haseuolnaormale Anzitutto a noi pare che in questa materia, se si vuol arivare a concludere qualcosa, uon sj debba parlare cli riforma della. Scuola Nom1ale, della Scuola Te:,tùca, ecc., ma bensl cli ,ma Scuola Normale, di 1Hta Scuola Tecnica ecc.,, ossia cli una Scuola Normale riformata, di una Scuola Tecnica riformata, ecc. O meglio a noi pare 1101s1i debba pa1·lare neanche di scuola riformata, ma piuttosto d'insegnanti rif01'nz.atorii vale a dire « di un gruppo o di gruppi di inseguanti i quali insieme, in regime di autonon:Ua scolastica, attuino una riforma di metodi scolastici da essi escogitato o da essi accettato. Per cui il mistro Anile, se vuol fare opera buona.1 pràticamente, dovrebbe pigliare una Scuola Normale e in questa scuola piantarci quattro professori di sua fiducia, e a questi professori, . in questa scuolA, dar l 'inca.rico di sperimentare la riforma che egli è veuuto escogitando. La quale rifonna, per quanto si sa dai giomal i, avrebbe le seguenti uote caratteristiche : 5 auui di Scuola Normale, a cui si accede da trna scuola media inferiore o da un corso popolare, aggruppa.menti dj discipline, latino, storia dell'arte. Questo per le linee fondamentali ; fra le disposizioni secondarie ce ne sarebbe una per la quale i licenziati dal liceo, con previo uu piccolo esame d'integrazione, sarebbero abilitati ali 'insegnamento elenientare. Della 1iforrna Anile la cosa più importante e più buona a noi pare precisamente che sia quella tal disposizione secondaria riguardante i licenziati dal liceo. Una Scuola Normale ottima, se 11011 perfetta, noi in lt:alia ce l'abbiamo già ed è l'attuale ginnasio liceo classico. Stabiliamo, appunto come farebbe l'Aniie, che la licenza liceale abiliti, così senz'altro, o, se si vuole, con una integrazione, all'insegnamento elementare, e la riforma della Scuola Normale sarà cosa latta, almeno per una buona metà. E insieme sarà cosa fatta per intiero anche la riforma della nostra scuola classica; la quale cosi cesserà di essere quella preziosa inutilità che è attualmente, per divenire viva e proficua. Ma la coltura generale? ! La coltu.r2. generale non esiste, o, se esiste bisogna àistiuggerla. Ottima scuola di coltura sarà la migliore delle scuole professionali, come l'ottima delle scuole professionali sarà quella che darà ar.che una soda, se non larga, coltura. Ogni scuola, se vuol essere scuola, deve essere interessata, per i suoi scopi it:nmediati, disinteres- _.sata, per i suoi effetti più remoti. Una scuola che si proponga d.i essere d.isinteressaia è un assurdo. La scuola romana formava l'1io1no o il cittadino (scuola disinteressata) attraverso ]'ora.- tare (scuola professionale, interessata). La scuola militare forma I '1<omc, il cittadino attraverso il soldato. La nostra scuola classica, se vuol formare qualcosa e qualcuno, deve formare 1 'italia- -11.0, il ciitadino, l'uom.o, attraverso il maestro; deve ·essere professionale, interessata (Normale) per il suo scopo immediato, disinteressata, di coltura generale (umanistica), per il suo risultato ulti1no. M.a il liceo nom1alizzato potrà darci il maestro buono per le scuole dei grandi centri urbani, e per la scuola primaria di preparazione alla secondaria. Questo maestro sarà fuori di posto nella scuola elementare popolare e nella scuola rnrale. Per ,queste scuole ci vorrà un maestro che venga da una scuola fatta apposta per lui, da una scuola veramente e solamente magistrale. Questa scuola, secondo· noi, classicisti a oltranza, non dovrebbe avere come materia centrale il 1atino. Le ragi0ni per cui su questo punto dissentiamo, modestamente, dal ministro Anile, sono due : r) noi non abbiamo in Italia buoni maestri di latino che bastino neanche per le duemila classi dei nostri \Ginnasi regi e pareggiati I dove si andrebbero a pigliare i maestri cli latino per tutte le Scuole Normali di nuovo tipo? 2) protestano già contro il latino dei ginnasi tante famiglie, che pur sono della buona borghesia; immaginate voi che repuguanza dovrebbero avere per il latino i ()lienti della Scuola Normale, tutti borghesia minuta e contadiname? La nuoYa Scuola Normale invece dovrebbe avere due materie centrali: Francese, affidato all'insegna.ute di lettere e storia -nat1<rale. Accanto .ad ognuna di queste scuole per i maestri del popolo ci dovrebbe esserè o un orto o una bottega da falegname o un laboratorio di sartoria, con ,dentrovi 1111 ortolano autentico o un falegname autentico o utt sarto autentico. Abbiamo detto che un maestro uscito dal liceo sarebbe fuor di posto in una elementare rurale o in una popolare; aggiungiamo ora che anche un maestro il quale provenga da u11a Nonnale comecchessia riformata si troverà fuori di posto in una povera semestrale di Sommaprata in valle Camonica o fa una desolata mista di Casa del Conte in Basilicata. Già ora, allo stato attuale delle cose, un mae- .stro discretamente pagato, mediocremente colto, agevolmente trasferibile, in codéste disgraziatissime residenze, non ci vuole stare neanche in pittura : e son quelle appunto che più di tutte ha1Jno bisogno di un maestro proprio e stabile. Aumentate gli stipendi, aumentate la coltura ciel L A R I V O L U Z I O N E L I J{ E R AL E maestro, questo parlicolare stato ùi cO'".,enon farà che aggravarsi. E allora, come fa.te? Come assic.urarc ai derelitti figli di Somm.aprata e di Casa del Co11te un 101·0maestro, per la loro scuola? Qt1i, secondo noi, bisogna venire, o tornare, all'assunzione di personale non diplomato e al- ]'al.Jilitazione. Ci souo sempre, anche in paesi come quelli che abiamo 1101ninato per esempio, delle persone munite ci colttLra e di attitudini sufficienti per esercitare con qualche efficacia le ruuz.ioni del maestro dcmeutarc; in molli luoghi, specialmente _cielSud, persone come io dico già t-;i dcdica.110di fatto all'insegnamento libero. Non resta altro che dar per legge alle autori.tà la facoltà di assumere localmente codesto personale 11011 abilitalo. Tnseguanrlo imparerà; l'ispettore, se arriverà 611 lassù, gli potrà dare qualche consiglioi qualche libro, qualche rivista, poca roba, glieli potrà fornire il Gmppo d'azione; un corso estivo o due gli daranno un'ultima ripulitura, e poi il maestro così raffaz1,011.atopotrà aucbe avere la cresima della abilitazione, abilitazione che valga però fl)lamente per quel l.uogo. Così anche Sommaprata in Val Camonica, anche Casa del Conte in Basilicata potranno avere il loro maestro stabile, affezionato, sufficiente ai bisogni. Altrimenti no, mai. Aocus'ro MONTI Notseullpaolitficr ancese I. La politica francese nel momento attuale è legittima, logica e pedett.a per. cbi, trascurando le necessità superiori cli una ricostruzione europea, la consideri a parte, secondo il carattere e la storia del popolo che la fa. Perchè in primo luogo occorre persuadersi che il governo ha con sè, in linea generale, il paese:· è noto che la concordia della stampa è dovuta ad un'unica fonte ufficiale, si sa che le voci isolate dei giornali conuwisti e dell 'CEu-vre di Téry non banno seguito, che il gruppo Clarté non trascurabile come manifestazione di individualità jnteressanti, non ha nessuna risonanza profonda. Udrete pure, parlautlo, delle disapprovazioni per la maniera mde, forte, di Poincaré. L'uomo ha delle antipatie anche in certi ambienti moderati di borghesi, che lo trornno eccessi,;o: le linee diretti ve della sua azione non sono invece criticate. Se qualcuno ha rilevato l'esagerazione di coloro che cominciavano a biasimare aspramente Barthou come troppo remissivo, si contrappone tuttavia l'operosità del Presidente del consiglio odierno alla seducente pigrizia di Aristide Briancl. ' I comunisti stessi, più che pensare a un piano organico di assestamento dell'Europa, si espandono in clamori contro il pericolo di guerra o consen·ano con amqrosa cura il I[ cliché » della rivoluzione n1ssa. Ripercorrere, a qualche giorno di distanza, il fascio di tutti i giornali contenenti lo svolgimento della conferenza non è consigliabile a coloro che nella politica Yedono uno dei più nobili e più alti giuochi dell'intellig~nza. Sembra ohe gli avvenimenti siano stati determinati da forze oscure e o-li svolti e le crisi appaiono procreati dal ~O- La Francia ha avt;to un proposito solo: non collaborare alla Cotµerenza, e vi è riuscita. Visto da Parigi, il corso dei lav9ri consiste in una lunga, interminabile serie di discorsi noiosi, rotta qua e là dall'opposizione francese, bramosa di roYesciare ogni cosa per Iitornare al problem:1 impellente: la Germania, i pagamenti rldi:1 ·..:.er mania. Anche la Rlllisia è stata, più che altro, un pretesto: qui della ·Russia si ha ancora h visione terroristica delle corrispondenze Vancher, Naudea_u: le informazioni, i commenti, le 'inchieste nÒn sono spassionate, non tendono a ren-. dersi conto, a comprendere, ma a biasimare. Suquesto terreno cresce e fruttifica la pianta Mereskowsky, trionfo dell 'apocalissi. Lo spirito francese non è curioso delle novità straniere: per sua natura refrattario alle civiltà diverse, egocentrico, attaccato a1la sua nazione, intensamente I[ proprietario ». E' ormai corrente l'opinione rhe i popolani sono in fondo piccoli borghesi : il socialismo non alligna che in misura ridottissima. Orbene, chiuso raccolto nei suoi interessi e nella sua terra il francese non ha sentito punto le preoccupazioni di un problema più ampio di quello che lo riguardava persona]mente. Se vi sono ancora spiribi. europei nessun spettacolo deve averli resi pensosi quanto questa mancanza di apertura che si traduce in difetto ,li sensibilità dell'intelligenza. Ad una persona molto colta di studi e cli dottrina non soltanto francese la mia domanda: • perchè uçssuno pensava ad una politica europea ~ suonò ovvia e quasi ingiustificata. ~1i rispose testualmente: , Finchè non ci saremo sbarazzati della questione tedesca non potremo lare della politica filosofica ,. Le critiche potrebbero dunque continuare cominciando dalle abitudini giornalistiche per finire col più testardo e ristretto nazionalismo. L'enfasi naturale e spontanea il clonchi- • sciottismo patriottico che formano la parte pitì aspra ed ingrata, scabra e inintelligente del carattere francese hanno magnificamente rooperato al superbo isolamento prodotto altresì dalla coscienza. di poter bastare a sè stessi anche cco110micamente. Sola tra tutti gli altri stati ia Fcancia 110n aveva che un problema economico interno e particolarissimo : la ricostrnzione de11~ regioni eleva.tate: la disoccupazione inglese e italiana non l'ù1teressavano. La lesi francese è la seguente: abbiamo conosciuto lre aggressioni tedesche in nemmeno un secolo, e ne siamo stanchi. Al principio della guerra in ciascuno di noi è sorto spontaneo il scuso di liberazione dell'incubo, è nato ardente il desiderio di chiudere la partita. Ora, dopo l 'armi~tizio, ci siamo accorti che la lotta, anzich<:'.terminata, verrà ripresa domani, da u.na Cermania appoggiata alla Russia, e pronta ad assorbire la l'olonia e i nuovi piccoli stati. Siamo da capo Si aggiunge che le nostre regioni devasta,e lo furono in modo cosi metodico ed infernale che a tutt'oggi, in parecchie zone, le !ainigiie vivono ancora nelle cantine. La Germania ha pagato ben poco, e quel poco è stato preso dall'Inghilterra; a noi non è toccata che Lilia m.inima parte in natura. Il compito di ricostJ-uzio11eè immenso: abbiamo miniere da rimettere in efficienza, e d'altr011de il contribuente è oberato da imposte. La nostra camera dei deputati h'1 origine da elezioni fatte poco dopo la pace, e quindi ha una m<e-ntalità di guerra: 1;1oidel resto abbiamo, e possiamo avere, una politica e.stera che non si basi su quella interna. Del la guerra di domani abbiamo la sensazione precisa : la Francia si sente minacciata e si difende. Altri due elementi contribtùscono: il ricordo del rapido versamento dei cinque miliardi nel 1870, il fatto di p,,ssedere attualmente l 'ese1cito più forte. Da questo punto di partenza - che, come dicevo, è in sè l~gittimo, corrisponde mirabilmente al temperamento nazionale e si rafforza <li una logica stringente sebbene angusta - le conseguenze serie e inagionevoli, meditate e paradossali, false e calunniose, brulicano. La Francià teme tuttora il pericolo comunista e se ne guarda. li primo ministro inglese non è celebrato per il suo equiJibrio, e la sua condotta è apprezzata come ripercussione di necessità di politica interna, diretta a rompere tutte le alleanze cli guerra, e questo paese cosi scarsamente e male informato di ciò che avviene all'estero prevede che il contegno' di Lloyd George sfascierà l'Impero. E verso l'Italia assume un'attitudine di diffidenza, diffusa ormai nélla maggioranza. Riconosce di aver mancato verso di noi, non vuol dar valore a continui attacchi personali di pub~licisti, ma ci sente lontani ed estranei, forse ostili. Reciprocamente. Gli appunti che ho tracciato risultano da un esame spassionato compiuto sul luogoJ da conYersazioni, da lettere, da testimonianze. Hanno il tm:to cli non prospettare le due teorie vigenti : l'una che ammira la Francia come sola potenza che è sulla verità, l 'alt:ra che la pone alla testa della reazione. Il dissidio tra la luce internazionale che per un momento brillò a Genova e la tenebra nazionalistica si spiega studiando la mentalità del popolo francese. Noi non pretendiamo punto determinare a priori i segni caratteristici e immutabili cli una razza, e crediamo più che a una somma di rassomiglianze a una miriade cli differenze individuali. Ma esist,,uo - e specie negli istanti critici - quelle reazirJni significative che cotir-:(:ntonodi por,,·. 1n chiaro i sentimenti profondi di una collettività. Nel periodo politico che ci occupa è mancata ogni forza spirituale che uscisse dalle linee che abbiamo abbozzate : nessuna voce importante si è al 1...a ta a chiedere un cambiamento d! rotta. La Francia difficilmente (yorrei piuttosto scrivere mai) potrà comprenderci : siamo troppo liberi e complessi e non ci lasciamo ridurre al semplice schema di un erotismo alla Stendhal. La mobilità italiana non muore nel cinquecento, e la facoltà di adattamento, il dono cli rendersi ragione Yivono in noi fortissimi. Le metamorfosi della nostra politica sono qualificate sottigliezze, e ci viene rimproverata 1 'inrostanza : quel che di disinteressato e di aperto è in noi riu~drà sempre misterioso allo spirito fran~ese, chiaro e logico, ma preciso e fondato. A nostra volta, vediamo di comprendere la Francia. Bando alle fraternità e alle fratellanze btiue, alle leghe italo-francesi, alle nazioni più o meno sorelle. Per mettere le cose in C'hiaroè necessario osservare che sino ad oggi I ed anche ora, l'Italia si è divisa in due coLTenti: quella appiccicata. alla Francia come un 'ostrica al'lo scoglio, che ] 'ba presa quoticliauamente a modello e che va dal partito dei principi clell 'Sçi e clell'auticlerical 0radicalismo alla setta nazionalista che, osteggiandolo, copia il corrispondente gruppo francese; quella che è oscura.mente, ma risolutamente nemica della Francia. Tra i due estrenù noi crediamo che sia possibile, equo, e desiderabile cercar di raggiungere uon una conciliazione, ma una posizione superiore, che una cultura intelligente dovrebbe suggerire. La nostra parola è : comprendere la Francia., ossia studiarla con imparzialità accurata. Allorchè le nozioni acquistate avranno sorpassato i due momenti elementari che abbiamo segnalato noi uon ci sentiremo punto invasi da sconfinato an1ore o da sdegnoso odio. Rimed.io di lUl intellettuale, si dirà, ma non credo che ve ne sia un altro. E poi non è esente da constatazioni maliziose : oggi andremo a vedere la statua di GioYanna cl'Arco adorna delle bandie,re della repubblic; laica, e non ci stupiremo se, mentre l'Europa è in crisi, i giornali recano in prima pagina il pa11egirico della vergine cli Orléaus. Parigi, 111aggio. 1922. BRTGHTOX. 61 Esperienlizbaerale Caro Gobetti. Questa volta esporrò qualche mia impressione sull'indirizzo della Rivoluzione liberale. Premetto c:he, come Lei press'a poco sa già, non ho familiarità coi termi.ni filosofici nè con la filosofi.a (sono anche in questo salveminiano), e che quindi. posso non aver inteso bene le idee della • Rivoluzione Liberale, e posso esprimere qualche idea sbagliata dal punto di vista filosofico; ma spero cli farmi capire ugualmente. C'è indubbiamente un profondo clivario fra il modo cli vedere la politica che avevamo noi (mi considero ormai un oltrepassato, se non un trapassato) e quello che hanno loro giovani. Come spe.<ssoin filosofia per loro è chiaro quello che per me riesce discretamente oscuro e vago, cosi in politica sarei sovente tentato di scambiar, di posto i termini astratto e concreto, e quindi di chiamare astratto quello che loro giudicano concreto e viceversa. Così per loro le-grandi parole della rivoluzione francese e quelle che Mazzini seri veva con lettera maiuscola: l'Umanità, la Giustizia, la Fratellanza ,sono astrazioni, anzi astrattismi, sono frutti di intellettualismo incapace di afferrare la realtà. Noi non usavamo più quelle parole al modo e con lo spirito di Mazzini, perchè troppo abuso se n'era già stato fatto: non usavamo neppur più adoperare le parole di patria e democrazia, perchè troppa merce avariata avevano servito a ricoprire, troppa rettorica era stata fatta su di esse. 1\-Ial'idea che esse esprimevano non era per noi una cosa astratta, cioè vuota e senza vita, era una cosa vivente e trascinante quanto può esserlo un 'idea, era qualcosa di molto simile a quello che è per il credente la fedeOra loro vedono le cose diversamente, ed io non voglio sostenere che avessimo ragione noi: qualunque modo di vedere può essere buono se conduce a operar bene. Voglio invece fare una osservazione. Quegli astrattismi, qnei miti, quegli ideali, comunque si voglia chiamarli, ci servivano di guida e di impulso per la nostra azione, in essi avevamo la mèta a cui tendere, la sintesi che illuminava e allacciava le singole azio-. ni per la soluzione dei problemi concreti. Per esempio l'Unità che secondo molti era una cosa fredda e senza unità, per me ne ave-Vanna t:hiarissima, benchè non espressa quasi mai, ed era la giustizia. Ad essa si riallacciavano le lotte cqntro tutti i privilegi, dai siderurgici ai cooperatvistici. Può essere che quella mèta fosse in gran parte illusoria, e che l'utilità reale del movimento fosse soltanto quella di illuminazione e di iormazione delle menti; ma ci aiutava a vivere. Ora la • Rivoluzione Liberale • propugna il movimento autonomo spontaneo delle masse e non si preoccupa eccessivamente dei conflitti a cui necessa.riamente porta, anzi si preoccupa che essi possano cessare, perchè solo nel movimento, nella lotta c'è la vita, si forma la civiltà (qui forse ci starebbe bene la -dialettica della storia, ma non so come ficcarcela). E va bene. Può essere che questa concezione della vita e della storia sia giusta, e ad ogni modo può essere utile· come guida per studiare e comprendere la realtà. Ma questa concezione non può fare la funzione che avevano per noi i no.stri miti, i nostri astrattismi. Dire che bisogna muoversi, che solo nel movimento è la vita pnò essere giusto ed utile, ma non è sufficiente; bisogna anche sapere, bisogna anche dire in quale direzione occorre muoversi, verso quale mèta, e non soltanto le mète singoie e distinte, come potrebbero essere la libe1tà commerciale, le autonomie regionali e cosi via, ma la mèta unica e superiore nella quale le vie additate si congiungono. _ Forse Lef potrà rispondere che non sente il bisogno di questo mito, che anzi è una v;ttoria l'agire senza bisogno di illusioni menzognere; ma non so se sia possibile far muovere le masse, e forse neppure gli indiviàui, senza queste illusioni. • Lei può anche aggiungere quello che mi ha già detto altre volte: riconosciamo pure l'utilità dei miti, anche di quello comunista, benchè noi lo giudichiamo falso; es·so, suscitando le energie autonome popolari, gioverà aU'ope.ra a cui noi tendiamo. Può essere che Lei veda più lontano di me e che 11avvenire I.,e dia ragione; ma siccome per agire oggi abbiamo bisogno di una idea che ci convinca e ci attiri oggi, e il cui potere di attrazione non sia subordinato al verificarsi di un evento futuro; io sento sempre qualcosa che mi manca. . Non mi persuade, insomma quest.'indifierenza per la mèl:a o per il mito. Lasciamo che le masse vadano verso il comunismo : tanto concludono al liberalismo, che è l'opposto. Probabilmente il mio cervello è troppo semplice per afferrare questa verità. Un filosofo potrà esprimerla, e potrà essere nel giusto; ma chi vuol essere guida~ tore di anime oltre che di intelligenze (guidare i soli cervelli non basta) deve additare un fine cui tendere, sia esso la patria nell'umanità di l\Iazzini, sia l'umanità senza patria degli internazionalisti, sia un altro ideale che con la sua fiamma abbia la forza di scaldare queste anime. UN UNITARIO.
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