La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 14 - 21 maggio 1922

54 LETTUR·EPOLITICHE 1-lentre l'Inghilterra e l'Italia, per ragioni economiche diversissime ma per ragioni geografiche · simili possono op·porsi ad ogni egemonia territoriale, la Francia in tutta la sua storia presenta lo spettacolo d'una nazione che addossata territorialmente ad altre miranti a svolgere un loro programma e compito imperialistico, non ha, per questa stessa sua contiguità, altro mezzo di difendersi che cercare di sostituire la sua alle alt~i. egemonie. Questa è, ridotta uu po' semplie1stic~mente, una delle più profonde ragioni della tradizionale politica francese, ed è, bisogna rilevarlo, in questa politica e soltanto in essa che la Francia trova le ragioni del)a sua esistenza ; senza una posizione di predominio cadrebbe essa stessa sotto un'egemonia e, per un paese come quello, che, per la sua conformazione economica diverrebbe campo di sfruttamento per l'egèmone: una tale situazione significherebbe un disastroso abbassamento della sua situazione .anche, e sopratutto, economica. Questa era la politica tradizionale della Francia, e, diciamolo subito, lo è ancora e lo sarà finchè possibile; ma tuttavia i negoziatori francesi che presero parte alla redazione del trattato di Versailles si trovava:g.o in una situazione particolarmente difficile: tutti ricordano come vinta la guerra coll'aiuto, se non pe.r l'aiuto,' degli anglo-sassoni ed americani, la Francia si presentasse alla conferenza in pericolo di perdere la sua indipendenza cli fronte ai suoi alleati di o-uerra L'aiuto necessariamente accettato poteva 0 costar~ le l 'inclipendenza, o quantomeno poteva costringerìa a rinunziare alla sua posizione storica per farla divenire un satellite dell'impero britannico; d'altra parte rifiutare la posizione creatasi e romperla cogli alleati poteva significare, al tappeto verde, una tardiva vittoria della Germania. In questa situazione la politica di Clemenceau, lungi dall'essere in q~alunque médo sbagliata, era l'unica politica che permettesse alla Francia cli conservare il suo posto nel mondo: politica di distruzione, ebbe a definirla il Nitti nella sua « Eu.-ropa senza pace » e quindi, come tale, politica che avrebbe dovuto essere combattuta ben decisamente dalla nostra delegazione, m,i politica coerente al programma egemonistico che sempre si impone alla Francia. Infatti la Francia imponendo alla Germania delle inverosimili indennità, delle indennità cosi gravi da obbligarla a lavorare per più decenni per i vincitori, mutilandola nelle sue provincie più i111portanti, limitanrlole ed anzi annullandole gli armamenti, realizzando infine la , pace Cartaginese • riusciva a dover chiedere ai suoi alleati soltanto la solidarietà necessaria per l'esecuzione del trattato, ma poi, creandosi un sistema di piccoli Stati militari suoi alleati (Belgio - Polonia e, benchè meno decisamente, tutta la Piccola Intesa o parte di essa), ed essendo lei stessa la prima potenza militare d'Europa avrebbe potuto agevolmente costituirsi una nuova egemonia territoliale come coronamento della vittoria. Un formidabile protezionismo la difendeva dal I 'invasiime ùei prodotti tedeschi con cui si sarebbe doYuto provvedere al pagamento delle indennità e li anebbe riversati su altri paesi eeonomicamente impossibilitati a difendersene, come l'Italia ; il sistema politico che cosi si impiantava avrebbe durato quanto avrebbe potuto, ma doveva importare sopratutto l'impiantarlo, poichè non era tanto facile prevedere cosa avrebbe seguito a questo predominio Francese. Questo era il piano cli Clemenceau, e questo piano, lo sappiamo tutti, fu realizzato in massi, ma parte, e tenacemente difeso, nelle sue linee sostanziali da tutti i posteriori Governi francesi : oggi Poincaré, che minaccia l'azione militare francese, anche isolata, per la realil',,azioue e il rnanùenimento del trattato di Versailles è perfettamente coerente alla politica tradizio.nale francese, politica che porta come conseguenza che oggi la Francia preferisce la rottura dell'alleanza inglese alla revisione del trattato di Versailles, e cammina incontro alla rottura coscientemente, in base alla sua convinzione che è meglio per lei contare soltanto sulla sua potenr.a militare e su quella dei suoi minori alleati o Stati ,·assalli, anzichè continuare ad attendc.-re l'ipotetico od impossibile aiuto inglese. Impossibile poichè l'Inghilterra, che pure per varie note ragioni aderì al trattato di Versailles, oggi, minacciata, fra PaJtro, dal1a eccessiva concorrenza commerciale dei tedeschi, costretti ad un enorme sforzo di produzione per pagare le indennità, e timorosa del4 creazione di pericolosi ;r,or.opoll industriali francesi sul continente, oon può pjù assolutamente continuare ad appoggiare la Francia, come del resto, per le stesse ragioni, dobbiamo far noi italiani. Colla politica di Clemenceau e colla continuazione d'essa che dobbiamo oggi al Poincarè la Francia, combattendo la possibilità d'un risveglio tedesco sia per forne proprie della Cermartia, sia per l'alleanza con la Russia rinascc-ntc, è riuscita ad ottenere di non passare nella condizione, per lei più éhe per ogni altra rovinosa, di Stato vassallo dell'Inghilterra, e nello stesso tempo, cli evitare che la Germania uscisse tanto in buone condizioni dalla guerra da doverla di nuovo temere domani. Tutti i nostri interessi ci consigliano, anzi ci imp011gono cli opporci con ogni me7/ zo alla poliHca egemonistica della Francia : è però LA RIVOLUZIONE LIBERALE necessario che in Italia si finisca di fraintendere le ragioni dell'atteggiamento della nostra vicina e, di attribuirlo alla cecità di alcuni uomini od alla prepotenza di -alcu1ù gruppi. Bisogna che i.n Italia si capisca che se gli scopi cli gue1Ta francesi hanno potuto coincidere con quelli italiani, la politica di pace di due paesi è antitetica ; ma bisogna pure che si veda come le direttive del Clemenceau e del Poincaré si imponevano e si impongono tutt'ora alla Francia se essa non vuol decadere al livello cli Stato ,,~ssallo degli inglesi o si vuol evitare di trovarsi di- nuovo di fronte al pericolo tedesco fra un certo numero di anni : ·tutte cose che, naturalmente, non rendono meno necessaria una recisa opposiz.ione italiana al ten:- tativo egemonistico francese (capire non vuQl dire difeodere). • Ma fra la demi1111tio capiiis e la politica clemencista della plutocrazia e del militarismo non v'era, per· avventura, un'altra via per la Franda? Una via che, pur rispettando la necessità francese d'una politica egemonistica, partendo insomma dallo stesso punto di partenza di Clemenceau giungesse a conclusioni opposte a11e sue? _o;_ J. CaiJlaux sembra vi sia, e tenta indicarla in un suo rncentissimo libro (J. CAILLAUX Où. va la France? Où -va l' Eu.-rope? Paris, Editions de la Sirène, 1922). Caillaux, il cui pensiero politico ha subito nella segregazione cui è c011dannato, gli effetti d'una troppo prolungata lontananza dalla vita politica e ·1'influenza del pubblicismo inglese, caratterizzato principalmente dal noto libro di J. M. KEYNES: The economica couseq·u.ences o/ the pea,- ce, ossenia come la finanza e tntta la politica francese del. dopo guerra sia bata sul principio et: L' A Ue·mag>iej)a'iera toul >); .come nelle messianiche attese di indennità la Francia non lavori sufficientemente, paghì imposte irragioneYoli o troppo lievi, si chi uda in una barriera prote;i;io... nista ·che ne soffoca le energie produttrive; come, prigionieri delle promesse fatte, i. governanti francesi abbiano imposto alla ·Germania più di quanto potesse pagare di modo che la Francia, per aver caricate al vinto anche le spese delle peosioni si:e ., dei suoi alleati, rischierà cli perdere una par.te delle s0111111necessarie alla ricostruzione di paesi invasi. Tutte constata:<ioni queste la etti origine è facile riconoscere nella meditazione cli quanto si scrisse. dal pubblicismo' Britannico: accanto ad akune di esse si potrebbe scrivere il nome del Keynes ed il Caillaux in.fatti talvolta lo -scrive. Ma non si limita egli però a diffondere quel pensiero in Francia, coprendolo della notorietà del suo nome, come fece, date anche le condizioni diverse, troppo spesso il nostro Nitti : il Caillaux per ciò' che riguarda la politica estera del su~ paese, ritie.ne che esso avrebbe dovuto farsi iniziatore d'una proposta. di sistemazione finanziaria siffatta: c. reclamare l '7stesio11eai vincitori di una clausola cli cui i vinti erano autorizzati a valersi :o, cioè non indennità di guerra di sorta, e dato che Francia, Italia, Russia, Ee1gio, Serbia sono debitrici fra loro e, rispetto all'Inghilterra e Stati Uniti d'America, tutte qùeste nazioni dovrebbero poter cedere, agli alleati loro creditori, Je loro ragioni di credito verso la Germania sino alla conco1Tenza del loro debito: per es., l'Italia che deve 875 milioni-oro alla Francia ùovrebhe cederle ragioni di credito-indennità tedesche equivalenti, annullando così il suo debito. A queste modo, osserva i] Caillaux, anche. la 'Germania ne avrebbe giovamento poichè , i popoli come gli uomini hanno un vantaggio nel sostituii> a creditori poveri dei creditori ricchi che possono concedere rinvii o riduzioni > ; ma in definitiva si otterrebbe che la Francia si ,libererebbe dai pesanti debiti cogli anglosassoni ed américani, senza diminuire poi di tanto le sue ragioni d1 credito verso la (;ermania, poichè con nuovi titoli verso cli essa sostituirebbe i titoli che ayeva, di qualità spesso assai peggiore, verso i suoi a11eati di guerra. 1vla. non solo. Siccome crede che degli 8o-85 miliardi oro che la Germania dovrebbe pagare alla Francia questa non potrà ottenerne che 30 o 40, una parte del soprappiù dovrebbe essere impiegata non solo a liberarsi, come si disse, dai crediti inglesi ed americani, ma a fornire ad altri popoli europei mezzi di rimborsi per gli stessi crediti. Cosl l'Italia o la Serbia potrebbero pagare l'America con obbligazioni tedesche Yerso la Francia che questa cederebbe, trasformandosi cosi da debitori dcli' America in debitori della Francia: anebbero allora un creditore sul nostro continente - la Fraucia - inn~ce di a,·erlo al di là dei mari. ,Questa è la , grande poliUque 11ationale • che ,·orrebbe CajJlau.x: al1'egemonia militare e tcnitoriale del Clemeuceau e del Poincaré, alla tradiz.ionale politica imperialistica, egli, imhcn,to collJ 'è, forse specialmeotc gra,de alla segregazione degli ultimi anni, di pensiero politico anglosassone, oppone la concezione d'una Francia pro• duttrice, avversaria dei trust che sono, in Europa, molto sovente /orme di predominio econo· mico tedesco sulle altre nazioni, credit.ricc t1<lte o q,wsi tutte le nazioni del nostro continente; concezione non meno naz.ionalislica dell'altra, radicalmente opposta ac1 ogni tentativo di fare deJla Francia stato vassallo dell'Inghilterra, ma cl,e tende: a crearle una ef{emonia eco• n01nica continentale. Questa è, già lo si disse, una concezioue cli stampo britannko. Infatti l'[nghillcrra, che compie la sua missione imperialistica in altri continenti e che in essi affonda le radici della sua vita, può s,·olgere un piano cli lenta e progressiva conquista poichè il muro azzurro che la difende le pennette di fronteggiare le aggressioni e l 'alleanza ~elle nazioni avversarie a questa ~ quella egemoma le permette di usufruire delle. difese altrui, tutt'al più aiutandole. Ma può la Francia fare altrettanto? Cai!lam, forse non vede abbastanza coà1e una egemonia economica francese ponga quel paese nel rischio continuo d'una rivolta de11e naziolli che vi dovrebbe sottostare, rivolta di cui essa se non avesse ottenuta una egemonia territoria1~ donebbe essere la vittima. La Francia del Cailla ux, la Francia dell 'egemonia econori1ica artificiale, se forse potrebbe costituire una transitoria fonte cli maggior benessere per l'Europa, sarebbe certam.eute più pe- :icolosa per la pace, non essendo in grado di imporla colla spada ed essendo certamente 11011 meno pesante, benchè meno appariscente e meno difesa della Francia cieli'egemonia territpdale. Questa è ;n fondo la sostanza della concezione di politica estera del Caillau.-..;:: concezione nazionalistica ma però antistorica e fuori della realtà: concezione che può essere simpatica con1e un s-erio tentativo di richiamare la Francia ad una maggior Saviezza nelJa finanza e uell 'economia, aà una minore megalo1uania.; ma però astratta, incapace di comprendere la tragica epntracldiz.ione in cui si dibatte questo paese. Legata infatti da tradizioni, dil interessi e <la questi011i sia di economia sia di prestigio a dover continuare a svolgere una politica di egemonia militare consuma e sciupa con prodigalità pazzesca le sue forze non più _moltograndi e si isola, ormai, dai maggiori ùei suoi alleati cli guerra, America, Inghilterra ed Italia che le debbono essere ostili e ciò perchè fuori dell'egemonia territoriale, 110~ essendo possibile il sistema specioso ma impossibile del Caillaux, non le sarebbe aperta altra , 1ia che di passare al rango di ua,z,ione di second'ordine, per cui essa non è ancora matura. La politica estera francese ,malgFado i nobili sforzi di inteJ.Jigeoza come quelli del Caillau.-..;:h, a una sua logica ferrea che determina la politica Clemendsta che si fa tutt'oggi e si continuerà a fare finchè la Francia sarà in grado di tenere il rango di grande potenza che per lei porta come necessaria conseguenza qUella disastrosa linea di azione a cui non può rinunziare. MARIO A TTII,10 LEVI. Lo zucchero salato Le 1n.aggiori organiz2:3zioni agra.rie avevano di recente vantate le proprie tendenze liberiste. Ma come già si sono mostrate lusingatissime della promessa più o meno esplicita del ripristino del dazio sul grano (in lire 30 al quintale), cosi ora danno nuova prova dei proprii veri intendimenti con l'accordo stipulato fra l'Unione Italiana Zuccheri e gli agricoltori del basso Po. Con essi gli industriali si impegnano a pagare, a consegne ultimate, un prezzo provvisorio di lire 9 per quintale di barbabietola, mentre il prezzo definitivo sarà fissato in rapporto alla media dei prezzi dello zucchero nazionale dal 1° settembre 1922 al 30 giugno 1923. , In tal modo - scrive Gino Luv,atto, esponendo i termini della questione, nel Secol.o del i corr. - se non si contasse su altri interventi perturbatori, gli agricoltori avrebbero semplkemente acconsentito a pmtedpare ai rischi dell'industria, ma in realtà, appena firmato l'accordo, i r_appreseutanti dei bieticu.Jtori si souo affrettati a preYenire le c-ritiche dei loro rappresentanti, assicurando di aver messo a Roma le cose a posto, presso i com,pete11ti Ministeri in modo che la bietola sarà pagata intorno alle 12 lire il quintale. Nelle condizioni attuali del mercato internazionale degli zuccheri la prmnessa governatiYa, se efiettiYamente è" stata fatta, non costituirebbe una minaccia eccessivamente grave per i consumatori. Ma se, come si prevede, i prezzi dello zucchero di C..'ubae di Giava dovranno discendere e se ad abbassarli anche più contribuirà il miglioramento dei cambi, il dazio dovrà far sentire tutto il suo peso in difesa di zuccherieri e hieticuJtori, ed il Governo dovrà iute1-venire con opportu.ue Yaria,zioni che nou permettano di scendere, nei prezzi interni, al disotto delle 240 1ire il quintale. Cosl dell'accordo fra b·ieticultori e zncche1ieri le spese saranno fatte in ogni Bso dai CQnsumatori. Nel caso, cioè, che i prezzi attuali dello zucchero estero dovessero rimanere immut~ti, J'accordo avrà dato il modo agli i11clnstriali d1 conservare i], dazio nella sua integrità. Se invece prezzi e cambi doYessero precipitare, i consumatori non potrebbero a\·vautaggiarsene che in ll''lisura minima, e non potrebbero mai pagare lo zucchero (sempre aJl 'ingrosso ed in fabbrica) a meuo cli 436 lire il quintale (240+216). • Cosl - conclude il Luzzallo - per c·eckre aJlc insisteuic cli an gruppo di proprietari più impa1.ienti e per assicurare loro un vantaggio, i dirlge11ti delle associazioni agrarie nazionaJi si sono resi complici di un nuovo attentalo alla nostra economia, contribuendo a creare un nuovo freno al promettente sviluppo del consumo cli uu articolo di prima necessilà e cli tutte le indastric alimentari a cui esso dà vita, e si sono - quel che è peggio - compromessi in modo eia perdere ogni libertà d'azione nella discussione del problema doganale , . L. E. PROBLEMI ITALIANI Il Monopolio delle .tl.ssicwrazioni La questione viene ripresa; sono le due più forti società di assicuraooioni, la , Generali. Venezia » e l'• Adriatica di Sicurtà » che, nello sforzo di conservare la loro esistenza, lo riagi~ lano. I. 'interesse· df ano studio esauriente del problema di oggi consisterebbe nell'esaminare i risultati finora ottenuti col Monopolio Statale per trarne uu giudi.zio sicuro sul valore delle teorie sostenute calorosamente nel r9II, al te101po del! 'entrata in vigore della legge, pro e contro. Tale studio ci proponiamo qi fare; per intanto non sarà inutile riaffennare i termini esF-e11z.jali del problema. • Il Monopolio di Stato era stato sostenuto ed ottenuto cou ragioni essenzialmente finanziarie: sosteuere lo Stato nei guadagni delle Compegnie mantenendo i costi di queste, ed erogare quei guadagni come nucleo fondamentale del capitale eia destinarsi alle pensio1ù operaie. Ciò significava pon-e nna hnposta incontroilabile sn una certa classe (ceto lTle<lio,professioHisti, impiegati) taglieg·gim1<lo11ela preYidenza per ripara,re alla imprevidenza di un'altra: c1asse operaia. A questo p1wto il cui politicantismo è chiaro (e che i: per la classe operaia u11aoffesa evidente), quella tesi univa un grave errore di ~opravalutazione dei guadagni della iuàustria assicurativa : calcolati a r20 milioni a]me1101 nel 19:n, i fondi necessari per le pensioni operaie, ad esso avrebbe dovuto bastare il guadagno della gestione, calcolato dagli utopisti del 1v[onopo1io a 50-40 milioni, dai tec1Jici a 4-6 milioni. 'A questo assorbimento di guadagni in gran \ parte inesistenti, si sarebbero dovuti aggiu:ngere i guadagni sperati attraverso alla gestione statale, grazie allo svilupparsi della previdenza; i risparmi sarebbero afilniti, lo Stato li avrebbe incanalati ~apitalizzati restituiti con u11 trantran semplice e facile: e i pro,·enti si sarebbero automaticamente moltiplicati. Ma tutte queste premesse non tenevano conto àel fatto che le assicurazioni abbisognano non di un 111eccanicoaccumulo, ma di una organizzaziOJ1e perfetta, cii uomini abilissimi nell 'impiegare capitali in investimenti sicuri, 1 e a lunga scadenza (non per esempio, in lavori di b.onilka sbagliati), i qual possono trovare solo fra gente presente sempre nel vivo del movimento bancario commerciale, non fra bu,rocratici sedentari .. Industria sottile e traditrice, 1 'assicnrazione è fonte di reddito sic1tro soltanto per i sogna tori. . Messo lo Stato a questa pro,·a, obbligato ad r.:umentare inoltre i suoi rischi per accettare assicuraz,ioni sempre più rischiose a favore di elettori insistenti, costretto a rifornire con i pn:::mi raccolti il formicolare delle imprese sociali di sicuro insuccesso che stiucano fuori all'apparire O.i ogni mucchio di danaro delle colletti,.Jità non poteva rhe mancare. • , Proventi ntluori per aumentate spese di org-3nizzazione, per minore a\·yedutezza di investimeuti, per aumento òi rischi: <lagli iuiziali 4 o 6 milioni dove si sarebbe arrivati? Per quel poco che è dato sapere,.l'esperieuza ha dato esplicitarueute l'i111.pliciia risposta: dai suo tempio l'Istituto ba finora, iu dieci anni, lasciato apparire una volta (19!7) il sole cii un bilancio in cni si è dimostrato il puro paregg-io soltanto a mezzi di acrobatisti contabili, dimenticando l'impresa colossale e meritoria delle \·endite rateali e a premio di cartelle del Prestito, sui qnaii risu!atti è meglio non indag~re. Come poi siano impiegati i premi, sarà cosa gusfosissima cla analizzare. l\-Iancato il piano finanziario, risalta ora fuori il pi~no soc(ale: tutto l'opposto. Costi bassi, contratti razioBali, assicurazioui popolari, ecc. Soltanto nelle libertà dell'isolamento l'Istituto sarà in. grado di raggiungerli! L~ ri.sposta invece è una so1a: si presenta ora ]'occasione di giustificare giuridicamente, lasciando la vita a due organismi potenti e solidi, un assesto sulla strada presa dieci anni ia, di salvare ancora nell'unico modo possibile l'Istituto >:a- •zioua1e da quella solitudine che 1.1e sopprimeerbbe le poche qualità in mm libertà senza freni. Non nbb:amo mai avuto le pensioni operaie, poco ma1e; se si stabilisce il monopolio assoluto, avremo l'aumento dei costi, l'Rrbitrarietà dei servizi e il resto.· E carnttt-r!~tico che i socialisti salutassero dieci anni souo l'avvento del mouopolio come un se- !ZHO <lcll'èra 1111ovao; ra si limitano a urlare i • pescecani » di Trieste. La loro linea rivoluzionarta & perfetta: e la loro rapacità amministrativa ha nèll 'fst:tuto (Rivoluzionario) delle Assicurazioni nno degli spec-chi in cui si può più c-ompint:1mente rontemµìare. i\l. BROSLO. G. B. GouF.TTI, gerente responsabile O/Ticina Grafica Editrice Bodoniana - O. G. E. B. BI\NCI\ /\CiRICOLI\ ITf\LlflNI\ SedSeociale e DireziGoneenerianle TORINO

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