La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 13 - 14 maggio 1922

b 50 Esperienza libetr~le La èrisi del pensiero russo. Firenze, 5 ma.ggio 1922. Egregio Gobetti, Nel n. 9 de e La Rivoluzione Liberale , leggo un Suo acuto commento a:l libro di Leo Trozki , Terrorismo e Comunismo ,. Tengo ad esprimerle il mio parziale consenso ed il mio parziale dissenso; tanto più che essi non si limitano a quanto è contenuto nell'articolo citato, ma, almeno a quanto mi sembra, investono tutta la Sua concezione della storia Russa. Dico a quanto mi sembra, poichè io, che seguo da due anni a questa parte con vivo interesse quanto si scrive intorno ai problemi russi, ho avuto occasione di conoscere il suo pensiero soltanto attraverso due articoli, uno che fu pubblicato su < Volontà , una ventina di mesi or sono ed un'altro assai pià recente comparso sul e Popolo Romano,. IILquest'ultimo, o forse in questi ultjmi, poichè mi pare di ricordare adesso che si trattasse di una serie di articoli, Ella poneva in rilievo la continuità secondo Lei esistente fra l'azione dei Bolscevichi e quella di Pietro il Grande. A me sembra che tale concetto non si 'possa impugnare, ma sibbene modificare in quello di continuità-antitetica. Mi spiego: lo Zar rivoluzionario impose alla Russia medioevale dello scorcio del secolo ;KVII e del principio del secolo XVIII, una rivoluzione per la quale ben pochi spiriti erano maturi. I suoi strumenti dovette cercarli fra gli stranieri della Niemezkaia Sloboda ed in quella ristretta cerchia cli boiari occidentalizzati - mi si passi l'orribile parola - cli cui il suo precursore ed avversario Principe Vassili Golitzin era stato già esponente. Tutta la storia russa dei secoli XVIII e XIX si può riassumere sinteticamente nel tragico contrasto tra le forme europee del governo, tolte in prestito dall 'il!uminismo dei despoti e dei filosofi occidentali, e l'anima ancora asiatica del popolo, tra l'élite burocratico-militare, di origine e cli spiriti tedesco-baltici, e la gran massa e narodnika , attaccata alle antiche tradizioni. Le frequenti rivolte dei settari religiosi, di cui il Tolstoismo è l'eco più recente, sono molto istruttive sotto questo riguardo. Tutto ciò è ben noto; ma a me sembra che si possa andare più in là ed affermare addirittura che tutto il processo cli preparazione rivoluzionaria consiste nella coscienza sempre più chiara e profonda cli questo insanabile dissidio. G1i occidentalisti che volevano rendere europei gli spiriti del popolo russo ed i panslavisti che volevano rendere nazionale lo -stato, che dall 'anima nazionale si era straniato, pur giungendo ad opposte conclusioni; partivano dalla medesima premessa. . . Ciò posto, mi pare che l'astrattismo della intellighenzia, altro non sia stato che il mito necessario per arrivare all'anima del popolo, o per dirla in modo più esatto, che tutte le astratte ideologie, Illuminismo massonico del sec. XVIII'. Slavofilia, Nihilismo, Tolstoismo evangelico, cli cui successivamente si colorò e si alimentò moralmente ed idealmente il medesimo stato d1animo d'insofferenza e di rivolta contro la realtà empirica O storica del predominio buronatico e del governo zarista, a guardarle bene,,~ltro non fossero che una più intensa ed immediata adesione alla realtà spirituale del popolo per il quale dovevano avere qualche efficacia. Ella ricorda certamente le commosse pagine delle memorie cli P. Kropotkin, in cui si descrive il movimento della gioventù intellettuale russa verso il popolo. Ora mi sembrerebbe peccare cli astrattismo chi nel valutare i fini ideali e la meravigliosa attività pratica della borghesia rivoluzionari:' _russa'. non• si riferisse alle condizioni spirituali m cui ess« operava. Sarebbe certamente un vedere una parte sola della realtà - e non la più importante - il voler considerare solo il contenuto logico e filosofico di qu.elle dottrine, senza inquadrarle nel loro storico ambiente e peggio ancora senza comprenderne la profonda efficada. morale. Ella che attraverso il mito dei comunisti ba saputo pene- ,. trare cosi intimamente la realtà della loro prassi, non può certo commettere un simile errore; ma~ mi permetta di essere franco, alcune s~e frasi autorizzerebbero tuttavia qualche dubbio. Perchè, d'accordo in questo col non russo Trozki, tirare in ballo Tolstoi ed il mite Platone Karateiev e perfino la crisi interiore del Principe Nechludov? Se, come ella inclina a credere, Pla,- tone Karateiev _fosse un'astrazione, non sarebbe quella magnifica creatura di vita e d'arte che è, e se Gu.erra e Pace, a somiglian7..a della grande quercia che ispirò al Principe And:ca tante ~- linconiche riflessioni ed al Tolsto1 una pagma di si profonda poesia, non affondasse tutte le sue radici nel profondo della terra russa, a nessuno sarebbe saltato in testa di definirla l'epos eh quella nazione. Il fenomeno_ -i:olst~iano è un. fenomeno essenzialmente artistico 1n UJ1apnma fase, religioso in ttna seconda, che sfugge o meglio ancora ripugILa ai criteri filosofici o politici con cui si può valutare un grande fatto storico O l'azione di un agitatore. Ella, seguendo apparentemente 1" sua concezione idealista, moLA RIVOLUZIONE LIBERALE stra di voler imputare al Nechludov, cioè al Tolstoi, di ricercare la salvezza j-uori.d; sè stesso. • Non }a cerca invece in quel più intimo sè stesso, che l'asceta raggiunge solo attraverso la rinuncia? Ella, che è più forte di me in filosofia Gentiliana, ri~orderà certamente che secondo il filosofo dell'« Idealismo Attuale,, l'ann11.llame11to del soggetto nell'oggetto costituisce l'essen,.a d~l fatto religioso. Sempre stando a qualche spunto colto qua e là nei Suoi scritti mi parrebbe che la Sua reazione, ben naturale del resto, alla falsa concezione di una Russia tutta evangeli<'a, cosi. cara alle signorine lettrici di Tolstoi e di Dostojevski, vada talvolta oltre il segno. Comprendo che gli attuali dittatori della Russia, nell'asprezza della Jotj:a e tutti presi dalla bisogna di risvegliare le energie individuali e collettive del popolo russo, dalla necessità di dare adesso una nuova coscienza stori~, dimentichino ed anzi combattano .l'opera dei loro precursori, del èui sacrificio, durato decenni e decenni, così largamente beneficiarono. So benissimo che la fun- • zione storica di quella intellighenzia, cosi varia di tendenze intellettuali e polit-iche, ma unificata dal comune spirito messianico e dall'emulazione nel sacrificio, era esaurita già nel Luglio del 1907; ma noi, che, grazie al cielo, no'n dobbiamo condui:rreront:.roi degeneri epigoui di quegli eroi nè campagne polemiche, nè campagne terroriste, perchè <lovremmo~ver comune coi loro avversari una visione cosl unilaterale ed ingiusta? Io, per mio conto, ali 'astiosa prosa polemica di Leo Trozki, preferisco ancor oggi le belle parole di A. Oriani : e che per trovare un fervore di martirio, tyi'ebbrez1..a di sacrificio pari a quella dei rivoluzionari russi, bisogna risalire ai martiri del Cristianesimo». Ciò non mi impedisce tuttavia di comprendere e· di ammirare la ferrea energia dell'organizzatore delle vittorie rosse. Forse in quella mia preferenza, puramente estetica, accennata più sopra, Ella. vedrà un residuo di romanticismo; della simpatia, direi quasi sentimentale, per i precursori e per i martiri. Glielo concedo e Le concedo cli sorridere; ma se questa mia simpatia non mi toglie di compre.ndere con- lei i.I lato energetico, che Ella chiama liberale, della Dittatura rossa, e se d'aitra parte mi dà il vantaggio di scorgere nella loro luce i precursori che cli tutto il processo ri voluzionario furono il fermento; Ella dovrà convenire con me che tutto il romanticismo non è per nuocere... Un'.ultima osservazione: mi sembra che noi ricadiamo in un enore, che direi Carlyliano, se non esaltando singoli eroi, almeno con una certa debolezza, quasi fascista, verso le minoranze che sole ( ? !) operano e sole (? !) contano nella storia. Perchè mentre a ragion~ teniamo cosi gr"-n conto dell'adesione attiva di una iufima minoranza al governo comunista, dobbiaruo del tutto trascurare le moltitudini, alla cui evangelica, tolstoiana (ah, quanto tolstoiana !) rassegnazione la Dittatura Bolscevica deve non poco della sua stabilità? So bene che queste mqltituàini contacline dovranno alla rivoluzione, ed in particolar modo ai bolscevichi, la loro efficienza economica e la loro coscienza di sè, <::Omeuomini e come classe; ma so anche che fra di esse fervono aspirazioni ben -più intimamente russe che nou la stringente dialettica dell 'is-raelita Trozki. Chi non voglia essere colto di sorpresa dagli ayvenimcnti dovrà, di queste aspirazioni, seguire attentamei,te anche i cenni più lievi. Con sincera stima cd amicizia Egregio Gobetti, Suo devotissimo PIERO BURRESI. Il Suo articolo sull'ultimo numero di e Rivolu'. zione Liberale , risponde esaurientemente ai dubbi da me affacciati nella mia precedente. La funzione storica dell'intelligenza non Le è sfuggita affatto, sebbene, a parer mio, Ella insista nell'analisi delle dottrine, senza rilevarne per ora il nesso necessario colla pratica di sacrificio. Una cosa alla volta ; Ella dirà i ma se mi è lecito esprimere un desiderio, confesserò che io attendo da lei una visione sintetica del moto rivoluzionario russo dal Radiseev alla rivoluziOJ\C del 1905, 110n nelle dottrine intelletualisticbe dei teorici, ma nell'azione degli apostoli e dei martiri. Del resto, qualche accenno in questo senso lo scorgo già nell'articolo citato. l.be cosa varrebbe l'illuminismo del Radiscev, senza l'esilio in Siberia? Ma se da uILaparte i miei dubbi si sono completamente dissipati, dall'altra nuovi ne sorgono. Nella sua analisi di quella che lei chiama preistoria del popolo russo, Ella afferma : e ta n1alattia dell 'anirna russa, la sua immaturità spirituale di preistoria si esprime uel misticismo e nella teocrazia •· Da questa sua recisa affermazione, che pur contiene tanta verità, resta tuttavia tagliato fuori il problema delle repubbliche commercianti di Novgorod, Pskov, Viatka, e non vi rientra neppure l'opera dei Grandi Principi di Mosca, in ispecie degli Ivan dei secoli XV e XVI, cosl simili sotto tanti aspetti ai loro contemporanei re unificatori cli Spagna e di Francia. Certo confesso che anche per me l'attività commerciale e la costituzione democratica di quelle repubbliche da una parte e l'opera politica clei Principi di Mosca dall'altra, cappaiono segni di una certa maturità spirituale che mal si collega colle condizioni della Russia di , •1ei tempi. È un problema di difficilissima soluzione, aggravatp per noi dalla mancanza di fonti dirette; ma appunto per questo lo accenno, con grossolaILa approssimazione, nella speranza di' ricevere da Lei qualche lume. Ed infine una giustificazione mia, che. per non essere ancora stata richiesta, potrebbe risolversi in una manifesta accusa. Nou vorrei cbe da qualche accenno sfuggitomi nell'ultima mia, Ella ritenesse che giudico l'opera di Pietro il Grande arbitraria ed anti-storica. Arbitraria certamente lo fu in qualche campo speciale, sopratutto in quello economico-finanziario; ma la rivoluzione che egli operò, pur essendo prematura ri&petto alle vecchie classi dirigenti, era stata preceduta già nella storia del secolo XVII cla chiari accenni, fra gli altri I 'abolizione del Miestricestva, operata da suo fratello Fedoro. Questo non merita neppur discussione. E per toglierle ogni dubbio che questa mia affermazione equivàlga ad tfoa ritrattazione o ad un pentimento, mi permetterò di çitare me stesso, nella conclùsione di un mio lavoretto intorno all'opera cli Pietro il Grande: « In realtà lo Zar riformatore può essere considerato la sintesi vivente della grande trasfòrmazione operatasi nel suo stato dalla fine del secolo XVII alla metà del sec6lo XVIII. Noi sappiamo, nè ci stancheremo mai di ripeterlo, che i presupposti della Riforma già esistevano neJ,Ja Russia del secolo XVII>. Segue una sintesi della sua attività politica e poi concludo : • È certo che cosi, mentre egli risolveva alcuui problemi dei suoi tempi, ne creava dei nuovi per le generazioni che avrebbero raccolto la sua eredità. Ma non è questa la sorte di ogni uomo, non è anzi questa l'eterna vicenda della Storia? >. yeriJà lapalissiane, che non meritano commenti, ma che avvicinano, più che non sembri Je nostre concezioni. La prego scusare la mia indiscreta insistenza e volermi credere suo aff.mo PIERO BURRHSI. P.S. - Questa e la mia preceàente, per la fretta con· cui sono state buttate giù, non meritano certo pubblicazione; anzi assolutamente la escludono. Se però Ella vorrà rispondere, od a me personalmente, od indirettamente sulla Rivista, - sempre senza pubblicare i miei abbozzi - a taluno dei dubbi che le ho affacciati, avrà un titolo di più alla mia riconoscenza. Suo P. B. Chiediamo scusa al Burresi se contravveniamo' al suo desiderio. La prima lettera (che credemmo mandata per la pubblicazione) era già composta quando ricevemmo la seconda : il minor male consisteva dunque evidentemente nella pubblicazione cli tutte e due le lettere e anzi dello stesso P. S. Del resto crediaruo che le osservazioni del Burresi siano tutt'altro che affrettate e leggere: . rivelano anzi uno ·studio e un amore per i problemi trattati assai rari nell'impreparazione generale; e riusciranno molto gradite al lettore. Le obiezioni poi saranno spiegate e limitate se si porrà in chiaro l'intento dell'autore della Storia del!a rivo/.uzione r,issa: Il primo capitolo (Antecedenti spirituali) non che tracciare una storia dei tentativi 1·i'volu,..ionari vuol penetrare i motivi centrali del pensiero rivoluzionario, le .sue interne contraddizioni e la sua Ioiica. Ciò non per un'esigenza di storia filosofica, ma per comprendere la genesi della storia. attuale : i motivi spirituali di fronte a cui si trovarono i bolscevichi e che rimasero vivi accanto ad essi. Non si intende Kerenschi se non si intende la Intelligenza .. Burres'i può vedere in ciò la ragione di quella che è parsa a lui troppo aspra polemica. La polemica è nei fatti. Lo studio pubblicato nello scorso numero potrebbe intitolar• si : 1"troduzione alla /.atta politica odierna in Russia. UOMINI E IDEE Facendosi apostolo di idealismo 1nilitante, tra le risa !'.leifilistei, Prezzolini ha saputo intendere meglio cli ogni altro il valore della nuova cultura italiana. Sostituire l'etica al dilettantismo, distruggere le caste dell'intellettualismo, iisoh·ere in ogni istante, non solo con una formula, ]a filosofia nella storia, trovare in ogni fatto empirico il segno di ttILa legge determi,dstica d,i spontaneità: ecco la rivoluzione atraverso a cui la filosofia italiana liquida l'eredità mistica e positivis!ica. È difficile che questa filosofia si possa predicare da una cattedra : scolasticamente si irri_giclisce nel geutilianesimo. Bisogna farla coincidere colla realtà, bisogna farla vivere di tutte le esperienze. Ecco perchè l'idealismo ha dato vita a ,_manuova forma cli letteratura che gli ernch~1s~ ostinano a disprezzare come giornaJistica, e i dilettanti -sentono come un peso e un rimprovero alla loro farfallesca leggerezza. Il Giornalismo negli idealisti è un tema da meditare e da chiarire (Croce, Prezzolini, Tilgher, Missiroli 1 De Ruggiero, Anzilotti, Russo, ecc.). '. Tilgher non è uu filosofo », e Tilgbcr non è un critico d'arle ,, e: Tilgher non è un erudito,. Lo sappiamo. Che cosa vuol dire filosofo, critico d'arte, erudito? Tilgher è uILa personalità di ~ritto~c. Ma scrive di troppe cose, seri ve troppi art,coh, e pochi libri! Queste obbiezioni si 5:11ton~ da molti che per dire ciò che Tilgber dice dt Belloc, di :Missiroli, di Ber~son, hanno bisogno di cliventare a:ltri uomini ~ di costruirsi uno strano apparato bibliografico e di annunciare per qualche anno che s-i son~ del bitto' specializzati nel nuovo lavoro. Speciahzzaz10ne d1 llla-· novali che si valuta a peso e si misura a ore. Per costoro le i.dee sono un I usso che bisogna concedersi uILa volta all'anno, e poi tenerle come cosa rara da far stupire misteriosamente il volgo, ripeterle in una sede aulica, ma non scomodarle tutti i o-forni, quando può bastare la meccauica 0 il motto di spirito. Essi odiano Tilgber (come odiavano Prezzolini, Papini, ecc.) con lo stesso spirito con cui gli industriali protezionisti e. prc,. duttori a costi elevati odiano quei liberisti· che attraverso la concorrenza hanno migliorato la produzione e diminuito i costi! Il trust dell'erudizione non riesce a sostenere la concorrenza della critica di idee! * * * La campagna contro la massoneria era (tranne in casi specifici) u-na cosa ingenua, enfatica, astratta. Il più logico fu il Croce che dimostrò la necessità cli combattere non la massoneria, ma lo spirito massonico. La setta sostituisce Ìl partito nelle società preistoriche. •Oggi la 1ru,ssoneria è morta, senza che nessuno si assumesse il compito di combatterla, perchè abbiamo ormai un principio cli lotta politica. La propagan,la per il problema della scuola è l 'ai.:madei conservatori. 11 programma. sc61astico dei clemocratici, rivoluzionario cento anni or sono', rimanendo identico attraverso le più opposte eontingenze, è diventato automaticamente una forza reazionaria. Mentre la nuova lotta politica impegna tutto l'uomo e non dà tregua ad alcun istituto, le classi medie cercano di mantenere le posizioni, di lasciare in vigore le convenzionalità, di consacrare il patrimonio della loro scienza, delle loro abit11clini. La .scuo,;. la, secondo i democratici, non deve dunque promuovere una fede, ma modellare degli stati psicologici. Per questa via l'apoliticità è una forma di azione politica tsia pure politica di impotenti che si nascondono sotto una formula di neutralità). Sollevate il velo del propagandista e dell'equo dispensatore cli civiltà agli umili e ci trovate sotto gli immortali principi con gli ultimi resti del radicale. La monarchia è un ideale e una potente molla della lotta politica doye non esiste se non come mito e sforzo di riprendere una tradizione gloriosa (monarchici francesi). O è un ideale in un regime di patriarcalismo. In Italia la mo11archia non ha nn.a tradizione eroica: Vittorio EmanueleII è passato attraverso l'epopea senza dominare nè .come condottiero, nè come politico: il passato (il bel passato del '6oo e del '700) dettava al suo ang\1Sto pensiero una politica pien1ontesc destinata a· infrangersi contro la rude volontà italiaILa di Quintino Sella. Con il succ;ssore del Re Galantuomo la Monarchia diYenta socialista. La guerra europea non ha visto una 1.1olontà i,mperiale de/. Monarca (che sarebbe stato un anacronismo). Oggi il solo monarchico coerente (ma, neiia sua aspirazione, .estraneo alla realtà) è l'Eiuaudi che sospira le tradizioni piemontesi di cesarismo militare e liberale anteriore alla Rivoluzione francese. Il Principe di Carli e Settimelli è ancora un episodio _di demagogismo e di industrialismo milanese dilettautesco: indeciso tra un'aperta professione laica che risalga addirittura al conte Radicati e alla politica di Vittorio Am~deo Il e cli Carlo Emanuele III e una concezione teocratica quale potrebbe essere suggerita dal misticismo e dal sentimentalismo di Brunati. E invero la mònarchia in Italia dividerà le sorti della diseducazione democratica sino alla fine. A proposito dei commenti borghesi e socialisti all'incontro di Cicerin col Re, abbiamo avuto ne11'Ordin.e N1tovo una serie di lettere inter~ntissime di operai. Nella discussione il punto notevole era questo: che ognnuo degli interlocutori si sforzava di ragionare con la mente dell'uomo d1 Stato per dare dell'episodio una giustificazione superiore alle persone e ai pettegolezzi. E' un beli 'esempio cli cultura e di scuola politica_ per _gli ignoranti ripetitod delle filosofie nazioILahste che han cercato l'esperienza pratica nei canti ! il critico. Direttore : PIERO GODETTI G. B. GouETTI, gerente responsabile Officina Grafica Editrice Bodoniana - O. G. E. B. Corso Principe Oddo-ne, 34 - TORINO. f!>I\NCf\ f\CiRICOLf\ ITf\LI/\Nf\ SedeSo;iale t Oirezim Generale in TORINO

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