La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 16 - 4 giugno 1922

60 sti;tlità stra~era, oggi tutto è morto e quel po che res1n~a ancora è vile e pestiale. Quel che la latiruta aveva deprezzato e schernito co~e b~barico ed empio. oggi trionfa e domma. Nelle città d'Italia, • bellissime un tempo e popolate d'uomini grandi, d'ingegp_ovasto e lieto, solare, quel che in età non lontane rappr_esentava la saggezza del mondo e dava la misura della civiltà della terra o~gi è _rid~tto a u1;1cul~o segreto di pochi t1moro.."'ld esser chiamati barbari dai sorridenti seguaci della nuova legge. Le nazioni Ghe un tempo erano barbare, oo-2"isono considerate civili, e quelle ch'era;; civilissime hanno stinia di barbare. Che tremendo destino è questo, o che pazzia? che sciagura, o che stoltezza è mai questa? Incapaci di assimilare la civiltà nordica di farne proprio lo spirito e d'imitarne i mu~ ternlissimi aspetti, le nazioni latine si trovano oggi in istato d'inferiorità a petto di quelle anglosassoni. Il che significa, senza dubbio alcuno, che le nazioni latine sono im[>roprie alla modernità, che sono rimaste antJche e c];ienon potranno divenire moderne senza perdere la loro originalità storica. Quello che Leopardi osservava per le lingue_ spagnuola e italiana, ch'egli stimava antiche e non atte a rendere. ao-ilmente il pensiero, si verifica per i popoli ';tessi non essendo nè gli italiani, nè gli spagnuoli 'adatti ad essere inciviliti, (nwdernizzati) perchè nmasti tuttora quelli che erano tre secoli or sono. Questo stato d'inferiorità delle ·nazioni latine rispetto a quelle ano-losassoni fa sì c_he l'italiano e lo spagnuolo, ma pi~ l'italiano, (del francese, di questo parassita della latinità, rinnegatore e traditore della comune _origine, non è esatto parlare a proposito di latzm) siano naturalmente i nemici della civiltà anglosassone oggi imperante e che si possa in loro riconoscere quell'elemento perturbatore, disgregante, che è una fra le cause dell'odierna crisi europea, cioè di quella decomposizione della modernità alla quale ho più sopra accennato. Ora, questa irriducibile aV\-ersione dello spi,;to latino, mend1onale, contro quello nordico, è l'elemento storico dell'età nostra, quel che determina ie oscillazioni delle attuali forme del nvere civile e che dovrà decidere delle forme furure. Chi mai, infatti, consi<lffando ì'estrema ,;talità e la forza di reazione dello spirito latino, cioè di ciuel!o che oggi sembra barbaro, non è spinto a porsi i termini di quel fonnidabile problema, sulla soluzione del quale poggia l'avvenire di tutta la civiltà moderna? Quale è da considerarsi barbara : la civiltà anglosassone, protestante e puritana, oggi dominatrice, o quella latina, cattolica, oggi schernita e soffocata? Di chi sarà dunque l'avvenire, del IIJl:'zrogiorno o del settentrione? Questo il problema, vastissimo e profondissimo; quanto più vasto e profondo di quel1o che ordinariamente si pongono i contem!X)ranei, preoccupati di spiegare i grandi fenome.ni della storia col solo aiuto di formule economiche! Qui si vede b ragione del perchè io abbia preso le mosse della Rifonna e luno-amente insistito sui fatti e sulle ~rsone del dramma che, imperniato in un primo tempo »u!la Bièbia, è venuto via via assumtndo aspetti nuovi e impre,,;sti secondo che lo storicissimo contrasto fra le due tendenze quella ~~tentriouale di .natura critica e quel'. la mend1onale d1 natura dogmatica, agirn. sullo svolgersi progr,·ssivo della civiltà ::noderna. La questione, più volte posta negli ultimi tre secc.li, di una prete~ necessità di adattame_ntodelle forme latine di civiltà a quelle nordiche, non h1 altro significato all'infuoridi una pretesa piena accettazione, da parte nostra, dello spirito della Riforma. Non è chi non veda come non sia possibile, pe:- q:i.ei popoli ancora imbevuti del trndizionale dogmatismo cattolico, accedere senza tragedie, o travisamenti, all'etica moderna, che· é nata dalla Riforma. Que~ta nostra impossibilità naturale ad essere moderni n011 è ma.i tanto chiaramente apP-arsa quanto nel secolo passato, di fro.nte al delinearsi della grande cm:rent'! liberale anglosassone, e quanto ogg1 al contatto del nuovo c.lemeoto storico nazionale, di origine nordica, che è il socialismo. Cli stessi grandi mediatori èella statura di Cavour nulla possono .nel campo delle attua:,;ioni pratiche, se la ::Uentalità dei popoli non cambia. .Ciò sig~ifica, in_altre parole, che i popoli di mentalità cattolica (e alla mentalità è nC!- cessario aggiungere i costumi le tradizioni la cultura, for7e imponderabili ed enormi) sono destinati a rimanere esd1L,i d:illa civiltà moderna, nata dalla Riforma., civiltà che nulla può conciliare con qlli:lla latina, antica, nata dal tronco millenario del cattolicif.imo. Il che potrebbe essere doloroso per LA RIVOLUZIONE LIBERALE noi, popoli condannati a un'antichità insopprimibile, e per questo, appu.oto, a uno stato d'inferiorità, che molti han chiamato barbarico, rispetto alle forme anglosassoni del viver civile, se non ci soccoresse il pensiero cl;ie le probabilità di un movimento di rinascita non sono ancora <lei tutto perdute. Chi osservi attentamente gli aspetti del- ]' attuale crisi della ci·V'iltà anglosassone e ne indaghi le cause, può rendersi conto dell'importanza di queste probabilità. . Rendersene conto è facile; più difficile è il non aver timore di pronu,nciare, a questo punt;>, _una parola che ha uu certo suo profondissimo e pr:eoccupaute significato storico: Ccmtronforma. Poichè nessuno fra noi p-uòdire a.ucora che cosa oo-gi significhi per l'Italia questa parola; la q~e ha avuto tutt~~ _per i russi, or sono quattro anni, un s1gruf1cato non (eri:-'>momentaneo e trascurabile. Ma se è facile, attraverso l'ortodossia e lo slavofilismo, giungere al bolscevismo, è altretta!llto sommamente difficile dal pjeno cattolicismo, sboccare in uua ~tica nuova che stia nella tradizione e che la superi. C. E. SucKERT. PROBLEMA MILITARE I. Lineamenti teorici introduttivi Dove11ù.oaffrontare nn problema, qnaluoque esso sia, appare indiscussa condizione csse1niale per l 'iudagine 1'esatta compreusione dei suoi dati; mn anche quando essi siano con ogni cura chiariti e fissati, una seconda difficoltà si presenta nel porre la nostra m,ente in grado di iuYestigare con la più perfetta obbiettività le possibili soluzioni del problema in rapporto ai dati stessi. Esaminando i recenti numerosissimi scritti irt- . torno al problema militare, in ciascuno di essi si constata l'insufficienza, o della ricerca delle premesse, o dell'obbiettività della investigazione; in generale il metodo seguito consiste nel proporsi, a priori ed empirican1ente, una soluzione del problema stesso, e quindi foggiare simulacri di ragionamenti critici diretti a suffragare le proprie preconcette conclusioni. La grave difficoltà incontrata nel ricondurre alla necessaria obbiettività il proprio pensiero, principalmente nei problemi militari, è però spiegabile in quanto le n1enti sono in generale straordinariamente perturbate da un fenomeno che, in"""· questo campo stesso, per ampiezza e potenza ha superato e sconvolto ogni precedente conccziolle in merito. Riesce quindi naturale che, affront;.;'ludo il problema la mente abbia già in pronto delle soluzioni aprioristiche che scahtriscono in modo immediato dall'immensa congerie di fatti osservati, e che in taluni casi, inoltre, non coincidono con le conclusioni a cui condurrebbe un esame approfondito ed obbiettivo dei fatti stessi. Sono cosi stati elaborati sistemi di ordinamento militare che, tenendo conto dell'evoluzione delle condizioni sociali, tendono in effetto a creare strumenti di azione bellica capaci di affrontare nel miglior modo un cimento congruente a quello testè sorpassato. Con ciò si vengono implic\tamente ad ele\·are gli insegnamenti del presente conflitto al rango di teoria generale della guerra, mentre essi han· no valore soltanto nel loro campo particolare, poiehè e la guerra nasce e riceve la sua forma dalle idee, sentimenti e relazioni esistenti al momtnto in cui e,sa st.oppia • (Clausewitz). Quindi gli insegnamenti i11 questione potrebbero essere applicati soltanto quando si riprcsenL,ssero situazioni storiche in cui iàce, sentimenti, e relazioni fossero analoghi (tenuto conto clcll'e\"Oluzione attraverso i periodi storici) a quelli antecedenti la lotta da cui furono derivati. Come conseguenza evidente risulta che, Hr.!111 sola ipotesi che effetti'IJamente vi sia uua forte probabilità cbe questa analogia possa prossimamente verificarsi, i sistemi ùj ordinamento militare, di cui si <liseorrc, sono corretti. Riesce cosl acquisito che ogni tenL,ti\"O di investigazione del problema militare, anche scmplicemenle considerato come parte del problema politico-sociale, deve tassali\·amente pr<Yaedereda una esatta definizione della attuaie situazione storica del paese cui ci si riferisce. Senza affrontare le difficoltà gravi che si verrebbero così ad incontrare per porre la nostra questione, si può riguardare la situazione stc,rica sotto gli aspetti negativi, cd in tal caso affermare, ;;idun primo esame, cbe essa si ri·vcla oltremodo lontana da quella occorrente come base pe:r lo sviluppo di una teoria della guerra che diremo assol1tta od fatej{rale, cioè spint:.,~alle sue c•treme conser;uen1,e di intensità ed estensione . In modo molto grossolano si può dire che, dal punto di vista milita.re, questi anni ci riavvicinano ben più al periodo che scgul alla caduta di !\apolcone, cd al conseguente particolare aspetto del problema militare, che non gli ultimi decenni di preparazione bellica. Jid in proposito, •ia pennesso citare Fo<11: • En pr(;sence d'une: Europe faliguée cl i:pui ,éc < por le,; luttes qu'elle venait cle soutenir ... !:i « France demandait à son année, mise au besoin « en mouveruent, le 1noyen <le teni~ son rantT... « D'où tlll état militaire spécial: recrnteme 0 nt « iustruction, système de fortification, et un en: , tcndcment particulier•de la guerre. D'oà l'étu- « de et la préparation cl'nne gue1Te déte.rmiuée « la guerre des cabiuets, qui siiffisait aux besOin~ • de l 'époque , . Chfa.ram-eutesi vedono qui delineati i concetti della dipendenza della teoria della guerra dalla situazione storica, ed, in conseguenza, della teoria suffi.cie11te e part-icolare in contrapposto alla teoria assol·uta e generale. Già taolti indizi in questo momento ]asciano prevedere il ritorno degli eserciti al posto tenuto in passato nella politica internazionale, e poichè come si è visto non appare possibile lo sviluppo della teoria integrale della guerra, occorre ricercare la soluzione del problema proposto, cui validiss_imo ausilio possono portare gli iusegnamenh della storia, in vie assai dicordanti da quella attna)mente seguita. Con altre parole: reso impossibile lo sviluppo della teoria integrale, non riescono logicamrnte attuabili gli ordinamenti pratici corrispondenti, cioè, al presente non si possono tradur-re in pratica gli insegnamenti della guerra. testè com.-- batt1<te. Fissata così, per esclusione, la via su cui l'indagine dovrà proseguire riesce però evideute che, poichl quando la situazione storica andrà mutando anche lo strumento bellico dovrà di conseguenza essere mutato, questa transformaziouc dovrà essere predisposta. Le difficoltà che si frappongono a lente trasformazioni militari non sono quasi mai di ordine materiale; è lo spirito che presenta una specie di isteresi (cioè resistenza all'orientamento) rispetto alle nuoYe concezioni. Ocorre fin da ora prepararlo per il momento in cui la mutata situ.azioue storica imporrà la ripresa in esame di una teoria della guerra se11za limitazioni. Quindi, qua!twque sia la conclusione a cui potrà averci condotta l'indagine sulla attuale soluzione pratica, cioè m.ateriale del problema, occorrerà considerare come compito primo la formazione dello spirito militare di domani. . Ed è solta~to lo spirito che può raccogliere gli insegnamenti della grande guerra, perchè il perpetuare le sole forme materiali da essa censeguenti, quando esse non sono corrispondenti alle necessità del momento, non può servire che a far ripiombare le concezioni militari nel più gretto formalismo. A'nticipaudo conclusioni cui si Q"luno-erebbein altri ca1npi di indagine si può affermbareche· il conflitto che si produrrà quando si sarà verificato il_ cambiamento in situazione storica come abbiamo sop1-aaccennato, aYrà ancora i caratteri di un accanito conflitto di genti diverse. Si tratta quindi di formare lo spirito militare occorrente nel caso ineluttabile in cni si dovesse guidare un popolo in un conflitto spinto a fondo. Compito ter~ibile che diverrà imperseguibile se non s1 sara provveduto in temno a creare gli uomini capaci di risolverlo prep;rando loro nello stesso tempo, la via. ' _ Uu'analisi approfondita di questo nuovo e più nstrelto problema non c'interessa che sotto un aspetto : l_apreparazioue degli elementi di pens1ero uegh uomiui che dovranno d01nani risolvere le <1t1cstio11imilitari. Cioè, riportandoci alla radke: fa ricootruzione (che potrà impiegare molti anm) della teoria integrale (e d'ora innanzi non parleren10 che di quella) della guerra. I metodi d'indagine critica storico-militare hauno nell'Ultimo secolo fatti grandi progres•si, e souo, per nostra fortuna, oltreino<lo distanti i tempi in cui si credeva di poter codificare la guerra. Oggi pensando che vi fu un tempo in cui le azioui belliche erano giudicate soltanto secoudo i precetti della teoria allora in uso, non possiamo f:enare u11 lieve sorriso; scornmento profondo c1 produce però il -sentire ora affermare empiric:unentc che tutte le teorie sono crollate. :K"oi concepiamo la teoria dcl1a guerra come una legge che si trae da una serie di fenomeni della stessa classe; ora, è evideutc che ogni fenomeno apporta nuovi elementi per l'affinamento della legge m., I: altrettanto vero che la legge non può essere esclusivamente la parafrasi dell'ultimo fenomeno, ma bensì la sintesi cli esso, e di tutti g-li altri presi insieme. Ciò è tanto più vero se del! 'ultimo fenomeno non si banno che notizie grossolane, in attesa di poter ricoslrnire tutto quell 'i:isieme di elementi cbe lo individuano nella sua interez1...a. Riesce cosl evidente essere errato il modo abituale di porre ;1 proble1na della teoria militare delb guerra da parte degli storici politici che 111 for;,,.atamancanza di conoscenze tecniche adeguate, sono c-onùotti a trasportare 1'e\·oluzione dci melocli atttici nel t-ampo della teoria mede· si1:n.a. Riesce inoltre dimostralo: essere assurda la distru1,ioue immediata c-d a priori della teorh pcrchè in essa (sopratutto nella /orma esteriore) 11011appare facilmente inquaclrabilc l'ultima guerra; e, in via subordinata: essere però necessaria la esall.'1 ricostruzione dj qucst;.;'1medesima guerra onde poterne tener conto nella nuorn teoria. Evidentemente ciascuno dei due problemi subordinali qui lumeggiati : ordinamento (materiale) militare, e formazione dello spirito militare meritano un'analisi approfonùil~. No11credo di poter preludere meglio a una serie di brevi saggi sul libermismo hegeliano di alcuni nostri pensatori del )!ezzogiorno, quali i dtte Spa,·euta e il Fiorentino e il De Sanctis e il De !IIeis, che discorrendo del recente volU.Ineded:cato da GUIDODE RUGGIEROal Pensiero politico 'iJz.eridionalcnei secoli XVIII e xix (Bari, Laterza, 1922). Il quale intende a presentarci il pensiero politico meridionale di quell'epoca secolare ci.Ie ,·a dalla pubblicazione della Scienza .\"uo-;Ja. e della Storia civile det Regno di Napoli al 1848 nelle sue pecnli.arità essenziali e con tutte le sue caratteristiche di corrente autonoma, che solo dopo la crisi spirituale dctenninata dalla rivo1uzioue qu.a.rauJottesc:.asi viene a confondere col movimeulo nazionale propriamente detto. Due sono gli uomini che stanno a!le origini di questo pensiero e proiettano in Yaria misura sopra di esso la luce emanante dalla loro speculazione e dalla lorp slessa tempra pcrsonalc-: Vico e Giannoue. Dei quali il secondo sembra più vicino alla realtà storica perchè iutimame11te legato ai problemi della politica contemporanea, e più lo:itano inYece da essa il primo, come assorto u.ella sua inàagine m.etafisica e nella sua coutcmpl~ioue deH'antichità mediterranea. ò1entre è proprio il contrario : 1 'a.strattismo giuridicolegalista del Giannone si tisolve in un effettivo antistoricismo, là do\"e.Vico è il grande padre dello storiciRmo mode1·no. L'influsso di ~Giannone è limitato a una sfera ristretta, come breve ~ la ,·ita della scuola anticurialistica da l.ni diEcesa, che mira a creare una coscienza politica indipendente, n1a senza determinazioni positive e concrete. Di fronte al filone giannoniano, si formano da Vico e su Vico Mario Pagano e la Yera sostanza del pensiero di Filangleri e la mente più alta di tutte, Vincenzo Cttoco. Nel Cuoco e negli scrittori prerivoluzionari o rivoluziouari che gli fanno corona si può dire che il problema storico e il problema legalistico si faccian.o veramente polit,içi : fondendosi nel vivo problema dello stato, della sua funzione etica, della sua intrinseca e spirituale validità. Ma di fronte a) Russo o al Salfi, di cui è caratteristico, per intendere la specialissima forma in cui l'illuminismo francese fu assimilato da questi pensatori del ~1e1.,zagior110,il Saggio di. Je-nmneni antropologici in occasione del terremoto famoso delle Calabrie), il Cuoco ci appare ,·eramente in tutta la sua grandezza di superatore dell'astrattismo e del plo.tonismo politici e instauratore di una nuova politica idealrealistica, che precorre mirnbilrneute il più elevato pensiero del Risorgimento. Dopo il Cuoco, la ricerca del De-Ruggiero, eh<." nel capitolo dedicato al pensatore molisano assume forse la sua forma migliore, si addentra nel perio,lo di preparazione e nella fase eroica del nostro moto d'indipendenza, e considera di preferenza il pensiero politico nel suo Yivo contatto con l'3zione. L'analisi dell'intervallo fra il Ventuno e il Quarantotto si svolge così con gran.dc. precisione e sobrietà, sebbene trascuri il pensiero consen·atore (Bozzelli, De Si\·01 ecc.), cbe ha pure qui la sua importanza e può dar luogo ancora una ,·olta a interessanti ossen·azioni sui rapporti tra i politici meridionali e il pensiero francese. A questo puuto l'esempio del Cuoco si molt:- plica: e come in tut~ _lanostra storiografia prequarantottesca, la ns1one storica concreta di- \"enta la forma preferita attraverso la quale si determina il pensiero politico speculativo. Questo pensiero per altro non riassurge ancora alle attezze del Cuoco per ciò che riguarda il problemadommante, quello cioè dell'unità nazionale. •Di f_ro~te:d e~, troviamo, abilment.e tratteggiati aal nosuo scnttore, i liberali e de11'ordine costi- ~uito • che riescono in fondo antiunitari quanto 1 conservatori puri e superstiti del sanfedismo. ; i liberali di idee più larghe, che vorrebbero l'unità, sì, ma co:ne promossa e compiuta d::i1Re<YUO di ):apoli, - borbonica insomma e uou saba~cla - e i democratici e i mazziniaui: accu..mtwati in un ,·ago astrattis1110. Th'fa il Quarantotto compie con la su.a.crisi, la catarsi e la chiru·ificazione di tutte queste coscienze: e il potente influsso cultnro.lc di Gioberti ne effettua il compimento, sebbene sembri fa,·orire il particolarismo. Cosi, dopo quest'epoca, il pensiero meridionale, dice il De Ruggiero, si avvia ormai liberamente verso quella concezione nazionale unitaria che sarà poi la politica della Destra e si confonde con essa. Ci sono tuttavia le proteste autonomistiche dei giobertiani « ortodossi » e guelfi : a cui si oppone con immensa superiorità il pensiero degli heae1iani su cui qnesto libro, dato il suo scopo en il su~ tema, dà solo qualche rapido cenno finale che attraYcr8? I--lcgel valorizzano un G. più ve:o. _Ossei:v1amo per conto nostro però che questo g1obert1smo, cieco o chiaroveggente che fosse, non può essere preso come indice della estinzione soecnlativa del meridionalismo: anzi proprio per esso quest'ultimo vive ancora in tutta una generazione, e fa suo davvero Gioberti mentre la corrente settentrionale lo trascura va. _ è assumere Gioberti significava abbandonar Vico: perch~ di _Vico il più grande scolaro diretto è proprio Gioberti. ~ di ciò i nostri pensatori meridionali, quando assunsero ltti per maestro, ebbero certo coscieu7,.a, sictui com'erano di non abbandonare così la ~na tradizione. SA~TI~o CARAMELLA.

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