La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 23 - 30 luglio 1922

86 paradossale del fatto, che Garibaldi non sia finito, a Marsala, come Pisacane a Sapri, trucidato dagli italiani 11ormali di allora, e che Mentana non si sia risolta in un'altra :Villa Glori, dove i buoni latini del Lazio moderno s'accanirono sui moribondi dopo che gli svizzeri, a baionettate, avevano fatto rientrare i fratelli Cairoli nella dolorosa realtà della storia. Io non intendo di giustifica.re, ma di chiarire; stimando cosa impossibile il voler stabilire oggi se Garibaldi, naturalmente nemico del comune spirito nazionale appunto · per le sue qualità contrarie a quelle della razza, avrebbe potuto o no continuare la bella tradizione tirannica degli eroi, fieri a cavallo e soli, combattenti disperati e traditi, e giungere a creare questa Italia potente e delicata pur senza cercar di riconciliare gli eroi col popolo, cioè d'umiliarli, annegandoli, nel gran battimani assolutore. Tanto più che la storia sembra avergli dato ragione, con quelle logiche conseguenze, a tutti manifeste, delle quali ormai non possiamo se non consolarci col pensiero della loro inevitabile attualità. Ma il voler chiarire, nelle mie intenzioni, non ha bisogno d'altra consolazione all'infuori di quella che mi viene dal fatto, che Garibaldi è stato senza dubbio il primo a scendere da cavallo e ad umiliarsi. Poichè, si badi, quella ch'egli credeva un'incoronazione per mano di popolo, non è stata poi se non una spoliazione accortissima e sommamente politica, una specie di burla perfida e sapiente della quale soltanto la plebe è capace, e solo a danno dei re buoni. Tutto, anche la spada, gli fu tolto, in cambio d'una corona di latta. Poi, senza artigli, senz'armi, pettinato e infiocchettato, impugnando a guisa di scettro la stessa canna che a Luigi il Decollato, l' ultimo dei Capeti, era stata messa in mano per ispregio in una sala del Castello di Versaglia, fu portato in trionfo, unto ed acclamato re da tutto un popolo in delirio. Visto così, nella gazzarra, alto sulle spalle dei facchini e dei plebei negatori d'Italia, baciato dagli uccisori di Pisacane e dagli ultimi borbonici, salutato a gran voce dai codini di Leopoldo, coperto di fiori da quello stesso popolino che, dopo le cinque giornate milanesi, era andato incontro a Radetzki umiliandosi e implorando ( • sem minga sta niim, in sta 'i sci uri ») egli doveva aver l'aria di un re di Piedigrotta. Pietosa decadenza, questa d'un eroe che aveva creduto di perdonare ed era stato perdonato; non degna certo di chi s'era, come lui, trovato solo più d'una volta, tradito e rinnegato dal suo popolo ancora prima che il gallo cantasse. L'essere divenuto mattria di canzonette e di discorsi, pretesto a cort~i e a bicchierate, l'essere stato digerito in modo così liscio dal gran ventre plebeo, mostra ch'egli non era d'ossa dure e non apparteneva a quella razza sdegnosa di tiranni, dei quali il nostro popolo commemora le imprese con una cautela rispettosa e diffidente che sa di soggezione e di paura, ed evita di parlare per non averne ancora a temere. La tradizione degli eroi è "fi.nita, e male, con Garibaldi. Che il loro spirito sia morto non sembra, sebbene oggi non si possano far nomi e ricordare imprese. Poichè la missione storica degli eroi, tragica e necessaria, dolorosissima, di antitesi e d'inimicizia verso il comune spirito nazionale, semhra piuttosto esser passata da tempo agli avvenimenti. Ma qui e;Jtra in gioco la fatalità, dicono gli italiani « liberi e uni •, quelli di Custoza e di Lissa, d'Adua e di Caporetto: questa fatalità vuol essere tenuta in conto di scusa e di giustificazione, perchè gli italiani son tutti in quei nomi, nè altri ve ne sono da jXJter incolpare. C. E. SvCKERT. La scorsa settimana, a causa dello .sciopero, La Rivoluzjone Liberale non ,i è pv.l,blicata. .Vei prossimi nu.:meri: ~. S..s.PeGso: Sat-vemini. C. E. SucKEP.T: Le ultime eresie dell'nccidente. A. D'E!--"fHE\ES: Genealogia marxista. C. CATTA:<EO: L'agricoltura lon,barda. M. ::l1:1SSJ1<0LI : Lettere. G. Ass>.LOO: Ceti medi e operai. A. ).f<J:-.TI: Sole SHlla burocrazia - !IL 1'1. VL'\CJCUP.:<!U • .-\ .• \L>\L1\VASI; /--'ostillc. C,. Ptn!ZZOLINJ: Toccuino. Libri da Jezg<.~e: U. FoRME~TJ:--J: Collaboraz.ionisrno (d"immin<:nte .rubblicazione : mandateci la rnslra prCJJù· laz10ne e quella degli amici). A. CARoscrsr: Proble1.1i di politica 11azum.ale, Latc.--rza, 1922 - l .. 6,50. E. C. J ..OXCOHA!WI : La c@fenna del 11iarxisnw. Il Solco, 1921 • L. 5. A. CRr:Sl-'I: La funzione storica dell'impero brilann.ico, Treves, 19r8 - L. 5. Le più belle pagine di C. Cattaneo, s,_cJl~ da IG. Salvemini, Tr<::ves - L. ro. :l\1:ARIO Ft;BJ~J: De Vigny, Lalerza . L. e,.)fJ Fate ccmocere a tulli La Rivoluzione Liber2k·: trcrJalcci 11uo-vi abbo11ati LA RIVOLUZIONE LIBERALE BOTDEIPOhlTIGINllTEijNll La vera crisi Lo sciopero antifascist.~ del Piemonte e della Lombardia è il fatto più caratteristico della presente situazione italiana mentre la fine del Mi• nistero Facta non ne è che un sintomo pochissimo chiarificatore. Gli avvenimenti parlamentari sono, per loro natura, equivoci e superficiali in quanto nascono in un mondo artificioso e si esprimono secondo un linguaggio che deve prescindere dalle intenzioni e dagli interessi che li banno determinati. Graziadei parla della rivoluzione mondiale mentre le sue parole hanno un senso solo -se si riportano a speciali situazioni locali dell'Italia del Nord. Mussolini nasconde sotto il dilemma insurrezione-legalità il dissidio interno del fas<:ismo che non riesce più ad esprimere la sua sostanza di agrario in una ideologia francamente reazionaria. La più .tragica debolezza dell'Italia si avverte nella sua incapacità di creare e alimentare un partito reazionario. I clericali del centro destro sono divent.'lti popolari di sinistra; i nazionalisti hanno parlato di sindacalismo rimanendo letterati; Salandra non vede la reazione che come ordine amministrativo; il fascismo parla di socializzazione e di democrazia. Ciò si riporta alla nostra immaturità politica che ci consente psicologie diffuse e tendenzialità ma non ancora, o non come si dovrebbe, il duro sforzo di una precisa responsabilità idea.le. Tn Italia non fu e non è possibile nazionalismo percbè fummo irrimediabilmente nazionalistoidi; in fatto di rivoluzione non giungemmo oltre il rivoluzionarismo; il socialismo invece di generare una lotta politica crea l'unanimità collaborazionista e socialistoide. La funzione di stimolo e di impulso moderno alla nostra vita economica può venire solo e contemporaneamente da un partito rivoluzionario e da un partito reazionario: oggi il partito comunista, il solo antidemocratico, deve esse.re insieme rivoluzionario e reazionario e qui è la sua debolezza. La Confederazione Generale del Lavoro e l'organizzazione fascista sono gli istituti caratteristici con cui la tradizione italiana riformistica cerca di soffocare e nascondere le nuove situazioni rivoluzionarie nate con la nuova economia. Esaminiamo il fascismo. Esso indica molto chiaramente le incertezze dei nostri industriali e agrari nella loro azione politica. Gli agrari di Romagna avrebbero fateresse a una decisa politica liberale (quella che Missiroli indicava loro in Satrapia) contraria al protezionismo operaio e al protezionismo industriale. Il fascismo ispirato da essi, avrebbe dovuto es....~re )iberista e, di fronte agli operai, auticollaborazionista, reazionario. Una impostazione siffatta sarebbe stata chiara: la lotta, educatiYa. Alcune categorie di industrie m~ talJurgiche e tessili avrebbero potuto accettare questi propositi : nell'equilatero Milano-TorinoGenova lo stimolo de11'opposizione operaia segnava chiaramente agli industriali questc1. linea di condotta: Certi atteggiamenti liberistici di Agne11i documentano incertezze e propositi analoghi. Ne sarebbe scaturita una s-i.h.t..'1.Z.ionmeolto difficile in cui ]e due economie italiane si sarebbero nettamente distinte; il Nord moderno da una parte, deciso ad a,·ere un 'economia europea traendosi dietro, volente o no, l 'ltalia medioevale : Torino clivent...'l\·a un'~ltra \·olta con le officine Fiat-centro la capitale naturale dell'Italia non una. Dall'altra parte il Mezzogiorno piccolo-borghese che nutre la burocrazia romana. Il fascis1no non ha saputo essere 1 'avanguardia del} 'industria m'o<lcnia. La nostra industria ha rinunciato alla su.a modernità as5ervendosi alla siderurgia. Battendosi e ~lvandosi per mc1.zo dei dazi protetti~ vi ba dovuto piegare e accorrlarsi col protezioni- ~mo OJY.:raio. In Piemonte e in Lombardia gli industriali preferiscono servirsi di Buozzi che di 'Mus:.;olini. 11 fascismo resta disoccupato, Grandi non trova c-co; la rnaggioran;,.a è per un gorgolinia110 p!"ogramma riformista. Fermo alla pregiudi:t.iale ùi modernità resta l'Ordine l\"tt01Jo che f.<:ri\C:\.·ain quc~ti giorni: .- l.o Stato m.aggiore fascista, che ha tra i suoi capi il ge1H:ralc l7ianlino e il Duca <l'Aosta, \"t1ol fare il colpo di Stato militare e perciò punta rlritt<J su Not·ara. fl nuca d'i\osta è là clave, 11cl 1849, c'era Ratlc.ski o. Invece la sconfitt.1 di Novarn, come prim3 lo scioµ<:ro, scr(~ ai cullaborazionisti. Nell 11\llcan1..a. del Lttvoro i comunisti in\'Ccc di essere> l\1vangm1rdin direttrice: sonv pcrptt11a111<.:ntc g-iocali <lall 'accorrlo l~uozzi-Olivctti. Mussolini, conscio ormai tk:il 'impre:parn;,.ioue degli i11<1ustriali, stronC'a rc:pubblicauismo tendenzi:ile e propositi di r~azione, sfrutta tulta la forw della sua tradizione r1i ck:mag01..;i::ie. e;.'] serve dc:l fasd,;;mo come ma.. '->:-:,:i di mano 1.ra p(·r il 1.:ur, arri\i,mo p<:rc:ona]c, per ius<:rirs.i ne::l processo co11abonJ'l.ionisla. Le 11ùstre pre\'ic.;ioni si verificano mal.ematica .. mente. Cùnfr-dcrazi011c Gc:ncrnlc: del Lavoro e l'artif.n Pr,polarc ~ah-ano la pace: e l'unità cl'Jt..alia t s<>ff(J('an<r.o.,l k~alil:tric.,mo tutte le 11o~tre iniziativ<: rivrJhtzirn1aric rnoder11c I.a cJass.e industriale <:: opf.:rni}1 di )1 il:wo, Torino e Ge1101:a 11011 a\·e:n<lo avul<J il Sl!ù Cavour, cede k anni davanti n. Sitti, <liH:nlato Uorhonico, rapprcsenla11te del parassitismo piccolo borghCS(; e burocratico. La plutocrazia cede le su<:: posii,ioni a\·anz.ate atL-tttandosi alla ,·eccbia politica di ricatto. Torino è \.inta ancora una volta dal mito unitario. Giolittir mentre il giolittismo tdonfa, avYerte con un eroico sfor7.o di ripensamento la povertà del suo trasformismo e si ritira in sdegnoso esilio, apparenterueute per ragioni parlamentari, in realtà per la dissoluzione del liberalismo cbe la sua politica ha prodotta senza affermare un principio di educazione economica e politica. I nemici di oggi sono uniti domani. Facta cade per una manovra antifascista, e i f.asc..istiaderiscono alla manovra antifascista per avere in compenso il sabotaggio dell'Alleanza del Lavoro. L'eredità di Facta è difficile perchè tutti a Montecitorio sono d'accordo: tutti infatti hanno rinunciato alle più specifiche differenze regionali di interessi e di psicologia. I partiti sono sconYolti dall'unanimità e si disgregano nelle questioni personali. L'economia italiana è assente in questa lotta di persone: se la plutocrazia al governo ha portato al dissesto della nostra finanza il socialismo non la potrà assestare perchè della plutocrazia è complice e successore. Hanno inventato il fascismo per trovare un punto artificioso di contatto. Ma il fascismo è orma.i uno spauracchio per tenere a bada i comunisti : 11:ussolini sa che in Italia la Rivolttzione è un mito e aderisce al collaborazionismo accrescendo la confusione. La situazione si viene sempre più svelando nel suo carattere anti-liberale. L'interrotto processo di emigrazione dal Sud fa pesare in modo sempre più grave la catena ai piedi dell'Itali!l; e non consente speranze immediate di redenzione. 11 collaborazionismo è la fermata necessaria, un esame di coscienz.a che ci può costar caro, 1na che oggi c0111eoggi non è evitabile e che forse prepara per un 'astuzia della storia la rivolta anti-riformista. Soc;alisti e popolari uniti sono il nuovo blocco delle democrazie, le classi medie educate e illuminate, che sentono la loro personalità politica nel voto parlamentare. Sono il numero che si s[orza <li diventare persona e incerti tra carità e giustizia s'appigliano alla politica della beneficenza e allo Stato consigliere, impresario e socializzatore. La lettera di Giolitti alla T1ibmza indica forse le prime pregiudiziali antisocialiste che lo stesso padre del riformismo attuale sente il bisogno di suscitare. La Rivoluzione liberale sarà la conseguenza logica e l'antitesi storica della palingenesi collaborazionista. 26 luglio 1922. p. g POSTILLE Più leggo, caro Gobetti, e più mi t·iene orrore di scrivere: la carta stampata compie il suo ufficio <li Yaccino contro 1 'irnbrattamento di altra carta. Intravedo, come limite di perfezione, un'arte poetica dove, soli aruesi del mestiere, figurerebbero le forbici e la colla. Forse Benedetto Croce non a\-rebbe scritte cosi severe parole contro il giornalismo e la... corruzione intellettuale che intacca chi lo pratica, se avesse considerato a quali ascetiche disposizioni d'intelletto può condurre i1 sereno esercizio di questa professione tanto calunniata. Non è vero, doctor Seraphice l\Iissiroli, mio iniziatore a quest'arte forbicicollesca, al quale il giornalismo non ba tolto il gusto della amara verità de!J'Ecclesiaste? Si stampa tanta roba, oggigiorno, che non c'è più bisogno d'inventar nulla; e, se un bambino coi cento legnetti della sua scatola cli costruzioni inalza. edifici scn1..a. fine, che cosa non si può rie-avare dag1i infin..ili fogli stampati che minac· ciano di sommergere il moderno uomo alfa.beta? !Jalena agli affaticati occhi di questo il miraggio d'un nuovo Nirvana, fatto della rontemplazione della tavo!a•alfabetica (il velo di Maia !), nel pen-· siero che lì è già tutto dato. Ma io mi proponevo -= dopo quanto si ~ detto nei numeri scorsi a proposito del Fascismo - di soggiungere qualche osservazione iutorno al contegno cli questo partito, e specialmente del suo capo, I 'on. Mussolini, in occasione della crisi. E, in omaggio alle mie confessioni di poco sopra, lo farò con due o tre citazioni. je pren-ds m,>n bien où je le t-ro1l-ve. Scriveva il Corriere della Sera: • L'On. Mussolini ... è il solo che l'altro giorno, a llfontecitorio, abbia parlato senza ipocrita confusione. Ma la sua chiarezza è scoraggiante. Quando, dopo due anni quasi di vita del fascismo e dopo la trasformazione - pur troppo soltanto esteriore - di quello che era un movimento in un partito e in un partito antagonistico dei partiti sovversivi, il capo più autorevole dichiara che e il fascismo risolverà prossimamente il suo intimo tormento e dirà se vuol essere un partito legalitario o un partito insurrezionale 11; quando personalmente si augura che il fascismo &" arrivi a partecipare alla vita dello Stato attraverso una maturazione », riconosce che in due anni la maturazione non è avYenuta e commette insieme l'errore di pensare o cli far pensare che questo processo di maturazione dipenda soltanto dalla condotta degli avversari e non anche dalla volontà dall'intelligenza, dall'amor patrio e dalla coscienza delle relatività politiche di coloro che nel fascismo esercitano un µaggior potere intel1ettua1e e sentimentale ,,. A questa critica è da contrapporre ciò che Romolo Murri, con intenzione apologetica del_ Fascismo, osserva nel Resto del Carlino: « E' ingiusto chiedersi. .. perchè il fascismo,. se sorse come reazione contro il pericolo bolscevico, continua ancora a · battagliare e gridare quando quel pericolo non c'è pii'i da un pezzo; il fascism,o fu antibolscevismo ed è oggi antisocialismo è può domani essere antipopolarismo solo occasionalmente, per esercitare i muscoli e crescere; esso fu innanzitutto crisi e rifacimento dello Stato nella società italiana ... , RomoÌo Murri ha il solo torto - secondo me - di uon andare abbastanza in là e di non affermare che il fascismo ha o può avere ragione in politica, contro i suoi critici più sagaci, per tutto il lievito seutimentale, irrazionale che porta seco :- perchè, politicamente ed almeno a corta scadenza, e in regime di suffragio universale, posson Ya1ere di più le reboanti frasi Gorgoliniaue, che le più meditate e penetranti critiche degli studiosi, lavoratori quasi irremissibilmente marginali e sotterranei, Yeri lombrichi del terreno politico. « Il popolo - diceva Proudhon, in una lettera del 186o, citata dal Sorel - può stare con un partito Blanqui, Mazzini o Garibaldi, cioè con un partito nel quale si crede, si cospira, si combatte; non apparterrà mai ad un partito nel quale si ragioni e si pensi "· L. EMER\'. G. B. Gonrnr, gerente responsabile Officina Grafica Editrice Bodoniana - O. G. E. B. E>/\ N Cft f\GRICOL/\ ITf\LlftNf\ SedSeociale e DireziGoneenerianle TORINO La Macchina ~ht:__ ,s' impone lng.C.OLIVETTI & C. I V RE A filialeidagmienellperincipcaitltià In TORINO: Via XX Settembre, 70 - lei, 5-35.

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