La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 19 - 25 giugno 1922

72 Noi potremnw seguire, nel tempo e nello spazio, il cammino percorso da pochi organizzatori, e vedere come sotto i loro passi, non più fioriscono rose, ma sorgono gli scioperi. E se ne ha anche la riprova : chè dove gli orga.nizzatori vengono a mancare (talvolta finiti in prigione per reati comuni) le leghe si sbandano, e i contadini tornano magari all'osse1°vanza dei patti primitivi. Per la qual cosa credo di poter affermare che la storia vera di queste agitazioni non si potrà scri-vere se 001, si conoscerà l'attività singolarmente svolta da questi organizzatori. Altrimenti molti fatti riescono incomprensibili : ne cito uno solo a "prova del mio asserto. In una certa zona del medio Valdarno i contadini non volevano coltivare il tabacco e preferivano la barbabietola; di questa strana predilezione non si riusciva a trovare la spiegazione finchè poi si -venne a scoprire che il capolega er.i stato efficacemente persuaso dai signori zuccherieri a far coltivare la barbabietola al posto del tabacco. Speculazione dunque politica, questa degli scioperi in Toscana, checchè si ostinino a sostenere in contrario akuni scrittori popolari. E si tenga presente anche questo fatto : nei riguardi delle co.ncessioni economiche (anticrittogamici nella massima parte a carico del padrone, abolizione di obblighi, di cap.ui), l'accordo fu facile coi rossi e coi bianchi. :Ma mentre coi rossi si potè concordare, nell'agosto del 1920, nn patto colonico unico e definitivo, giacchè i rossi limitavano le loro richieste al solo campo economico, con le leghe bianche un accordo generale non è stato tutt'oggi concluso, appunto perchè i popolari insistono su alcuni punti extra-economici che . sconvolgono ab 1:m-is l'istituto della mezzadria ma sono efficaci mezzi di propaganda elettorale. Tali per esempio la direzione del podere che deve essere esercitata in comune accordo dal proprietario e dal colono, o l'altro del diritto da parte del colono di tramutare il contratto di mezzadria in m1 affitto co:1 un annuo canone - beninteso - da stabilirsi non già contrattualmente, ma secondo criteri di equità. C:onfraffo di me;:;:adria o contratto d' affitto ? Su questo punto si sofferma il Serpieri nel suo studio pubblicato nell' • Italia Agricola > che ho citato più sopra. Il Serpieri dice alcune verità che vogliono essere considerate attentamente : « Kiuno più di me ha fede nel movimento di ascesa del contadino verso la gestione della produzione, ma a condi?Cioneche il movimento avve.nga sostanzialmente in un regime di libertà : più sicura e non sostituibile garanzia che il movimento stesso si compia con quelle modalità, con quelle gradualità, con quegli adattamenti, che. corrispondono alle esiaenze di una produzione economica, e con q~elle limitazioni agli elementi scelti, pronti ai nuovi compiti, che sola può assicurare il successo del movimento. li movimento si suole schematizzare così : da salariato a colono parziario, ad affittuario, a proprietario. yfa questo non è che uno schema. :;\ella realtà il movimento ora è così graduale ora è a salti; ora giunge all'ultimo anello della catena, ora si arresta a qualcuno degli elementi intermedi : ora avviene individualmente, ora avviene associatamente per gruppi. E tutte, tutte le varie modalità po&- sono volta a volta rispondere alla maggiore convenienza economica, in rapporto ad un doppio ordine di cause : le condizioni dell'ambiente agrario da una parte, le condizioni soggettive dei contadini dall'altra, cioè la loro preparazione morale, intellettua 1e, finanziaria, alle responsabilità ed ai rischi dell'impresa . .. . =:-;c,nci sono vincoli giuridici al salire del contadino fino alla proprietà : non ci sono vincoli economici ad_attuare quelle combinazioni e ord,inamenti che sembrino più redditivi : a lungo andare il successo economico arride a quelli che rapresentano la più redditiva forma di adattamento alle condizioni ambienti ed alle condizioni dei soggetti economici. Di questo sistema è elemento essenziale la libera circolazione della terra, la quale attraverso La libertà contrattuale tende appunto a giungere in proprietà o i.n uso di chi sa e può farne miglior uso, di chi sa e può farla produrre di più, e si trova appunto per ciò in grado di poterla pagare di più. ... Alla luce di queste considera7..ioni che, a mio parere, sono fondamentali, io vedo con la più viva preoccupazione affermarsi la tendenza ad immobi.Jizzare i coloni ~'UÌ fondi che lavorano. oggi con ).a sospensione delk disdette, domani col pretendere normai mente nn giudizio di giusta causa, che pratica~nte finirà per coincidere con una sospens10ne perpetua delle disdette, salvo casi_~~cezio11ali. E' invece attraverso la mob1lita, la circolazione libera, che ogni podere può trovare il suo contadino, ogni contadino il suo podere, cioè può attuarsi la combilla.7.ion.epi•l redditirn, socialmente più utile•. LA RIVOLUZIONE LIBERALE Le considerazioni del Serpieri si possono applicare a molti problemi che si sono agitati in questo dopoguerra : il problema degli af-ii.tti,quello della terra ai contadini, quello degli escomi e quello delle espropriazioni- del latifondo o delle terre incolte : problemi strettamente connessi tra loro tanto per l'indole quanto per le soluzioni, essenzialmente politiche, che si tenta di dare ad essi. Torniamo al caso dell'affitto. 1n Toscana non vi è nn problema degli affitti, poichè l'affitto è scarsamente diffuso. Soltanto in qualche zona, per esempio nel Pratese, si trova qualche caso dell'affittanza. E tanto meno vi è, nei contadini, un vivo desiderio di passare dalla mezzadria ad altra forma di condizione. Questo è stato riconoscinto dagli stessi popolari, i quali, iu sostanza, insistono sulla clausola che sia consentito al colono la variazione del contratto di mezzadria, più che altro per avere in mano un'arma da esercitare contro i proprietari che non vogliono acconsentire a concessioni di minore' entità. Effettivamente, la richiesta è assai grave, sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di v,ista economico e sociale. e della gravità della cosa sono pe,sua-si r...r i primi i popolari, i quali appunto da un canto avanzano questa pretesa, ma poi dall'altro la limitano con qualche circospetta condizione. Anche la questione dell'affitto è una questione politica e politica come ho già detto è la soluzione che ad essa si cerca di dare : perchè evidentemente non. basta stabilire la possibilità di variazione del contratto: occorre che la legge stabilisca anche l'equo affitto. Analogamente si era chiesto che la terra passasse ai contadini in base ad nn giusto prezzo, così si è chiesto e ottenuto che le disdette dai fondi si diano soltanto dietro giusta cau-sa, così. si propone che il prezw di esproprio dei fondi incolti o male coltivati sia fissato sulla base del reddito netto normale d1ti terreni stessi. ,'JI problema della ferra ai contadini A. questo punto, chi ha studiato un po' l'economia, nou potrà trattenersi dall'esclar mare, col Faust del Boito : « Questo era dunque il nocciolo del frate! •. Quando si tira in ballo la giustizia e l'equità, sappiamo già che c'è sotto uno sfruttatore più forte che sta commettendo una evidente ingiustizia _e iniquità a danno del più debole. Il prezzo politico, il prezzo che viene fissato non dal libero giuoco della concorrenza, m.z: da una autorità qualunque con criteri extraeconomici, è un prezzo che realizza per la collettivit::i un vantaggio sem~ minore de!- prezzo di mercato: questo è dimostrato matematicamente, ed oltre ad essere antieconomico, questo prezzo è socialmente pericolo-· so per le conseguenze .che, più o meno, a breve scadenza, ne derivano. Questo ha voluto dire il Serpieri nel brano che ho citato più sopra, questo ave.vano affermato il Prato e l'Einaudi a proposito della questione della terra ai contadini. Fino da allora, come oggi il Serpieri, si era messo in evidenza il danno che all'agricoltura sarebbe inevitabilmente derivato dal fatto che moltissimi terreni suscettibili di trasformazioni tecniche sarebbero passati in mani che queste trasfonn.azioni non avTebbero mai nè saputo nè potuto effettuare. Insomma, la « terra ai contadini , nel senso della proposta Drago significava decadimento dell'agricoltura, immiserimento di gran parte del ceto colonico, sostituzione di enti cooperativi a imprese individuali, infine la terragli impiegati, come ha detto argutamente il Prato. Ma c'è nn altro ordine di considerazione che nemmeno il Serpieri svolge e che merita di essere posto in evidenza. Supponiamo per un momento che il passaggio della terra ai contadini sia un fatto compiuto; sia mediante vendite forzate di terre a IY'-·e.zzicosidetti equi, vale a dire, spogliatori, sia mediante affitti anch'essi a base di giusti canon i. E' evidente che - a meno non si sia voluto addirittura dare gratuitamente la terra ai contadini, il che escludono anche i socialisti meno arrabbiati - una enonne massa di risparmi sarà dovuta passare dalle mani dei contadini a quelle dei proprietari. Quali le conseguenze? Affrettiamoci a dire che è Jiffìcile rispondere a questa doma.uda: ma il guaio si è che non veggo che alti·i abbia pensato a ri.~ponder'Vi. Quale l'impiego dei risparmi dei contadini • prima » dell'acquisto delle lerrc, qnaie l'impiego di questi risparmi una volta che siano passati nelle niaui dei proprietari? E se il contadino dovrà riclliamare dalle casse po.stali e dalle banche rurali i suoi depos1li per far front<: a qncsli acquisti, lo Stato potrà addivenire a lutti questi rimborsi, senza emissiom: di carta moneta? Quale l'effetto di un trasferimento di ricchezza da una categoria sociale a!l' altra (conseguenza dell'equo prezzo?). Per -intendere bene la portala di queste domande si tenga presente che io mi riferisco al caso che questi passaggi di proprietà avvengano sn vastissima scala, come avverrebbe probabilmente in seguito ad una legge che abbassasse forzatamente il prezzo della terra. E non basta. Vi è anche un altro ordine di considerazioni che veggo accennate dal Gnerrazzi in un suo recente articolo: « Il carrozzone del latifondo•, apparso nella "Vita Italiana» del 15 maggio 1922. Si domanda il Gnerrazzi quello che aV'Verrà della nostra borghesia, una volta che sia stata allontanata della terra; probabilmente la prossima generazione diverrebbe o una classe di .-entiers o di impiegati o di organizzatori. Ora qui ci troviamo di fronte ad 1.1.ll problema che, secondo il mio modo cli vedere, merita tutta la nostra più attenta considerazione, tanto più attenta quanto meno le nostre cognizioni in fatto di morfologia sociale sono estese e sicnre e quanto più diversa è la fisionomia delle classi agricole da regione a regione. Ben poco sappiamo della costituzione delle collettività in cui viviamo, dei gusti, delle tendenze dei vari gruppi, degli effetti che seguono e delle ripercussioni, dirette e indirette, dei provvedimenti sociali. Quale sarà l'equilibrio in una società nella quale si siano capovolte le funzioni di due classi? Già constatiamo quali turbamenti ha provocato la guerra con il suo spostamento di ricchezza; ed allora, domando, non c'è da aspettarsi che un provvedimento di questa fatta, come quello che si vorI'.ebbe attuare con la legge sul latifondo,, finirebbe per produrre turbamenti di gran lunga maggiori, col provocare artificialmente una circolazione di classi, che non sarebbe affatto una circolazione di élites? JI progetto di legge sulla frasforma;:ione del latifondo L'articolo che ho testè citato, del Guerrazzi, mi porta. a parl2re di una questione che in questi giorni si è assai dibattuta in Italia, quella del progetto sulla trasformazione del latifondo, presentato alla Camera. Se ne è scritto alquanto. Come tutte le questioni, essa può essere studiata dal punto di vista teorico, astratto, o dal punto di vista concreto, nei riguardi del progetto. Fermiamoci a questo punto di vista. :Ma anche così liinitata, la questione può essere studiata sotto vari aspetti : sotto l'aspetto tecnico la studia il Serpieri nella sua Relazio.ne pubblicata dalla Federazione Italiana dei Co,nsorzi Agrari, e giunge a conclusioni nettamente sfavorevoli. Non già che il Serpieri sia contrario ad una legge che apra la via alla trasformazione del latifondo; spontaneamente, pel solo guoco delle forze economiche, alla trasfonnazione del latifondo .non si arriverà mai, troppi essendo gli ostacoli che si oppougono all'interesse individuale. Deve inten,enire lo Stato : ma i compiti dello Stato devono limitarsi a questo : « che la terra oggi .a coltura estensi",a sia facilmente accessibile, a prezzi equi - cioè corrispondenti ai redditi che oggi se ne ritraggo.no - a tutte quelle persone ed enti che possono trovare convenienza nella sua trasformazione, sì che tutte le possibili forze siano poste in ginoco per raggiungere il fine; render possibile la trasformazione. coordinando strettamente ad essa la esecuzione delle correlative opere pubbliche necessarie, e concedere quelle agevolazioni finam;iarie che siano giustificate dall'utilità e corrispondenti allo spirito di tornaconto di dette persone od enti. In quanto alle modalità della trasformazione far sì che essa avvenga là dove conviene e secondo le direttive di maggior couvenie.nza. 1 indipendentemente da ogni preconcetto modello. Il Serpieri assegna allo Stato un compito in teoria ben definito, ma che ali'atto pratico, non si vede bene, come si debba realizzare. Più interessante è vedere il fato politico delia questione, che ci conduce a includere anche questo fatto nel novero di quelli che dimostrano come l'attività dello Stato sia di ostacolo al normale sviluppo dell'agricoltura, giusto quanto ho affermato più sopra. Lo Stato, o meglio, gli uomini che hanno presentato questa legge, di una cosa si sono sinceramente preoccupati : creare uno strnmenlo che consenta di sfruttare le masse elettorali agricole. E sotto questo punto di vista ci sono rillS{'iti egregiamente. Anzitutto il latifo11do è u.n argomento che si lancia bene: dal tempo dei Gracchi in poi, l'offrire la terra altrui è slato sempre argomento che fa guadagnare la estimazione altt-ui. Nel mondo ci sono due giustizie, eterne l'una e l'altra e inconciliabili : c'è la giu.stizia di chi possiede e la giustizia di chi non possiede: due concetli antitetici che i filosofi hegelani potran.no riuscire a unificare d;akllicamente, ma che le masse, nella loro attività storica, non sono ancora riuscite a conciliare. Una campagna elettorale ben condotta sul leilmolif di vaste espropriazioni per pubblica utilità può bastare a portare un uomo in Parlamento. Ma una volta eletto, il deputato deve mantenere, e per mantenere, poichè egli ha sempre promesso che avrebbe dato ciò. che 1;1on aveva, bisogna poter obbligare gli altn a. dare. Ed ecco la necessità di un Ministero a propria disposizione, ecco il portafo~lio clell'Agricolt1'.ra .mtenders1 ad nn partit~. Ecco i decreti m1rustenali che rogano le disdette · ecco le autorità prefettizie che tollerano 1~ violenze rosse o bianche : ecco marescialli di carabinieri che si pongono alla testa di contadini invasori per persuadere i proprietari ad accondiscendere alle_richieste dei coloni· ecco infine l'attuale disegno d1 legge il q~ale dà sotto sotto in mano al ministro un'arma potentissima per colpire gli avversari. Dove sia il pericolo ce lo di('.(! molto bene il Bruccnleri in un suo articolo nei "Problemi Italiani» del r• marzo '22, intitolato « Il diseo-no di legge sui latifondi•. Chi è che ema;a il decreto di espropriazione? Il Re su proposta del Ministro "per l'Agricoltura, sn conforme parere del Consiglio Superiore della Colonizzazione interna (art. 9 del progetto). Dunque in sostanza è il Ministro che espropria, perchè il Re non fa che firmare, e il Consiglio è composto di membri nam.inati dal Ministro stesso, e in maggioranza fn.nzionari governativi; vorrà quindi dire di no al Ministro? Adagio. L'interessato può ricorrere. A chi si ricorre? L'art. 9 ci illumina in proposito : è ammesso soltanto ricorso al Governo del Re ... ; sul ricorso si decide con Regio Decreto su conforme parere del Consiglio Superiore della Colonizzazione interna, cioè il Consiglio no-- minato. E' azzardato, si domanda il Brnccoleri, dire che il Ministro chiede il parere a sè stesso?» ... E il Bruccoleri continùa: « Avverrà necessariamente che quando ci sarà nn Ministro popola-re sarà la bazza delle organizzazioni bianche e dei proprietari iscritti al par·- tito che saranno lieti di farsi espropriare a buon prezzo qualche fondo che non riescono a vendere ad altri; quando ci sarà un Ministro agrario sarà la bazza degli agrari; e poi dei socialisti e così via di seguito. Il disegno di legge così dà ai partiti ed agli nomini politici l'arma legale più formidabile per rafforzare le proprie situazio.ni elettorali ». E il P. P. I. non contento di questa ipoteca avvenire ~he il disegno di legge gli offre, vuole addirittura un i=ediato beneficio : ed ecco ins.inuarsi quell'art. 14 il quale dispone che nelle vendite volontarie dei fondi rustici sia stabilito un diritto di prelazione a favore dei coloni ed altri coltivatori diretti de.i fondi stessi... E' una pretesa vecchia questa delle leghe .bianche, per la quale molto si è battagliato nella stipulazione -l~i concordati agrari in Toscana e altrove; vi. sto che da questa parte l'avversario non cedeva, i popolari hanno pensato di prendere la posizione di sorpresa, e in quel gran cavallo di Troja che è il disegno di legge sul latifondo ci hanno cacciato dentro anche questo. :JI vero interesse agrario qual'è? Se è vero che la crisi agraria è essenz,ialrnente una crisi politica, ciò non vuol dire eh•: la crisi politica sia tutto, e che accanto a questo non siano altri difficili, tormentosi problemi da risolvere. Anzi questi sono i -.-eri problemi; il problema politico sorge perchè si cerca di risolvere i veri problemi facendo della cattiva politica. Oggi l'Italia ha nel campo agricolo due principali problemi da affrontare : a) aumentare la produzione migliorando i metodi di coltttra b) dare nn assetto economico giuridico alla. proprietà fondiaria e ai contratti agra.. ri in modo da occupare stabilme.nte nell'~,hncoltura quanta più può di quella popolazione che non trova più occupazione nelle in dnstrie o all'estero. Non si possono affrontare questi problemi senza insieme cercare di anti,-edere le possibili ripercussioni degli e-,,entuali provvedimenti. Giova più all'incremento della produzione un ordinamento agrario a tipo industriale (vasti aziende, macchine, ma.no d'opera salariata) o un ordinamento a base di piccole aziende (mezzadri, piccoli proprietari)? E dato, e non concesso, che tutti i tecnici rii questo mondo rispondano affermativamente alla prima parte del quesito, vorremmo per questo decret~re per esempio, l'abolizione della mezzad~ta? E se viceversa giova la piccola propneta von-emmo senz'altro effettuare il passaggio della terra tutta nelle mani dei lavorato;i, vorremmo quotizzare la grande propneta, attaccare il latifondo dare a ogni cittadino che si dichiari agric~ltore la sua terra? Ogni soluzione estrema e immediata a parer mio, è pericolosa. Troppe sono 1e' incogmte che esse ci preseatano. In agricoltura le .trasformazioni perchè siano feconde, ri.- c~1edono _l'opera di parecchie generazioni. Nulla si improvvisa e quanto meno in questo campo. Ma se l'azione dello Stato deve essere lenta e canta, ciò non vuol dire che essa non deve esistere affatto. E' indispensabile anzi _che lo _Stato abbia una politica agrana defimta, chiara e costante, che non muti

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