idealismo; ma, di fronte a un così mal celato scouosdmento, non dico dell'essenza di questi massimi problemi, ma pure della loro esistenza., basterà se la mano impaziente- cootelli di punti interrogativi il margine delle pagine scorse. ALESSANDRO n'ENTRÈn;s. E. ScHLUNDi Die philosophische11 P1:oble·med.es Kommz.un-is111..1tS 1 Mitnchen, Pfeiffer, 1922. S. l\1ARCK, I-legelianis1nus u:n Marxism:u,s) Berlin, Reuther e Reichardt, 1922. Nodteilegislazione s ciale La 1egge dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità e la veechiaia quale è stabilita. dal decreto 29 febbraio 1920, n. 245, non pnò essere difesa eia aknna persona in buona fede. Anzi dovremmo f.are di tutto per buttarla a mare, giacchè ancora deve essere portata a11 'approvazioue del Parlamento. Con questa legge più che a raggim1gere lo scopo della assicurazione si è pensato a creare un nuovo ambiente adatto allo sviluppo del mostruoso polipo bw-ocratico che sta assorbendo ttttte le energie vitali della Nazione. Anche se lo scopo che c¾ si propone con l'assicurazione si volesse raggiungere i mezzi dovrebbero essere completamente diversi. Non lasdamoci trascinare dalla corrente umanitai-ia oggi cli moda. Sappia1no anche noi, che sarebbe beìlo, giusto e santo che gli operai, tutti quauti, avessero, dopo una vita <li la\·oro, assictuato un minimo di rendita per campare in caso di invalidità e nel la loro vecchiaia. E non tiriamo fuori la stupida asserzione che i buoni operai, quelli che sanno lavora.re ed hanno volontà di lavorare, quel• li che 11011sprecano la paga all'osteria, riescono a risparmiare tanto da provvedere poi per proprio c011toai casi loro. E' qnes.ta 1111asloria simile alla storia del buon Carlello scrilla nei libri di lettura per rincretinire i hambini delle scuole elementari. Sappiamo che non f;;; cosl e che purtroppo C1sono plUC: dei buoni operai che patiscono la fame e 11011hauno ak-un sostegno quando ~r ln. invali<lilà o la vecchiaia non possono più lavorare. Jfa ocrorre vc<lc:re se questa ingiustizia sacrale sia 1ma di quelle ingiustizie a cui si può porre riparo. Ci :--:.0110 degli individui che nascou'o dechi <: degli iJJdiviclui c-hc nascono con ottima vista. E' una grave- ingiustizia, ma 11cssu110, al~ meno pc·r ora, ~•e: messo a imprecare contro lo , Stoto capit.,,Jista • che permette nua tale i11famia, ed ha richiesto che esso dia ai ciechi la vista. E bisogna vedere se anche potendo riparare a questa ingiustizia ciò sarebbe conveniente. Se si potesse rida.re ai ciechi la vista, riducendo. a 111onocoli tutti i veggenti forse, data la proporzione minima dei ciechi, non se ue farebbe nulla. Quando lo Stato non è riuscito e non riesce ad assolYere i compiti suoi principali, quelli che costituiscono la sua stessa essenza, ci sembra assur~ do affidargli compiti diversi. . . . Quando lo Stato, per esemp10, non è nuS<:tto iu tanti anni a troYare i fondi necessari per costruire gli edifici scolastici per l'istruzione priu1aria, dobbiamo consentire a che venga permes• so il versamento di 150 milioni all'anno per l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia? Se si potesse disporre cli 150 milioni ogni ann~ pensiamo che si dovreQbe intanto provvedere ai problemi _ri1nasti fino ad oggi insoluti per mancanza di fondi. Ma purtroppo non è cosi. Non è che lo Stato dia 150 milioni ogni anno, come dice la legge, ma li promette. Anzi è ancora peggio. Lo Stato promette di dare, ma per ora non fa che prendere. Per ora l'assicurazione rappresento un introito. Fra quaranta, cinquant'anni ..• chi ci pensa? Ogni ministero vive alla giornata, ed il futuro è nelle mani di Dio. Naturalmente lo Stato non si mangia mica senz'altro i denari raccolti con l'assicurazione. Siamo ben lontani da un tale sospetto. Lo Stato prende i.n prestito dalla Cassa per l'assicurazione qnelle centinaia cli milioni di cui ha bisogno (ad esempiq per la legge nlti1na sulla disoccupazione) garantendo la restituzio1Je del capitale con gli interessi consueti. La Cassa, si capisce, non può mantene.re infruttuosi i suoi capitali e li impresta allo Stato come li impresterebbe ad ttn privato qttalsiasi. Ma potrà poi lo Stato restituire quello che ha preso e che ba impiegato in operazioni certamente non di rendimento economico, e versare in più il contributo promesso per ogni assicurazione? Offrono questa garanzia i vari governi che si succedono e che continuamente accrescono il deficit spaventoso del nostro bilancio? E ancora : la propaganda della legge è fatta necessadamente per mezzo di concetti molto semplici, di idee generali. E' impossibile spiegare alla massa dci lavoratori tutti gli articoli della legge, ed insegnare il calcolo per cui si arriva alla de· terminazione della pensione in rapporto alle quote yersate. I lavoratori dei campi, ai quali principalmente Yorrebbe rivolgersi la legge, sentono per anni ed anni parlare di una assicurazione che li aiute.rà quando non potranno più lavorare a causa della invalidità e della vecchiaia. Pagano. A sessantacinque anni riscuoteranno U11a pensione di 300-400 lire. Si accontenteranno, comprendendo di non aver diritto ad altro per la tenuità delle quote periodicamente versate, o dimostreranno che con tale somma non è possibile vivere neppure per uu mese e richiederanno aumenti cli pensione invocando quei principi di giustizia sociale da cni è stata informata la legge? E se si desse il caso che la potenza di acquisto della moneta attuale diminuisse ancora non anebbero da. parte loro anche t111 buon pretesto per avanzare questa richiesta, essendo stati obbligati a versare della moneta corrispondente a dei beni che non si possono più acquistare con la stessa n1onet.a? Si guardi quello che è successo con i pensionati dello Stato che pure hanno una influenza politica disprezzabile in paragone di quella che avrebbero i lavoratori assicurati, e, facendo le proporzioni, si pensi al baratro finanziario che la legge sull'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia prepara per i governi futuri. Dopo tali ragioni di di iudole generale restano le osservazioni sul modo con cui viene applicata la legge. ì\'la queste si faranno in un prossimo articolo. ERNES'roRossr. •:• Qua.le sciOCcapreStlllZioue è codesta del professor V. Totomiauz che ci viene a impartire lezioni di Storia delle dal.trine economiche e socia.li, (To1;uo1 Bocca, 1922 - L. 14, pag. 214) e ii1 ... comincia cou l'aflennarc: u Iu Italia nonostante l 'abbo11danza di libri geniali pubblicati sulle questioni cconom.iche, dopo Luigi Cossa la· storia delle qnestioni economiche è stata completamente mcs.;a da parte » ? ~1a chi non sa che le opere mo1mmc11tali cli Giuseppe Prato sono tra le pili importanti della letteratura storica europea? J1 signor Totomianz ignora le ope.re storiche di Luigi Einaudi, di A. Graziani, di G. Ricca Salerno, del Pugliese, <le! Bertolini? l\1a forse noi vogliamo t.roppo da ltti. Egli ha dovuto occttpare il suo tempo a studiare le opere dell'eminente indianista Luigi Luzzalli per proclamarlo poi (p. 214) "apostolo» e inauguratore della « corrente eticocooperativa •· Luigi Luz1..atti lo ha largamente ricompensato dettaudo una bolsa prefazione lirica al libello del Totomianz: La cooperazione in Russia, i\fonza, 19-r9 . •:• Ettore Lo Gatto fa 1·isorgerc Russia, la. sua bella rivista di letteratura e di storia che ha avuto il merito cli far conoscere per prima ag1i italiani, oltre a poeti e rom..1.nzieri, le opere dei critici 1·ussi. Si tratta di c011tinu.are per la stessa via e preparare i materiali per una conoscenza. e una storia della Russia adeguate alla cultura moderna.

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